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Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia: Perché tutti gli uomini hanno paura dei femminismi
Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia: Perché tutti gli uomini hanno paura dei femminismi
Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia: Perché tutti gli uomini hanno paura dei femminismi
E-book148 pagine2 ore

Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia: Perché tutti gli uomini hanno paura dei femminismi

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Info su questo ebook

«Non si può più dire niente», eppure, guarda caso, chi si lamenta non trova occasione per tacere! La libertà di parola è chiamata in causa a sproposito soprattutto da chi non ha voglia di assumersi la responsabilità delle parole che sceglie e non ha l’abitudine a confrontarsi con un contraddittorio.
Lo stereotipo della femminista fanatica, aggressiva e polemica resiste, eppure le voci più pedanti, lagnose e insistenti sono proprio quelle di chi si ostina a non riconoscere i problemi di genere. E questo, Lorenzo Gasparrini, lo sa bene! Nel raccontare e promuovere il pensiero filosofico femminista, Gasparrini ha imparato a riconoscere così bene gli argomenti e gli atteggiamenti dei suoi critici, detrattori e haters che potrebbe organizzarli in un catalogo; e l’ha fatto! Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia è una collezione di tipi umani ricorrenti, smontati uno per uno, mostrati in tutta la loro inconsistenza e debolezza dialettica. Un pamphlet infuocato per non porgere l’altra guancia ma ribattere colpo su colpo.
LinguaItaliano
EditoreD Editore
Data di uscita6 lug 2023
ISBN9791222419350
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    Anteprima del libro

    Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia - Lorenzo Gasparrini

    Introduzione - Cos’è questo libro

    Da diversi secoli girano per il mondo libretti stampati in piccolo formato e contenenti un testo polemico non molto lungo, di solito scritto in prima persona. Questi libretti si chiamano, con parola francese, pamphlet : la storia del nome mi sarà utile a chiarire anche perché ne ho scritto uno, oltre a dirvi cos’è questo testo stampato che avete tra le mani.

    Più o meno nel XII secolo ebbe grande successo in Europa una commedia intitolata Pamphilus seu de amore, che come si può immaginare dal titolo latino riguardava le avventure amorose di un giovane di nome Panfilo. La commedia era così famosa non solo da arrivare a noi in diverse versioni scritte, ma anche da essere tradotta in diverse lingue dell’epoca. A due secoli dalla sua – incerta – nascita, il titolo abbreviato ormai nel solo nome del protagonista era passato a identificare qualsiasi breve testo di poche pagine. Tra varie forme intermedie, circa nel 1500 si consolidò nel parlato la forma che abbiamo anche ora del nome, pamphlet; dopo che nella Francia del XIII secolo questa forma a stampa fu usata soprattutto per innescare polemiche letterarie e politiche nell’opinione pubblica, alla forma consolidata si aggiunse il significato che ancora oggi ha. Il pamphlet è un breve libretto rivolto al grande pubblico, scritto con tono ironico, polemico, satirico, affinché ci si accorga e ci si occupi di una questione sociale.

    Detto ciò, ecco la mia intenzione: con questo libretto voglio dire esplicitamente che non ne posso più delle persone, soprattutto uomini ma anche diverse donne, che inventano scuse secondo loro addirittura plausibili per non occuparsi e assumersi responsabilità riguardo questioni sociali sollevate dai femminismi e dagli studi di genere. Credo che queste persone ne abbiano in fondo paura, alimentata dall’ignoranza, dalla presunzione o da entrambe; e che se proprio non vogliono istruirsi in merito, e fare il grande favore all’umanità di capire che si tratta di cose che li riguardano da vicino, allora che almeno se ne stiano in silenzio invece di far perdere tempo a tutti e tutte con le loro inutili chiacchiere. Ne parleremo a lungo più avanti, ancora un poco di pazienza.

    Cosa sono le code di paglia

    Anche quest’espressione ha una lunga storia, che comincia col curioso nome di uno storico: Galvano Fiamma. Costui, frate domenicano nato da agiata famiglia milanese nel 1283, dopo una vita abbastanza avventurosa divenne un noto storico, e scrisse molte cronache, sia relative alla storia dell’ordine al quale apparteneva, sia alla storia di Milano. In una di queste, chiamata Manipolus florum, riporta un episodio per noi interessantissimo: i prigionieri pavesi, subita la sconfitta dai milanesi in uno dei tanti scontri armati di quel periodo tra le loro due città, vengono cacciati da Milano subendo l’umiliazione di avere una coda di paglia attaccata al fondoschiena.

    Non è chiaro quanto la favola di Esopo, già nota da tempo, che ha per protagonista una volpe vergognosa, abbia influenzato questa singolare umiliazione pubblica, né quanto quest'ultima fosse stata inventata sulla scorta di quella favola. Fatto sta che il significato è chiaro: qualcuno ha da vergognarsi di qualcosa che però non può nascondere, perché scorprirne la falsità (la paglia della coda) sarebbe ancora più umiliante e pure pericoloso – incendiando la coda, si scopre la sua natura posticcia e si rischia di diffondere l’incendio tramite una precipitosa fuga.

    Le code di paglia sono quindi passate a denominare sia le persone che i motivi, sia quellə che si dovrebbero vergognare, e che provano a nascondere la loro vergogna, sia l’oggetto della loro vergogna, quella cosa che non riescono a nascondere. A chi mi rivolgo allora in questo libretto?

    A chi mi riferisco

    Con questo pamphlet mi rivolgo soprattutto agli uomini, ma tante donne condividono idee molto maschiliste; quindi se si sentiranno rappresentate dalle code di paglia che descriverò, tanto meglio, si tratta anche di loro. Mi perdoneranno se non userò una convenzione linguistica inclusiva in diversi casi, ma è proprio perché mi rivolgo a uomini bianchi cisetero, anche se ovviamente quello che scrivo vale anche per chiunque condivida i comportamenti che racconto. Il potere opprimente del patriarcato è del tutto paritario nella sua capacità di cooptare ai suoi distorti e violenti valori sociali; le donne che si riconosceranno in qualche personaggio qui di seguito non devono preoccuparsi, perché per aiutarle a capire quanto sono maschilisti i loro pensieri già fior di filosofe e numerose femministe hanno prodotto molto. Scusate quindi se non mi rivolgo direttamente a voi, ma c’è chi lo ha fatto già meglio di me.

    Gli uomini con la coda di paglia a proposito delle questioni di genere sono quelli che hanno paura di criticare ed esplorare la loro identità di genere; dovrebbero farlo per capire quanto sono stati condizionati nelle loro scelte che credono più intime. Sono uomini che hanno ancora più paura della libertà che consegue alla liberazione da quei condizionamenti; lo scopo di quella comprensione sarebbe essere finalmente capaci di assumersi la responsabilità della loro identità di genere, ma è esattamente quello che non vogliono fare.

    Proprio questa responsabilità è quello che gli fa più paura. Come tanti femminismi hanno raccontato, il genere maschile – soprattutto nella variante bianca, occidentale, eterocis – si è sempre considerato un non-genere, il grado zero, l’invisibile, il non caratteristico tra i generi; in questo modo, ha costruito una immagine sociale nella quale tutti gli altri generi possibili sono diversi da lui, cioè sono i diversi: non bianchi, donne, gay, lesbiche, trans, queer, insomma qualsiasi persona non cisbiancaeteromaschile. In questo modo ha potuto evitare di definirsi, perché tutte le definizioni sono tradizionalmente di chi è diverso, non di chi è prototipo. Mancando di doversi scegliere una definizione, assumendo per sé le caratteristiche di naturale, di normale, qualsiasi altra persona con qualsiasi altra differenza di genere è diventata anormale, innaturale o contro natura. Senza assumersi la responsabilità di definirsi, ecco che il genere maschile bianco cisetero si è creato una gerarchia e vi si è messo in cima. Quando finalmente le altre soggettività da sempre presenti acquisiscono consapevolezza politica rivendicando poteri, diritti, spazi in parità, allora subentra la paura.

    La paura è un comodo strumento di protezione e di potere, soprattutto se è possibile usarla per mascherare una posizione di privilegio sociale, in modo da apparire vittima di cambiamenti interpretati come abusi. Il gioco del rivoltamento della frittata è quello più usato dalle code di paglia: alla richiesta legittima di abbandonare, o perlomeno di riconoscere, un privilegio sociale, la risposta è sempre passivo-aggressiva. Il mio non è un privilegio, è una condizione naturale; non ho diritti più di te, è la tua tattica politica per avere quello che ho io; non ci sono rivendicazioni di genere, contano le qualità delle persone; non puoi limitare le mie espressioni, vanno regolate solo le azioni. Potrei continuare a elencare le varie assurdità patriarcali che da trentacinque secoli si rinnovano nella forma ma non nella sostanza, ma lo hanno già fatto tanti femminismi. Come detto sopra, non mi metto a rifare quello che è stato già fatto meglio di come potrei farlo io.

    In questo modo tanti (e anche tante) provano a combattere la possibile vergogna sociale di essere additati come responsabili di un'oppressione che neanche si riesce a riconoscere, per quanto se ne è condizionati. Questa è appunto una responsabilità, e non una colpa, da chiedere al genere maschile, che non si è mai storicamente considerato come genere di fronte agli altri. Nell’ultima versione difensiva, questa scusa ripropone popolarmente le qualità personali che sarebbero più importanti dell’appartenenza di genere, per cui a me non interessa se chi ho davanti è uomo o donna o altro, a me interessano le qualità.

    La cosa divertente di questa posizione è che se si chiede a chi la difende di fare un elenco di queste supposte qualità tanto importanti, ne esce immancabilmente un elenco perfettamente caratterizzabile per genere. Come hanno dimostrato da tempo parecchie discipline con esperimenti e studi di ogni tipo, la nostra lista delle qualità non esiste astrattamente nei nostri cervelli e poi la applichiamo ai corpi, ma si forma in base alle esperienze che facciamo socialmente dei corpi e dai quali traiamo la definizione di quelle qualità.

    Non esiste, per esempio, il coraggio come comportamento appreso astrattamente, ma noi lo impariamo attraverso azioni coraggiose fatte da uomini e da donne; e siccome viviamo in una società che divide rigidamente i ruoli di genere, ecco che noi impariamo un coraggio maschile e un coraggio femminile che poi applichiamo ai vari casi che abbiamo di fronte, a seconda del nostro genere e di quello al quale vogliamo applicare quella qualità. Uno sarà l’eroe di tante saghe letterarie, l’altra una mamma coraggio – sicuramente due persone, ma sicuramente due coraggi diversi.

    Allo stesso modo delle qualità morali, noi apprendiamo e giudichiamo in stretta dipendenza col genere anche le qualità intellettuali: nell’occidente bianco una filosofa continua a fare scalpore rispetto al collega maschio semplicemente perché donna; a seconda del contesto sociale e del pregiudizio che si è formato storicamente in un determinato gruppo sociale, la capacità di svolgere calcoli complessi rapidamente farà sembrare strana questa qualità in un uomo o in una donna, alterando anche qualsiasi tipo di giudizio oggettivo che ne vorremmo trarre. Quello che dico non è roba di femminismi visionari, sono esperimenti scientifici di sociologia fatti a partire almeno dalla metà degli anni Settanta. Andatevi a cercare cos’è il paradigma di Goldenberg invece di sproloquiare su persone, qualità, indipendenza dal genere, oggettività.

    Quindi, per ricapitolare, il titolo di questo pamphlet significa: maschi etero bianchi cisgender e altre creature che non volete assumervi la responsabilità di riconoscere i problemi di genere, non riuscirete a non assumervi quelle responsabilità, perché sta aumentando inesorabilmente la capacità di critica di tantissime persone; quindi la vostra coda di paglia sarà sempre più grande e visibile. Sarà facile strapparvela e farci un allegro falò intorno al quale balleremo alla faccia vostra, mentre andrete a nascondervi chissà dove. Noi chi? Noi che non abbiamo avuto paura di strapparcela da solə, riconoscendo i condizionamenti patriarcali nelle nostre vite, e assumendoci la responsabilità di cambiarle.

    Di seguito quindi elenco alcune tipologie di

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