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Scarlet: Dalla nobiltà alla pirateria
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Scarlet: Dalla nobiltà alla pirateria
E-book259 pagine3 ore

Scarlet: Dalla nobiltà alla pirateria

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Info su questo ebook

Londra, 27 marzo 1700. Elizabeth D'Ambray viene da una famiglia nobile e le sue giornate trascorrono tra le comodità di casa e le rassicuranti attività di routine. Dietro la sua curiosità e i suoi libri cela le sue sofferenze provando a elaborarle poco per volta. La sua vita cambia però quando il padre la costringe a un matrimonio combinato. La giovane Elizabeth decide di fuggire via di casa e durante la sua rocambolesca fuga si ritrova per caso a bordo della temuta nave pirata “Canto delle maree”.Tra duelli, abbordaggi e nuove amicizie, Elizabeth scoprirà in sé un coraggio che non sapeva di possedere e il suo sarà un viaggio di scoperta e rinascita. Riuscirà a conquistare la libertà che ha sempre desiderato?
LinguaItaliano
Data di uscita18 lug 2023
ISBN9791221462210
Scarlet: Dalla nobiltà alla pirateria

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    Anteprima del libro

    Scarlet - Giorgia Caniglia - Andrea Pitzianti - Paolo Rinaldi

    Capitolo 1

    Elizabeth

    Londra, 27 marzo 1700

    Appoggiata sulla scrivania di fronte a una finestra al primo piano di una grande villa in stile barocco, vi è una fanciulla dai lunghi capelli rossi e gli occhi castani scuri.

    Il suo nome è Elizabeth D’Ambray, figlia di Harry D’Ambray, un nobile molto conosciuto in tutta la città. Infatti egli è il direttore della più famosa compagnia di trasporti che attualmente permette alla città di beneficiare di lucrose rotte commerciali. Grazie all’azienda, da generazioni la famiglia D’Ambray ha acquisito il diritto di far parte della nobiltà cittadina.

    Elizabeth è concentrata nella lettura di uno dei tanti libri antichi preso dalla biblioteca della villa. Il tomo racconta di fatti mistici, come le sirene che ammaliano i marinai con le loro voci, o i mostri marini chiamati leviatani, e le avventure dei pirati, oppure racconta di luoghi fantastici e magici e di alcune tra le tante leggende marittime.

    Un rumore spezza il silenzio, il bussare sulla superficie lignea della porta che conduce al corridoio esterno cattura l’attenzione della ragazza. Una voce si sente dall'altra parte.

    «Signorina, possiamo entrare?» domanda la domestica Greta, affiancata dalla collega Anna, due signore di mezza età che si occupano di servire la famiglia D’Ambray. Greta è la domestica alla quale Elizabeth è più affezionata. L’ha cresciuta come una madre, dal momento in cui la sua vera mamma era venuta a mancare per colpa di una grave malattia. Anna, invece, è una domestica molto dedita al lavoro, sempre piuttosto seria e severa, che esegue perfettamente ogni ordine che le viene dato da Harry, anche a scapito del volere della sua giovane padrona.

    «Prego, entrate pure» risponde la ragazza con un tono dolce e un lieve sorriso, andando a chiudere e posare quell’enorme e affascinante libro sulla sua scrivania.

    Le due donne colgono l’invito ed entrano nella stanza, entrambe con uno sguardo serio, uno sguardo che la ragazza conosceva fin troppo bene, un'espressione da notizie tutt’altro che buone per lei.

    «Signorina, per cortesia si cambi e ci segua giù in salone. Suo padre desidera parlarle» esordisce Anna, seria e autoritaria, nel mentre, con fare frettoloso, si dirige verso l’armadio per sceglierle un abito più adatto alla situazione.

    «Che ho fatto di male stavolta?» domanda la ragazza seccata, incrociando le braccia e osservando la domestica.

    «Assolutamente nulla, signorina. La prego, adesso si cambi e ci segua, sa bene che suo padre non ama attendere» risponde Anna, mentre afferra dall’armadio un vestito da tè, un abito molto semplice color crema, con maniche lunghe e gonna ampia.

    Elizabeth, conoscendo il padre, talmente burbero che non accetta nemmeno che si sbagli forchetta durante i pasti, sempre più seccata ma impossibilitata nel contraddirlo decide di alzarsi dalla sedia e, allargando le braccia, lasciarsi aiutare nel cambio abito da entrambe le domestiche. Una volta pronta, la giovane, dopo essersi data una sistemata davanti allo specchio, esce dalla stanza per dirigersi verso la sala da tè dove trova il padre, un uomo sui cinquant’anni, età che a vederlo non si direbbe. La sua pelle presenta tuttavia qualche segno, e i capelli sono un po’ scuri e un po’ brizzolati. Seduto al suo fianco vi è un individuo, all’apparenza un giovane nobile, vestito in elegante stile francese, al capo un parrucchino castano scuro, e indosso una giacca biancastra ricamata di merletti, pantaloni di seta neri con un portamento nobile e con uno sguardo arrogante che fa sentire a disagio la ragazza.

    Ignorando per il momento l’imbarazzo, Elizabeth chiede: «Padre, mi hai chiamata?» E si avvicina lentamente, con un portamento elegante che lascia ammaliato a prima vista il loro ospite.

    Il padre, nel sentire la voce della figlia, distoglie lo sguardo dal nobile e lo porta su di lei. «Buongiorno, Elizabeth cara,» la accoglie con un tono affettuoso «vieni pure qui, ti voglio presentare qualcuno» continua, porgendo la sua mano verso il posto accanto all’individuo.

    «No, no, la prego. Ci penso io» lo ferma con grazia il nobile francese, che si accinge ad afferrare la mano della ragazza e con fare viscido poggia le labbra sul dorso schioccando un bacio. «Conte Pierre Moreau di Borgogna, onorato di conoscerla» esclama, ammiccando un sorriso, mentre con lo sguardo le scansiona letteralmente i tratti fisici, dall’alto verso il basso.

    Notando dove si stava dirigendo lo sguardo dell'uomo, la ragazza, disgustata, sfila quasi nell'immediato la sua mano e con voce fredda risponde: «Elizabeth.»

    Il volto del padre si fa più cupo. «Figlia, è forse questo quello che ti ho insegnato?» esclama con un tono severo, non comprendendo nell’immediato la reazione di Elizabeth, che a prima vista gli è parsa molto maleducata ignorandone il vero motivo.

    La ragazza comprende quello che vuole intendere il padre e, nonostante il disgusto che prova nei confronti del conte, afferra i bordi esterni del suo vestito pizzicandoli con entrambe le mani e presentando un piccolo inchino.

    «Il mio nome è Elizabeth, il piacere è tutto mio, signore» pronuncia la fanciulla con tono seccato.

    «Bene, Elizabeth, ti ho convocata quest'oggi per presentarti il tuo futuro marito» esclama orgoglioso il padre.

    All’udire tali parole, il solo pensiero fa sì che inconsciamente sul volto della ragazza si formi un'espressione di stupore, spaventata all’idea. Rimane bloccata, come impietrita, cercando di assimilare l’affermazione che ha appena pronunciato il padre.

    Un matrimonio combinato, per giunta con un individuo sconosciuto e che nemmeno la attrae fisicamente.

    Elizabeth rimane sotto choc, una scossa nervosa fa sì che la sua pazienza raggiunga quel limite che, con l’ennesimo pretendente, fa traboccare il vaso facendo reagire male la ragazza.

    «Ancora?!» urla. «Padre! Ma…»

    Stanco della scenata della figlia, l’uomo si alza furibondo dalla poltrona e irrompe, spezzando la sua frase. «Niente ma, Elizabeth! È arrivato il momento di crescere, di pensare al futuro. E così sarà. Non sei più una ragazzina ormai. Io sono tuo padre, tu farai quello che ti dico io, ogni cosa che decido è per il tuo bene, quindi sposerai Pierre Moreau. È un ordine!» la rimprovera con voce alterata.

    Lei lo osserva, leggermente intimorita dal tono severo, e rimane ancora più scioccata, tuttavia trova ugualmente la forza di rispondergli.

    «Da quando… da quando la felicità di una figlia viene dettata da un ordine del proprio padre?» domanda la giovane donna. «Sei cambiato da quando la mamma non c'è più, prima non eri così. Se lei ora fosse qui, non approverebbe» continua, venendo nuovamente interrotta.

    «Tua madre non è qui adesso» risponde il padre, serio.

    Al solo pensiero, la giovane digrigna i denti cercando di trattenere tutti i suoi cattivi pensieri tranne uno, che, seppur ce la stia mettendo tutta, non riesce a trattenere.

    «Ti odio!» urla a gran voce, sfogando parte della tensione accumulata in tutto questo dialogo.

    Non reggendo più la situazione, con le lacrime agli occhi Elizabeth si dirige a passo svelto verso la sua stanza, sbattendo con forza la porta della sala e lasciando rimbombare un gran botto.

    Un silenzio imbarazzante rimane nella stanza dopo che Elizabeth se n'è andata, e il padre con un forte sospiro si accascia sulla sua comoda poltrona.

    «Non so proprio cosa fare con lei» esclama l'uomo con tono rassegnato. «Ormai sono vecchio… e sto morendo. Mi sta a cuore la sua felicità, ma non voglio che per un capriccio mia figlia rimanga da sola.» Si ferma liberando i bronchi con un colpo di tosse per poi ricomporsi, asciugando la bocca con un fazzoletto. «In ogni caso non potrà essere lei a ricevere il titolo familiare, come da tradizione un uomo deve ricevere il titolo della casata D'Ambray» continua l’uomo, non rivolgendosi a nessuno in particolare.

    L’uomo è disperato, non sa come convincere la figlia a sposare il nobile, un'importante risorsa per risanare l’economia della casata, unendo gli introiti delle proprietà e fondendo le due famiglie.

    «È un po’ peperina, me lo immaginavo.» Approfittando dell’occasione, Pierre decide di provare a persuadere ancora di più il vecchio. «Mi duole ripeterlo, ma, al di fuori delle tradizioni, lei sa bene che la legge impone che sia un uomo a occuparsi degli affari finanziari» esclama, adagiandosi sulla poltrona. «Lei mi conosce, stia tranquillo. Farò di tutto per rendere felice sua figlia, non muoverà un dito.» Il padre sorride a tali parole «Nella mia magione abbiamo tanti servi disposti a servirla a dovere, si sentirà una principessa.»

    Convinto di avere ormai la ragazza e le sue ricchezze in pugno, si adagia sugli allori ignorando la servitù che si trova lì ad assistere alla discussione.

    «Lo so, io amo mia figlia e voglio il meglio per lei. Forse dovrei darle del tempo…» spiega Harry.

    Viene però interrotto dal conte, che con fare sbrigativo e autoritario afferma: «Signor D’Ambray, si rende conto che lei è affetto da una gravissima malattia? Continuare a parlarne, a darle tempo, potrebbe solo rischiare di farla rimanere sola. E non solo, la corona si approprierà della sua azienda. Mi duole dirlo, ma dobbiamo sbrigarci.» I due si osservano e rimangono in silenzio per alcuni attimi a fissarsi negli occhi senza che Harry riesca a trovare risposta a tali parole. «Inoltre… non vorrà anche lei privarsi della felicità di vedere crescere un suo nipote, poter stare vicino a sua figlia e vedere realizzata la sua vita? E continuare a vedere l’impero D’Ambray fiorire alle stelle e poter festeggiare insieme il successo. Vero?» gli domanda, pungente, lasciando letteralmente di stucco il suo interlocutore.

    Greta, che era rimasta lì per sistemare l’argenteria da tè, rimane disgustata dal discorso appena sentito e decide di abbandonare la sala. «Scusate, signori, vado a sistemare in cucina.» Con una scusa, dando infine le spalle ai due per non mostrare il pieno dissenso formatosi sul suo viso.

    Passano alcune ore, Elizabeth si ritrova in lacrime sul suo grande letto reggendo tra le mani un ritratto di famiglia. Mamma… il suo sguardo è concentrato sulla madre, come se volesse parlarle perché te ne sei andata? Eravamo felici, senza problemi, papà è cambiato da quando non ci sei più.

    Continua a sfogarsi, rimembrando i tempi spensierati che prima di allora ha vissuto insieme alla sua famiglia. Dalle scampagnate ai viaggi di lavoro, in cui conosceva sempre nuove persone come Isabel, la sua migliore amica. Lei viveva in Irlanda, l’aveva conosciuta durante il viaggio più lungo della storia della famiglia D’Ambray, che aveva portato il padre di Elizabeth a stare a Dublino per diversi anni. Aveva fondato una società con un suo vecchio amico, Reginald Murray, padre della migliore amica di Elizabeth, Isabel Murray e di suo fratello, il primogenito della famiglia Damon Murray. Le due si conobbero durante l’infanzia, andarono subito d’accordo, si vedevano tutti i giorni e studiavano insieme. Purtroppo, però, un giorno i loro genitori affrontarono un conflitto economico a causa di alcune incongruenze e incomprensioni, e ciò fece sì che la loro società si sciogliesse.

    A causa di questo brutto evento, le due fanciulle furono costrette a separarsi, ma per non dimenticarsi si fecero un dono a vicenda. Elizabeth le donò una collana d’argento con un pendente a forma di giglio, con sopra incisa la lettera E, mentre Isabel le donò un braccialetto sempre d’argento con intorno delle rose; su di una è incisa la lettera I. Entrambi i doni, caratterizzati dai loro fiori preferiti, furono il simbolo della loro amicizia che non si sarebbe mai spezzata.

    Vorrei che ora foste qui, con me… pensa la ragazza, continuando a osservare alternativamente il dipinto che ritrae la madre e il braccialetto, pensando alla sua amica d’infanzia. Sono stufa di questo trattamento, non ce la faccio più commenta tra sé, stanca di quella vita. Lentamente ripone il ritratto sul comodino per poi appoggiare entrambe le mani sui suoi occhi ormai colmi di lacrime.

    Tutti quei pensieri, la situazione che sta vivendo e la tristezza la portano a pensare a una possibile fuga, una decisione che sta distruggendo il cuore e i sentimenti della fanciulla da ormai più di un mese fatto di appuntamenti combinati e ordini del padre, il quale ormai pensa solamente all’interesse economico della casata.

    Elizabeth e Isabel hanno perso i contatti da molto tempo ma ciò non ferma Elizabeth; in mente le balena l’idea di provare a scriverle una lettera informandola che, se un giorno la volesse venire a trovare, non abiterà più nella sua grande residenza. Si alza, asciugando le lacrime, e si dirige verso la scrivania sopra la quale vi è ancora quel grande libro sulle leggende del mare. Armata di foglio e penna d’oca, intinge la punta all’interno del vasetto d’inchiostro e concentrata inizia a scrivere.

    Cara Isabel,

    amica mia, non immagini qui la situazione com'è diventata. Non bastava che mio padre decidesse chi può essere mio amico, ora vuole persino costringermi a sposare un completo sconosciuto.

    Non ce la faccio più a vivere così, dopo molti pensieri ho deciso che a breve scapperò di casa. So che sarà dura ma non mi volterò, non guarderò indietro, mai. Mi mancherà mio padre, ma ho deciso di crearmi una nuova vita, devo decidere io per il mio futuro, il mio destino, scriverò io la mia personale storia.

    Magari potrei venire proprio in Irlanda da te, così potremo tornare a essere le amiche che eravamo un tempo e che saremo per sempre.

    Cari saluti,

    Elizabeth

    Una volta che la lettera è pronta, la piega accuratamente, la imbusta e compila il dorso con l’indirizzo che non ha mai dimenticato.

    Quindi chiama Greta che, appena udito il richiamo della ragazza, arriva, quasi tempestivamente, in camera.

    «Padroncina» con lieve inchino si presenta alla ragazza.

    Elizabeth, compiendo un gesto con la mano, cerca di metterla a suo agio.

    «No, no, Greta, per favore. Niente convenevoli. Ti ho chiamata perché mi serve un favore.»

    La cameriera, udita la richiesta, si ricompone. «Tutto quello che le serve, signorina Elizabeth» risponde, pronta ad aiutarla.

    «Devo spedire questa lettera, ma per favore, non farti vedere da nessuno. Di te mi posso fidare?» pronuncia con tono serio e triste che fa intendere lo stato umorale alla sua cameriera.

    «Sarà fatto, signorina, non si preoccupi.» Greta si sofferma a osservare lo sguardo della ragazza che fissa le sue mani, mentre cede la lettera. «Signorina, sta bene?» si preoccupa con tono dolce, materno, poggiando una mano su quella di Elizabeth.

    «No, Greta. Non sto bene. Non sto più bene» risponde, chiudendo gli occhi e scuotendo il capo in segno di dissenso.

    «La capisco, signorina, quel tipo non piace nemmeno a me. Tra tutti i pretendenti è il peggiore» afferma Greta, ricordando il discorso che il conte ha fatto con il padre. «Ma non si preoccupi, signorina, suo padre le vuole bene e….»

    Viene interrotta dalla ragazza: «Mio padre non mi vuole bene. Mio padre non avrebbe mai detto quelle parole se me ne volesse, tantomeno mi avrebbe costretta a sposarmi con quel tipo viscido.» Visibilmente irritata, lascia le mani della sua cameriera. «Per favore, ora vai, è importante.» Si volta, dando le spalle a Greta. «Sì, signorina.»

    Amareggiata, la cameriera si accinge a lasciare la stanza per poi, una volta fuori, appoggiarsi di spalle alla porta e sentire quel silenzio struggente.

    Alcuni attimi dopo, all’ingresso della residenza, la cameriera nota che il conte Moreau sta parlando con il suo cocchiere. Memore della richiesta di Elizabeth, decide di nascondersi di spalle dietro una colonna, in attesa che egli se ne vada.

    «Non mi sembra semplice, signore,» esclama l’inserviente «come farà a convincerlo?» domanda, completamente ignaro delle intenzioni del suo padrone.

    «Non ti preoccupare, ho già in mente un piano. Quel vecchio è prossimo alla fine dei suoi giorni…» ghignando «volente o nolente, sposerò sua figlia e l’impero D’Ambray sarà mio. Ahahah!» E, fiero, il conte risponde accennando una grassa risata.

    «E sua figlia? Come pensa di convincerla?» domanda, incuriosito, ancora l’inserviente.

    «Convincerla? Lei è obbligata. È solo una stupida ragazzina viziata. La sopporterò finché suo padre non lascerà questo mondo e poi me ne sbarazzerò. Detto questo andiamo, il tempo è denaro» replica il nobile, salendo sulla carrozza.

    Il cocchiere si prepara, con una frustata di redini entrambi i cavalli legati alla carrozza iniziano a muoversi, dirigendosi verso l’uscita del giardino.

    Greta rimane pietrificata, sconvolta da ciò che ha udito, le sue gambe cedono fino a far scivolare la sua schiena sulla colonna e raggiungere il pavimento. Il tempo di ricomporsi e, senza attendere oltre, ritorna all’interno della residenza.

    Cala la notte. Elizabeth si ritrova nuovamente a piangere nel suo grande letto, ripensando sempre a tutto lo stress accumulato, le ingiustizie che sta subendo e come questa vita potrebbe cambiare se se ne andasse di casa, ed è quest’ultimo il pensiero che la fa soffrire di più.

    All'improvviso, senza neanche bussare, Greta apre la porta della stanza ed entra. È molto agitata e porta con sé alcuni vestiti della servitù, camicie a maniche lunghe e sbiadite, pantaloni scuri e stivaletti neri.

    «Greta? Che succede?» esclama la ragazza preoccupata, alzandosi di scatto dal letto.

    «Oh, signorina, non c'è un minuto da perdere!» con tono frettoloso e spaventato la donna si rivolge alla giovane.

    «Ma si può sapere cosa sta succedendo? Perché sei così agitata?» continua la ragazza, volendo capire cosa affligge la sua ancella.

    «Elizabeth, dovete scappare! Ho scoperto che il conte Pierre Moreau non ha buone intenzioni: vuole sposarvi solo per prendere le vostre ricchezze e infine sbarazzarsi di voi» termina la donna, mostrando un'espressione terrorizzata al solo pensiero. Sentendo quelle parole, Elizabeth comprende subito che Greta non sta scherzando, dal tono della sua voce e dal sentirla chiamare per nome e non come di consueto Signorina. «Elizabeth, basta parlare. Ve ne dovete andare immediatamente!» esclama Greta, porgendole i vestiti che ha con sé.

    «Ma questi… e mio padre?» stupita domanda Elizabeth, afferrando gli indumenti.

    «Per favore, signorina, ci penseremo noi. Finché lei si troverà qui, sarete entrambi in pericolo» risponde interrompendola Greta. Per fare più in fretta, la donna aiuta Elizabeth a vestirsi e, appena pronta, le porge il suo mantello. «Prenda questo» esclama Greta porgendo anche un sacchetto.

    «Che cos’è?» chiede Elizabeth.

    «Contiene un piccolo dono da parte di noi inservienti. Vi serviranno per fuggire lontano da qui» dice la domestica.

    «Ma non posso accettare!» risponde la fanciulla.

    «Andate! Troverete un cavallo già sellato legato a un albero qui sotto. Ora correte!» insiste infine, andando a spintonare delicatamente ma con decisione la giovane.

    Immaginando che sarebbe stata probabilmente l'ultima volta che avrebbe visto la sua ancella, la giovane si gira e con le lacrime agli occhi abbraccia la sua seconda madre.

    «Mi mancherai tanto…» la stringe, piangendo.

    «Anche voi mi mancherete, dolce Elizabeth, ma ricordate, sarete sempre nel mio cuore... E io nel vostro!» esclama la serva, piangendo insieme alla ragazza che ha visto crescere fin da molto piccola.

    Giunge il momento della partenza. Con difficoltà Elizabeth si allontana dal caldo abbraccio e si dirige verso la porta chiudendola.

    Facendo attenzione, la giovane riesce a uscire dalla grande villa e, una volta trovato il cavallo, donando un ultimo sguardo a quella casa piena di ricordi.

    Addio mormora tra sé le ultime parole al vento, e con le lacrime agli occhi parte al galoppo, iniziando il cammino verso la sua nuova vita.

    Capitolo 2

    Canto delle maree

    È l'alba. Nonostante l’ora, al porto vi è un gran viavai, ma non di persone semplici. Sono ufficiali di marina impegnati nel controllo delle operazioni e scaricatori di porto che organizzano e trasportano pesanti casse, attrezzi e barili di provviste. Ultimi, ma non per

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