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Emma e il segreto del visconte
Emma e il segreto del visconte
Emma e il segreto del visconte
E-book209 pagine2 ore

Emma e il segreto del visconte

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816
Stanco della vita frenetica della capitale, ma soprattutto dell'ipocrisia delle dame dell'alta società londinese, interessate solo al suo titolo, il ricchissimo visconte di Templeton decide di ritirarsi nella riposante campagna inglese. Sotto le mentite spoglie di un pittore stringe amicizia con Emma, figlia del reverendo appena scomparso. La giovane, pratica e poco incline a coltivare fantasie romantiche, sa di non potersi aspettare nulla dal futuro, visto che non dispone di una dote. Nonostante ciò, l'affascinante, misterioso e squattrinato vicino di casa riesce a far breccia nel suo cuore. Il castello di bugie eretto dal visconte è però destinato a crollare con l'arrivo da Londra di un'amica comune.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788830515956
Emma e il segreto del visconte
Autore

Dorothy Elbury

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Emma e il segreto del visconte - Dorothy Elbury

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Viscount’s Secret

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2005 Dorothy Burley

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-595-6

    1

    L’onorevole Peregrine Nicholls beveva il suo bicchiere di brandy, seduto accanto al caminetto, e sorrideva con comprensione al cugino.

    «Il tuo problema, mio caro Ned» gli disse, «è che sei troppo sentimentale.» Ignorò l’occhiataccia di Edward e proseguì. «Quando si cerca una moglie non si deve esagerare con le pretese. È la terza stagione che dici di non averne trovata una all’altezza dei tuoi desideri. Le matrone londinesi finiranno per offendersi.»

    Edward Latimer, ex ufficiale dei Dragoni di Sua Maestà e visconte di Templeton, stiracchiò le lunghe gambe e cercò di accomodarsi meglio sulla poltrona.

    «Che io sia dannato se mi sposerò per accontentare la matrone dell’alta società londinese» rispose con un’espressione ostinata sul bel viso. «Ci sono donne che vogliono un marito solo per farsi pagare i conti del sarto.»

    «Sciocchezze, caro cugino!» lo canzonò Peregrine mentre riempiva di nuovo i loro bicchieri. «Chi ti ha raccontato queste storie? La verità è che, quando un gentiluomo deve sposarsi, si deve cercare una ragazza che provenga da una buona famiglia, meglio ancora se carina e, soprattutto, dotata di un buon carattere. Altrimenti il resto della sua vita potrebbe diventare un incubo.»

    Edward scosse il capo. «Non sono d’accordo. Che cosa succede se ti sposi una ragazza carina, che proviene da una buona famiglia, che ha un buon carattere, ma il cervello di una gallina? Che razza di figli metterà al mondo? Pretendo di più dalla mia futura sposa, che un bel viso e un buon carattere. Voglio una moglie con cui poter parlare, che abbia un cervello. Mia madre era così, se ti ricordi. Leggeva i giornali, si teneva informata e sapeva discutere di tutto. Per questo mio padre l’adorava.»

    Lo sguardo di Edward si intenerì al ricordo dell’amore che c’era sempre stato fra i suoi genitori, fino alla morte di lady Felicity cinque anni prima.

    «So che cosa intendi dire» ammise Peregrine, annuendo. «Zia Felicity avrebbe potuto ambire a un seggio in Parlamento, se fosse stata un uomo. Ma quella fanciulla che hai corteggiato negli ultimi mesi, Eleanora Cornwell, non mi sembrava affatto stupida. Perché non l’hai chiesta in moglie?»

    «Perché? Perché sembra che il cuore della bella miss Eleanora appartenesse a un altro uomo già molto prima dell’inizio della stagione mondana. Ma i suoi cari genitori, dato che lui non era ricco, l’avevano costretta ad accettare la mia corte. Naturalmente, appena l’ho saputo, me la sono data a gambe.»

    «Hai fatto bene» approvò il cugino.

    «Meglio rimanere scapolo per tutta la vita che sposare una donna che ama un altro.»

    Peregrine rise. «Non farti sentire da tuo padre! Ormai hai trent’anni e sei il suo unico figlio maschio, solo tu puoi dargli l’erede al titolo che desidera tanto. Non sei fortunato come me, che posso lasciare ai miei due fratelli l’onore e l’onere di continuare il nome della famiglia.»

    «Ormai la stagione mondana è diventata un’asta in cui i genitori vendono le figlie al maggior offerente. Lo trovo ripugnante» dichiarò Edward con decisione. «Voglio una donna che ami me, non il mio denaro.»

    «Bravo, ma dove la trovi? Intendo dire, ci sono di sicuro fanciulle che ti amerebbero per quello che sei, ma come fai a distinguerle dalle altre? A Londra ti conoscono tutti e sanno che sei ricco» obiettò l’onorevole Peregrine.

    «A Londra. Ma se cercassi altrove la mia futura sposa? Se partissi per la campagna e fingessi di essere soltanto un qualunque Mr. Latimer e non il visconte di Templeton?» Gli occhi gli brillavano all’idea.

    «Sei impazzito, Ned? Vorresti andartene in giro per le locande di provincia senza nemmeno un valletto al seguito? Stai scherzando?»

    Edward si alzò e si mise a posto il nodo elaborato della cravatta di seta bianca.

    «Sono perfettamente in grado di vestirmi da solo, cugino, quindi posso fare a meno di un valletto. Otto anni nell’esercito rendono indipendente un uomo. E poi un Mr. Latimer qualunque non se ne andrebbe in giro con un valletto al seguito. Non alloggerebbe per settimane in una dispendiosa locanda, ma preferirebbe affittare una graziosa casetta. Pensa, un bel villino in campagna per il resto dell’estate!»

    L’idea piaceva talmente a Edward, che si alzò e andò a cercare la copia dell’Observer per vedere se in provincia ci fosse qualche villino in affitto.

    Il cugino lo guardava stupito e affascinato per tanta audacia e originalità.

    «Guarda un po’, ce ne sono a decine!» esclamò Edward mettendogli davanti la pagina degli annunci. «Dove vuoi, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Nell’Hampshire, nel Buckinghamshire... Ecco qui, Compton Lacey. Il nome mi piace, anche se non l’ho mai sentito prima. È nel Warwickshire, vicino a Dunchurch. Scommetto che lì nessuno ha mai sentito nominare la nostra famiglia.»

    «Veramente mi pare che avessimo una zia a Stratford» rispose Peregrine grattandosi la testa. «Ma non ricordo bene. Non starai parlando sul serio, Ned?»

    «Sono serissimo. Sarà una bella avventura e poi l’annuncio dice che il villaggio non è lontano dalla strada maestra e ci si può arrivare anche in diligenza.»

    «Vorresti viaggiare con la diligenza pubblica?» si scandalizzò il cugino.

    «Ma certo. Sarò un qualunque Mr. Latimer, ricordatelo. Vediamo, che cosa potrei fare per vivere? Mi è sempre piaciuto disegnare, forse potrei fingere di essere un pittore. No, tele, pennelli, cavalletti... Dovrei portarmi dietro troppo equipaggiamento. Ma se fossi un artista in vacanza, mi basterebbero un blocco di fogli per gli schizzi e qualche matita per...»

    «Buon Dio! Se non fossi mio cugino direi che stai delirando. Credi di trovare in quel posto sperduto...?»

    «Compton Lacey» gli ricordò Edward.

    «Compton Lacey. Credi che la donna dei tuoi sogni possa davvero vivere laggiù?»

    «Non ti sembra il caso di tentare, almeno?» Il visconte pareva convinto delle proprie idee. «Da dove vengono tutte queste debuttanti che le loro madri e le loro zie cercano di farci sposare? Dalla provincia, no? Ma sono state trasformate in debuttanti frivole e ridicole, decorate con pizzi e nastri per essere esposte nei balli e nei ricevimenti, come se fossero in vendita. No. Andrò a cercare la mia futura sposa in campagna, dove forse potrò trovare il più perfetto degli angeli, non ancora guastato dall’avidità dei suoi genitori.»

    Il cugino si rassegnò.

    «Se hai deciso, so che sarebbe inutile tentare di fermarti. Promettimi solo di non fare niente di azzardato.»

    «Sai benissimo che sono un uomo di buonsenso» replicò Edward prima di andarsene.

    Nel tardo pomeriggio di sabato, mentre a Dunchurch scendeva dalla scomoda diligenza postale, dopo un lungo viaggio da Londra che lo aveva riempito di lividi, Edward si sentiva molto meno entusiasta del suo progetto. Per otto ore era rimasto schiacciato fra una signora corpulenta e il più ossuto degli uomini, su un sedile che sembrava fatto di pietra. Non vedeva l’ora di riposarsi nella locanda e di rinfrescarsi con una birra, prima di cercare un modo per arrivare alla vicina Compton Lacey, nei cui paraggi si trovava il villino che aveva affittato. Purtroppo, però, i suoi bagagli sarebbero stati gli ultimi a essere scaricati, dato che erano sotto tutti gli altri.

    Un gruppo di bambini incuriositi, come accadeva di solito nei villaggi, si era radunato davanti alla locanda di posta per osservare da vicino la diligenza. I garzoni di stalla, intanto, stavano cambiando i cavalli con efficiente velocità, in modo che il viaggio potesse riprendere al più presto.

    «Rupert, dove sei?» chiamò una fanciulla.

    Rupert, un ragazzino di circa dodici anni, stava esaminando con interesse il freno della diligenza. Quando sentì il proprio nome trasalì e si voltò verso chi l’aveva chiamato, proprio nel momento in cui un grosso baule sfuggiva di mano a un garzone che stava scaricando i bagagli dal tetto della diligenza.

    «Attento!» gridò il garzone atterrito, ma il ragazzino non sarebbe mai riuscito a scansarsi in tempo, se Edward non si fosse lanciato verso di lui, gettandolo a terra.

    Il baule cadde accanto a loro e rotolò lontano, senza provocare grossi danni.

    «Togliete le mani di dosso a mio fratello!» gridò la stessa voce di prima. La fanciulla sembrava indignata. «Come osate fare del male a un ragazzino?»

    Edward stava aiutando Rupert ad alzarsi, ma si trovò a doversi difendere da una piccola furia.

    «Calmatevi. L’ho gettato a terra soltanto perché quel baule non gli cadesse in testa» cercò di spiegarle.

    «È vero, mi ha salvato» intervenne Rupert, ancora spaventato. «Grazie, signore.»

    «Non ti sei fatto male, vero?»

    La giovinetta era diventata rossa come il fuoco.

    «Vi prego di scusarmi» mormorò pentita. «Vi sono molto grata per quello che avete fatto.»

    «È stato un piacere.»

    Edward rimase a guardare la bella fanciulla mentre, ancora imbarazzata, cercava di ripulire dal fango le mani e le ginocchia del fratellino. I lunghi riccioli castani, sfuggiti da sotto il cappellino di paglia, le accarezzavano dolcemente il viso. D’impulso prese il proprio fazzoletto dalla tasca e glielo diede.

    «Con questo ci riuscirete meglio» le disse.

    Lei accettò il fazzoletto con un sorriso di gratitudine. I loro occhi s’incontrarono ed Edward provò qualcosa di indefinibile.

    In quel momento scoppiò una lite furiosa tra il cocchiere, giunto dalla locanda dove aveva scolato un grosso boccale di birra, e i garzoni che stavano ancora scaricando i bagagli. L’incidente del baule aveva rallentato il loro lavoro, la diligenza non era ancora pronta per partire e i passeggeri stavano aspettando impazienti di salire.

    A quanto pareva il cocchiere aveva scommesso di arrivare a Birmingham entro una certa ora e adesso rischiava di perdere. Durante l’animata discussione che seguì e che coinvolse il cocchiere, i garzoni e i passeggeri in attesa, Edward e la fanciulla vennero separati e, quando la diligenza ripartì in una nuvola di polvere, lei e il fratello erano spariti.

    Non era riuscito nemmeno a sapere il suo nome, pensò Edward deluso, prendendo la valigia ed entrando nella locanda per chiedere se ci fossero mezzi di trasporto per raggiungere la propria destinazione.

    Il locandiere gli assicurò che avrebbe trovato di sicuro qualcuno disposto a dargli un passaggio fino a Compton Lacey, perché quello era stato giorno di mercato a Dunchurch e la sala di mescita era piena di gente che viveva nei dintorni. Anzi, avrebbe provveduto lui stesso a risolvere il problema, mentre Edward si sedeva a un tavolo a bere una birra.

    Edward accettò volentieri e venne accompagnato in una sala di mescita spaziosa e confortevole. Si sedette a un tavolo e gli venne servito un boccale di birra, che bevve ripensando agli occhi straordinari della fanciulla che aveva appena incontrato. Di un azzurro così intenso da sembrare quasi viola. E com’erano lunghe le sue ciglia scure...

    Forse aveva incontrato subito l’angelo che stava cercando, solo che l’aveva già perduto. Ma non doveva essere difficile ritrovarla in un paese così piccolo. Come si chiamava il fratellino? Robert? No, Rupert! Il ragazzino portava una fascia nera sulla manica della giacchetta, segno di un lutto recente in famiglia. E anche i nastri del cappellino della fanciulla erano neri.

    Il locandiere tornò proprio in quel momento per annunciare di avergli trovato il passaggio che stava cercando.

    «Mr. Radley sta per ritornare a casa e vi darà un passaggio fino al villino che avete affittato. Ci passa proprio davanti, mi ha detto.»

    Andrew Radley, gli spiegò, era un giovane fattore che possedeva molte terre nei dintorni di Compton Lacey. Aveva un bel calesse tirato da un baio ed era di piacevole compagnia, aggiunse.

    Edward se ne accorse durante il viaggio, perché non fecero altro che chiacchierare amichevolmente. Radley era tarchiato, rosso di capelli, ciarliero e più che disposto a fornirgli notizie sulla vita del villaggio e sulla gente che ci viveva.

    Il villino dei Blanchard, a quanto pareva, apparteneva a una coppia di vecchi scozzesi che trascorreva a Compton Lacey i mesi invernali e lo affittava ai villeggianti in estate.

    La governante dei Blanchard, Mrs. Jacklin, veniva tre volte la settimana a pulire il villino e, con una piccola spesa aggiuntiva, si occupava anche del bucato degli inquilini estivi.

    «Siate cauto, però, se avete dei segreti» lo mise subito in guardia Radley. «Mrs. Jacklin è molto curiosa ed è impossibile tenerla all’oscuro di qualcosa.»

    «Forse è proprio la persona di cui ho bisogno» fu invece l’opinione di Edward. «Avete visto che cosa è successo quando sono arrivato con la diligenza? Quel ragazzino che per poco non veniva colpito da un baule sfuggito a uno dei garzoni? Mi pare che si chiamasse Rupert.»

    Mr. Radley tirò le redini e il calesse si fermò. «Rupert, avete detto? Rupert Cunningham? Si è fatto male?»

    «No, non si è fatto niente. Lo conoscete? Avete detto che si chiama Cunningham?» Edward era felice di avere già scoperto il cognome della fanciulla.

    «Certo che lo conosco. Ho l’onore di essere il fidanzato di sua sorella, Katharine Cunningham. Quel ragazzino si mette sempre nei guai, è un vero problema per sua madre» aggiunse, incitando i cavalli e rimettendosi in cammino.

    La felicità di Edward si trasformò immediatamente in tristezza. Così la bella fanciulla era già fidanzata. Il suo sconforto fu tale che desiderò di ripartire per Londra il mattino dopo e mettere fine a quella stupida ricerca.

    «Siete un uomo fortunato» disse a Radley con apparente disinvoltura. «Non ho potuto fare a meno di notare che il vostro futuro cognato aveva una fascia nera sulla giacca. Un lutto recente?»

    Radley annuì desolato. «La morte del padre, il reverendo Cunningham. È morto il mese scorso. Katharine e io avremmo dovuto sposarci fra una settimana, ma purtroppo il lutto minimo è di tre mesi, perciò tutto è rimandato alla fine dell’estate.»

    Il calesse correva sotto gli alberi, lungo la strada che attraversava la bella campagna del Warwickshire.

    Edward, immerso nei propri pensieri, non si rese neppure conto della bellezza che lo circondava. Schiarendosi la voce, chiese se i Cunningham vivessero ancora nella canonica.

    «No, sono ritornati nella loro casa di famiglia, Westcotes, che si trova circa a mezzo miglio dal villino dei Blanchard. Ci passeremo davanti fra poco, la vedrete. Ora nella canonica vive il nostro giovane curato, Mr. Mansell, che era il viceparroco fino alla morte del padre di Katharine. Voi siete un pittore, troverete molto interessante Westcotes. Anzi, mi piacerebbe che ne faceste un acquerello per me. Sarebbe un bel regalo per la mia Kate, sono sicuro che starebbe bene nel nostro salotto.»

    «Ne sarei lieto» mormorò Edward. «Ma non avete visto nulla del mio lavoro, come potete sapere se sono un buon pittore?»

    Radley scoppiò a ridere. «Se potete permettervi di affittare la casa dei Blanchard per l’estate, guadagnate

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