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Invito a cena con filosofo: 15 grandi del pensiero a tavola
Invito a cena con filosofo: 15 grandi del pensiero a tavola
Invito a cena con filosofo: 15 grandi del pensiero a tavola
E-book223 pagine2 ore

Invito a cena con filosofo: 15 grandi del pensiero a tavola

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Info su questo ebook

Nel cielo ideale della Repubblica dei filosofi può accadere che un immaginario anfitrione, sovvertendo ogni ordine di spazio e di tempo, riesca a dare forma all’utopia di invitare quindici grandi del pensiero a un convito speciale con l’unico obbligo di farsi precedere da una o più ricette, quasi un concentrato simbolico della loro passione culinaria. Ne scaturisce un intrigante viaggio intorno ai loro gusti culinari, spesso mai conosciuti, attraverso singolari racconti che rivelano l’originale rapporto tra questi illustri filosofi e l’universo del cibo. L’autore costruisce così intorno a questo unico ed irripetibile convivio, grazie alle “preferenze” dei filosofi, tre diversi menù: "Ispirazione marina", "Oltre pesce e carne", "Terra e cielo". Un pranzo, è proprio il caso di dirlo, da mangiare con gli occhi, gustare con la mente e, soprattutto, giocare con infinita immaginazione. Cosa si sarebbero detti Kant e Leonardo, Hildegard di Bingen e Sartre, Nietzsche ed Hegel, Spinoza e Arendt, Heidegger e Seneca, Leibniz e Platone, Ficino, Campanella e Freud, testando entro questo speciale convivio massime affinità o assolute distanze? La risposta alla fervida fantasia del lettore.
LinguaItaliano
Data di uscita7 ago 2023
ISBN9788855127899
Invito a cena con filosofo: 15 grandi del pensiero a tavola

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    Anteprima del libro

    Invito a cena con filosofo - Franco Banchi

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    Franco Banchi

    Invito a cena con filosofo

    15 grandi del pensiero a tavola

    Copyright© 2023 Edizioni del Faro

    Gruppo Editoriale Tangram Srl

    Via dei Casai, 6 – 38123 Trento

    www.edizionidelfaro.it

    info@edizionidelfaro.it

    Prima edizione digitale: maggio 2023

    ISBN 978-88-5512-347-1 (Print)

    ISBN 978-88-5512-789-9 (e-book)

    http://www.edizionidelfaro.it/

    https://www.facebook.com/edizionidelfaro

    https://twitter.com/EdizionidelFaro

    http://www.linkedin.com/company/edizioni-del-faro

    Il libro

    Nel cielo ideale della Repubblica dei filosofi può accadere che un immaginario anfitrione, sovvertendo ogni ordine di spazio e di tempo, riesca a dare forma all’utopia di invitare quindici grandi del pensiero a un convito speciale con l’unico obbligo di farsi precedere da una o più ricette, quasi un concentrato simbolico della loro passione culinaria. Ne scaturisce un intrigante viaggio intorno ai loro gusti culinari, spesso mai conosciuti, attraverso singolari racconti che rivelano l’originale rapporto tra questi illustri filosofi e l’universo del cibo. L’autore costruisce così intorno a questo unico ed irripetibile convivio, grazie alle preferenze dei filosofi, tre diversi menù: Ispirazione marina, Oltre pesce e carne, Terra e cielo. Un pranzo, è proprio il caso di dirlo, da mangiare con gli occhi, gustare con la mente e, soprattutto, giocare con infinita immaginazione. Cosa si sarebbero detti Kant e Leonardo, Hildegard di Bingen e Sartre, Nietzsche ed Hegel, Spinoza e Arendt, Heidegger e Seneca, Leibniz e Platone, Ficino, Campanella e Freud, testando entro questo speciale convivio massime affinità o assolute distanze? La risposta alla fervida fantasia del lettore.

    L'autore

    Franco Banchi è nato in Toscana, a Rignano Sull’Arno, comune del Valdarno Fiorentino. Laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Firenze con indirizzo storico-filosofico, è insegnante liceale e già docente di Filosofia presso la Scuola Teologica della Diocesi di Fiesole. Giornalista pubblicista, collabora con settimanali, riviste e periodici ed è direttore di alcune testate. Ha curato e condotto trasmissioni culturali per emittenti radiofoniche e televisive, private e pubbliche, tra cui la rubrica Rinascimento perduto, prodotta da RAI Toscana. Ha ricoperto vari incarichi politico-istituzionali, collaborato con ministeri ed enti, specialmente in ambito culturale. Come scrittore, ha pubblicato, tra l’altro: Il pranzo di S. Giovanni (1997); Breviario del buon governo (1998); Umanesimo cristiano e diritti (2000); Globalizzazione, personalismo e nuova libertas (2001); L’armonia penultima (2004); Il Convivio delle erbe dimenticate (2010).

    .

    Invito a cena con filosofo

    15 grandi del pensiero a tavola

    Introduzione

    Nel cielo ideale della Repubblica dei filosofi può accadere che un immaginario anfitrione riesca a dare forma all’utopia di invitare quindici grandi del pensiero a un convito speciale con l’unico obbligo di farsi precedere da alcune ricette, quasi un concentrato simbolico della loro passione culinaria, descritta e approfondita da uno specifico viaggio intorno ai loro gusti a tavola.

    Di questo convito, che ha sovvertito ogni ordine di spazio e di tempo, riportiamo con dovizia di particolari le singole ricette. Per intuizione ci piace immaginare che dalla combinazione di queste scelte sia nato un convivio davvero eccellente.

    Il grande Immanuel Kant attribuiva un’importanza speciale alla distribuzione dei posti a tavola, da una parte per rendere il pranzo occasione propedeutica al dialogo, dall’altra per far sì che l’arte conviviale sia chiamata a mettere insieme il piacere e un fine umanizzante e virtuoso, quindi morale.

    Ci sarebbe piaciuto, impossibile negarlo, ascoltare i commenti e i passaggi collegati a ogni singola portata di questo tête-à-tête, insieme al dietro le quinte filosofico, di sicuro ancora più intrigante.

    Per esempio: cosa si sarebbero detti Kant e Leonardo, Hildegard di Bingen e Sartre, Nietzsche ed Hegel, Spinoza e Arendt, Heidegger e Seneca, Leibniz e Platone, Ficino, Campanella e Freud, testando entro questo speciale convivio massime affinità o assolute distanze? Lasciamo il tutto alla fervida fantasia del lettore.

    Insieme a singoli racconti che svelano l’originale rapporto tra questi quindici illustri filosofi e il cibo, riportiamo tre possibili menù di questo irripetibile appuntamento: ispirazione marina, oltre pesce e carne, terra e cielo.

    Un pranzo, è proprio il caso di dirlo, da mangiare con gli occhi, gustare con la mente e, soprattutto, giocare con infinita immaginazione.

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    Platone

    La cucina non è un’arte ma ci fa più filosofi

    E il cibo non è forse ora buono, ora cattivo?

    Se da un convito s’acquistasse salute, si avrebbe un guadagno o una perdita?

    Con questa domanda, ripresa da una sua piccola opera, Ipparco, il vecchio Platone interrogò il gruppo scelto di studenti che lo aveva accompagnato nel giardino più lontano e quieto dell’Accademia. Da tempo voleva affrontare con una sua lezione speciale, un tema che era stato presente in molte sue opere, ma sempre in miniatura: il cibo e la filosofia. Per i suoi occhi di vecchio saggio, che avevano contemplato con il pensiero le magnifiche risorse alimentari della mitica Atlantide, visto e assaporato in Siracusa la fin troppo sofisticata cucina di Dionigi il Vecchio e di suo figlio, anticipato le tavole di utopia della repubblica perfetta e le vette dei simposi, una verifica, uno stimolo, l’ennesima maieutica.

    Sarebbe certo un guadagno, Maestro rispose uno dei discepoli prediletti, Philippos.

    Kallias: Ma il guadagno di cui parliamo riguarda solo il corpo? Se è così, l’attenzione per quello che non è altro che lo strumento dell’anima non sembra eccessivo?

    Platone: "No, Kallias. Ricorda cosa scriviamo in Gorgia: quando il corpo è lasciato ai suoi impulsi entra in un caotico labirinto".

    Xanthos: E proprio lì si aggiunge: chi vive nella giustizia deve lasciare i desideri.

    Platone: Ottimo, Xanthos. La giustizia deve presiedere al piccolo e al grande. Infatti la città meglio governata è quella più vicina a un organismo umano. Per rendere la giustizia intrinsecamente desiderabile occorre dimostrare l’armonia tra individuo, comunità politica e cosmo. Allo stesso modo, visto che lo Stato è un organismo solo più grande rispetto al singolo, il rapporto esistente nell’individuo tra corpo e anima, nel loro essere distinti ma non opposti, è la cifra stessa di una medesima e necessaria integrazione.

    Polycrates: "È il richiamo alla perfetta koinonìa che si estende dal corpo all’anima fino a raggiungere il suo principio d’ordine unitario, a formare un sistema in cui la guida è l’anima e lo strumento il corpo".

    Philippos: E anche nell’ambito proprio dell’anima, la parte concupiscibile, quella più attratta dalla terra, deve essere subordinata a quella razionale.

    Platone: Sì, proprio così. Rammentate: la nostra anima è come una statua in fondo al mare, quella di Glauco, un pescatore che, mangiando il fiore di una pianta miracolosa, divenne un dio immortale pur rimanendo corruttibile. Chi la intravede ora in fondo al mare non è capace di scorgerne tanto facilmente la natura antica, perché le vecchie parti del suo corpo sono state le une spezzate, le altre corrose e completamente rovinate dai flutti, e con ulteriori escrescenze di conchiglie, alghe e sassi, così da somigliare più a una bestia che a quel che era per natura.

    Aleyandros: La dimensione superiore, incorruttibile e razionale dell’anima deve riemergere in noi per farci ritrovare la vera fisionomia, quella smarrita.

    Platone: Giusto, diletto Aleyandros, proprio così. Meta dell’uomo è diventare giusto ovvero filosofo. E questa direzione eccellente si sviluppa anche attraverso l’uso sobrio dei beni in generale e del cibo in particolare, potenziali tramiti ascendenti tra la vita terrena e il divino.

    I prodotti naturali della generosa Atlantide

    Platone: "Amphimakros, narraci cosa abbiamo scritto in Crizia sulla mitica Atlantide, sul rispetto dell’ordine di natura, la sobrietà e la virtù, la sovrabbondanza dei suoi prodotti della terra".

    Amphimakros: L’isola sacra che esisteva un tempo, sotto il sole offriva in quantità inesauribile: radici, germogli, legni, succhi trasudanti da fiori o da frutti, e ancora il frutto coltivato e quello secco che ci fa da nutrimento e il frutto legnoso che offre bevande, alimenti e oli profumati, il frutto della dura scorza, usato per divertimento e piacere, difficile da conservare, così quelli che serviamo dopo cena come rimedi graditi a chi è affaticato dalla sazietà.

    Platone: "Ora riesci, Xanthos, a chiarirci questo linguaggio pieno di gryphos e tutto da sciogliere per farci capire quale la dieta virtuosa di questo popolo?"

    Xanthos: Maestro, per l’ordine e l’equilibrata misura dell’uomo integrale, si esalta l’importanza della frutta e di ogni prodotto ricavabile dalle varie specie, tra cui mele e melograne. E ancora: olio e olive, limoni. E non si dimentica ciò che è nascosto sotto la dura scorza, come noci e mandorle, e dà risalto anche alla frutta secca, come, per esempio, i fichi.

    Platone: Non vi sarà sfuggita una particolare menzione per ciò che, a fine pasto, può dare sollievo a quel senso di pienezza e rischia di rompere equilibrio e misura. Quale il motivo di tanta attenzione, diletti discepoli?

    Xanthos: Perché la salubrità del cibo è premessa della medicina.

    Aleyandros: Non solo. La dieta non è mangiar di questo e non mangiar di quello, è un vero e proprio stile di vita, la conformazione a un modello da perseguire.

    Platone: Molto bene, è proprio così. E che mi dite ancora della generosa Atlantide?

    Philippos: Il frutto coltivato e quello secco di cui molto si parla sono l’uva vendemmiata e quella passa.

    Platone: Ma abbiamo dimenticato forse il più importante tra i frutti della terra.

    Polykrates: Sì. Di quei frutti dei quali ci serviamo per fare il pane, il più importante tra i nostri nutrimenti.

    Kallias: …Ma anche di tutti quei prodotti di cui ci serviamo per cibo e le cui varietà con nome generico chiamiamo legumi.

    Amphimakros: Atlantide nutriva a sufficienza gli animali domestici e selvaggi, così anche quanti vivevano negli stagni, nei laghi e nei fiumi. Allo stesso modo, per quanti pascolavano su pe’ monti e nelle pianure c’era per tutti abbondante pastura.

    Platone: E ditemi, gli antichi governanti di Atlantide come utilizzarono questi doni della natura di tale sobria abbondanza?

    Philippos: Profittando di tutte codeste risorse, che la terra forniva loro, quei Re costruirono templi, regge, porti e provvidero al resto del paese.

    Platone: Solo questo, miei discepoli?

    Amphimakros: Questa alimentazione naturale non obbligava a occupazioni di altri territori, sfruttamento e cupidigia.

    Platone: Sì, proprio così. È la premessa per la perfetta città ideale, quella che troviamo all’inizio e alla fine del tempo.

    Fai banchettare i tuoi uomini senza companatico?

    Platone: "Ricordate ciò che ne La Repubblica Glaucone contesta a Socrate a proposito di cibo nei banchetti?"

    Aleyandros: Molto bene, certo.

    Platone: Su, dunque, esponici la tesi del nostro comune maestro.

    Aleyandros: Il sommo Socrate sosteneva che felicità e semplicità sono costruite sulle buone abitudini. Così per i cibi: i migliori sono quelli sani ed essenziali come farine d’orzo e frumento, pasta e focacce.

    Platone: E ricordi il modo rude con cui Glaucone lo interruppe?

    Aleyandros: Così, fai banchettare i tuoi uomini di solo pane, senza companatico?

    Platone: E il maestro cosa aggiunse?

    Kallias: Rassicurò Glaucone, indicando come companatico sale e condimento, olive, formaggio cipolle, fichi, ceci e bacche

    Platone: E ciò fu sufficiente per chi lo interrogava?

    Polycrates: Sicuramente no. Glaucone replicò, senza mezze misure, che si tratta di cibo per porci e non di pietanze raffinate e adatte agli uomini.

    Platone: Ditemi, miei discepoli, Glaucone aveva ben compreso il reale valore del cibo e della culinaria?

    Amphimakros: No, di sicuro. Il cibo è importante per l’uomo. Il mangiare e la produzione culinaria non sono però tra le attività più nobili.

    Platone: "Hai perfettamente ragione. Vi ricordate cosa abbiamo scritto nel Timeo sulla bocca?"

    Philippos: "Sì, ben lo ricordo. Assumere cibo e parlare, azioni entrambe riferibili alla bocca, sono momenti incommensurabili. Il logos è incompatibile con il nutrirsi. L’arte delle Muse e della filosofia ha per riferimento la mente ovvero l’anima, la meccanica del nutrirsi è corporea".

    Platone: Sì, proprio questa è la nostra posizione. Vi chiedo ancora: che dire della figura del cuoco?

    Kallias: La sua è una mera attività pratica, volta a conferire gradevolezza al cibo, consuetudinaria e ripetitiva.

    Platone: "Così scriviamo in Gorgia, hai proprio ragione. E perché questo, giovani filosofi?"

    Amphimakros: Quella del cuoco non può essere innalzata al rango di arte poiché non raggiunge la conoscenza della natura delle cose.

    Platone: Esattamente questo, Amphimakros. E, ditemi: si possono paragonare il cuoco e il retore?

    Philippos: Sì. Entrambi sono definiti artigiani del piacere, professionisti dell’adulazione e imbonitori, ma anche danneggiatori e inclini a scocciare le persone.

    Platone: "Nei miei viaggi ho sicuramente conosciuto cuochi abilissimi e letto antichi trattati di cucina ben fatti e completi. Alla corte dei tiranni di Siracusa, come scritto ne La Repubblica, ho visto e assaggiato piatti deliziosi. Ma quella dolce vita, fatta tutta di banchetti, di un’esistenza passata a riempirsi di cibo due volte al giorno era per me troppo sofisticata".

    Xanthos: Maestro, forse perché avevi in mente gli antichi precetti del grande Omero?

    Platone: Certo, Xanthos, dici il vero. I giorni antichi in cui i soldati, anche nei giorni migliori, consumavano semplice carne alla brace, facile da cuocere, senza ammennicoli, recipienti e ricette lambiccate.

    Quando il pane esce dal clibano è sempre una festa

    Platone: Ora parlatemi di quell’alimentazione sobria che inizia dal nutrimento del mattino.

    Polycrates: Pane di orzo intinto nel vino, fichi e olive; a volte anche frittelle con farina di grano, olio di olive, miele e cagliato di latte oppure con farina di farro, miele, sesamo e formaggio.

    Platone: "E a proposito del pane, ditemi, ne preferite

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