Voglia di vivere ancora
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Info su questo ebook
Salvatore Lestino racconta la difficoltà del vivere in una piccola realtà di provincia in anni funestati dalla diffusione delle droghe, in fuga dalla monotonia, dalle attese paterne che pesano come macigni sulle spalle, dai sogni irraggiungibili. Una storia intensa, di disperazione e rinascita; un viaggio di andata e ritorno negli inferi della solitudine più profonda, lì dove nemmeno l’amore di una figlia può salvare. Una storia diversa, una storia sbagliata, una storia struggente e intensa che ci porta a riflettere sul senso della vita e a godere appieno, con amore sincero, del tempo che ci è concesso su questa terra.
Salvatore Lestino nasce a Napoli il 2 aprile 1934. Ancora bambino, si trasferisce a Taranto con la famiglia durante la seconda guerra mondiale.
Una delle sue prime passioni, sin da età giovanile, è stata l’arte. Quest’ultima, con gli anni, è sempre stata coltivata attraverso molte opere, con l’intento perenne di riscoprirsi sempre di più.
Un’altra declinazione di questa sua passione è la scrittura.
Autore di otto libri, è riuscito a far risaltare le sue doti attraverso il suo manoscritto Voglia di vivere ancora.
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Anteprima del libro
Voglia di vivere ancora - Salvatore Lestino
Salvatore Lestino
Voglia di vivere ancora
© 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-7901-6
I edizione giugno 2023
Finito di stampare nel mese di giugno 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Voglia di vivere ancora
Dedico questo mio scritto a tutti coloro che
hanno creduto in me, nelle mie doti di modesto scrittore
e di uomo impegnato nel riscatto di se stesso.
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
.
Chi l’avrebbe mai detto che accadde per un giorno di pioggia...
Era il mese di marzo e già si sentiva nell’aria l’odore di primavera, a parte la pioggia improvvisa che ci sorprendeva bagnando ogni cosa, era un fuggi fuggi di gente in cerca di riparo.
Come per fatalità la pioggia cadeva a catinelle e nel tentativo frettoloso di trovare un riparo, scivolai cadendo quasi vicino al posto in cui volevo ripararmi. Era un piccolo bar chiuso con la cappottina¹ dimenticata aperta.
La scena fu ornata da una beffarda risata di tre individui sconosciuti.
Pur essendomi alzato a stento e dolorante, mi portai sotto lo stesso riparo ignorando tutto e tutti, mi ricomposi alla meglio dando solo uno sguardo verso di loro. Uno si reggeva a stento in piedi appoggiandosi ad un altro, aveva uno sguardo da far paura ed era in una pessima condizione di salute. Io nello stesso momento mi massaggiavo il ginocchio indolenzito dopo la caduta.
Il tempo minacciava ancora e tutti rimanemmo fermi e rannicchiati sotto i balconi nell’attesa che spiovesse e di tanto in tanto ascoltavo i loro discorsi. A rompere l’atmosfera della snervante attesa, uno di loro raccontava delle barzellette che facevano davvero ridere e non si poteva non partecipare al divertimento.
Così pian piano quell’aria indiscreta scomparve.
«Hai da fumare?» mi chiese il più grande.
«Certo. Si tenga tutto il pacchetto, tanto a casa ne ho un altro».
«Il ginocchio fa ancora male?».
«Molto meno. Grazie».
Dopo esserci presentati, chiacchierammo ancora un po’.
In apparenza solo uno di loro era malconcio, ma non lo dava a vedere. Probabilmente pensai che non si sentisse troppo bene.
Si chiamava Enzo, era sposato ed aveva una bambina. Per il modo in cui era vestito, mi resi conto che moralmente ed economicamente non era nelle migliori condizioni.
Gli altri due invece erano studenti universitari, ma per qualche vizietto erano rinunciatari.
Gino, il più piccolo, anche di statura, era elegante e raffinato, ma anche molto viziato.
Antonio, il più grande, aveva un comportamento più serio.
Di me c’era poco da dire: sposato, senza figli, con una casa, un lavoro ed una moglie rompiscatole.
Senza volerlo, non so come nacque una simpatica e reciproca amicizia. E pensare che poco prima, con il mio carattere timido ed introverso, mi ero tenuto in disparte.
Ma poi in verità iniziai a divertirmi un mondo!
Gino con le sue battute divertenti e le sue barzellette ci faceva morire dalle risate.
Senza accorgermene si fece molto tardi, smise di piovere e tutti si affrettavano per le strade ancora bagnate, stando attenti ad evitare le pozzanghere.
Li ringraziai per la bella serata e ci salutammo.
A casa, mia moglie era già a letto che dormiva col telefono appoggiato sull’orecchio.
Avrà avuto molto da dire alla madre
pensai. In ogni momento della nostra vita, infatti, c’era sempre di mezzo sua madre.
Dopo aver cenato mi misi a letto felice, pensando a ciò che mi era successo e dentro di me sentivo che un giorno o l’altro avrei rivisto quei ragazzi.
La mia vita riprese normalmente e ogni tanto Antonio ed io ci telefonavamo, mi diceva che Enzo stava sempre male