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Non dovevi Nascere: II edizione
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Non dovevi Nascere: II edizione
E-book116 pagine1 ora

Non dovevi Nascere: II edizione

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Info su questo ebook

Bologna, ultimo anno del liceo. Durante una giornata di autogestione, mentre sta distribuendo volantini sugli eventi organizzati all’interno dell’istituto, Chiara si trova davanti Carlo, il ragazzo più bello della scuola. Prova immediatamente un grande imbarazzo, ciononostante riesce a ottenere la promessa di rivederlo e, in breve tempo, i due finiscono per fidanzarsi. Il carattere di Chiara la porta però a sentirsi spesso inadeguata ma, l’amore incondizionato per Carlo sembra riuscire a farle superare le sue inquietudini. Tutto prosegue per il meglio fino al matrimonio, ma i mostri che dominano la mente di Chiara sono sempre in agguato e pronti a entrare in scena, aprendo voragini profonde e destabilizzanti.

Maria Della Rocca nasce a Napoli nel 1983 e dopo cinque anni si trasferisce con la famiglia a Migliaro, un paese in provincia di Ferrara, dove attualmente vive.
Nel 2002 consegue la maturità scientifica presso il Liceo “L. Ariosto” di Ferrara.
Attualmente lavora come impiegata. Non dovevi nascere è la sua prima opera edita.
LinguaItaliano
Data di uscita17 ago 2022
ISBN9788830669604
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    Anteprima del libro

    Non dovevi Nascere - Maria Della Rocca

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    Maria Della Rocca

    Non dovevi nascere

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6223-0

    I edizione agosto 2022

    Finito di stampare nel mese di agosto 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Non dovevi nascere

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Premessa

    La gioia è morte, la fine di tutto.

    Rincorri la felicità per tutta la vita e quando la raggiungi ecco il baratro.

    Sei sola, vorresti urlare, piangere, scappare ma rimani lì pietrificata dalle emozioni, poi tutto si spegne, rimani sola e inizia l’oblio.

    Il mostro dentro di te si è svegliato e tu puoi solo dargli ascolto.

    Capitolo 1

    Avevo diciotto anni la prima volta che incontrai Carlo, era un tipo esile, tranquillo, taciturno, ma con un fascino tutto suo che mi catturò dal primo istante.

    Era il mio opposto, io ero solare, allegra, divertente e mai scontata; due opposti creati per stare insieme.

    Il 18 ottobre del 1996, entrambi frequentavamo l’ultimo anno del liceo scientifico a Bologna, nell’aria si sentiva già l’armonia e la felicità per le feste natalizie che ci attendevano.

    Quella mattina il liceo aveva deciso di entrare in autogestione per protestare contro la nuova riforma scolastica, c’erano i preparativi in corso e io con una mia amica e compagna di scuola distribuivo i volantini con il programma degli eventi della giornata.

    L’evento più importante di tutta l’autogestione era un concerto che sarebbe stato tenuto la sera seguente dalla band scolastica chiamata i BAD.

    Facevamo una gran pubblicità alla serata, sorridevamo e scherzavamo con tutti, era una bella occasione per conoscere nuove persone e far nascere nuove amicizie. Ed ecco che lo vedo avvicinarsi da lontano, si dirige verso di me, il mio cuore inizia a battere veloce, talmente veloce che temevo gli altri potessero sentirlo.

    Eccolo avvicinarsi, mi perdo nel suo sguardo, ha gli occhi più belli che abbia mai visto, un verde intenso con piccole ombre ambrate. Sono ipnotizzata e mi rendo conto di essermi bloccata con lo sguardo da pesce lesso quando lui mi riporta sulla terra.

    «Scusa… ci sei? Ti senti bene?», che figura, era la prima volta che eravamo così vicino ed io? Non sapevo cosa dire… bene, cominciamo bene.

    «Ciao, tieni questo è il programma, mi raccomando partecipa al concerto di domani, sarà fantastico», stavo recuperando terreno, non sapevo di essere una brava attrice. Va bene essere innamorata ma passare per stupida e svampita non faceva parte del mio carattere, dovevo riscattarmi.

    Era lì, leggeva il volantino ma non andava via e non capivo il perché, quando all’improvviso mi guarda negli occhi e mi chiede se io sarei andata al concerto.

    Stavo per svenire, di sicuro ero paonazza in viso, mi mancava il fiato o forse avevo smesso del tutto di respirare, il cuore mi batteva all’impazzata e una piccola fiammella di speranza si faceva strada dentro di me.

    «Sì», risposi velocemente.

    «Allora se ci sarai tu di sicuro verrò anche io». Il mio battito si fermò definitivamente, stavo per svenire.

    «Allora ci vediamo domani?» osai dire.

    «A domani», e mi sorrise in modo così dolce che persi definitivamente il contatto con la realtà.

    Fece per andarsene e sentii un moto di dolore che nasceva dentro di me, avrei voluto che quel momento non finisse mai, era la prima volta che ci parlavamo, ma soprattutto avevo la speranza che anche io gli interessassi come lui interessava a me.

    All’improvviso lo vidi tornare indietro e avvicinarsi.

    «Ah dimenticavo, io mi chiamo Carlo e sono nella Vª B, non è carino non presentarsi», rimasi di stucco.

    «Io mi chiamo Chiara, della Vª H».

    «Lo so, ciao a domani».

    Andò via senza voltarsi; sapeva il mio nome, sapeva in che classe ero, l’unica spiegazione possibile è che aveva preso informazioni su di me. Perché mi chiesi, e cominciai a fantasticare su come anche lui provasse la stessa mia attrazione, ma che come me non avesse il coraggio di dichiararsi. Ero in estasi.

    La mia migliore amica Laura mi si avvicinò, aveva visto tutta la scena e sapeva benissimo quello che provavo per Carlo.

    «Allora? Cosa vi siete detti? Dai racconta, non farti

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