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Le nozze alchemiche di Christian Rosenkreutz
Le nozze alchemiche di Christian Rosenkreutz
Le nozze alchemiche di Christian Rosenkreutz
E-book128 pagine1 ora

Le nozze alchemiche di Christian Rosenkreutz

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Info su questo ebook

Nel testo, un classico della letteratura alchemica del 1400, viene raccontato il cammino di Christian Rosenkreutz verso l'illuminazione ultima, scandito da sette giorni che vedono un vegliardo di 81 anni sottoporsi a prove fisiche e spirituali molto impegnative. Il racconto è l'allegoria di una prova iniziatica, il misterioso castello delle nozze è vicino a quello frequentato dai Cavalieri della Tavola Rotonda, certe scene burlesche orientano verso uno scopo ben preciso; Mozart con il suo "Flauto magico" sembra aver seguito un percorso iniziatico analogo. Le nozze presentano un armamentario alchemico di prim'ordine, e molti hanno ritenuto il testo "un trattato religioso che parla di edificazione, escatologia e di misticismo". Le nozze sono un tema alchemico per eccellenza: come l'unione tra il cielo e la terra, quello dei due mondi. Le nozze mostrano le relazioni dell'uomo con l'universo; il luogo dove Christian riposa, che riflette la conoscenza, è esso stesso concepito come un'immagine del cosmo.
LinguaItaliano
Data di uscita18 mar 2015
ISBN9788899214494
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    Le nozze alchemiche di Christian Rosenkreutz - Johann Valentin Andreae

    cover.jpg

    Le nozze alchemiche

    di Christian Rosenkreutz

    Johann Valentin Andreae 

    gli Iniziati

    KKIEN Publishing International è un marchio di KKIEN Enterprise srl

    info@kkienpublishing.it

    www.kkienpublishing.it

    Prima edizione digitale: 2015

    Titolo originale: Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz, 1459

    Traduzione dal tedesco di Stefania Quadri

    In copertina: "Solutio perfecta", dipinto di sconosciuto del 17° sec., contenuto nel volume: Donum Dei. Ortus diviciarum sapiencie Dei.

    ISBN 978-88-99214-494

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    Indice
    PRIMO GIORNO
    SECONDO GIORNO
    TERZO GIORNO
    QUARTO GIORNO
    QUINTO GIORNO
    SESTO GIORNO
    SETTIMO GIORNO
    Un commento

    PRIMO GIORNO

    Una sera, prima della Pasqua, ero seduto al mio tavolo secondo la mia abitudine, mi intrattenevo lungamente col mio Creatore in umile preghiera. Meditavo i grandi segreti che il Padre della Luce, nella sua Maestà, mi aveva lasciato contemplare in gran numero. Mentre volevo preparare nel mio cuore un pane azzimo senza macchia, con l’aiuto del mio amato Agnello pasquale, all’improvviso si levò un vento così terribile che non potei far a meno di pensare che la montagna nella quale era scavata la mia dimora sarebbe crollata a causa della sua grande violenza. Poiché non mi sorprendevo di questo o di cose simili, che venivano di solito dal diavolo (il quale mi aveva procurato molta sofferenza) mi feci animo e continuai nella mia meditazione, finché qualcuno mi toccò, inaspettato, sulla spalla, e fui tanto spaventato da questo che quasi non potei girarmi, sebbene allo stesso tempo restassi così tranquillo come la debolezza umana può permettere in tali circostanze. E poiché mi venne tirato parecchie volte il vestito, voltai infine lo sguardo e lì v’era una donna di splendente bellezza, dal vestito azzurro e graziosamente disseminato di stelle d’oro, come il cielo. Nella mano sinistra portava una tromba, tutta d’oro, sulla quale era inciso un nome, che potei leggere chiaramente, ma che in seguito mi fu vietato di svelare. Nella mano destra portava un grande fascio di lettere, in varie lingue, che lei (come ho saputo dopo) doveva portare in ogni Paese del mondo. Aveva anche delle ali grandi e belle, tutte piene di occhi, con le quali poteva prendere il volo e volare più velocemente di un’aquila. Avrei potuto forse notare qualcos’altro di lei, ma siccome rimase così poco con me e mi causò tanto spavento e tanta meraviglia, non posso dirne di più, eccetto che, quando mi voltai, frugò tra le sue missive, e tirò fuori finalmente una letterina, che mise sul tavolo con grande reverenza e, senza neanche una parola, se ne andò. Nel prendere il volo soffiò però con tanta forza nella sua tromba, che tutta la montagna ne risonò, e per quasi un quarto d’ora non riuscii a sentire più nemmeno la mia voce. In un’avventura così inaspettata, io, povero me, non sapevo consigliarmi nè aiutarmi: perciò caddi sulle ginocchia e pregai il mio Creatore perché non mi lasciasse accadere nulla contro la mia salvezza eterna. Poi presi, spaventato e tremante, la lettera, la quale era così pesante che, anche se fosse stata di oro puro, non avrebbe potuto esserlo di più. Mentre l’esaminavo con attenzione, vidi un piccolo sigillo col quale era chiusa. Su questo era incisa una croce sottile con l’iscrizione: "In hoc signo vinces". Dal momento che trovai questo segno fui più rassicurato, perché sapevo che un tale segno non piace al diavolo, e ancora meno viene usato da lui. Perciò aprii con cura la lettera: dentro trovai, scritti su fondo blu con lettere d’oro, i versi seguenti:

    img2.png

    "Oggi, oggi, oggi,

    Sono le nozze del re.

    Se tu sei nato per questo,

    Eletto da Dio per la gioia,

    Puoi andare sulla montagna,

    Dove sono tre templi,

    Ad assistere agli avvenimenti.

    Stai attento,

    Guarda te stesso,

    Se tu non ti purifichi con cura,

    Le nozze possono farti male.

    Colui che è contaminato è in pericolo,

    Colui che pesa troppo poco, che si guardi!"

    Sotto era scritto: Sponsus et Sponsa.

    Quando lessi questa lettera, quasi persi i sensi, tutti i capelli mi si rizzarono sulla testa e un sudore freddo mi corse su tutto il corpo, perché, anche se mi ero accorto che queste erano le stesse nozze che mi erano state annunciate sette anni prima da un viso umano, e che aspettavo con grande desiderio da tanto tempo e che avevo trovato finalmente dopo calcoli rigorosi delle mie tavole dei pianeti, non avrei mai previsto che sarebbero avvenute in condizioni così dure e pericolose. Prima, avevo pensato che avrei dovuto solo presentarmi alle nozze, che sarei stato un ospite caro e benvenuto. Ma ora che tutto dipendeva dalla Grazia di Dio, della quale non ero sicuro neanche adesso, quanto più mi pesavo, tanto più trovavo che nella mia testa non c’era niente altro che una grande mancanza di comprensione ed una cecità delle cose segrete: a tal punto che non sapevo neppure comprendere quello che stava sotto i miei piedi e le cose con le quali vivevo ogni giorno, e tanto meno ritenevo di essere nato per la ricerca e la conoscenza dei segreti della Natura. Secondo la mia opinione, infatti, la Natura avrebbe potuto trovare un discepolo molto più virtuoso al quale affidare il suo tesoro, sia pur temporaneo e passeggero. Trovavo anche che il mio corpo e il mio comportamento (sia pure esternamente buono) e il mio amore verso il prossimo non erano ben purificati e puliti. Così pure si manifestava ancora il pungolo della carne, ed i sensi trovavano il loro piacere nelle apparenze magnifiche e nella pompa del mondo, e non nel far del bene al prossimo; pensavo sempre a come avrei potuto agire per il mio profitto attraverso la mia arte, costruire palazzi splendidi, farmi un nome eterno nel mondo ed altri simili pensieri carnali. Tuttavia, erano le parole oscure circa i tre templi, che non riuscivo a risolvere con nessuna meditazione, che mi preoccupavano particolarmente. Non sapevo forse neanche ancora quando tutto questo mi sarebbe stato meravigliosamente svelato. Trovandomi in tale spavento e speranza, andavo su e giù: mi trovavo però sempre solo con la mia debolezza e incapacità e allora non potevo aiutarmi in nessun modo, e mi spaventavo moltissimo davanti a questo preannunciato matrimonio. Quindi ripresi finalmente la mia vita abituale e la più sicura: mi misi a letto dopo aver finito una preghiera devota e fervente, in attesa che il mio buon angelo apparisse per divino destino (come già era successo parecchie volte) per comunicarmi che cosa, in quest’affare disperato, poteva succedermi per la gloria di Dio, per il mio bene e per il miglioramento e l’ammonizione cordiali del mio prossimo. Appena addormentato, mì sembrò di essere in una torre scura con un’infinità di altre persone, legate con catene, e tutti eravamo senza nessuna luce o chiarore e brulicavamo l’uno sopra l’altro come le formiche, e l’uno rendeva più pesante all’altro la sua miseria. Benché né io né nessuno fra noi vedesse niente, sentivo sempre l’uno alzarsi sopra gli altri nel momento in cui la sua catena o il suo peso diventavano anche soltanto leggermente meno pesanti, senza accorgersi che nessuno aveva molto vantaggio sugli altri, perché eravamo evidentemente tutti insieme poveri e del tutto ignoranti. Dopo essere rimasto insieme con gli altri per un bel po’ di tempo, sentendo ciascuno dare del cieco e dell’impedito all’altro, sentimmo finalmente suonare molte trombe e anche il tamburo di guerra, con tanta arte che ci sentivamo, malgrado tutto, ravvivati in fondo alla spina dorsale e rallegrati. Con questo suono venne tolta inoltre la chiusura della torre, e un po’ di luce arrivò sino a noi. Per la prima volta, potevamo vedere come eravamo in basso e come tutto era una gran confusione: e quello cui sembrava di essersi innalzato, si accorgeva invece di trovarsi tra i piedi degli altri. Ciascuno ora voleva essere il più alto, e così anche io non rimasi indietro e, malgrado le mie pesanti catene, mi spinsi avanti tra gli altri e mi alzai su una pietra che avevo scoperto. Benché parecchie volte fossi investito da altri, difesi la mia posizione il meglio possibile con le mani e i piedi. Eravamo ormai certi che saremmo stati tutti liberati: ma quel che successe fu diverso da quel che ci attendevamo. Dopo che i Signori dall’alto ci ebbero osservati guardando in giù attraverso l’apertura nella torre, divertendosi non poco al nostro dibatterci e piagnucolare, un vecchio grigio come ghiaccio ci disse di fermarci, e quando questo avvenne, incominciò a parlare, per quanto posso rammentarmi, come segue:

    "Se le aspirazioni della povera razza umana,

    Non fossero così presuntuose

    Quanto di buono le sarebbe dato

    Da una madre buona;

    Ma poiché non vuole obbedire,

    Rimane con tante preoccupazioni,

    E dev’essere imprigionata.

    La mia cara madre, comunque,

    Non vuole tener conto della sua disobbedienza,

    E lascia apparire i suoi preziosi beni

    Benché raramente,

    Di modo che valgano qualcosa:

    Altrimenti verrebbero considerati cose inventate.

    Perciò, in onore della festa

    Che noi oggi festeggiamo,

    Perché la sua grazia venga aumentata,

    Vuole fare un’opera buona.

    La corda verrà ora lasciata cadere:

    Colui che vi si attacca,

    Sarà liberato".

    Non appena ebbe parlato così una vecchia donna ordinò ai servitori di lasciar cadere

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