Voglio dire una parola. Catherine Mumford Booth e il suo Ministero femminile
Di Ada Prisco
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Voglio dire una parola. Catherine Mumford Booth e il suo Ministero femminile - Ada Prisco
1.
CATHERINE
Catherine
La vita di Catherine è stata di una linearità esemplare, una freccia rivolta al bene riconosciuto, testimoniato e diffuso nella forma della fede cristiana. Era nata il 17 gennaio 1829 a Ashbourne, una cittadina inglese del Derbyshire. Nel parco locale un busto la ricorda e la celebra. La sua famiglia di origine viveva in condizioni di grande semplicità. Suo padre John lavorava come carraio e operava come predicatore itinerante. Due anni prima della nascita di Cahterine, nel 1827, si erano trasferiti ad Ashbourne. In questo periodo la madre di Catherine, Sarah, maturò la scelta di un rinnovamento religioso nella propria vita. Da praticante anglicana della parrocchia locale di St. Osvald abbracciò il metodismo con ardore. E questa fede nutrì anche la piccola fin dalla sua più tenera età. Sarah fu anche la prima insegnante di Catherine, che a cinque anni sapeva già leggere e che a 12 anni aveva già letto la Bibbia otto volte³.
Tre fratellini nati prima di lei erano morti. Con lei sopravvisse soltanto un altro piccolo nato dopo di lei. Le biografie recano traccia della memoria indelebile della piccola Mumford nello scorgere sul letto accanto alla mamma il corpo senza vita di uno di questi infanti prematuramente scomparsi.
Nel 1834 la famiglia ritorna sui propri passi, stabilendosi nuovamente nella città originaria del papà di Kate, Boston, nel Lincolnshire. Qui Catherine si avvicinò alla Juvenile Temperance Society, il Movimento per la temperanza, fino a diventarne segretaria.
La lotta agli effetti nocivi dell’alcol documentata dalla costituzione di diversi movimenti sorti con questo scopo, dimostra quanto il problema fosse grave e come la fede cristiana si prodigasse nel forgiare strumenti di contrasto. Su questo punto Catherine Mumford Booth incrocia spiritualmente un’altra donna dotata di spiccato senso cristiano, un medico, missionaria in Cina, studiosa della Bibbia, Katharine Bushnell (1855-1946). Fu cofondatrice della Women’s Christian Temperance Union (WCTU) nel 1874 a Cleveland, Ohio. La lega si strutturò a seguito di iniziative messe in atto da donne, perlopiù casalinghe, che entravano nei locali dove si consumavano bevande alcoliche e cadevano improvvisamente in ginocchio, in atteggiamento di preghiera, allo scopo di sensibilizzare sul tema e chiedendo di interrompere la vendita di alcolici⁴. La motivazione fondamentale era la protezione della casa. Man Mano il raggio d’azione dell’organizzazione si estese, fino a comprendere la protezione di donne e bambini, il diritto della donna al voto, l’istituzione di case-rifugio per donne e bambini vittime di abuso, diritti del lavoro, ecc.
Questa collaborazione con il movimento, intrapresa da Catherine fin dall’età adolescenziale, attesta la sensibilità della giovane alle questioni sociali, l’intimo impulso ad adoperarsi per le persone in difficoltà, in particolare per gli alcolisti, promuovendo una cultura della moderazione, se non della totale astinenza dall’alcol. Nel mondo anglosassone è ben radicato questo movimento fondato dal medico americano Benjamin Rush (1745-1813). Negli anni le lotte intraprese dai suoi sostenitori divennero sempre meglio organizzate e spesso trovarono opportune alleanze con altri movimenti a difesa della persona e dei suoi diritti fondamentali. Si aggregò a gruppi dedicati più specificamente a contrastare la violenza sulle donne, visti gli effetti che l’alcol, tra l’altro di facile reperibilità, produce sulla lucidità mentale e sull’equilibrio e la frequenza con cui l’alcolismo può degenerare in violenza a danno soprattutto delle categorie più deboli, meno protette, come le donne di casa dell’epoca. Metodisti e Mormoni storicamente hanno appoggiato sempre il movimento per la temperanza.
Riferendo di queste esperienze così precoci nel sociale, la Mumford definiva l’importanza del senso di responsabilità da cui si sentiva animata e che la induceva a parlare in pubblico, a scrivere, a portare avanti con zelo e ardore un impegno decisamente inusuale per un’adolescente. In situazioni in cui la maggior parte delle persone, non soltanto i suoi amici, sceglieva l’indifferenza e si voltava dall’altra parte, scrollando le spalle, lei avvertiva una chiamata e metteva in atto una missione. Se vedeva una persona in errore, sentiva come rivolto a sé il monito di Dio al profeta Ezechiele⁵ di rimanere all’erta come sentinella e di percepire su di sé il peso del male non denunciato.
Non accettava la violenza nemmeno sugli animali.
Oltre all’impegno nel sociale, fin da ragazzina Catherine scriveva articoli a vantaggio della causa della temperanza. Ed era membro di un’altra organizzazione dello stesso genere, denominata Band of Hope⁶, la cui specifica missione è l’educazione dei bambini alla sobrietà. Questo messaggio si coniugava alla fede cristiana, le riunioni dei gruppi, infatti, si svolgevano nelle chiese. E l’impegno a vantaggio dell’astinenza dall’alcol colpiva anche in parte la funzione dei locali pubblici, in cui si riteneva normale, se non addirittura inevitabile, trovare conforto da una vita grama e abbastanza avara di piaceri e gratificazione.
Non si può dire che abbia conosciuto la spensieratezza giovanile, dal momento che dal 1843 iniziò a soffrire di seri problemi alla colonna vertebrale. Ciò compromise la sua regolare partecipazione alle attività scolastiche, la costrinse per la maggior parte del tempo su di un’amaca e la avvicinò a tutto quanto poteva fare da seduta. Questo periodo paradossalmente non poté che favorire l’approfondimento e la sensibilità della sua preparazione teologica. Fra le sue letture preferite c’era John Wesley⁷, ma anche Martin Lutero⁸, e poi John Fletcher⁹, Charles Finney¹⁰, Joseph Butler¹¹, molte opere di storia del cristianesimo. Conosceva bene The Pilgrim’s Progress¹².
Lei per prima incoraggiò una lettura provvidenziale della sua malattia fino a considerarla in termini mistici, oltre che poetici:
Malattia, tu anticamera
Del cielo – mi fai vicina a Dio –
Tu scala lungo la quale c’inerpichiamo Dalla terra - verga del nostro Padre! Benvenuta! ¹³
La sofferenza che pure la tratteneva lontana dalla scuola e dalle compagnie più spensierate, dalle corse e dai giochi più dinamici, era salutata come provvidenziale strumento di santificazione, che la rendeva ancora più disponibile di prima nell’animo e trasformava il dolore in bontà.
Nel 1844 la famiglia si trasferì a Brixton. Dietro di sé a Lincoln il papà lasciava soltanto creditori ipotecari.
Gli anni della giovinezza registrarono una coscienza spirituale sempre più matura, unita a un’esperienza sempre più personale del divino. Il carattere adulto della sua fede la condusse a scelte personali, quali l’avvicinamento alla corrente riformista del metodismo dell’epoca. La Methodist Reforming Church, che sorgeva proprio in quegli anni, nel 1849 in Inghilterra, si era allontanata dalla Chiesa Metodista Wesleyana, che, a propria volta, durante la Conferenza di Manchester del 1849, aveva dichiarato una vera e propria scissione. La denominazione riformista durò dal 1850, quando stabilì la propria prima connessione, cioè rete di chiese, fino al 1857, quando la maggior parte dei membri confluì nella Wesleyan Association, dando vita alla United Methodist Free Churches e poi alla United Methodist Church. Una minoranza, invece, formò la Wesleyan Reform Union nel 1859.
Per dieci mesi circa, fra il 1847 e il 1848, Catherine tenne un diario spirituale. L’intima gioia religiosa si accompagnava alle sofferenze dovute alla pronunciata scoliosi, che la affliggeva. Per diversi mesi fu costretta a rimanere sdraiata. Eppure seppe cogliere il meglio persino da quella condizione. Quel periodo di forzata immobilità divenne per lei l’occasione di leggere e di rileggere la Bibbia e si dice che ne abbia appunto completato la lettura ben otto volte¹⁴.
Il suo stile di vita la rivela come una persona da sempre molto impegnata, animata da idee molto chiare, fin dalla più tenera età. Leggeva, da un certo punto in poi scriveva articoli portatori di tesi a vantaggio del benessere umano, dapprima li firmò con uno pseudonimo, rendendosi conto che probabilmente a una ragazza non sarebbe stato riconosciuto credito e che tale pregiudizio sarebbe stato di ostacolo alle idee importanti da diffondere. Amava gli animali e perciò scelse un’alimentazione vegetariana. Volle schierarsi apertamente contro la caccia alla volpe così popolare in Inghilterra.
Dio, io, la rinascita nello Spirito
Non mancarono nella sua vita dei momenti di intenso discernimento spirituale, durante i quali Catherine esamina la sua relazione personale con Dio, si chiede a quali profondità sia realmente arrivata. Il periodo del trasferimento a Brixton coincise proprio con una profonda revisione personale, spirituale, della sua vita. Doveva averla condizionata la particolare fragilità del papà, succube dell’alcol. In ogni caso le sue sofferenze fisiche e familiari la guidarono a una diversa profondità d’animo. In particolare, gli anni dal 1844 al 1851¹⁵ sono indicati come un lasso di tempo particolarmente pregnante da questo punto di vista. Dopo una notte in preghiera, tormentata nell’animo, la mattina del 15 giugno 1846 la giovane raggiunge finalmente la serenità interiore, trovando conforto nelle parole di un inno composto da Charles Wesley:
Mio Dio, tuo sono io!
Quale Divina consolazione,
Quale benedizione la certezza
Che il mio Gesù è mio!¹⁶
Catherine conosceva il testo del canto, molte volte, in passato, lo aveva ascoltato, intonato. Eppure proprio quel momento sigla per lei la stagione dell’affidamento totale alla grazia. Nell’animo lo scetticismo circa la salvezza operata da Dio non trova più posto. Ogni tormento passa, forgiando in lei un’identità cristiana più adulta. Entusiasta di questo vero e proprio disvelamento interiore, la giovane Catherine balza fuori dal letto e si dirige nella stanza di sua madre per condividere con lei il sapore di questa nuova esperienza.
Fin da allora sapeva riconoscere molto valore alla comunicazione, alla messa in comune della fede, senza vergogna, superando il pudore infantile, che talvolta funge da ostacolo in questo, anche in famiglia.
Quella mattina della tarda primavera dei suoi diciassette anni niente era cambiato, ma, al tempo stesso, il suo cuore era alleggerito da una rinnovata felicità, che compiva la sua comunione in Dio in modo più completo.
Nelle sue Reminiscences Mrs. Booth ricorderà questo periodo segnato dalle pene fisiche dovute alla scoliosi e poi anche alla tubercolosi e al necessario isolamento, dai travagli interiori e dal suo desiderio insaziabile di partecipare ai movimenti della riforma. Lo spirito critico non le mancò mai, anzi seppe nutrirsi fin dagli anni