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Né santi né demoni: Interviste “eretiche” sul bene e sul male
Né santi né demoni: Interviste “eretiche” sul bene e sul male
Né santi né demoni: Interviste “eretiche” sul bene e sul male
E-book213 pagine3 ore

Né santi né demoni: Interviste “eretiche” sul bene e sul male

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Info su questo ebook

Tra novembre 2017 e giugno 2018 don Mauro Leonardi realizza per Novella 2000 tredici interviste a personaggi famosi. In questo modo Gianluigi Nuzzi, Vittorio Sgarbi, Nina Moric, Rocco Siffredi, Serena Grandi, Marco Predolin, Alba Parietti, Vladimir Luxuria, Cristiano Malgioglio, Giuseppe Cruciani, Franco Trentalance, Justine Mattera e Lory Del Santo raccontano a questo prete un po’ atipico, volontario a Rebibbia, autore di saggi e romanzi (l'ultimo, Una Giornata di Susanna, edito da Cooper, è andato esaurito in pochi mesi), quale è il loro "peccato più grande" e quale errore non tornerebbero a fare, se potessero. Alcune interviste hanno avuto grande risonanza mediatica e sui social. Usando queste interviste riportate nella loro versione "extended" come materiale di base, il volume – con la prefazione del Cardinale Paolo Lojudice, noto come "vescovo degli zingari" e attualmente arcivescovo di Siena, e l’introduzione di Roberto Alessi, direttore di Novella 2000 – racconta in maniera leggera e pop come è cambiato negli ultimi anni il senso del bene e del male degli italiani, rivelando il lato intimo di alcuni personaggi amati o comunque seguiti.
In un libro in cui si parla di Dio, di Allah, di sesso, famiglia, amore, lavoro, sincerità, fedeltà, alimentazione, adolescenza, educazione sessuale, e anche di Papa Francesco, scopriamo la straordinaria sfida assolutamente urgente al giorno d'oggi: saper costruire ponti, sempre, con chiunque.

Mauro Leonardi, è stato ordinato da San Giovanni Paolo II nel 1988 a San Pietro e vive nella periferia romana di Casalbruciato. Collabora regolarmente con quotidiani e riviste a grande diffusione. Scrive sul suo blog Come Gesù, ed è presente in modo visibile su TikTok, Facebook, Instagram, Youtube. Ha pubblicato diversi saggi e romanzi. Ovunque si trova preferisce costruire ponti piuttosto che innalzare muri.
LinguaItaliano
EditoreCooper
Data di uscita22 dic 2020
ISBN9788895284934
Né santi né demoni: Interviste “eretiche” sul bene e sul male

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    Anteprima del libro

    Né santi né demoni - Mauro Leonardi

    Ringraziamenti

    Prefazione

    del Cardinale Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena

    Quando don Mauro mi ha chiesto di scrivere la prefazione a questo suo lavoro, basato su interviste pubblicate su un noto settimanale, ho avuto una certa perplessità, soprattutto quando ho letto i nomi di alcuni intervistati. Mi sono chiesto: perché un libro così? In risposta a questa domanda mi è venuta in mente, quasi istintivamente, una nota espressione di San Paolo: «Guai a me se non evangelizzo!» (1Cor 9,16), una frase che noi preti conosciamo bene e che facciamo spesso risuonare nelle nostre orecchie rispetto all’assoluta necessità che il Vangelo sia annunciato a tutti. Sì, perché a prima vista il testo può dare la sensazione di fare, come accade in tanti luoghi e ambienti cartacei, televisivi o virtuali, una sorta di gossip su un tema, quello religioso, che spesso in maniera un po’ superficiale occupa gli spazi della comunicazione (quanti preti in tv!); se però viene letto con attenzione questo testo testimonia un grande e significativo tentativo di ascolto e di annuncio. A quel punto la perplessità è diventata prima curiosità, poi interesse.

    Chi leggerà questo libro non lo farà solo per curiosità: lo farà perché avrà compreso che il discorso su Dio, sulla fede, sull’universo e sul senso della vita e della morte non si può rinchiudere in schemi standard o precostituiti, ma deve andare oltre.

    Non so: forse per qualcuno dei protagonisti l’intervista di don Mauro è stata una delle tante, magari un po’ particolare per i temi trattati. Mi sia consentito di augurare che possa essere stata una intervista sì particolare, ma in qualche modo unica, perché ha indotto ciascuno a raccontarsi su particolari anche molto sensibili e delicati. Le interviste, almeno in alcuni passaggi, pur non volendolo, sono delle vere e proprie confessioni (le domande: «Di quali peccati ti penti?», «Cosa non rifaresti nella vita?»).

    Lo stesso don Mauro, in modo sottile, soffuso, ma in alcuni punti chiaro, fa la sua confessione:

    Ma c’è anche una lezione di umiltà da apprendere, lezione che rivolgo prima di tutto a me stesso. Dopo trent’anni e passa di sacerdozio, anni dedicati allo studio, alla fede, alla preghiera, all’apostolato, al lavoro, il rischio di sentirmi un tipo a posto, c’era. Ho corso il rischio di essere una sorta di difensore dei valori. Il rischio di sentirmi un privilegiato che non deve aspettarsi nulla da nessuno perché ha già trovato tutto è stato forte, ed è forte.

    È una grande apertura, non facile per uno che è sacerdote da tanti anni.

    Dobbiamo accettare lo scandalo che anche l’ateo, lo jihadista, la prostituta, l’ergastolano, abbiano dentro di sé un po’ di verità, magari a brandelli, perché anch’essi sono figli di Dio Padre. Sono convinto che si debba essere dei veri credenti in Dio per tentare di farsi provocare in positivo dalla vita di persone anche molto lontane da noi e scoprire che anche lì, anche dove non pensavamo potesse mai accadere, c’è un desiderio di bene, un barlume di verità e di amore che dà ragione, innanzitutto, alla Verità e all’Amore che come cristiano, come sacerdote, come scrittore, sono chiamato a vivere, a predicare, a raccontare.

    Voglio formulare un augurio all’autore, agli intervistati e, in qualche modo, anche ai lettori: che tutto non finisca qui, con queste interviste, ma sia solo l’inizio di una vera ricerca su Dio, attraverso il Vangelo di Gesù, attraverso Papa Francesco, apprezzato e stimato da quasi tutti gli intervistati.

    Per chi è cristiano e sente di esserlo è un’ennesima occasione per accorgerci che chi è vicino a noi, anche se diverso da noi, può darci grosse lezioni; per ricordarci che il giudizio non appartiene al Vangelo. Tutto ciò, come chiaramente detto dall’autore, non è relativismo, non tutto è lecito, non significa che ognuno è arbitro assoluto delle proprie scelte: no! C’è un discrimine evangelico che non è derogabile per nessun motivo: il primato dell’amore nella verità.

    Credo che ognuno abbia una piccola verità nel proprio cuore. Voglio dire che in nessun cuore c’è tutta la verità e solo la verità e, allo stesso tempo, non vi è nessun cuore che non possieda alcuna verità.

    Credo che in questo momento storico Papa Francesco sia la persona più capace di far crescere dentro le persone che incontra il bene che alberga nel cuore degli interlocutori.

    Cardinale Paolo Lojudice, Arcivescovo di Sien a

    Invito alla lettura

    di Roberto Alessi, Direttore di Novella 2000

    L'unico santo della storia canonizzato direttamente da Gesù era un ladrone

    Ho incontrato don Mauro Leonardi in una trasmissione televisiva, credo Storie italiane, condotto da Eleonora Daniele, ottima giornalista, su Rai uno. Mi ha colpito l’integrità di questo sacerdote, quasi mi commuoveva il suo rigore, la sua audacia di fronte all’attualità senza abbandonare la Fede, il suo credo. Perfino ingenuo e forse intravvedevo in questo una sua forza. Un’anima pulita, lui, così cattolico, in un mondo dove essere cattolico a volte sembra essere considerato una limitazione, un peso. E quasi con uno spirito provocatorio gli ho chiesto di intervistare persone opposte lui, o forse vicinissime. Come col Diavolo e l’acquasanta l’ho voluto mettere alla prova confrontandolo attraverso una serie di interviste per il mio giornale, Novella 2000, con personaggi dal carattere forte, gente famosissima, simbolo di un’Italia laica, senza croci, senza senso del peccato, ma forse meno peccatori di altri campioni nel predicare bene razzolando malissimo.

    Pensavo che potesse nascere un cocktail più che interessante non solo da un punto di vista giornalistico ma anche da un punto di vista umano. E così è stato. Gli ho proposto incontri di fronte ai quali altri sacerdoti avrebbe preferito fuggire per puro opportunismo, una vera e propria provocazione culturale: quasi con sfida a Don Mauro ho proposto di incontrare pornostar come Rocco Siffredi e Franco Trentalance, due peccatori che non sentono il peccato perché sono convinti che il sesso non lo sia.

    Li conosco bene e li sento più vicini a Dio di certi banchieri finanziatori delle chiese, e che magari ci vanno regolarmente, ma che mettono il profitto prima dell’anima, e non fanno una piega pignorando la casa e buttando su un marciapiede una famiglia per bene rea di non aver avuto successo nel quattrino. Gli ho proposto di incontrare Vladimir Luxuria, una trans che nella vita ha provato tutto, ma che ha più anima di certe signore bene poco tacco poco trucco, timorate di Dio che girano la testa dall’altra parte se incontrano un ultimo, un invisibile.

    Gli incontri di Don Mauro sono continuati con peccatori impenitenti come Vittorio Sgarbi, e una madre di famiglia che ama il nudo come Justine Mattera, o un artista narcisista come Cristiano Malgioglio, o un uomo che non conosce compromessi come Giuseppe Cruciani, volgare quanto onesto nelle sue sboccate affermazioni.

    E sono nate le interviste che Don Mauro ha voluto ora raccogliere in questo volume.

    Quando mi ha scritto la sua lettera per chiedermi se poteva pubblicarle e se volevo scrivere questa prefazione ha aggiunto questa frase: Mi auguro che l’uscita di questo volume possa rimuovere quegli ostacoli al dialogo che ho trovato nel mondo cattolico, e di cui le ho parlato al telefono, e di poter così riprendere la collaborazione interrotta. Già perché don Mauro dopo qualche mese ha dovuto interrompere le sue interviste e la sua collaborazione con me. Qualcuno, gente che non conosco e non so chi sia, ha sollevato il caso: un prete non doveva avvicinare certe persone, forse considerate indegne di incontrare e parlare con un sacerdote.

    Come se il Cristo non avesse dovuto parlare con i peccatori che ha redento, da Maria Maddalena al ladrone sulla croce. Ma se Gesù è venuto in questo mondo e si è fatto uomo è stato proprio per aiutarci a trovare la via a noi peccatori.

    Ci può essere qualcuno indegno di parlare con un sacerdote? Non viene negato nemmeno ai condannati a morte per reati spaventosi.

    Per quando mi riguarda sono onorato di aver avuto la collaborazione di Don Mauro, così come sono onorato di avere l’amicizia di chi ha intervistato, persone che amo e che rispetto.

    Un’ultima cosa, al ladrone cui si rivolse sulla croce Gesù disse: «Oggi sarai con me in Paradiso». Quel ladrone fu l’unico santo della storia canonizzato direttamente da Gesù. Vi rendete conto? L’unico santo nominato da Gesù era un malfattore.

    Quelli che hanno costretto Don Mauro a rinunciare alla sua libertà di uomo e di prete che voleva incontrare quei peccatori forse non ricordavano questo passo del Vangelo.

    Miei cari, rileggetelo, ma con attenzione questa volta. Prendetevi questo consiglio, non vi farà certo male rileggere il Vangelo che non avete capito prima, mentre a Don Mauro rivolgo di nuovo l’invito a fottersene di chi, non so come, lo ha intimorito e di andare avanti nel suo percorso di verità. E questo libro forse dimostra che ha accolto il mio invito. I miei giornali sono sempre aperti ai suoi incontri.

    Roberto Alessi, Direttore di Novella 2000

    L'inizio

    «Perché non intervisti peccatori pubblici, chiedi a personaggi famosi qual è il loro peccato, di cosa si vergognano, cosa non tornerebbero a fare perché si sono convinti di aver sbagliato?». Chi mi rivolgeva questa domanda era Roberto Alessi – il direttore di Novella 2000 – mentre mi offriva un cappuccino al bar di Saxa Rubra. Era il 13 ottobre 2017 e stavamo per andare in onda su Rai1 con Storie Italiane , il programma condotto da Eleonora Daniele.

    Ogni frase di Alessi è un titolo: un soggetto, un predicato, un complemento, e hai capito più di quello che immaginavi. Mi è successo di sperimentarlo spesso nell’anno successivo, quando gli chiedevo delucidazioni sul personaggio da intervistare. Spesso, per avere il taglio, bastava una parola e tre erano troppe. Sono un prete e non faccio di lavoro il giornalista su riviste di gossip, anzi, fino a un minuto prima di conoscere Alessi pensavo che il gossip fosse solo una specie di singhiozzo peccaminoso. Ero a Saxa Rubra perché si sarebbe parlato di usura e supposti veggenti e volevano chiedere a un sacerdote come riesce la Chiesa a decidere se un’apparizione è vera o falsa, e ricorderò quel momento non per i presunti santoni ma per le possibilità che si schiudevano per me, un prete, di entrare in dialogo con personalità sfaccettate come Vladimir Luxuria, Rocco Siffredi o Vittorio Sgarbi.

    Quel giorno, però, mentre da Saxa Rubra tornavo a casa mia nella periferia romana di Casalbruciato, sentivo paura. Il mondo laico aveva voglia di farsi intervistare da un prete su cosa fosse o meno morale, ma il mondo cattolico come avrebbe reagito? Cosa avrebbero pensato i miei confratelli sacerdoti e i cattolici impegnati, di quel mio dialogare? Moltissimi, ne ero certo, sarebbero stati felici, ma non tutti. Perché se hai paura di chi sta dietro l’uscio, non apri la porta neppure se chi suona il campanello dimostra intenti amichevoli.

    Il progetto di Roberto Alessi era estremamente interessante. Si trattava di conoscere il cambiamento di percezione degli italiani sul senso del bene e del male, attraverso un dialogo con i personaggi amati dalla gente.

    Mi rendevo conto che qualcuno avrebbe potuto meravigliarsi o storcere il naso di fronte alla pretesa di conoscere il cuore degli italiani parlando con Nina Moric o Cristiano Malgioglio, ma forse questo atteggiamento non tiene conto a sufficienza di chi sia un personaggio. Un personaggio pubblico non è pubblico solo perché sta sotto i riflettori; è pubblico perché desta nel pubblico sentimenti di curiosità, ammirazione o, a volte, riprovazione, perché mettendosi in mostra si fa conoscere. È vero che davanti alle telecamere ci vai con un velo di cerone, ma l’occhio di chi guarda la televisione va oltre trucco e parrucco, anzi, trucco e parrucco servono proprio per appianare le piccole irregolarità del viso che potrebbero distrarre dal guardare ciò che conta. Che non sono le imperfezioni ma gli occhi, il sorriso, le mani, la postura del corpo. Si guarda distrattamente allo schermo, si sfoglia dal barbiere la rivista che ti vergogni di comprare, ma la sensazione arriva immediata.

    Tutti noi, consapevoli o meno, abbiamo dentro di noi un angolo dove ci rifugiamo a ricaricare le batterie. Lì accumuliamo le nostre cose, ci sono i nostri oggetti cari. Ci mettiamo comodi in poltrona, allunghiamo le gambe e appoggiamo la schiena secondo dei rituali precisi, e allora nascono i ricordi. Arrivano – immateriali – delle persone. Quelle che amiamo e anche quelle che odiamo, le persone simpatiche e quelle antipatiche. Perché amore e odio, simpatia ed antipatia, sono strettamente collegati. Gli autori televisivi sanno benissimo che la carriera politica di alcuni dei nostri più famosi leader è dovuta alla capacità magnetica posseduta da pochi, non da tutti, di attrarre attenzione nei loro passaggi televisivi. Questi personaggi non vengono guardati solo dai fan: sono cercati anche da quelli che non li sopportano, gli haters. Perché il denominatore comune dei personaggi pubblici non è l’essere amati ma attirare l’attenzione. Chi finisce per una volta (magari per sbaglio) su un set televisivo o su una pagina patinata e lascia indifferenti, non ci tornerà più. Punto. Fine della storia.

    A me interessano i motivi per cui un personaggio pubblico è amato o, in generale, le ragioni per cui ci si interessa a lui. Perché in quel personaggio si catalizzano, coscientemente o no, valori, desideri, concezioni del bene e del male che, a favore o contro, nel bene o nel male, interpellano tante persone qualsiasi. L’idea di Roberto Alessi  entrare nella coscienza degli italiani attraverso la coscienza dei loro personaggi, amati o odiati che siano  è straordinaria perché riconosce il collegamento misterioso, ma non per questo meno vero, tra i cuori di chi legge e di chi è letto, di chi guarda e di chi è guardato. Per un cristiano questa verità dovrebbe essere evidentissima pensando a come lo sguardo di Cristo fosse motore della compassione del Signore e strumento di vocazione e attrazione per i discepoli e per le persone che si convertivano; lo stesso sguardo di Maria, poi, era contemplativo perché custodiva nel cuore le cose che osservava e teneva così in grembo la vita del Figlio e di tutti noi suoi figli. Purtroppo però ho dovuto scrivere dovrebbe, ho dovuto usare il condizionale. Perché per qualche cristiano il modo indicativo è troppo forte.

    Parlare con un personaggio pubblico della sua vita dal punto di vista morale è qualcosa di unico. Non lo fa nessuno e significa andare oltre il personaggio per arrivare alla persona, perché la differenza tra il personaggio e la persona è costituita dalla personalità. Le mie interviste, intuivo, sarebbero partite dal personaggio ma avrebbero trovato la persona cercando di intercettarne la personalità. La personalità non è solo il carisma innato: la personalità è il talento a cui si aggiunge tanto, tantissimo, lavoro. Gli allenatori conoscono moltissimi giovani talentuosi che non arrivano mai a essere campioni perché si accontentano del loro talento innato. Magari enorme, ma acerbo e non strutturato perché non coltivato. A ben vedere è un’esperienza comune, non solo degli allenatori o degli educatori. Tutti conosciamo qualcuno che poteva essere qualcuno e invece è rimasto un signor nessuno. Non in termini di share ma in termini di realizzazione di se stesso, che è ciò che veramente conta. Con le mie interviste volevo intercettare quello che sta sotto ciò che appare: le radici, non le foglie. La persona tutta d’un pezzo, che ha una sua etica, una sua morale, è riconosciuta come tale non perché ha sempre sulla bocca la parola morale o etica, anzi, forse non ce l’ha mai: è conosciuta così per come vive. Non volevo parlare con i miei personaggi di ciò per cui erano già noti, volevo dialogare con loro di ciò che veniva prima, di ciò che li rendeva, da personaggi, persone.

    Di Gianluigi Nuzzi mi interessava il desiderio di aiutare la fede dei suoi lettori che vedevano come la Chiesa non avesse paura di accettare che tra le proprie fila ci fossero anche peccatori, non solo santi. Non mi interessava parlare di omosessualità o di transessualità con Luxuria perché è conosciuta in tutto il mondo per questo, da lei volevo sapere come era stata allontanata dalla parrocchia dove amava fare il chierichetto perché aveva manifestato al parroco la sua condizione. E come fosse tornata ad avvicinarsi a Dio e alla Chiesa cattolica, grazie a Papa Francesco. Potrei continuare allo stesso modo dicendo che non mi interessava parlare di pornografia con Rocco Siffredi, volevo scoprire come cozzava il suo essere pornoattore con il voler essere padre e marito fedele. Oppure, di Giuseppe Cruciani, mi interessava la sua spasmodica tensione per la puntata perfetta de La Zanzara, quella che metteva a rischio la sua salute perché rischiava di innescare prima l’ossessione patologica e poi la depressione. Vittorio Sgarbi mi ha rivelato che, nonostante abbia tre figli biologici, non si sente padre e che quella di Papa Francesco non è più una Chiesa cristiana perché abbiamo un Papa ateo. E questo mi interessava.

    Ma avevo paura. Avevo paura delle critiche e delle incomprensioni che mi avrebbero bersagliato. Alcuni non conoscono le leggi dell’ermeneutica. Non sanno che un testo si comprende solo dal contesto. La frase ti sta bene può essere un complimento o un rimprovero, la differenza è fatta dal contesto.

    L’intervista è un genere giornalistico in cui l’intervistato è in primo piano e l’intervistatore introduce l’ospite e lancia il tema della conversazione per disporsi poi in atteggiamento d’ascolto lasciando tutto lo spazio all’intervistato. Un’intervista non è

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