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Il sogno eretico.Sfida oltre i confini di scienza e potere.
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E-book224 pagine3 ore

Il sogno eretico.Sfida oltre i confini di scienza e potere.

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Info su questo ebook

"Il sogno eretico. Sfida oltre i confini di scienza e potere" ci immerge in un mondo distopico dove un regime autoritario soffoca ogni forma di innovazione. Al centro della storia, un visionario scienziato sperimentale sfida i limiti della realtà con una scoperta che potrebbe rivoluzionare non solo la scienza, ma anche l'ordine sociale esistente.
La sua rivoluzionaria scoperta, che gli ha permesso un viaggio in un piano alternativo dell'esistenza, attira l'attenzione inquietante del regime. In un processo ad alta tensione, la ricerca dello scienziato diventa contemporaneamente la sua accusa e la sua unica difesa. Questo confronto nell’aula di un tribunale si trasforma in una lotta simbolica tra il desiderio di progresso e il peso schiacciante del conservatorismo, mettendo in discussione le fondamenta stesse della società.
Il romanzo si snoda attraverso una narrazione avvincente che culmina in un finale inaspettato e provocatorio. Il lettore è lasciato a riflettere sulle idee innovative dello scienziato, che sollevano interrogativi cruciali non solo sulle possibilità scientifiche, ma anche sul potenziale di un futuro radicalmente diverso in campo politico. "Il sogno eretico" non solo intrattiene, ma sfida il lettore a pensare oltre i confini del possibile, aprendo un dialogo sulla natura del progresso e l'infinito potenziale della conoscenza umana applicata alla politica.
LinguaItaliano
Data di uscita12 dic 2023
ISBN9791222484808
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    Anteprima del libro

    Il sogno eretico.Sfida oltre i confini di scienza e potere. - Stefano Bruzzi

    ALLA SBARRA

    «Il sole tramonta dietro gli edifici che dominano il panorama cittadino mentre il processo si avvicina alle sue battute conclusive. Assorto nell'aula di tribunale, respiro l'aria densa di cera e legno antico, testimoni silenziosi di destini incrociati fra queste mura. Le luci del pomeriggio si insinuano dalle finestre alte, tracciando strisce luminose che danzano tra le polveri in sospensione.

    Le panche di legno, severe e impassibili, sostengono lo sguardo scrutatore degli spettatori, la loro presenza un mix di casualità e intensa osservazione.

    Tra la folla, quasi sfuggenti ma impossibili da ignorare, stanno le guardie del regime. Indossano uniformi grigie, tagliate in modo austero e funzionale, che le rendono quasi parte integrante dell'ambiente stesso. Sono un ricordo costante e minaccioso del potere che sovrasta questo luogo. Le loro armi, lucide e inquietantemente silenziose, pendono ai loro fianchi, e i loro occhi, nascosti sotto i berretti, seguono ogni movimento con una freddezza calcolata. La loro presenza è come una morsa invisibile che stringe l'atmosfera dell'aula.

    Ogni volta che uno di noi prende posto, testimoni di questa realtà giudiziaria, un sussurro collettivo si diffonde, quasi l'aula intera trattenga il respiro.

    Là in alto, il banco del giudice troneggia come un altare di giustizia, e lui, il giudice, seduto con un'autorità incrollabile, pesa con lo sguardo ogni persona che incontra, come se potesse leggere dentro di noi.

    Il pubblico ministero si muove con un carisma calcolato, ogni suo gesto sembra coreografato per impressionare la giuria e i presenti, un maestro di cerimonie in questa danza di fato e legge.

    — L'imputato si alzi e si accomodi sul seggio delle deposizioni. Le ricordo che è sotto giuramento. —

    Il giudice comanda e ogni parola vibra come un eco nel mio animo.

    Il mio sguardo si posa sul giudice. L'uomo anziano al banco, con la sua toga nera, sembra meno un custode della legge e più un emissario di un fato inesorabile. I suoi occhi incassati, profondi e scrutatori, sembrano penetrare oltre le apparenze, giudicando non solo le parole ma l'anima stessa di chi gli sta davanti. La sua postura, rigida come se fosse scolpita nella pietra, conferisce un'aura di autorità minacciosa, una presenza che domina la sala come una figura mitologica.

    Sentendo il peso di secoli di legge e ordine sulle mie spalle, mi preparo.

    È il mio turno. Mentre mi alzo, una serie di pensieri mi attraversano la mente.

    I capelli scuri, ormai lunghi e disordinati, incorniciano il mio viso, e lo sguardo che riflette nel vetro della finestra rivela più di quanto vorrei. Gli occhi, un tempo vivaci e pieni di curiosità, ora portano il peso di anni difficili, il loro bagliore temperato da una ferrea determinazione. Il mio abbigliamento, semplice e trascurato, è il silenzioso testimone di lunghi giorni in detenzione, lontano dalla vita che una volta conoscevo.

    Questo potrebbe essere l'ultimo atto della mia vita come uomo libero, l'ultima volta che posso guardare negli occhi coloro che detengono il potere sul mio destino. Rifletto sul percorso che mi ha portato qui, sulle decisioni, giuste o sbagliate, che hanno tessuto la trama della mia vita fino a questo momento. Il peso di queste riflessioni è schiacciante, ma allo stesso tempo, c'è una strana sensazione di liberazione nel sapere che presto, ogni dubbio e timore sarà risolto.

    Devo parlare, difendere la mia verità contro l'implacabile marea delle accuse. Le parole iniziali mi pesano sulla lingua, pietre in un fiume che scorre lento, e il silenzio prima di infrangerlo sembra prolungarsi all'infinito.

    Sentendo lo sguardo di ogni persona presente mi avvicino al banco delle deposizioni. Le luci fredde e aspre delle lampade fluorescenti disegnano ombre lunghe, ombre di chi mi ha preceduto, fantasmi di vite giudicate.

    Mi siedo e la sedia scricchiola sotto di me, protesta sotto il peso di un uomo che si sente più attore che persona reale, di carne e ossa, di paure e speranze, esposto al giudizio del mondo.

    Il tribunale sembra sospendere il suo respiro mentre l'avvocato si avvicina. Ogni suo passo riecheggia sulla mia pelle come il ticchettio di un orologio che conta gli ultimi secondi della libertà. Si china verso di me, e la sua voce è un sussurro che si scontra con il frastuono dei miei pensieri.

    — Sei sicuro di questo? — mi chiede, gli occhi cercando una scintilla di dubbio nei miei. —Possiamo ancora cambiare strategia. —

    Sento il peso del mio destino nelle sue parole, ma il mio spirito si è ormai allontanato dalla paura. «Ho vissuto nell'ombra della verità troppo a lungo», gli rispondo. «È tempo che tutto venga alla luce, anche se dovrò camminare da solo su questo sentiero.»

    L'avvocato si raddrizza, un velo di frustrazione attraversa il suo volto.

    — Non posso fermarti dal parlare, ma sappi che ogni tua parola sarà un'arma puntata contro di te. In quest'aula non regna la verità, ma l'ombra delle percezioni. —

    Incrocio il suo sguardo, e per un attimo, vedo l'eco della mia risolutezza nei suoi occhi.

    — Allora sarò io a temperare la verità—, affermo, la voce vibrante di una sfida che mi riempie di forza. —E vedremo quanto in profondità può tagliare. —

    Alzo lo sguardo verso il giudice e sento il peso di ogni occhio puntato su di me. —Vostro onore, — inizio, la mia voce ferma ma carica di un'urgenza inaspettata, —prima di iniziare a esporre la mia versione dei fatti, desidero fare una dichiarazione. —

    Il giudice annuisce con un gesto breve, quasi impercettibile, e indica che posso continuare.

    — Mi affido alla clemenza di questo tribunale per ascoltare le parole di un uomo che ha solo la verità come scudo. —

    — Non ho commesso alcun crimine, — affermo con decisione. —Ho soltanto parlato di un mondo migliore, di una democrazia vera... —

    — Il tuo 'mondo migliore' è un veleno per le menti del nostro popolo, — interviene il giudice con tono tagliente. —Le tue parole sono un attacco diretto all'ordine stabilito. —

    — Un ordine che soffoca la libertà di pensiero non è un ordine giusto, — replico con crescente ardore. —Ho visto... —

    — Hai visto? O hai sognato? — il giudice mi interrompe bruscamente, il suo tono carico di disprezzo. —Qui, nella realtà, i tuoi sogni sono un pericolo per la sicurezza dello stato.

    Il giudice guarda verso le cariche del regime, cercando una tacita approvazione...

    Il mio avvocato si alza, il suo sguardo sfuggente non si posa mai su di me.

    — Vostro onore, come avvocato d'ufficio, devo ricordare che questo cliente mi è stato imposto e la mia difesa è un atto dovuto. Le dichiarazioni del mio assistito non sono concordate con me, su sua esplicita richiesta. Chiedo che questa mia dichiarazione venga messa agli atti. Grazie. —

    Il pubblico ministero, impaziente, interviene quasi subito.

    — Procediamo con le domande, vorrei che questo caso fosse chiuso velocemente. —

    — Con il permesso, Vostro onore, — intercede il giudice, —vorrei che l'imputato esponesse la propria versione dei fatti. —

    Mi giro leggermente verso il pubblico ministero, che già mi osserva con un misto di aspettativa e scetticismo.

    —Proceda, — dice.

    Le premesse non promettono nulla di buono, lo sapevo, è esattamente ciò che mi aspettavo. Ma cosa posso fare se non affrontarlo? L'unica opzione che ho è dire la verità, come se fosse la cosa più semplice al mondo.

    Respiro profondamente, cercando di trovare un briciolo di coraggio.

    — Vostro onore, Pubblico Ministero, sono onorato di avere questa opportunità di presentare la mia versione dei fatti, — dico, cercando di infondere ogni parola con la convinzione che sento. —Però, prima di entrare nei dettagli, devo fare una breve introduzione. È essenziale per comprendere pienamente gli eventi che si sono susseguiti. —

    — Sono venuto al mondo nella turbolenza del secolo scorso, quando il cielo non era limitato dalla portata dei nostri sogni, ma invece, si apriva vasto sopra di noi, invitandoci a sollevarci al di sopra delle nuvole. La corsa allo spazio era in pieno svolgimento, l'umanità si lanciava verso l'ignoto con un misto di audacia e ingenuità infantile. E in questo teatro di aspirazioni stellari, sono cresciuto, con la testa tra le stelle dei fumetti di supereroi e le promesse di mondi lontani portati sul grande schermo dai film di fantascienza.

    Ma mentre gli eroi nei fumetti combattevano criminali con un chiaro senso del bene e del male, la realtà attorno a me danzava al ritmo di una melodia più complessa e dissonante. La contestazione generazionale batteva il suo tamburo di ribellione, rompendo le convenzioni e chiedendo a gran voce un cambiamento che potesse risonare con le nuove voci di una società in metamorfosi.

    Fu un'epoca di sperimentazione sociale, in cui ogni norma sembrava essere messa in discussione, ogni strada già percorsa veniva abbandonata alla ricerca di nuovi sentieri. E la musica, oh, la musica era la colonna sonora di questo movimento, una sinfonia di protesta e speranza che ancora oggi batte forte nelle mie orecchie.

    Tuttavia, non tutto ciò che luccica è oro. Le contraddizioni erano tante quanto le stelle che contavamo di notte. Sogni di libertà e uguaglianza spesso si scontravano con la dura realtà di ingiustizie e conflitti che la stessa società cercava di esorcizzare. Errori venivano fatti, alcuni così gravi che le loro ombre si estendono fino ai giorni nostri, come cicatrici nel tessuto della nostra cultura.

    Da bambino, il mondo è un dato di fatto, un assioma indiscutibile. La mia realtà era lì, tra il calciare un pallone sulle strade polverose e le risate con gli amici sotto il cielo aperto. Non sapevo ancora che la mia innocenza era un lusso temporaneo, presto da confrontarsi con la complessa trama di una società che stava attraversando il fuoco della trasformazione.

    Le mie giornate erano scandite dal ritmo dei cartoni animati la mattina e dai compiti di scuola al pomeriggio, una routine confortante che celava le crepe di una società in pieno fermento. Non vedevo i titoli dei giornali che parlavano di guerra, non sentivo i discorsi infuocati delle manifestazioni. Eppure, in qualche modo, l'eco di quel mondo adulto penetrava i muri di casa, si infiltrava nelle conversazioni a cena, si insinuava nei momenti di silenzio tra mio padre e mia madre.

    Fu solo più tardi, con gli anni che aggiungevano pagine al mio libro della vita, che iniziai a riconoscere i segni di quei tempi. La lotta per i diritti civili, la guerra fredda, le prime grandi crisi ecologiche – tutti elementi di un puzzle che stavo solo iniziando a comporre. E come in un gioco di specchi, iniziavo a vedere come ogni pezzo riflettesse una parte di me, come la storia globale si intrecciasse con la mia personale.

    Le lotte per l'uguaglianza, per esempio, mi hanno insegnato il valore dell'empatia e della giustizia, mentre il movimento hippie ha seminato in me i semi di un pacifismo che ancora fiorisce nel profondo. La musica, che allora ascoltavo senza comprendere appieno i testi, ora mi parla di libertà, amore, dolore e speranza – concetti che hanno modellato il mio essere nel profondo.

    Ma è stato il contrasto tra la visione idealizzata del futuro che la fantascienza e la corsa allo spazio mi promettevano e la realtà a volte cruda e disillusa che mi ha forse più segnato. Ho imparato che il progresso non è una linea retta verso le stelle, ma un cammino tortuoso, pieno di intoppi e di ritorni inaspettati.

    E ora, mentre mi trovo qui, in una stanza che risuona con l'eco di un passato che non posso cambiare e un futuro incerto che devo ancora affrontare, mi chiedo quanto di quel bambino sia rimasto in me. Quanto delle mie speranze e dei miei sogni si sono dissolti nel tempo e quanto invece sono stati il faro che mi ha guidato attraverso le tempeste della vita.

    La verità è che ogni epoca ha le sue contraddizioni, i suoi eroi e i suoi mostri. E mentre mi preparo a narrare la mia storia, so che dovrò affrontare i fantasmi di quegli anni che ancora vagano tra le pieghe della mia memoria, per trovare il coraggio di parlare con una voce che è nata da quel tempo di tumulto e meraviglia.

    La fantasia e la curiosità, in quegli anni, erano alimentate dal grande impulso che l’elettronica iniziava a manifestare in ogni aspetto della vita. I calcolatori, le prime console per videogiochi che apparivano nelle vetrine dei negozi, le trasmissioni televisive che promettevano una rivoluzione digitale, tutto ciò sembrava fantascienza divenuta realtà. Così, forse guidato dallo stesso spirito di esplorazione che aveva portato l'umanità sul nostro satellite, decisi di intraprendere i miei studi proprio in quel campo.

    La curiosità, la fantasia, l'immaginazione e la creatività sono le luci che hanno guidato l'essere umano fin dalle sue origini, facendolo emergere dall'oscurità dell'ignoto verso le vette del progresso. È noto che queste scintille di genio si manifestano con forza nei bambini. Come i cuccioli di ogni specie, anche i bambini umani esplorano il mondo con occhi meravigliati, senza i filtri del pregiudizio o dell'impossibile. Eppure, con il passare degli anni, il peso della realtà tende a soffocare quel fuoco, riducendo la meraviglia a un tiepido bagliore.

    Tuttavia, alcuni di noi resistono, rifiutano di piegarsi. Alcuni di noi mantengono viva la fiamma dell'infanzia, quella pura curiosità e quella capacità di sognare mondi oltre i confini del visibile e del tangibile. Io sono uno di quegli individui.

    La mia mente non si è mai accontentata delle semplici risposte, né si è mai appiattita di fronte agli ostacoli. Ho sempre cercato di guardare oltre, di immaginare cosa ci fosse dietro l'angolo non ancora girato, sotto la superficie non ancora esplorata. E questa sete insaziabile di conoscenza mi ha portato a divorare libri di testo come fossero romanzi d'avventura, a sperimentare con circuiti e software come se stessi decifrando i segreti di un antico tempio.

    Durante gli anni dell'università, la mia passione si è trasformata in competenza. Ho imparato a parlare la lingua delle macchine, a scrivere codice come se fosse poesia, a vedere la bellezza in un algoritmo elegante o in un design di circuito ingegnoso. La tecnologia, per me, non era semplicemente uno strumento; era un pennello, un mezzo per dipingere possibilità infinite su una tela digitale.

    E ora, mentre mi trovo qui, in questo crocevia della mia vita dove ogni scelta passata sembra convergere, mi rendo conto che la stessa curiosità che mi ha spinto a esplorare il mondo dell'elettronica è quella che mi ha portato a sfidare le convenzioni, a cercare la verità nelle ombre e a non accettare mai la superficie come l'intera storia. Forse è questa la parte di me che ancora resiste, che ancora si rifiuta di arrendersi, nonostante il gioco sembri truccato e il percorso sembri predestinato da forze al di là del mio controllo.

    Ma in fondo, non è forse questo il cuore pulsante dell'evoluzione? Un rifiuto costante dello status quo, una ricerca incessante di ciò che potrebbe essere, una sfida lanciata all'universo stesso. E con questa consapevolezza, con questa scintilla di ribellione che ancora brucia in me, mi preparo a raccontare la mia storia, a rivendicare il mio posto nel flusso del tempo, nella speranza che la mia voce possa fare eco oltre le mura di questa aula, oltre i confini di questo momento.

    Con l’elettronica si poteva esplorare la realtà in modi nuovi, sperimentare nuovi apparecchi e teorie di ricercatori eclettici. Uno dei grandi pionieri di quest'era, che aveva esplorato le potenzialità della corrente alternata ad alta tensione, era già passato a miglior vita circa quaranta anni prima che io terminassi i miei studi. Nonostante la sua assenza, le sue teorie e le sue invenzioni incredibili continuavano a alimentare la fantasia e a stimolare la ricerca in tutti coloro che, come me, erano animati da una curiosità senza confini.

    Questo uomo, indubbiamente in netto anticipo sui suoi tempi, dovette lottare contro il pensiero dominante dell'epoca. Molte delle sue idee non furono adeguatamente valorizzate e si ritiene che parte del suo lavoro sia andato perduto. Fortunatamente, grazie alla dedizione di alcuni suoi collaboratori, sono sopravvissute fino a noi informazioni stimolanti e sorprendenti.

    In quell'epoca, altri studiosi esplorarono campi diversi, ma la miopia degli investitori bloccò molte ricerche promettenti. Se non intravedevano un immediato ritorno economico, i fondi venivano sospesi e dirottati verso progetti considerati più redditizi. È la stessa logica che ancora oggi, troppo spesso, prevale nella ricerca scientifica: una visione corta che valorizza il profitto immediato a scapito dell'innovazione e del progresso a lungo termine.

    Più o meno nello stesso periodo del pioniere della corrente alternata, un altro grande scienziato faceva i primi passi verso quella che sarebbe diventata la radio. Questi due geni, indagando in modi diversi gli stessi ambiti, trovarono soluzioni alternative per la trasmissione e la ricezione di segnali attraverso l'etere.

    Pochi dei loro risultati, tuttavia, vennero valorizzati per creare soluzioni economicamente vantaggiose; la maggior parte delle loro scoperte venne dimenticata o non adeguatamente sviluppata. La logica economica,

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