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Matematica per poeti: Come l'astrazione illumina il regno della mente
Matematica per poeti: Come l'astrazione illumina il regno della mente
Matematica per poeti: Come l'astrazione illumina il regno della mente
E-book182 pagine2 ore

Matematica per poeti: Come l'astrazione illumina il regno della mente

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Info su questo ebook

Se anche tu, come dice Venditti in una celebre canzone, hai sempre ripetuto a te stesso: «La matematica non sarà mai il mio mestiere» forse è arrivato il momento di provare a far pace con questa materia. La netta distinzione tra discipline umanistiche e scientifiche è solo apparente. Basta cambiare prospettiva per accorgersi che – dietro a calcoli, teoremi, dimostrazioni e alle altre cose ancora più astruse – si nasconde il viaggio dell’intera umanità attraverso il mondo dell’astrazione, per ricercare ed esplorare armonia e bellezza. Proprio la stessa bellezza che per secoli è stata al centro delle riflessioni e delle opere di filosofi, artisti e poeti. La matematica altro non è che questa storia: un racconto fatto di eroi, personaggi spesso un po’ bizzarri, sorprendenti colpi di genio, aneddoti curiosi e imprese al limite dell’incredibile.
LinguaItaliano
Data di uscita22 dic 2023
ISBN9788892967977
Matematica per poeti: Come l'astrazione illumina il regno della mente

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    Anteprima del libro

    Matematica per poeti - Andrea Cattania

    PREFAZIONE

    di Jacopo De Tullio

    Lecturer di Matematica presso l’Università Bocconi

    e vicedirettore del Centro di ricerca PRISTEM

    Il connubio tra matematica e poesia sembra quasi una provocazione, uno scontro tra terra e cielo, Atena e Afrodite che combattono in due opposte fazioni. La matematica appare come pura ragione, fredda logica e, per alcuni, insensibile calcolo, ma questo solo per un occhio disattento e poco informato. Le due discipline godono di innumerevoli similitudini che possono essere facilmente esplorate e apprezzate.

    Alla base del percorso logico-matematico c’è la creatività. Come sarebbe possibile pensare a nuove teorie o semplicemente ai numeri se non vi fosse un’idea di astrazione che consente di spiccare il volo verso nuove frontiere dell’intelletto? Idee, innovazioni, esercizi della mente per mettere su carta quello che la ragione afferma, creando, proprio come nella poesia, nuove forme di espressione per manifestare le personali visioni.

    Matematici e poeti condividono la passione per la precisione. In matematica, anche il più piccolo errore può portare a risultati completamente diversi. Allo stesso modo, in poesia, le parole e le immagini devono essere scelte con cura per evocare l’emozione giusta ed esprimere il concetto dell’autore.

    Ma forse la similitudine più interessante tra matematica e poesia riguarda la ricerca della bellezza. Può suonare strano parlare di bellezza in matematica, ma ci sono molti esempi di equazioni e teoremi che sono considerati tali nella comunità dei matematici. Per esempio, l’equazione di Eulero, eiπ+1=0, è considerata (sondaggi alla mano) l’equazione più bella in assoluto, perché con semplicità racchiude tutti i numeri più celebri e fornisce un passaggio tra mondo reale a mondo immaginario. E già quest’ultima affermazione appare poetica. Allo stesso modo, la poesia cerca di creare bellezza attraverso le parole e le immagini che evoca alla lettura e all’ascolto.

    Inoltre, matematica e poesia rivestono il duplice ruolo di discipline a se stanti ma anche di servizio. Strumenti matematici sono impiegati per risolvere problemi in fisica, ingegneria e molto altro. Allo stesso modo, la poesia può essere utilizzata per esplorare concetti di filosofia e scienze sociali, quali la morte, l’amore e la politica.

    Tuttavia, non voglio affermare che matematica e poesia siano la stessa cosa, ci sono anche sostanziali differenze. Mentre la matematica è una disciplina che cerca di svelare la verità attraverso l’uso della ragione e della logica, la poesia si pone lo stesso obiettivo facendo ricorso all’uso delle emozioni e dell’immaginazione. In questo senso sta la fondamentale differenza, entrambe hanno come fine ultimo le verità ma vi arrivano, o almeno ci provano, con mezzi diversi. Il linguaggio logico-formale della matematica si pone in contrasto con quello simbolico-metaforico della poesia, ma alla base c’è il rispetto di entrambe le discipline per il linguaggio, che deve essere coerente e non contraddittorio.

    Per convincere anche chi fosse rimasto dubbioso dall’ardito paragone tra le due discipline, mi piace ricordare proprio la dichiarazione di uno dei massimi letterati del secolo scorso. Italo Calvino, di cui nel 2023 ricorre il centenario dalla nascita, affermava che: «L’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono: entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione».

    Se a conclusione di questa prolusione non vi avessi ancora convinto, vi lascio alla lettura del libro che con chiarezza vi accompagnerà, passo dopo passo, alla scoperta di un terreno per molti nuovo e per alcuni già calpestato, ma con un punto di vista innovativo, quello della poesia. Proprio quella poesia che solo chi, come l’autore, poeta per passione ma ingegnere di professione, potrà mostrarvi nel racconto di una delle esperienze più vivaci che la mente umana abbia mai realizzato: la scoperta della matematica.

    Prologo

    È quasi ora di pranzo. Devo scendere per comprare del pane, sono rimasto senza, ma non ho voglia. Lo chiederò alla signora Zerlina, sono in ottimi rapporti con i miei vicini di casa. Spesso ci scambiamo piccoli favori.

    La trovo mentre parla con la figlia Biancanna, che frequenta il secondo anno del liceo scientifico. Sembrano preoccupate e mi mettono subito a parte del problema.

    Bia teme di avere sbagliato nella scelta dell’indirizzo negli studi, non riesce a capire la matematica, non c’è verso. Vorrebbe trovare qualcuno che la possa seguire a casa, ma la madre teme che costi troppo. Non me lo faccio ripetere due volte.

    «Vedi, Bia, per aiutare qualcuno a capire la matematica non occorre essere Riemann. Basta conoscerla un poco e amarla moltissimo. Passa a trovarmi nel pomeriggio, devi solo lasciarmi il tempo per il pranzo e per un momento di relax.»

    Due ore dopo ecco Biancanna, tutta compunta. «Accomodati e ascoltami» l’accolgo. «Oggi ti presento il mio modo di vedere la matematica. Poi ci penserai, prenditi pure qualche giorno per dirmi se mi vuoi scegliere come tuo allenatore.»

    La chiacchierata dura due ore e mezzo. Per ora il mio scopo non è spiegarle la materia, vorrei solo farle capire di che cosa è fatta la matematica, come è nata (se mai è nata), come si sviluppa ogni giorno e perché. Vorrei farle capire quanta poesia c’è nella matematica e quanta matematica c’è nella poesia, fargliene assaporare la bellezza. Vorrei che percepisse il perché del mio immenso amore per la matematica e ciò che mi rende felice ogni volta che ho l’occasione di trasmetterlo ad altri.

    «Usiamo i numeri per contare e per misurare. E per un mucchio di altre cose.»

    «Usiamo chi?» mi chiede lei.

    «Noi umani. Anche scimmie, api, delfini e altri animali percepiscono le quantità, esistono ottimi libri e articoli che ne parlano. Se vuoi, potremo parlare anche di questo. Ma non ora.»

    Poi continuo: «Concentriamoci sui numeri. Tutti sanno che cosa sono i numeri. Ma prima vorrei farti una domanda: secondo te, una volta avvertita l’esigenza di contare e di misurare, ci siamo messi a cercare uno strumento adeguato, oppure abbiamo inventato – o scoperto – i numeri, prima di capire che li potevamo utilizzare a questo scopo? L’unica certezza è che quarantamila anni fa eravamo già capaci di contare. Per il momento, però, non rispondo a questa domanda. Peraltro, non è detto neppure che ne sia capace. Ti chiedo solo di pensarci. Quando vorrai, mi dirai quello che ne pensi.

    «Ora facciamo il primo passo. Se ti chiedessi di pensare a un numero, che cosa mi risponderesti? Quattro? Benissimo. La nostra mente, quando pensiamo ai numeri, corre alla sequenza di uno, due, tre, quattro… È del tutto naturale: non per niente, sono detti numeri naturali. Ma tu sai bene che esistono molti altri tipi di numeri, oltre a questi. Se ti ripeto cose che sai già, è solo per aiutarti a mettere ordine nella tua testa. Quando andiamo in confusione, la prima cosa che dovremmo fare è sforzarci di capire dove abbiamo perso il filo, poi cercare di sbrogliare la matassa.

    «I numeri naturali, come sai, non finiscono mai. Sono la nostra chiave per arrivare all’infinito. Ci sarebbero moltissime cose da dire sui numeri naturali. I numeri primi, le serie, i numeri di Fibonacci… Molte di queste cose le sai già. Oggi vorrei solo darti il quadro generale, poi, se vorrai, avremo tempo per approfondire ognuno di questi aspetti e anche molti altri. Quello che mi preme è che ti sia chiaro che i numeri naturali sono solo una piccolissima parte dell’insieme dei numeri.

    «Ora siamo pronti a estendere il campo dei numeri, e lo faremo con le operazioni elementari. Se sommiamo fra loro due o più numeri naturali, otterremo ancora un numero naturale. Lo stesso accade con la moltiplicazione e con l’elevamento a potenza. Ma con la sottrazione potremmo veder comparire un numero negativo e, con la divisione, un numero non intero, ma decimale o frazionario. Dunque, abbiamo fatto questi passi per estendere il campo dei numeri: numeri naturali, numeri interi (positivi o negativi) e numeri razionali (interi o frazionari).

    «Per i pitagorici, fino a Ippaso, i numeri erano solo questi. È evidente che per misurare una quantità di oggetti, i numeri naturali sono più che sufficienti, e neppure tutti. Ma se volessimo soddisfare solo le nostre esigenze pratiche, saremmo fermi al Neolitico o forse a molto prima. Prova a pensare quando e che cosa dobbiamo contare o misurare. Potrei chiedermi quanti sono gli sfilatini che mi avete gentilmente prestato questa mattina, quanti giorni mancano a Natale, quanti abitanti ha l’Armenia, quante zampe ha un millepiedi o quante sono le lingue che si parlano nel mondo. In tutti questi casi non mi servono numeri molto grandi. Un guru della finanza, impegnato nello studio della ricchezza di uno Stato, potrebbe avere bisogno di arrivare ai miliardi, o ai miliardi di miliardi: ancora meno di un’unghia, rispetto all’infinito. E per le misure di interesse quotidiano, pesi o aree, altezze o velocità, potrei ripetere le stesse considerazioni.

    «Eppure, a ciascuno di noi è capitato prima o poi di chiedersi: qual è il numero più grande di tutti? La risposta l’abbiamo trovata da soli: il numero più grande di tutti non c’è! Qualunque sia il numero che abbiamo immaginato, sarà sufficiente aggiungere una cifra – non importa se in coda, in testa o nel mezzo – per avere un numero ancora più grande. E questo processo può essere iterato, non ha fine. Nasce qui l’idea di infinito, la sensazione che proviamo sotto un cielo stellato o in mezzo al mare. Ma nel caso dei numeri, l’idea è molto più precisa. Infatti, nello spazio e nel tempo possiamo pensare che questi non siano infiniti, ma piuttosto illimitati. Invece, nel campo dei numeri, l’infinito può essere descritto con una precisione, per l’appunto, matematica.

    «Prima, però, di arrivare all’infinito, chiediamoci (come fecero i pitagorici duemilacinquecento anni fa) se possano esistere numeri non razionali, e da dove escano. È abbastanza facile capire che la radice quadrata di un numero che non sia un quadrato perfetto, come 2, non può essere un numero razionale. Se così fosse, infatti, questo numero dovrebbe essere uguale al rapporto fra due numeri interi, e quindi il quadrato del numeratore dovrebbe essere il doppio del quadrato del denominatore. Il che è evidentemente impossibile.

    «L’insieme dei numeri razionali e irrazionali costituisce l’insieme dei numeri reali. Ma non è ancora finita. La semplice constatazione che il quadrato di un numero negativo è un numero positivo ci consente di affermare che nessun numero reale ha per quadrato un numero negativo. Siamo dunque autorizzati a concludere che la radice quadrata di un numero negativo non esiste? Niente affatto! Non esiste nel campo dei numeri reali, ma chi dice che esistono solo numeri reali? Non potrebbero esistere altri numeri, non reali, diciamo, immaginari? Ecco, se avrai la pazienza di seguirmi, vedremo nascere anche questi nuovi numeri.

    «Arrivati qui, la matematica comincerà a divertirti, passeremo dai numeri immaginari ai numeri complessi. Alla fine, ti parlerò dell’infinito in matematica e di proporrò il mio modo di vedere l’infinito.»

    Parte I

    La via dell’astrazione

    Nasce l’aritmetica

    Prima che l’homo sapiens mettesse a fuoco il concetto di numero, i numeri esistevano già?

    «Dio creò i numeri interi, tutto il resto è opera dell’uomo» sentenziava il matematico e logico tedesco Leopold Kronecher. È stato uno dei protagonisti del dibattito sui fondamenti della matematica che divampò in Germania e in Europa tra fine Ottocento e inizio Novecento.

    Chi ha creato i numeri?

    A mio parere la domanda è priva di senso. Che cosa significa chiedersi se il numero due esista indipendentemente dall’uomo? Se vedo una coppia di gabbiani, posso essere certo che quei gabbiani esistono e sono due, indipendentemente dal fatto che io li veda. Di questo sono convinti tutti, con la sola esclusione di qualche idealista estremo. Il numero due è la concettualizzazione astratta della quantità di elementi che costituisce una coppia: è il modo che noi umani abbiamo escogitato per esprimere il concetto di coppia. Dunque, il problema non è l’esistenza dei numeri, sono le modalità con cui li rappresentiamo. Come e quando si affacciò alla mente dell’uomo, per la prima volta, il concetto di numero? È una storia lunga. Lasciamo da parte il buon Dio, anche se l’argomento è stato ripreso più recentemente, in un contesto non dogmatico e con grande profondità di pensiero, da Paolo Zellini, docente di Analisi numerica all’università di Roma Tor Vergata, di cui parlerò in un capitolo successivo.

    La natura opera sul mondo reale e gestisce le quantità degli oggetti come tutto ciò che esiste. Naturalmente, essa non usa gli strumenti concettuali degli uomini o degli animali. Perché anche gli animali percepiscono le quantità, ognuno a modo suo. Negli ultimi anni abbiamo fatto significativi

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