Frequenti improbabilità
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«Ma tu cosa vuoi?».
«Io? Niente! Sono venuto a farti compagnia, non cominciavi a soffrire di solitudine dopo quattro anni?».
«Se devo dire il vero, stavo meglio prima, senza sapere cosa mi era successo».
«Ma tu lo sapevi! Non potevi non saperlo: è successo a te!».
«Va bene, allora stavo meglio senza ricordarmelo, ok?».
«D’accordo, non ti arrabbiare».
«Ti rifaccio la domanda: cosa vuoi?».
«Ancora una volta non è la domanda giusta, Tony».
«Perché sei qui?».
«Qui dove?».
«Qui!».
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Anteprima del libro
Frequenti improbabilità - Alessandro Chiometti
dell'Autore
Introduzione
Delirio personale di tipo quantistico-filosofico nel mero fine di negare l’evidenza o sperare nei miracoli
Diciamolo una volta per tutte, la realtà materiale è ampiamente sopravvalutata. E lo dico da materialista.
Sì, da materialista ateo che ragiona con il metodo scientifico, lo dico e lo ripeto: la realtà è sopravvalutata.
Innanzitutto, cosa ne sappiamo noi della realtà? Non sappiamo niente, neanche la più straordinaria delle menti può garantirci che quello che stiamo facendo, leggendo o guardando in questo momento sia la realtà o piuttosto un’illusione dovuta a qualche strano gioco dei nostri neuroni. Questi infatti potrebbero, adesso, essere in fase rem ed elaborare false realtà, che poi chiamiamo comunemente sogni, convincendomi che io sono in strada sotto la pioggia a bestemmiare perché tu mi hai cacciato di casa. Ma come faccio io a sapere che adesso, in questo esatto momento non sono dentro al letto al caldo ad aspettare che suoni la sveglia?
Ammettiamolo, le tabelle della verità su cui si basano tutte le nostre convinzioni logiche e filosofiche cosa sono? Esercizi! Esercizi accademici ampiamente smentiti dalle attuali conoscenze.
Prendete Aristotele ad esempio, com’è che diceva?
È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo.
Ma che dici Aristotele? Io amo Roberta. E la odio. Perché mi ha cacciato di casa. Allora se io la amo non la posso odiare, se la odio non la posso amare, perché l’odio è la negazione dell’amore e l’amore la negazione dell’odio, secondo te e la tua filosofia.
Di certo è facile per un filosofo greco, con la pancia piena di retsina, millantare di poter sentenziare cos’è vero e cos’è falso.
Com’è che lo chiamate voi filosofi? Ah, già: il principio di non contraddizione.
La facevate facile. Noi siamo i Greci, gli altri sono i barbari. Chi non è greco è barbaro, chi è barbaro non è greco. Eh sì, facile così. Ma oggi chi è che ragionerebbe in questo modo?
Insomma, Aristotele mio, non capivate un cazzo, questa è la verità. E ci potevate anche arrivare, bastava non separare il mondo materiale da quello delle emozioni e avreste capito che a un oggetto si possono associare più attributi spesso in contraddizione fra loro e allo stesso tempo negare questi attributi.
Certo, forse io sono facilitato dalla conoscenza della meccanica quantistica, ma ci potevate arrivare anche voi.
Oggi, il fatto che il principio di non contraddizione non valga più, perlomeno in campo microscopico, è un dato di fatto consolidato, accertato e verificato.
Non mi credete, cari filosofi? Allora parliamo della luce. ma sì, quella del Sole o quella della lampadine. Avanti, ditemelo! Cos’è per voi la luce? Onda o particella?
Onda Elettromagnetica, diceva qualcuno! Altrimenti non si spiega il campo da essa generato.
Sbagliato, provate ancora.
Particella, diceva qualcun altro: altrimenti non si spiega l’effetto Compton.
Sbagliato ancora!
"Come: sbagliato ancora? – direte voi - O è onda o particella tertium non daretur" aggiungereste ostentando il vostro latinorum, se foste colti.
E invece ve lo confermo, sbagliato ancora! Perché siamo nel campo della meccanica quantistica, quindi il fotone è onda ed è particella. Capito, Aristotele? Il fotone è onda e particella. Con buona pace del tuo principio di non contraddizione.
Già ti sento, cara Roberta, con la voce ancora arrabbiata, ascoltare questo mio viaggio nella filosofia e dirmi E allora?
.
Ma come e allora
?! Ma se ammettiamo che una cosa può essere anche un’altra e stiamo parlando di una cosa definita che conosciamo, che misuriamo, che abbiamo leggi per definirne l’intensità: come pensiamo di poter vivere continuando ad applicare il principio di non contraddizione a ciò che neanche conosciamo come l’amore, i sentimenti, le emozioni?
Io ti amo, Roberta. E ti odio perché mi hai buttato senza coscienza fuori di casa! Certo, per te il problema è che io amo anche Vanessa. Ebbene sì, la amo. E la odio anche! Come perché la odio? Ma perché quel fottutissimo SMS di merda lo poteva mandare in un altro momento e io a quest’ora stavo sotto le coperte al caldo e non sotto la pioggia al freddo, cazzo!
Certo, poi per voi donne è facile. Fate tanto le astratte. Ci scrivono interi testi su come la mente dell’uomo sia pratica e quella della donna sia astratta, e poi usano questa argomentazione per dire che l’intelligenza astratta è la forma più evoluta di intelligenza e quindi, di conseguenza, le donne sono più intelligenti degli uomini.
Certo, lo dite voi donne e ve ne fate un vanto. Ma col cacchio che quando serve lo mettete in pratica.
O ami me o ami lei!
proclami!
Ma chi sei, Anakin Skywalker che minaccia Obi One Kenobi su Mustafar brandendo la sua spada laser?
Chi non è con me è contro di me?
.
Non si può ragionare di queste cose con l’accetta. Non stiamo parlando, che so, di topografia, per cui l’Everest è lì e misura ottomila – esticazzi – metri. Voi. O noi. No, non mi tiro indietro, anche noi, certo! Tutti noi continuiamo a voler trattare l’amore come se fosse un etto di mortadella, e invece no. C’è la meccanica quantistica a dimostrarlo. Io amo te, ma amo anche Vanessa. E poi perché non sai di Valeria.
Ma lascia perdere chi è Valeria, se hai problemi con Vanessa, figurati Valeria.
Com’è che diceva Heisenberg?
Nell’ambito della realtà le cui connessioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono quindi a una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere (all’interno delle frequenze determinate per mezzo delle connessioni) è piuttosto rimesso al gioco del caso.
Sai cosa significa, cara Roberta? Che se tu, per esempio, prendi un elettrone in orbita attorno al suo nucleo, non potrai mai conoscere la reale posizione di quell’elettrone. Sì, sai che è da qualche parte intorno a quel nucleo di protoni e neutroni, ma non potremo mai conoscere la sua orbita effettiva. Tutt’al più potremo formulare, grazie alla matematica, un orbitale attorno al suo nucleo, che significa una funzione probabilistica di dove si può trovare l’elettrone. Ma la probabilità non sarà mai zero, di qualsivoglia posizione stiamo parlando, a meno che non parliamo dei due estremi di distanza, zero e infinito. Dove effettivamente la probabilità di trovare l’elettrone è nulla.
Ecco. E cosa vogliamo noi? Ridurre l’amore a qualcosa di più comprensibile di un elettrone? Dell’elettrone sappiamo massa in grammi e carica elettrica in elettronvolt, della particella (o delle onde) che costituiscono l’amore invece cosa ne sappiamo?
Dimmelo tu che sai tutto. Vuoi forse ridurre l’amore a un modo di vedere fallocentrico dove metti il cartellino sul mio organo di riproduzione (e di piacere sessuale) e ci scrivi Questo è solo di Roberta
?
Vuoi che sia questa l’idea base del tuo concetto di amore?
Ecco, adesso non parleresti più, in una realtà in cui tu mi avessi dato il tempo di parlare e non in questa realtà dove mi hai buttato fuori di casa dopo L’SMS di Vanessa.
In una realtà dove abbiamo consapevolezza che le cose siano imprevedibili non pretenderemo di costruire storie eterne e indissolubili attorno a nuclei di materia (o onde) che neanche sappiamo di cosa sono fatte.
In una realtà in cui l’uomo avesse compreso veramente l’instabilità e l’incertezza con cui dobbiamo confrontarci ogni giorno, io non sarei costretto a prendermi tutto questo scroscio d’acqua notturna. Con il rischio di prendermi qualche brutta malattia.
Certo, io capisco, cara Roberta che tutto questo mio parlare ti può sembrare solo una difesa disperata di uno che è stato colto con le mani nel sacco, ma non è così. Io ti amo e ti odio veramente e anche se tu sei una costante non posso negare che ci siano delle variabili nel mio amore e nel mio odio.
Lo so, sono discorsi difficili da accettare, pensa che lo stesso Einstein, nonostante il fatto che furono i suoi studi ad aprire il campo alla meccanica quantistica, rifiutava di accettare le conseguenze di quello che lui stesso aveva fatto scoprire. Quando gli parlavano del famoso Gatto di Shroedinger
, il caro Albert che amava i gatti, andava quasi in crisi isterica. Ma sì, il famoso gatto che messo in una scatola con un meccanismo che al 50% può emettere radiazioni mortali e al 50% può non emetterle! Beh, in quella condizione tutti sanno che l’effetto del paradosso quantistico è che fino a che non apriamo la scatola il povero micio sarà in una situazione di vivo-morto fino a che lo sguardo dell’osservatore non fisserà una delle due ipotesi, ovvero gatto vivo o gatto morto. Sai cosa disse in una conferenza pubblica Albert Einstein mentre si parlava del paradosso del gatto di Shroedinger? Disse:Ma voi veramente credete che la Luna smetta di esistere se voi non la guardate?
.
Aveva ragione, la Luna esiste anche se non la guardiamo. Quello che non voleva accettare il caro Albert è che della Luna, oggetto macroscopico, sappiamo massa, velocità e composizione. E quindi al tempo stesso (e ridagli) aveva torto parlando del microscopico. Perché delle particelle subatomiche se conosciamo la posizione non conosciamo la velocità e se conosciamo la velocità non conosciamo la massa. Esattamente come diceva Heisenberg.
E vuoi sapere qual è una delle prove che quando si gioca nel campo del quantistico si gioca a uno sport completamente diverso da quello che conosciamo a livello macroscopico? Beh, scommetto che tu non hai mai sentito parlare di Alain Aspect. No, ovviamente, non ne parla mai nessuno perché non fa bene ricordare che anche i miti della storia hanno preso le loro cantonate.
Il Signor Alain Aspect nel 1982 dimostrò definitivamente che il Signor Albert Einstein si era sbagliato. Aveva preso una cantonata. Un granchio. E anche bello grosso. Dimostrò a tutti gli effetti che il fenomeno dell’entanglement esisteva.
Sì! Cerca di imparare un’altra parola difficile Roberta, tanto sarà l’ultima.
L’entaglement è quel fenomeno per cui due particelle subatomiche A e B che hanno interagito tra di loro per un certo periodo se vengono separate, da qualsiasi distanza vengano separate, quando un fenomeno qualunque interagirà sulla particella A anche la particella B si comporterà in maniera analoga (ma con effetto opposto) alla particella A.
Perché capita? Non lo so, ma io so di non saperlo. Tu invece no, non lo accetti. Continui a voler spiegare tutto nella tua ostinazione scientista e positivista applicata alle materie umanistiche. Che è come dire volere a tutti i costi impegnarsi in un’assurda arrampicata sugli specchi. E allora adesso, mentre concludo questa notte in una stanza di motel lontano da te, affido le mie prossime riflessioni al Jack Daniel’s, sperando che, mentre a me offuscherà la mente, a te chiarisca le idee per effetto dell’ entaglement.