La meccanica letteraria
Di autori vari
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bisogna avere qualche cosa da metterci dentro!
STENDHAL
Quando vediamo un nostro simile compiere una cosa che noi siamo in grado di fare: nuotare o dirigere un'automobile, battere un ferro o costruire una scarpa, dipingere o suonare uno strumento, noi sappiamo che questo individuo si è messo in grado di esercitare l'arte sua studiandone la tecnica. La tecnica di un'arte è l'esperienza codificata di tutti coloro che esercitandosi in quest'arte hanno scoperto dei procedimenti nuovi, abbreviativi, più semplici, più pratici di quelli che avevano imparato dai predecessori. E' poi chiaro che la tecnica di un'arte è in stretta correlazione con la scienza da cui l'arte stessa dipende.
Gli Egiziani hanno innalzato le Piramidi, ma non avrebbero mai saputo costruire un grattacielo non conoscendo il cemento armato. I Romani furono i primi soldati del mondo; ma se un popolo loro contemporaneo avesse scoperto il fucile o il cannone, nessun eroismo li avrebbe salvati da una precipitosa sconfitta.
La letteratura, cioè l'arte di mettere in iscritto i propri pensieri, di esprimere i propri sentimenti per mezzo della parola scritta, ha anch'essa una tecnica. Questa tecnica si divide in grammatica, cioè studio delle parole; sintassi, cioè studio del periodo, e retorica, cioè studio dell'espressione.
Ora, mentre non v'è dubbio alcuno sull'utilità di studiare la grammatica e la sintassi, molti incominciano a dubitare che lo studio della retorica valga alcunché. Questo discredito non è d'origine filosofica, perché è evidentemente assurdo pretendere che la retorica serva a fabbricare dei letterati. Si nasce letterati come si nasce pittori o musici. E' un discredito pedagogico, nato dall'osservare quanto poco frutto traggano i nostri giovani dall'insegnamento letterario che viene loro impartito. E' lo stesso disprezzo palese o celato che involge lo studio delle lingue, visto che non due licenziati su cento, dopo otto anni di fatiche, sanno capire ad aperta di libro una pagina di Eschilo o di Tacito o di Goethe. Insomma, più che a un'inammissibile imbecillità collettiva, si pensa a un metodo d'insegnamento antiquato e difettoso.
Con il nostro libro non si dimentica nulla di quanto si sa: è impossibile!
Il nostro metodo indica in che ordine disporre i propri pensieri.
La Meccanica Letteraria non è un millesimo primo trattato di retorica. Non vuol fabbricare dei letterati. E' un manuale tecnico, un prontuario, una sorta di tavola pitagorica, di regolo calcolatore, di ricettario. Serve per la scuola, ma vuol servire anche per la vita.
Come di ogni altro strumento di lavoro, per ricavare dal nostro metodo tutto l'utile che può dare, bisogna imparare a maneggiarlo; bisogna ancor più imparare a modificarlo e adattarlo ai propri bisogni particolari, posto che un ragioniere non dovrà servirsene come un giornalista, né questi come un deputato.
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La meccanica letteraria - autori vari
La meccanica letteraria
Autori Vari
Prima edizione digitale 2017 a cura di David De Angelis
INDICE
Introduzione
- I. L'argomento
- II. Che cosa dire sull'argomento
- III. La distribuzione delle idee
- IV. La creazione cerebrale
- V. Riassunto generale
INTRODUZIONE
Saper fare delle belle frasi non è tutto:
bisogna avere qualche cosa da metterci dentro!
STENDHAL
Quando vediamo un nostro simile compiere una cosa che noi siamo in grado di fare: nuotare o dirigere un'automobile, battere un ferro o costruire una scarpa, dipingere o suonare uno strumento, noi sappiamo che questo individuo si è messo in grado di esercitare l'arte sua studiandone la tecnica. La tecnica di un'arte è l'esperienza codificata di tutti coloro che esercitandosi in quest'arte hanno scoperto dei procedimenti nuovi, abbreviativi, più semplici, più pratici di quelli che avevano imparato dai predecessori. E' poi chiaro che la tecnica di un'arte è in stretta correlazione con la scienza da cui l'arte stessa dipende.
Gli Egiziani hanno innalzato le Piramidi, ma non avrebbero mai saputo costruire un grattacielo non conoscendo il cemento armato. I Romani furono i primi soldati del mondo; ma se un popolo loro contemporaneo avesse scoperto il fucile o il cannone, nessun eroismo li avrebbe salvati da una precipitosa sconfitta.
La letteratura, cioè l'arte di mettere in iscritto i propri pensieri, di esprimere i propri sentimenti per mezzo della parola scritta, ha anch'essa una tecnica. Questa tecnica si divide in grammatica, cioè studio delle parole; sintassi, cioè studio del periodo, e retorica, cioè studio dell'espressione.
Ora, mentre non v'è dubbio alcuno sull'utilità di studiare la grammatica e la sintassi, molti incominciano a dubitare che lo studio della retorica valga alcunché. Questo discredito non è d'origine filosofica, perché è evidentemente assurdo pretendere che la retorica serva a fabbricare dei letterati. Si nasce letterati come si nasce pittori o musici. E' un discredito pedagogico, nato dall'osservare quanto poco frutto traggano i nostri giovani dall'insegnamento letterario che viene loro impartito. E' lo stesso disprezzo palese o celato che involge lo studio delle lingue, visto che non due licenziati su cento, dopo otto anni di fatiche, sanno capire ad aperta di libro una pagina di Eschilo o di Tacito o di Goethe. Insomma, più che a un'inammissibile imbecillità collettiva, si pensa a un metodo d'insegnamento antiquato e difettoso.
Ma mentre per le lingue vive qualche cosa si è fatto per rinnovare l’aria ammuffita, e i metodi Marcel e Berlitz hanno soppiantato l'insegnamento accademico o almeno vi si sono sovrapposti con l'irresistibile impeto dell'utilità, per la letteratura siamo ancora alle ineffabili disquisizioni sui generi letterari e sulle qualità dello stile, biascicate da professori scettici a scolaresche che di soppiatto leggono la Gazzetta dello Sport!
Non si impara a descrivere e a narrare, perché l'insegnante si ostina a dare per tema: Una tempesta sull'Oceano o La morte della mamma, a ragazzi che non hanno mai visto il mare e grazie a Dio la madre l'hanno sana e vegeta. Non s'impara mai una dimostrazione, perché temi come: Pari fortiter romanurn est, non sono per giovani che grazie ai Santi non hanno ancor avuto occasione di patire che un mal di denti o un mal di pancia.
Siamo di fronte a un enorme equivoco che si prolunga da troppo tempo. La retorica, l'arte del comporre
mira (fortunatamente senza riuscire) a fare dei letterati, come appunto lo studio delle lingue così come vien fatto a scuola, mira a creare dei filologi.
E' dunque tempo che, come si son trovati dei metodi per insegnare le lingue a chi vuol parlarle, si insegni la composizione a chi ha bisogno di menare la penna per una scopo pratico, cioè scrivere: scrivere una lettera d'affari, una memoria defensionale, una relazione, dare la descrizione d'un ritrovato scientifico o d'una cosa vista; raccontare un fatto di cui si è stato attore o testimonio o sia pure trastullare il prossimo con un racconto fantastico.
Chi, uscito di scuola ed entrato nella vita apre più la