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Tarantole, tarantolati e tarantelle nella Spagna del Siglo de oro
Tarantole, tarantolati e tarantelle nella Spagna del Siglo de oro
Tarantole, tarantolati e tarantelle nella Spagna del Siglo de oro
E-book217 pagine2 ore

Tarantole, tarantolati e tarantelle nella Spagna del Siglo de oro

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Info su questo ebook

La credenza popolare legata al morso della tarantola ha avuto un’ampia circolazione ben oltre l’area salentina, terra endemica della taranta, tanto che oggi ne ritroviamo le tracce anche nel territorio spagnolo.
La letteratura del Siglo de Oro è ricca di testimonianze, ancorché frammentarie, sul tarantismo. Gli entremeses di don Pedro Calderón de la Barca e Luis Vélez de Guevara, nonché la celebre Fabula de Aracne di Velázquez, meglio nota come Las Hilanderas, rivelano nei drammaturghi e nel genio del Seicento pittorico una remota e diffusa compenetrazione del tarantismo e del suo misterioso retroterra culturale. Le prime testimonianze in terra di Spagna relative a tale rituale erotico e indiavolato vanno ricercate intorno alla metà del Cinquecento allorquando la Silva de Varia Lección di Pedro Mexía inaugurerà la fortuna letteraria e drammaturgica dei tarantolati.
La presente indagine vuole pertanto contribuire alla rinascenza del cosiddetto teatro breve, che si è occupato in maniera differenziata dell’immaginario correlato al tarantismo, inaugurando una prospettiva di ricerca auspicabile intorno ad un motivo che sembra essersi perpetuato nell’intera letteratura spagnola.
LinguaItaliano
Data di uscita26 mag 2015
ISBN9788869630286
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    Anteprima del libro

    Tarantole, tarantolati e tarantelle nella Spagna del Siglo de oro - Bruno Casciano

    cover.jpg

    Bruno Casciano

    TARANTOLE, TARANTOLATI E TARANTELLE NELLA SPAGNA DEL SIGLO DE ORO

    Elison Publishing

    Immagine di copertina a cura di Annalisa Paolucci

    Proprietà letteraria riservata

    © 2015 Elison Publishing

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    Via Milano 44

    73051 Novoli (LE)

    ISBN 9788869630286

    Ai miei nonni,

    a chi ama raccontare

    INDICE

    CAPITOLO 1

    RADICI STORICHE E ANTROPOLOGICHE DI UN MOTIVO LETTERARIO

    CAPITOLO 2

    LOS ATARANTADOS DI LUIS VÉLEZ DE GUEVARA

    2.1 Morso della tarantola e conflitti amorosi

    2.2 Encochados e Atarantados

    CAPITOLO 3

    LA FRANCHOTA DI CALDERÓN DE LA BARCA

    3.1 La Franchota come possibile archetipo di tarantata

    3.2 La tarantella come ballo di seduzione

    CAPITOLO 4

    PROBLEMI DEL SEICENTO MUSICALE

    4.1 Connotazioni sonore del repertorio tarantolesco

    4.2 Los atarantados e La Franchota in musica

    CAPITOLO 5

    UN RICHIAMO AL TARANTISMO NE LAS HILANDERAS DI VELÁZQUEZ

    CONCLUSIONI

    BIBLIOGRAFIA

    La letteratura come ricerca di conoscenza ha bisogno di estendere il terreno esistenziale all’antropologia, all’etnologia e alla mitologia. Non mi pare una forzatura connettere quanto documentato dal folklore con l’immaginario letterario; al contrario penso che la razionalità più profonda implicita in ogni operazione letteraria vada cercata nelle necessità antropologiche a cui essa corrisponde.

                                                                                                                    (I. Calvino, Lezioni Americane)

    CAPITOLO 1

    RADICI STORICHE E ANTROPOLOGICHE DI UN MOTIVO LETTERARIO

    img1.jpgimg2.jpg

    Particolari de La danza di una donna punta da una tarantola, disegno acquerellato di Willem Schellinks, 1664.

    Ai fini di una corretta comprensione del tarantismo, si avverte la necessità di reinserire tale fenomeno in un contesto più ampio di quello salentino, domicilio endemico della taranta, approdando sulle rotte del Mediterraneo. Ne La Terra del Rimorso Ernesto De Martino{1} giustifica la ricerca di parallelismi tra il fenomeno del tarantismo e le culture iniziatiche e orgiastiche greco-romane, così come rispetto ai culti di possessione afro-americani e al tarantismo sardo e iberico, suggerendo una comune patria culturale proto-mediterranea dell’intera famiglia. La sfida, tuttavia, non è stata raccolta. Clara Gallini{2}, studiosa di un tarantismo altro rispetto a quello apulo, ossia i rituali dell’argia sarda, evidenzia come l’apertura al Mediterraneo sia stata ostacolata dalla scarsità di documentazione, elemento questo che impedisce un confronto serio e un’analisi delle dinamiche e degli scambi culturali.

    All’interno di tale traiettoria d’indagine, trova spazio la convinzione della necessità di esplorare un territorio assai poco conosciuto, nel quale alcuni scrittori, nella Spagna del XVII secolo, rielaboravano il mito aracneico nella forma drammaturgica dell’entremés, oltrepassando la prospettiva medico-scientifica, che inizia a prevalere alla fine del Seicento, e alimentando in tal modo il dibattito sul fenomeno.

    Lungi dalla pretesa di riscrivere la complessa storia del tarantismo, è mia intenzione qui ridisegnare i contorni di questo fenomeno antropologico-etnologico attraverso l’esposizione dei suoi elementi chiave e dei principali filoni interpretativi, per poter poi volgere lo sguardo alla letteratura del Siglo de Oro, ricca di testimonianze, ancorché frammentarie, sul tema.

    È opportuno ricordare che, nel corso dei secoli XVI e XVII, la meloterapia viene spesso associata a sfere come quella della malinconia. In Spagna, così come in altri paesi europei, si scrisse molto presto in volgare a proposito della malinconia.{3} Già nel Cinquecento compaiono alcune interessanti menzioni al tarantismo nell’opera di vari autori spagnoli. Tra essi Pedro Mexía che nella Silva de varia lección, pubblicata nel 1542, promuove l’uso della terapia musicale per il morso della tarantola. Si tratta del primo accenno al fenomeno del tarantismo in terra di Spagna:

    Alexandre de Alexandro, de quien ya havemos hecho mención, en su libro de Los días geniales, y Petro Gilio, autor moderno, ambos afirman y escriven de un género de arañas que se creían en la Pulla, en el reyno de Nápoles, a quien los de la tierra llaman tarántula; el qual es tan ponçoñoso desque entra en el estío, [que] qualquiera que es picado della, si no es con gran presteza socorrido, pierde luego todos los sentidos y al fin muere; e, si algunos escapan, quedan tontos y mentecaptos y menguados en grande parte de todos los sentidos. A esta tan fuerte ponçoña y mal, la experiencia y diligencia halló un remedio, que es la música. Y cuéntanlo estos auctores como testigos de vista; y dizen que, luego como es mordido el hombre, hazen traer a la mayor presteza que pueden, al que assí está mordido, hombres que tañen vihuelas y flautas y otros instrumentos, haziendo sones diversos y cantando cantares. Oýda la música por el herido, comiença a baylar, haziendo diversas mundanças, como si toda su vida huviera usado aquel exercicio y en aquella música, que por propiedad de aquel gusano assí sana.{4}

    Alla compagine degli intellettuali del Rinascimento spagnolo appartengono anche Oliva Sabuco de Nantes, Andrés Laguna e Pedro Cerone. L’illustre Donna Oliva, nella Nueva filosofía de la naturaleza del hombre, menziona Alexandre de Alexandro e Petrogiglio, accostando ad essi la figura di Teostrato, come esempi di autori classici che parlarono di tarantismo, partendo da casi osservati nella regione pugliese:

    …que un género de arañas, que se nombran Tarántulas, que se crían en la Pulla, tienen tanta ponzoña, y veneno, que el hombre a quien pican luego pierde todos los sentidos, y muere, si no es socorrido presto con el remedio, que halló experiencia, que es la música, tañéndola suavemente, y luego el hombre que fue picado comienza a baylar con mucha furia, y fuerza, sin cansarse, hasta que aquella ponzoña se gasta, y passa su furia.{5}

    Ciò che Donna Oliva apporta è la sua dimostrazione del perché la musica era efficace. Non si parla ancora degli effetti magici della musica, che invece è intesa come forza capace di incitare al ballo, al movimento fisico, ossia a ciò che il corpo umano del tarantato richiedeva contro gli effetti paralizzanti del veleno.

    Andrés Laguna, medico di grande prestigio{6} che insegnò e praticò a Toledo, Alcalá de Henares, Salamanca, Bologna e Roma, offrendo i propri servigi a diversi papi, a Carlo V, a Filippo II e al duca di Lorena ad Anversa, nella sua traduzione dal greco al castigliano dell’opera De Materia Medica, redatta da Pedacio Dioscoride Anazarbeo, e più precisamente nel capitolo intitolato De la Araña, propone una descrizione sintomatologica degli effetti del morso della tarantola:

    porque unos cantan, otros ríen, otros lloran, otros saltan, otros duermen, otros tiemblan, otros sudan y finalmente otros hacen otras cosas extrañas. Pero a todos estos accidentes tan diferentes es un remedio común la música, la cual mientras dura, cada uno torna en sí mismo y parece no tener mal ninguno, y en cesando la voz, o los instrumentos, vuelve a su propia locura.{7}

    Scrive Pedro Cerone nel Melopeo (Napoli,1613), capitolo XXIII del secondo Libro, Exemplos verdaderos de las virtudes de la Música:

    Explicados los effectos fingidos de los inventivos Poetas, es bien que ahora vengamos à las historias y relaciones verdaderas [...] Sabemos que oyendia con la Musica se sana la mordedura de la tarantula. El modo se tiene, veanlo en el cap. 2. de la 3. par. de la Syl. de var.lic. de Pedro Messia [o Mesfia...] (a latere: Ped. Messia Sevillano).{8}

    Parimenti il famoso gesuita Juan Eusebio Nieremberg, la cui vita fu legata al Colegio Imperial di Madrid, nella Curiosa filosofía (1630) descrive le numerose malattie della mente che possono essere curate con la musica, fra cui anche il tarantismo. La sua teoria non è innovativa: si basa sull’influenza armonica dei pianeti sulle piante e sugli animali{9}.

    A sua volta il gesuita Atanasio Kircher{10} (1602-1680), i cui interessi spaziavano dalla filosofia alla teologia, alle scienze naturali, alla matematica, e ancora alle lingue come il greco, l’ebraico, il siriano, nel suo Magnes, sive de arte magnetica descrive il morso della tarantola e l’antidoto musicale. Kircher include osservazioni che gli erano state inviate dal sud d’Italia da Giovanni Paolo Nicolello e Giovan Battista Galliberto (rispettivamente rettori dei collegi dei gesuiti di Taranto e Lecce) e annota in dettaglio l’aspetto della tarantola (aranea Lycosa tarantola) e i sintomi del tarantismo, anche i più stravaganti: molti tarantolati, dopo aver ballato per un po’, rimangono sedotti dalle spade, mettono con forza le mani sulle ginocchia, tornano a emettere molti sospiri e lamenti per passioni o calamità per le quali il loro animo si stanca. Fa riferimento anche ai salti, alle grida, all’attrazione per il colore rosso, le foglie di vite, ecc{11}.

    Il primo contributo in cui appare la voce «tarantella» nella sua accezione iatromusicale, e  soprattutto ad aver riportato per esteso e nella dizione moderna e contemporanea la parola, nel caso «tarantela», è rappresentato da una sorta di dizionario antico di lingua spagnola, scritto in Spagna nel 1611 da Sebastián de Covarrubias.{12} Alle voci Tarántula e Atarantado, egli commenta – se pur approssimativamente – la terapia all’epoca praticata contro il morso della «tarantela», ovvero della piccola taranta: «[…] y cúrase al son de instrumentos, porque el paciente, moviéndose al compás del son, dissimula su mal»{13}.

    La tremenda epidemia di tarantismo negli anni Ottanta del XVIII secolo svegliò l’interesse di numerosi esponenti della medicina spagnola. Sembra che quel focolaio di tarantismo possa aver sorpreso i medici dell’epoca, che fino a quel momento conoscevano il problema soltanto a livello teorico. Nessun autore menziona studi che rivelino l’esistenza anteriore del tarantismo nella Penisola, e la letteratura medica spagnola del XVIII secolo (e posteriore) dedicata al tarantismo poggia soprattutto su testi che studiano il fenomeno in Puglia, e su altri studi stranieri che trattano il problema generale dei morsi di animali velenosi. Senza dubbio, gli autori che ebbero un ascendente maggiore sui trattatisti spagnoli della musicoterapia nel XVIII secolo furono: Atanasio Kircher, poc’anzi citato, ed Epifanio Ferdinando{14}, la cui opera più importante, Centum Historiae seu Observationes et Casus medici (Venezia, 1621), raccoglie casi clinici e osservazioni personali{15}. Ritenendo prevalentemente pugliese il fenomeno del tarantismo e della relativa tradizione musicale, Ferdinando ammette la possibilità che pure certi spagnoli, se morsi da una tarantola, possano ballare tarantelle al pari di certe donne zingare, oppure etiopi ed albanesi, purché morse in Puglia. Ma l’autore che esercitò la maggior influenza sui medici spagnoli del Settecento fu senza dubbio Giorgio Baglivi (1668-1707){16}, che dedicò al tarantismo il saggio De anatome morsu et effectibus tarantulae (1696), in cui descrive l’origine della malattia, il suo manifestarsi e il trattamento. Forse l’opera del medico dalmata fu all’origine dei trattati scritti sul tarantismo in Spagna nel XVIII secolo.

    L’illuminante produzione scientifica di Pilar León Sanz{17}, storica della medicina, che da molti anni sta indagando sulla musicoterapia in Spagna, propone svariati punti di riflessione, antologizzando il pensiero di molti studiosi del tarantismo. Il suo volume La tarantola spagnola è uno dei frutti più significativi emersi dallo stimolante laboratorio della Tela Infinita, l’ambizioso progetto della messa a punto di una specifica bibliografia critica sul tarantismo mediterraneo dal 1945 a oggi. Basti pensare che sino a oggi erano disponibili in traduzione italiana solo pochi testi spagnoli sul tarantismo: La danza de espadas y la tarantela, di Marius Schneider{18} del 1948, tradotto nel 1999 da Pierpaolo De Giorgi{19}, la settecentesca Observación de un picado por la tarántula di Don Pedro Francisco Doménech y Amaya{20}, apparsa presso Sellerio nel 1998, un breve passo ottocentesco (Observación y reflexiones sobre el tarantulismo){21} recentemente pubblicato da Brizio Montinaro{22}.

    Accenni alla pratica del tarantismo nel corso del XVIII secolo ricorrono anche negli scritti di Benito Jerónimo Feijoo{23}, Irañeta y Jauregui{24}, Bartolomé de Piñera y Siles{25} e don Pedro Doménech y Amaya, medico che apre uno spiraglio sull’immensa realtà del tarantismo nella Spagna del XVIII secolo. Ben più documentato risulta lo studio di Francisco Xavier Cid, il quale iniziò la sua attività medica verso il 1770. I suoi scritti riguardano due temi: lo studio del battito e la musicoterapia applicata al tarantismo.{26} Il libro Tarantismo observado en España (Madrid, 1787) occupa il primo posto fra le opere che nel XVIII secolo trattano del tarantismo e della musicoterapia in generale. È stato anche il più studiato nel corso del XIX e XX secolo. L’importanza del testo non è solo nell’estensione o nel suo carattere compilativo (raccoglie e commenta esaustivamente gli autori che in precedenza si erano occupati del tema: G. Baglivi, A. Kircher, J. Johnston, F. Epifanio, P. Mejía, A. Rodríguez, B. Feijoo, ecc.), bensì nella complessa e ampia esposizione delle teorie riguardanti l’influenza della musica sull’organismo. Cid raccoglie trentacinque storie di tarantati curati con la musica da medici, sacerdoti e persino da un chirurgo. Quasi tutti i casi si verificarono nella regione della Mancia, ad eccezione di uno riguardante l’Estremadura, due Toledo e quello del dottor Juan de Pereyra, registrato in un paese vicino a Siviglia.{27} Francisco Xavier Cid non fu spettatore diretto di nessun caso di tarantismo e ammette di aver conosciuto questo fenomeno attraverso la Gaceta de Madrid. Il libro sollevò una certa polemica, da cui l’autore dovette difendersi attraverso lettere pubblicate sul Correo de Madrid. Tuttavia, anche in questa testata, apparve una critica anonima – sebbene Cid sapeva chi fosse l’autore – dove si negava completamente la credibilità del suo libro.

    Dopo aver spiegato le ragioni per cui scrisse la propria opera, Cid passa alla trattazione del significato della parola Tarantismo. A suo dire due sono le accezioni del termine: la prima, quella di malattia, e l’altra, quella del ballo che produce la musica, quantunque in questa seconda accezione si usi molto meno. L’autore continua con la presentazione delle varietà di tarantismo a lui note, citando tra le altre il Ballo di San Vito e la Danza delle spade:

    Tomado el nombre Tarantela en su rigurosa significación es la sonata con que se despierta

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