Il Carnevale di Mario
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Anteprima del libro
Il Carnevale di Mario - Roberto Milan
FLORA
A Luca piaceva sentirsi dire d’essere un bel ragazzo e in questo era un po’ narciso, ma quando a dirglielo era Flora ne era felicissimo perché la stimava ed era l’amica del cuore. Aveva pochi anni più di lui, ma Luca era giovane e a vent’anni le mature che ci sanno fare e non si fanno tanto pregare, sono quello che ci vuole.
L’aveva conosciuta al ballo del Boffalorino: gli aveva rovesciato sui pantaloni mezzo bicchiere di Coca Cola e si era profusa in mille scuse aiutandolo anche ad asciugarsi i pantaloni fra le risate degli amici. Non osava sperare che aveva fatto apposta, ma avrebbe potuto stare un po’ più attenta. Per penitenza la obbligò a ballare tutta la sera con lui. Era simpatica, più vecchia di lui, forse vicino ai trenta, ma incantevole con quel suo piacevole sorriso da foca innamorata.
Un paio di volte si era fatto vedere con lei sul corso del paese. La gente, sempre pronta a ficcare il naso negli affari degli altri, commentava rincresciuta che un così bel ragazzo non avrebbe dovuto perder tempo con quella tizia un po’attempata, neanche tanto bella, forse anche un po’ troppo libera. Sua madre gli aveva già tirato un paio di volte la testa a pera per le chiacchiere che giravano su loro due. L’aveva rassicurata: non c’era nulla di preoccupante e non aveva certo intenzione di sposarla.
Flora aveva la macchina. Quando desideravano vedersi, si telefonavano e se n’andavano a ballare spassionatamente in qualche balera di Lugano o di Campione, lontano da quello schifo di pettegoli.
Gli piaceva perché non si dava importanza e il suo carattere era semplice e affabile. Vestita sportiva, gonne corte, scarpe basse, sembrava una bambina. Le piaceva ballare e si muoveva al ritmo della musica con agilità e morbidezza facendo ondeggiare i neri capelli.
- Perché vieni a ballare con me? – le chiese una volta mentre erano a una festa al mercato coperto di Mendrisio.
- Mi piace stare con te.
- Che cosa ci trovi?
- Balli bene e parli poco.
Faceva un gran caldo quella sera e se ne andarono prima di mezzanotte. Flora doveva alzarsi presto l’indomani mattina per andare a sistemare certi affari di famiglia. Che cosa facesse nella vita non lo sapeva, non le aveva mai chiesto nulla: poteva essere impiegata in qualche ditta come fanno quasi tutte da queste parti se non fanno qualcos’altro. E non sapeva nemmeno con chi vivesse o se era sola. A Luca non glie ne importava un bel niente: andava a ballare con lei e basta. Gli piaceva così, stare con lei qualche ora quando capitava, senza impegni e legami di sorta.
Dopo qualche tempo, le telefonò per invitarla a una gran festa d’Agosto organizzata da una società calcistica a Castello. L’estate era ancora calda, afosa e senza pioggia. Dopo cena era bello girovagare in cerca di un po’ di fresco.
- Passo a prenderti stasera alle nove al solito posto – gli rispose.
Era sempre contenta e disponibile quando le proponeva d’andare a ballare e Luca pensava che non aver mai combinato niente con lei. Non aveva desideri morbosi e questo gli piaceva, per quel suo essere socia e basta. Naturalmente si erano baciati qualche volta e avevano anche pomiciato, ma senza importanza: era troppo bello così, schietti e sinceri.
Quando giunse, lei stava già aspettando nella sua auto. Montò in macchina e via, salendo i tornanti che portavano a Morbio, proseguendo poi verso il ponte dei suicidi sulla strada stretta, ma quasi pianeggiante fino a Castello. Non si erano scambiati nemmeno una parola, lei intenta a guidare e lui guardando la strada pensieroso.
Sotto i platani tirava un po’ d’aria che scendeva dal Generoso e c’era già parecchia gente. Si accomodarono e ordinarono due birre.
- Sono un po’ giù di corda questa sera – gli disse Flora con i baffi bianchi della schiuma sotto il naso.
- Ti passerà ballando.
- Spero.
I quattro dell’orchestra suonavano con impegno per creare un po’ d’ambiente ma sulla pista danzavano poche coppie: troppo caldo, si sudava a star fermi.
Flora indossava un semplice vestito blu con fiori gialli, un paio di orecchini di corallo rosso.
- Ti sei tagliata i capelli? – le chiese.
- Mi davano fastidio con questo caldo. Non sto bene?
- Sei bella! Balliamo.
Fra così tanta gente non conoscevano nessuno a parte quel bellimbusto di
Mario che incontravano a quasi tutte le feste.
Il cielo era buio e fra le foglie si vedevano le stelle.
Danzarono un ballo dopo l’altro senza mai fermarsi dando anche spettacolo con i loro volteggi.
- Come ti senti ora? – le chiese Luca.
- Meglio, non devo pensarci.
Che cosa aveva in testa Flora non osava chiederglielo. Non sembrava certo un pensiero felice.
La pista ormai era diventata un pigiapigia di gente venuta d’ogni dove. Le lampadine colorate, i palloncini cinesi illuminati e altre cianfrusaglie decorative appese fra gli alberi e sui fili volanti davano all’ambiente una strana aria di solaio ripulito.
- Andiamo a bere qualcosa – chiese Flora dopo un ballo indiavolato.
Intorno al bar c’era un gran via vai. Si dissetarono con la gassosa e fumarono un paio di sigarette. I tavoli erano tutti occupati e molti stavano in piedi. Alcune facce erano da mal di pancia ma le poche ragazze carine si davano da fare per essere notate.
Ora la brezza era deliziosa, si stava un gran bene sotto i platani.
- Balliamo ancora? – chiese Luca.
- Un paio di giri.
Gli orchestrali si erano calmati. Il fisarmonicista s’impegnava con i suoi romantici assoli.
Flora guardava il cielo distratta. Sembrava annoiata.
- Stai contando le stelle?
- Non riesco, non si vedono tutte.
La pista era gremita, impossibile ballare.
- Ce ne andiamo? - propose Flora.
- Andiamo – rispose Luca pensando che l’indomani doveva alzarsi presto.
Scendendo, i fari dell’auto mandavano fasci di luce fino dentro il bosco. Videro una lepre fuggire.
Flora fermò l’auto in un posteggio.
- Devo dirti una cosa.
- Dimmela.
- Forse non ci vedremo più.
- Perché? – chiese sorpreso.
- Perché parto e vado a sposarmi.
- Ti sposi? – le chiese sbalordito.
- Sabato prossimo. Vado a Napoli ad abitare.
- Così lontano?
- E sì.
- Mi dispiace, ma sono anche contento per te – le disse mentendo.
- Siamo stati bene insieme, ci siamo divertiti.
- Certo, come due soci della birra.
Com’era bastarda Flora non lo era nessuno. Aveva tenuto tutto per sé fino all’ultimo momento.
Ripartì e rimasero in silenzio fino in piazza.
- Allora tanti auguri! – le disse sconcertato scendendo veloce dall’auto.