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L’amore perfetto
L’amore perfetto
L’amore perfetto
E-book149 pagine2 ore

L’amore perfetto

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Info su questo ebook

Un’autobiografia, un racconto intimo e a cuore aperto che vede Francesca protagonista. Francesca bambina, fragile come il burro, come le amava ripetere spesso la nonna, vive la separazione dei genitori, la nonna diventa la sua vera mamma, la zia la sua seconda forza. Poi perde entrambe e Francesca deve andare a vivere prima con il padre poi con la madre. S’innamora di Gabriele e dopo tanti sacrifici corona il sogno di diventare medico.  “Lei, così fatta di burro, così tutta cuore, giurò con gli occhi lucidi per sé e per chi in lei aveva creduto, giurò con al polso il bracciale d’oro bianco della nonna e sulle labbra il rossetto scarlatto della zia, giurò per lei che avrebbe voluto tanto fare il medico; quel giorno le sentì vicine entrambe, ognuna di loro avrebbe voluto studiare, quel traguardo era anche per loro.
Io lo giuro.” L’impossibilità di diventare madre, però, la getterà in un nuovo e grande dolore.  E poi dovrà affrontare la malattia della madre e di Gabriele insieme e sarà proprio qui che Francesca capirà cosa significa vivere. Francesca, così fragile e insicura eppure così forte da affrontare e sostenere un rapporto tortuoso e conflittuale con la madre, dovrà fare i conti con le sue paure e fragilità per arrivare, poi, a scoprire che l’amore sistema ogni cosa.  “Aveva lottato contro la sensibilità di quella figlia cuore di pasta frolla per tentare di proteggerla, la voleva indurire, si erano massacrate, avevano finto di ignorarsi ma si erano sempre cercate e trovate. Lei aveva dovuto camminare tra le sue paure per arrivare a capire che l’amore non va cercato, lui conosce la strada. Si nasconde, cammina piano, alle volte si affretta, poi torna indietro, spesso si confonde con le nostre chiacchiere ma poi arriva alla sua meta. L’amore perfetto che sceglie i nostri difetti e li rende perfetti, l’amore che è accoglienza, attesa, fiducia.” Con un finale di struggente tenerezza, amore filiale e sentimenti puri, l’autrice ci dona un messaggio prezioso: l’amore non va cercato, lui conosce la strada.

Susanna Silvestri nasce a Milano il 23/02/1971 e lì trascorre l’infanzia e l’adolescenza. All’inizio del terzo anno di liceo si trasferisce a Varese, dove, dopo aver conseguito la maturità classica, si laurea in Medicina e Chirurgia all’Università dell’Insubria.  A circa 30 anni si stabilisce in provincia di Siena dove risiede tuttora e dove lavora come medico dell’emergenza. 
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2023
ISBN9788830690912
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    L’amore perfetto - Susanna Silvestri

    silvestriLQ.jpg

    Susanna Silvestri

    L’amore perfetto

    © 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-8527-7

    I edizione ottobre 2023

    Finito di stampare nel mese di ottobre 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    L’amore perfetto

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Francesca era seduta davanti allo specchio del salone del piccolo negozio di parrucchiera che si trovava nel cortile davanti casa della nonna, i capelli cominciavano a ricrescere dopo il mortificante taglio imposto dai pidocchi e lo facevano in modo ribelle. Torneranno più belli di prima era l’inutile consolazione che le fornivano tutti ma lei non ci credeva, odiava le persone che cercavano di consolarla; li trovava scuri, banali e ispidi come, ora, i suoi capelli.

    Voleva tornare a casa, lì si sentiva al sicuro, la nonna aveva preparato una torta di mele e Francesca avrebbe potuto fare merenda insieme alla sua amica. Carlotta, così si chiamava, abitava con la sua famiglia nell’appartamento sopra a quello dove lei viveva con la nonna e la zia; mentre la zia e la nonna di Carlotta abitavano sullo stesso pianerottolo della nonna. La zia di Carlotta faceva la sarta e le due amiche amavano passare i pomeriggi d’inverno in mezzo a quel mare di stoffe colorate, lustrini e paillettes, ammaliate da quella atmosfera dove le chiacchiere tra donne si mescolavano al profumo del thè e della cioccolata calda.

    D’estate invece c’era il cortile, un piccolo fazzoletto verde circondato da una moltitudine di palazzoni grigi. Lì si correva, si parlava di tutto, si rideva, si piangeva, si giocava molto prima che la vita la si cominciasse a vedere da dietro allo schermo di un cellulare.

    Francesca e Carlotta non andavano a scuola insieme cioè non frequentavano la stessa scuola nonostante avessero la stessa età perché Francesca abitava ancora con i suoi genitori quando l’avevano iscritta a scuola e, dopo la separazione, avevano preferito mantenerla nella scuola dove era già inserita e non allontanarla dai compagni invece che spostarla nella scuola bacino di utenza della casa della nonna, tra l’altro poi la distanza tra la scuola frequentata da Francesca e quella della zona dalla casa della nonna sarebbe stata pressoché uguale.

    A Francesca quell’anno la scuola non piaceva, la sua maestra era rimasta incinta e a causa di un’epidemia di rosolia era stata costretta a rimanere a casa. Al suo posto era venuta una supplente che in realtà era molto gentile ma non era la sua maestra, Francesca era arrabbiata con lei. L’anno prima quando aveva iniziato a leggere aveva incontrato grandi difficoltà e la sua maestra l’aveva aiutata sostenendola, Francesca si era molto affezionata e aveva vissuto quell’assenza come un vero tradimento. Si era chiusa in se stessa ancora di più e trovava una via di fuga solo con la sua amica Carlotta e con la nonna.

    Rientrata in casa dalla parrucchiera, Francesca fu investita dal profumo della torta che la nonna aveva sfornato e subito andò in cucina dove la nonna stava riordinando.

    Ciao ninin ma come sei bella, come te li ha fatti bene i capelli la Gianna, vedrai come sarà contenta la mamma. Eh sì… la mamma doveva venire l’indomani con l’altra nonna da Varese, dovevamo uscire per comprare il regalo di Natale. Francesca non era entusiasta, era freddo e lei non aveva voglia di misurare le scarpe che le avrebbero regalato, poi non era a suo agio, alla nonna non piaceva il suo scamiciato preferito, a lei in realtà non piaceva niente di Francesca…

    Dai su mangia una fetta di torta, domani dovrai essere gentile e ascoltare la mamma diceva la nonna, lei ha gusto, non come me, sai la mamma è sempre stata molto bella e capace di fare tutto, lei ha gli occhi belli come i tuoi, non come quelli della nonna che sono gialli come quelli di Ofelia.

    Sentendosi chiamare la piccola Ofelia aprì un occhio e tirò su la testa acciambellata sulla sedia vicino al calorifero, era una dei tanti randagi portati a casa nel tempo dalla zia Emanuela, la sorella più giovane del papà che viveva anche lei lì con Francesca e la nonna.

    Ehi di casa chi mi aiuta a portare su la spesa, nip me la dai una mano? Eccola qui la zia, come ogni sabato era andata a fare la spesa e tornava con la macchina piena di pacchi e pacchetti. Era stanca ma come sempre sorridente, in realtà era giovanissima ma Francesca la vedeva comunque grande, lei aveva 7 anni e la zia 24, un viso bellissimo, occhioni neri e quando sorrideva mostrava 32 perle bianche e identiche. Spesso, consapevole della bellissima bocca che aveva, indossava un rossetto scarlatto che Francesca guardava ammagliata… certo lei con tutti i denti storti mai avrebbe potuto…

    Eccomi zia Mela.

    Quanto adorava quel momento, per lei aprire quei sacchetti e sistemare la spesa era sempre stata una festa, quei pacchi colorati, l’abbondanza ancora oggi la riportano a quel periodo, alla nonna con la crocchia e il grembiule, alla zia bellissima e sorridente, a quella vita semplice ma piena d’amore, a quelle donne che con le mani le davano l’affetto del quale si nutriva voracemente, le mani di quelle donne che impastavano, che frullavano, che cuocevano e la sfamavano con cibo e amore. La nonna anche solo nel nutrirla la sapeva coprire d’amore.

    Pensare però che la nonna fosse solo questo sarebbe riduttivo, era senza ombra di dubbio una delle donne più intelligenti e illuminate che avrebbe mai conosciuto. Non aveva un carattere facile, alle volte era dolcissima, altre invece diventava rigida, difendeva le sue idee con un fervore che rasentava l’irruenza, era molto moderna, forse, ma Francesca lo pensò tanti anni dopo, era nata troppo presto, era troppo avanti per poter essere felice allora. Amava leggere e scrivere, il suo amore spasmodico per la lettura sarebbe stato parte della eredità che avrebbe lasciato alla nipote. Aveva una sensibilità eccessiva che mascherava dietro a una finta durezza ma quegli occhi che così spesso diventavano lucidi di lacrime, la tradivano. Francesca era la luce dei suoi occhi, la guardava e diceva sempre: Come faccio a far di te una donna? Come faccio a indurirti, sei fatta di panna e di burro. Quando le disse che i suoi si separavano, lo fece guardandola negli occhi. Francesca viveva lì con lei già da tempo, ma da lì in poi non sarebbe più tornata a casa, in realtà la casa non ci sarebbe più stata. Come forse quasi tutti i bambini la domanda fu: Ma non mi vogliono più bene? No ninin, no, te ne vogliono così tanto da voler essere felici per te, sei ciò che di più prezioso hanno e per te vogliono essere il massimo che possono essere. La nonna sarà sempre qui con te e quando sarai triste faremo come quando hai l’asma, ti appoggerai al pancione della nonna e respireremo insieme. E quante volte l’aveva fatto, si svegliava nel cuore della notte, con quella sensazione di non riuscire a respirare, l’aria riusciva a entrare ma non riusciva a buttarla fuori, il cuore accelerava, la nonna le dava lo spruzzino e poi la faceva appoggiare a sé fino a quando, a crisi finita, lei si addormentava sfinita. La nonna le diceva: Appoggiati ninin, prendi anche la mia aria e respira con me, io sono qui con te.

    Sai nonna, io vorrei solo diventare piccola piccola e sparire, vorrei morire. Non credo che Francesca potesse dire cosa che le avrebbe fatto più male, diventò pallida e non disse nulla. Quella frase alla nonna fece paura, una bambina così piccola non era giusto provasse una solitudine e una malinconia così grandi, mai ,ma soprattutto a quell’età, nessuno si sarebbe dovuto sentire un peso. La nonna provava una rabbia che la divorava per questo ma Francesca allora non capì, lo fece molto tempo e molta vita dopo.

    L’indomani mattina la mamma arrivò insieme alla nonna, vennero con il treno da Varese. Francesca, testarda, aveva messo lo scamiciato, lei lo trovava bello e lei alla mamma voleva tanto piacere ma a modo suo, non le piacevano le camicette e le gonne a pieghe che piacevano alla mamma, voleva piacerle con i suoi gusti. Era testarda.

    Appena la vide scendere dal treno le si illuminò il viso; come era bella la sua mamma, bionda, avvolta in un cappotto color cammello e con gli stivali con il tacco alto, il trucco impeccabile, i gioielli che brillavano a ogni movimento. Le si avvicinò e sentì il suo profumo fruttato, la mamma le sorrise e lei fece altrettanto. Andarono a casa giusto il tempo di prendere il caffè e poi con un taxi si recarono in centro.

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