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Le Cronache di Ferro
Le Cronache di Ferro
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E-book88 pagine1 ora

Le Cronache di Ferro

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Info su questo ebook

Come sarà il mondo del futuro? Tecnologia iper avanzata, conflitti mondiali risolti, felicità e vita semplificata da scoperte e progresso scientifico? Scordatevelo, e preparatevi a entrare nel mondo descritto dal diario dell'ingegner Alan Felix Rezzonico, fatto di vapore, radiazioni e ingranaggi.

LinguaItaliano
Data di uscita21 set 2013
ISBN9781301633111
Le Cronache di Ferro
Autore

Eleonora Vaiana

Due ragazzi, tanta fantasia, poca voglia di restare imbrigliati in un mondo conosciuto, trito e ritrito, troppo uguale a sé da sempre, ma terribilmente differente da come sarebbe potuto (e dovuto) essere.Sono Frater Orion e Steva La Cinghiala, musicisti innamorati reciprocamente l'uno dell'altra, l'uno della mente brillante dell'altra, l'uno della genialità dell'altra, in un travaglio di coinvolgente delirio in note, parole e prodotti artistici, quali sculture e dipinti.

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    Anteprima del libro

    Le Cronache di Ferro - Eleonora Vaiana

    Introduzione

    Il mio nome è Allan Felix Rezzonico, e dopo un lustro di ripensamenti sono infine giunto alla conclusione che sarebbe stato giusto e necessario che io mi prodigassi nel metter su carta le mie memorie e conoscenze, affinché queste non fossero perdute nell’oblio e perché fossero utili insegnamenti per i posteri, sempre se ve ne saranno.

    È strano quanto la mia storia possa aver avuto principio sessant’anni prima della mia nascita, nei primi decenni del ventesimo secolo, quando la fine del mondo, senza invito, si presentò alle porte di questo pianeta. Era un freddo settembre quando l’attività elettromagnetica del nostro astro aumentò improvvisamente, e un’enorme onda d’urto elettromagnetica a bassa frequenza, si abbatté sul nostro pianeta. Questo fu il primo grande effetto dell’aumento dell’attività solare e anche il più devastante a breve termine.

    In quell’epoca era in gran voga l’energia nucleare, tanto temuta per la sua pericolosità, ma talmente conveniente da rendere impensabile l’idea di non utilizzarla.

    Quando il grande impatto avvenne, in un battibaleno si spensero per sempre e all’istante tutti i computer del mondo; l’onda si rivelò talmente pregna di distruzione, che nessuna protezione di cemento armato e nessun’altra sofisticheria costruita al fine di proteggere questi preziosi circuiti, fu in grado di annichilirla, né smorzarla: tutte le memorie elettroniche andarono così distrutte, perdute per sempre.

    Ma questa fu una mera sciocchezza rispetto al vero grande disastro: all’avvicinarsi dell’onda la rete di satelliti predisposta ad allarmare l’intera umanità, affinché iniziasse lo shut-down forzato di tutti i sistemi, non operò, e il perché di ciò è celato tutt’ora nell’ombra.

    Chi può sapere se i capi del mondo sottovalutarono il problema; chi può sapere se non si adoperarono nei tempi dovuti; chi può sapere se decisero di non dar adito ai valori sicuramente fuori dalla norma che lessero; o forse, addirittura, i satelliti furono zittiti dall’onda, e così arrestati dall’annunziare il pericolo incombente.

    Ma queste, sono solo ipotesi e tali resteranno: indiscutibile però, è che l’impatto trascinò dietro a sé una scia di conseguenze devastanti, tra le quali l’aver impedito l’abbassamento delle barre di controllo nei reattori nucleari e il mancato raffreddamento di questi per mezzo di pompe d’acqua.

    Nell’improvvisa tenebra generata dal grande urto, che spense qualsivoglia lume, la fredda oscurità fu rischiarita dal caldo bagliore di tutti i reattori del creato, che contemporaneamente, come quasi a dirigerli fosse un vero e proprio direttore d’orchestra, fusero i loro noccioli all’unisono.

    Sotto quel cielo coperto dal nugolo radioattivo, il panico fu improvviso, duraturo e devastante. Il mondo intero conosceva la sua fine: nessuno con precisione può raccontare quel che avvenne in seguito, perché il caos non può essere controllabile in alcun modo, ma tutto, o meglio quasi tutto, fu distrutto in quei mesi di oscurità, in poco tempo solamente un quinto della popolazione rimase in vita. Posso solo dire che per mia grande fortuna, pur essendo un vecchio stanco, non vissi nei primi anni dopo il gran disastro.

    I miei nonni paterni erano italiani e riuscirono a sopravvivere in quella terra colpita solo indirettamente dalle radiazioni; ma i miei nonni materni, di origine francese, non si sono mai espressi circa le condizioni che gli hanno permesso di sopravvivere in quei primi terribili anni, e sicuramente il loro silenzio aveva le sue motivazioni.

    Come per ogni avvenimento naturale, dalla devastazione iniziò la ricostruzione. Tuttavia l’attività del sole, dopo il grande impatto, continuò a rimanere elevatissima rispetto al passato, e nessuna trasmissione elettromagnetica fu più resa possibile: niente dell’antica tecnologia digitale, che oggi definiremmo obsoleta, fu impiegabile, nessuna di quelle che conoscevamo come le antiche reti elettriche, fu più adoperabile a causa delle frequenti tempeste magnetiche. Niente radio, niente telefono, niente televisioni. 
Niente.

    Ma un giorno, dalle rovine, venne a galla una ricerca terminata e fortunatamente stampata, poco prima della grande catastrofe. Un documento rivoluzionario che ancora oggi condiziona le nostre vite; un gruppo di scienziati, infatti, scoprì un particolare cristallo di bario ed alluminio, facile da sintetizzare, con semplici processi chimici.

    La straordinarietà e la nota rivoluzionaria dell’invenzione, consiste nel fatto che, inserendo in questo cristallo un qualsiasi oggetto con della radioattività residua e portando il tutto ad una sufficiente pressione ed in presenza di acqua, i raggi gamma emanati vengono catturati dal cristallo, che li trasforma (attraverso il processo quantistico simile a quello dell’inversione di popolazione) in raggi infrarossi in grado di surriscaldare l’acqua e generare vapore sfruttabile in qualsiasi 
sistema motrice.

    Il cristallo inoltre ha una duplice funzione: i raggi non catturati vengono riflessi in maniera risonante all’interno dello stesso, 
diminuendo così il tempo di decadimento del materiale radioattivo.In questo modo l’energia estratta dal materiale è maggiore ed allo stesso tempo le scorie radiattive perdono la loro nocività in tempi minori rispetto alle migliaia di anni che solitamente occorrono; fatto sta che cessando di essere radioattivo in brevi termini, il materiale utilizzato da questa tecnologia deve essere continuamente sostituito. La tecnologia in questione ha portato ad un brevetto conosciuto come Steam Decay Deviece, SDD Machine la sua abbreviazione, o più semplicemente Steam Machine ed è questa la tecnologia che permette alla nostra società di sopravvivere, in un mondo pieno di scorie radioattive, arido e bollente.

    Ho lavorato per anni come ingegnere imperiale addetto a queste macchine, ed è per questo che le conosco così bene. Ne ho costruite di tutte le dimensioni, da grandi impianti per le industrie, a Steam Machine portatili, leggere e comode da portare a spalla.

    Mi ricordo in particolare di un paio di queste macchine portatili, che ho costruito e troppo spesso riparato dai fori delle pallottole. Queste appartenevano a due cacciatori di scorie, il peggiore fra tutti i mestieri della mia epoca

    Cacciatori di Scorie

    Credo si chiamassero Janet e Kurt, ma tutti li chiamavano La Rossa e Big K. 
Frequentavano spesso la mia bottega, pagavano subito, pagavano bene, e fin troppo spesso ho riparato le loro attrezzature da sprangate, danni da surriscaldamento e soprattutto fori di pallottole.

    Non hanno mai parlato molto di come ogni volta riuscissero a ridurre così i loro strumenti di lavoro, ma dopotutto era scontato: loro erano cacciatori di scorie, il lavoro più rischioso della mia epoca, ma allo stesso tempo uno dei più remunerati, soprattutto per

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