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Nero profondo
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E-book115 pagine1 ora

Nero profondo

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Info su questo ebook

Se vi piacciono le storie a lieto fine, se credete nei sentimenti nobili, se pensate che il bene abbia sempre la meglio sul male o se, semplicemente, cercate una lettura piacevole e rilassante… Non leggete questo libro!

Raccolta di racconti dell’orrore corredata da varie illustrazioni.

Ritanne du Lac è lo pseudonimo di un’anziana scrittrice parigina, di nobile discendenza, ridottasi in miseria a causa delle dissolutezze giovanili. Infatti, dopo aver dilapidato il patrimonio di famiglia, dovette svendere fino all’ultimo dei suoi gioielli allo scopo di tacitare i creditori. Costretta a guadagnarsi da vivere con i mestieri più disparati, grazie all’intercessione di un alto prelato, suo ex amante, venne assunta come guardiana del cimitero di Père-Lachaise, il più prestigioso di Parigi, ultima dimora di personaggi illustri. In quel luogo di pace, fra le tombe silenziose e spettrali, Ritanne cominciò a coltivare la sua grande passione: scrivere racconti, ispirandosi agli epitaffi funebri e alle storie di vite scellerate che le anime perdute dei defunti le confidavano...
Trasferitasi in paesetto della Toscana, situato in riva a un lago, comprò un casolare diroccato, all’ombra di una torre antica, dove ancora oggi vive ritirata con i suoi adorati gatti. È raro vederla aggirarsi in paese, in riva al lago e nei paraggi della torre, se non di notte: solo con il favore dell’oscurità Ritanne esce di casa, avvolta in tetre gramaglie e accompagnata da qualcuno dei suoi amici felini...
LinguaItaliano
Data di uscita26 set 2013
ISBN9781301727223
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    Anteprima del libro

    Nero profondo - Ritanne Du Lac

    Lac

    Tre personaggi contro l’autore

    La verità certamente non

    fu mai ladra: la frode

    a noi venne sempre

    dal troppo immaginare.

    Luigi Pirandello

    «Venti cartelle per la fine della settimana, d’accordo, Manuel? L’editore non è disposto ad aspettare oltre: ti abbiamo dato carta bianca e non sappiamo ancora nulla del nuovo romanzo. Sono mesi che non scrivi una riga: lo sai cosa rischi, vero?»

    Manuel lo sa benissimo: risoluzione del contratto con la casa editrice e penale piuttosto salata. Stringe nervosamente le dita intorno al cellulare.

    «Sì, sì, ho capito, Sarah…»

    «Cristo, Manuel,» incalza la donna, «stiamo perdendo del tempo prezioso! Dobbiamo battere il ferro adesso, prima che si spenga l’eco del successo della tua opera prima; fra pochi mesi nessuno si ricorderà di un giovane autore esordiente che ha scritto un romanzetto appena passabile, sfruttando il filone hard che va per la maggiore in questo momento.»

    «Ah, grazie tante, Sarah!»

    «Adesso non fare l’offeso: non sei la rivelazione letteraria del secolo! Sei uno dei tanti, con uno stile discreto, te lo concedo, e con una spiccata propensione a tessere trame morbose che intrigano soprattutto il pubblico femminile. Abbiamo puntato su di te perché, a differenza di altri, almeno scrivi in maniera decente, ma nemmeno noi ci aspettavamo un simile consenso di pubblico e un tale numero di copie vendute.»

    «Per questo mi avete messo sotto contratto: vi ho fatto guadagnare un bel po’ di soldi!»

    «Certo,» lo interrompe Sarah stizzita, «ma ne hai guadagnati parecchi anche tu! Senza contare l’anticipo per il secondo libro, che dovrebbe già essere in stampa. Insomma,» il tono della donna s’è addolcito, «ora mettiti tranquillo e cerca di buttar giù qualcosa. So quanto sia difficile, dopo un romanzo di successo, scriverne subito un altro dello stesso livello. Adesso ti senti svuotato: ti sembra di aver dato tutto, di non avere più nulla da dire. È normale, succede a molti, ma ti assicuro, e ho una discreta esperienza, che non hai perso l’ispirazione: si tratta solo di ansia da prestazione artistica

    «Credevo fossi la mia editor, Sarah, non la mia psicoterapeuta…» ironizza Manuel.

    «Lo sono, stupido! Ma mi considero anche tua amica, e se a volte sono un po’ rude è per spronarti e consigliarti al meglio. Sono stata io a prima a credere in te, non deludermi.»

    «Non ti deluderò, tranquilla: ho una buona storia; concedimi ancora qualche giorno, vedrai che non te ne pentirai…» farfuglia lui, cercando di dare alla voce un tono convincente.

    «E va bene, Manuel,» sospira la donna, «voglio fidarmi, ma non più di una settimana, intesi? Il primo capitolo e uno schema della trama: voglio il file nel mio pc al più tardi martedì prossimo.»

    Manuel saluta e riattacca. Ha la fronte imperlata di sudore: non ne può più delle pressioni quotidiane a cui è sottoposto, e delle continue strigliate della sua editor. Cazzo! Venti cartelle in pochi giorni! Ha mentito spudoratamente nell’affermare di avere una storia. Non ha nessuna storia, nemmeno mezza idea, niente di niente. Su una cosa Sarah ha visto giusto: gli sembra davvero di non avere più nulla da scrivere, si sente svuotato, spremuto come un limone, esaurito come una batteria scarica.

    Fissa lo schermo del computer, aperto sul programma di scrittura: la pagina, desolatamente bianca, fa aumentare la sua inquietudine. Prova a digitare qualche carattere così, a caso, solo per non vedere più quel vuoto lattiginoso che rispecchia il deserto piatto della sua mente. I segni neri, buttati là senza nessun legame strutturale, cominciano a muoversi e a rincorrersi sul monitor, come tante formiche impazzite. Manuel sgrana gli occhi, allibito, e quelle cose continuano a dimenarsi, spiccando nitide sullo schermo retroilluminato; sembra che mutino… sì, stanno crescendo! Adesso assomigliano a grossi scarafaggi neri, con tanto di zampette e antenne tremolanti; stanno per tracimare dal rettangolo del foglio elettronico. Allunga la mano di scatto e abbassa il display del notebook, fino a richiuderlo sulla tastiera. Il cuore gli batte forte e sente pulsare le tempie; trattenendo il respiro, solleva di nuovo il coperchio. Gli insetti sono tornati ad essere dei normali caratteri neri digitati a casaccio, immobili e innocui: li cancella e chiude il programma.

    Rimane per qualche istante a fissare le icone del desktop, temendo di vederle animarsi, ma non succede nulla. Emette un respiro di sollievo; è davvero stanco: il cervello gli ha fatto un brutto scherzo, ma niente di preoccupante. Farà una doccia, poi una bella dormita, e domattina si sveglierà rilassato e pieno d’idee. Spegne il computer e si alza dalla sedia.

    Mentre percorre i pochi metri che separano la camera-studio dal bagno, rimugina sui personaggi del romanzo che domani, ne è sicuro, comincerà finalmente a scrivere. Dovranno essere ancora più viziosi e perversi di quelli del primo libro. Se provasse con un sequel? Scarta subito l’ipotesi: non è possibile, a meno che non faccia resuscitare la protagonista, eliminata nel penultimo capitolo, massacrata a colpi di forbici dalla furia vendicatrice della rivale.

    Alcune macchie sulle piastrelle in cotto attirano la sua attenzione: sono scure, rotondeggianti, fatte di un liquido denso… sembra sangue. Si china a detergerne una con le dita; strofina fra loro i polpastrelli, li annusa: la consistenza vischiosa, l’odore ferrigno… sì, è proprio sangue! Solleva lo sguardo da terra e la vede, esattamente come l’ha descritta nella scena del libro. È di spalle e si sta guardando allo specchio; si gira lentamente verso di lui, lo fissa con sguardo carico di riprovazione.

    «Guarda come mi hai ridotto…» mormora con voce spezzata dalla sofferenza.

    È completamente nuda, con il trucco disfatto nel bel volto rigato di lacrime, gli occhi spalancati dal terrore, il corpo sfigurato da orrende ferite che sanguinano copiose, profanando il candore della pelle perfetta, come assurdi fiori vermigli. Nella carne martoriata spiccano nettamente gli squarci profondi sul seno, sul ventre, sulle cosce e il fendente mortale alla gola, che ha reciso la giugulare. Gli occhi allucinati fiammeggiano di gelida rabbia.

    «Mi sono fidata di te, sono venuta a offrirti la mia storia e tu mi hai oltraggiata. Mi hai descritta come se fossi la peggiore delle sgualdrine, obbligata a compiere azioni riprovevoli e alla fine mi hai fatto crepare, affogata nel mio sangue. Non era questo l’epilogo che volevo. Io ero soltanto una donna innamorata. Mi hai tradita, maledetto bastardo!»

    Muove un passo verso di lui, minacciosa.

    Manuel non riesce a respirare per lo shock. La fissa per qualche istante, con gli occhi sbarrati, poi la stanza comincia a girare e la mente si smarrisce; crolla sul pavimento, svenuto.

    Le lame di luce che filtrano dalle fessure della persiana lo costringono a serrare le palpebre; le socchiude di nuovo, cerca di adattare la vista al chiarore del giorno. Che ci fa, sdraiato sul pavimento del bagno? Che ore saranno? Si sforza di riordinare le idee. Il ricordo di quanto è successo la sera precedente gli sferza la mente come una frustata; scatta in piedi, si guarda intorno circospetto, ispeziona le stanze del piccolo appartamento, controlla minuziosamente le mattonelle. Niente sangue… lei non c’è. Che idiota! Certo che non c’è, come potrebbe? Lei è soltanto nelle pagine del libro, e per giunta è morta, svanita per sempre con la parola fine. Dev’essere stato vittima di un malore che l’ha fatto scivolare a terra, per poi passare dallo stato d’incoscienza al sonno. Ha avuto un incubo spaventoso, tanto vivido nei particolari da sembrare reale, ma pur sempre e solo un semplice incubo. Si sente a pezzi, ha dolori dappertutto e un mal di testa feroce. Al diavolo! Non è in grado di mettersi a scrivere… una doccia calda, poi fuori, a respirare l’aria fresca del mattino e

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