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Valerio Altomonte, Consulente spirituale
Valerio Altomonte, Consulente spirituale
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E-book255 pagine3 ore

Valerio Altomonte, Consulente spirituale

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Info su questo ebook

Valerio Altomonte riesce a vedere i fantasmi: ci parla, li comprende e loro lo cercano, chiedono il suo aiuto, lo rendono partecipe delle proprie sofferenze, spettatore delle loro vendette.
Sfruttando il suo dono (maledizione?), Valerio si è scelto un lavoro particolare: per gli spiriti è l’unico consulente che li può aiutare a risolvere i loro problemi; per i vivi è l’unico professionista che può districare le loro complicate situazioni ectoplasmatiche.
L’insanabile conflitto tra un uomo e una donna che perdura anche dopo la morte; la triste storia di un editor; il fato di uno scrittore a corto di idee; il dramma esistenziale di un’infermiera frustrata; la persecuzione di uno spettro che naviga sul web; un mistero che proviene dal passato; la nascita di un terribile serial killer; la terribile maledizione di una moglie abbandonata; i deleteri effetti di una strana dieta e i misteriosi poteri di un antico talismano. Valerio non fa distinzioni tra vivi e morti, il lavoro è lavoro, ma quando i vivi si rivelano più pericolosi dei morti la faccenda si complica.
Tuttavia cosa sarebbe la vita (e la morte) senza un po’ di brivido e di pericolo? Sarebbe molto più semplice e tranquilla, ma è quello che Valerio non può proprio permettersi. E che forse lo annoierebbe a morte.
LinguaItaliano
Data di uscita1 mag 2020
ISBN9788832926958
Valerio Altomonte, Consulente spirituale

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    Anteprima del libro

    Valerio Altomonte, Consulente spirituale - Stefano Frigieri

    1993

    Introduzione

    Mi hanno sempre intrigato i racconti fantastici che hanno come protagonista un detective dell’occulto.

    In letteratura gli esempi non sono numerosissimi: John Silence di Algernon Blackwood, Carnacki di William Hope Hodgson, Jules de Grandin di Seabury Quin, il dottor Tavernier di Dion Fortune; nei fumetti spiccano Dylan Dog di Tiziano Sclavi e Valter Buio di Alessandro Bilotta.

    Ovviamente ce ne sono altri.

    Queste storie hanno sempre appagato la mia fame di fantastico, il mio piacere di seguire un personaggio e la mia perversione di collezionista.

    È una mania, lo ammetto, ma non riesco a liberarmene. Ho provato anche ad abbandonarla in autostrada ma riesce sempre a ritrovare la via di casa...

    Anche il buon Sherlock, il mio serial character per antonomasia, in alcuni apprezzabili apocrifi si è trovato ad affrontare fantasmi ed entità malefiche di vario genere.

    Allora mi sono detto: perché io no?

    Ed ecco che dal mio tablet, come per magia, è nato Valerio Altomonte. Non pretendo di aver creato nulla di originale, sono conscio di quanto devo ai diversi autori che ho citato prima, ma d’altro canto la mia fama di scrittore è ancora talmente evanescente che spero i miei ispiratori guardino a me con la benevolenza che Rembrandt aveva verso i primi scarabocchi di un bimbo. Mi sono molto divertito a scrivere le sue avventure e spero vi divertiate altrettanto voi a leggerle. L’unico problema è che in futuro mi venga voglia di continuare a narrare le sue gesta, ma credo sia un rischio relativamente accettabile, almeno per me.

    Poi non dite che non vi avevo avvertito.

    Stefano Frigieri

    I signori Martini

    Signor Martini, mi dica: cosa pensa voglia da lei la signora Carla?

    L’uomo a cui ho rivolto questa domanda è un vecchio curvo e irrigidito, i cui candidi capelli incorniciano un volto segnato dal tempo come la copertina di un libro antico, gli occhi velati dalla cataratta ma ancora pieni di una luce intensa e curiosa. È seduto su di una sedia antica quanto lui dalla quale sembra stia per cadere da un momento all’altro. Alla mia domanda ha sollevato la testa punteggiata da radi capelli grigiastri e ora mi osserva con un sorriso di ostentata sicurezza che non riesce a nascondere la sua paura. Mentre con la forza della disperazione si aggrappa al suo bastone, prova a spiegarsi con una voce roca e tremante.

    Non so, forse ha nostalgia di me... anzi sì, ne sono sicuro! Dopo tutti questi anni passati insieme... queste cose si sentono, ecco. Ora che è morta quello che vuole è un contatto, un segnale. Vuole sapere se io ho ancora bisogno di lei...

    A queste parole lo guardo con sospetto.

    Nella piccola stanzetta in cui siamo, pesanti tende sono tirate a nascondere il sole che comunque filtra in sottili lame di luce; sul soffitto un lampadario tappezzato da festoni di ragnatele millenarie oscilla lieve sopra le nostre teste. Sembra di essere sul set di un film gotico dell’orrore, invece è tutto vero.

    Quando sono entrato la casa era immersa nell’oscurità più assoluta: avevo allora chiesto al vecchio di poter aprire un po’ i tendaggi ed egli aveva acconsentito nonostante i suoi occhi doloranti preferissero rimanere protetti dal buio. Sui mobili ci sono spessi strati di polvere; a terra giacciono delle riviste ammonticchiate, negli angoli cose indefinibili tentano di nascondersi tra le ombre: sembra il castello di Dracula, ora completamente abbandonato.

    Eppure qualcuno ci vive qui dentro e ce l’ho davanti agli occhi.

    Tu non hai bisogno di tua moglie, penso, ma di una badante!

    Non essendo un assistente sociale, mi limito a distribuire i tarocchi sul tavolo, e a osservarli attentamente fingendo una profonda concentrazione. È tutta scena, ovviamente, ma nel mio mestiere anche lo spettacolo ha la sua importanza.

    Comunque qualcosa non mi torna in questa storia: il vecchio non mi sta raccontando tutta la verità.

    Per questo non vedo l’ora di chiudere la faccenda, intascare il compenso e andare a casa a farmi un bel piatto di pasta.

    Sembra che sarà una giornata proficua: il portafogli che gli ho fatto estrarre con la scusa di prendere la sua carta d’identità, mi ha rivelato ottime prospettive di guadagno. È un giochetto che faccio sempre: dico al mio cliente che devo mischiare il suo documento con i tarocchi, e intanto sbircio nel suo portafoglio; dal numero delle carte di credito e dei contanti che contiene provo a indovinare le potenzialità economiche del cliente per decidere l’ammontare del mio onorario. Non ho prezzi fissi: è inutile chiedere troppo, come è stupido chiedere troppo poco.

    Il vecchio ha provato a comunicarmi a voce i suoi dati anagrafici, ma mi sono opposto: no, non era per sfiducia, ci mancherebbe, faceva solo parte del mio rituale per procedere all’evocazione.

    Ecco, l’evocazione.

    In realtà, come sempre, non ho bisogno di nessun rituale: la signora Martini è già presente accanto a me. Sorride e non vede l’ora di cominciare.

    Faccio alcuni gesti intervallati da lunghe pause, poi mi fermo.

    Ora le carte sono tutte sul tavolo: le osservo aggrottando la fronte per fingere complicate elucubrazioni mentali, poi, dopo un calcolato e melodrammatico sospiro da attore nato, gli chiedo: Quando è morta la signora?

    Circa due settimane fa. Sa, aveva sempre avuto dei problemi di salute...

    Capisco... E lei come sta? Cioè, volevo dire, come sta vivendo il suo lutto?

    Male... mi manca. Ecco, proprio questo volevo farle sapere, che mi manca tanto! Quando lei si è presentato... ecco, mi è sembrato un vero miracolo! Ora sono rimasto solo, non ho più nulla... Ma mi dica la prego: adesso può vederla?

    Certo, è qui vicino a me!

    E, sono tentato di aggiungere, sta ridendo come una matta.

    Quando non ho nulla in programma, uso una tattica infallibile per procurarmi qualcosa da fare: esco di casa senza una meta, percorro il flusso etereo che scorre interminabile nell’aria e aspetto che succeda qualcosa.

    E spesso capita.

    Nel caso specifico invece stavo semplicemente facendo una passeggiata che doveva essere solo rilassante, quando la signora Carla era apparsa davanti a me supplicando il mio aiuto.

    Eravamo di fronte a quella che era stata la sua abitazione: una piccola villetta circondata da un semplice giardino, in fila con tante altre, tutte uguali, in una zona periferica della città. Di solito i morti non riescono a stare troppo distanti dal luogo in cui sono deceduti: allontanarsi costerebbe loro un grande sforzo. Quando però sono molto motivati riescono a trovarmi ovunque io sia: li attraggo irresistibilmente. In questo caso forse era stata lei ad attirare me.

    Così avevo incontrato la signora Martini.

    L’ectoplasmatico donnone mi aveva spiegato subito quello che desiderava: che la mettessi in contatto con il signor Martini.

    Quando uno spirito comunica con me non lo fa con le parole: è come se nella mia testa risuonasse una melodia, prima appena accennata, poi più potente e articolata, una danza di suoni, a volte dolci e leggeri, più spesso violenti e dolorosi.

    Alla fine, mentre nella mia testa ancora risuonavano le note della sua sinfonia, la signora Carla mi aveva scrutato con severità e decisione: si capiva che non avrebbe accettato un mio rifiuto. Non che io ne avessi alcuna intenzione: era stata una settimana noiosa e priva di stimoli e non vedevo l’ora che il destino mi prospettasse qualcosa di interessante.

    Avevo accettato con un semplice cenno del capo.

    Gli spiriti sono molto più pragmatici di noi: non si perdono in inutili chiacchiere. Sembra sempre che non abbiano tempo, quando invece dovrebbero averne a volontà.

    Concluso l’accordo mi ero avvicinato all’ingresso della villetta e avevo suonato il campanello. Alla voce a malapena udibile che aveva risposto al citofono avevo spiegato il motivo della mia visita. Il signor Martini aveva aperto subito.

    La sua iniziale sorpresa si era all’istante tramutata in pura felicità: se la signora Carla voleva mettersi in contatto con lui, il signor Martini era ben felice di accontentarla.

    Sembrava davvero tutto perfetto, ma non lo era.

    Se solo avessi sospettato il vero scopo della signora, le avrei decisamente negato il mio aiuto e sarebbe stata una decisione molto saggia.

    Il signor Martini emette un sospiro così profondo da mettere in pericolo il suo già precario equilibrio.

    Oggesù... è davvero lì vicino a lei? Io... non riesco a capacitarmi. Le può chiedere se anch’io le manco?

    La signora Carla sorride sorniona rivelando che la risposta è assolutamente negativa. Stranamente sembra ben felice della sua attuale situazione. A volte i morti riescono a sorprendermi. Mentre la guardo lei mi fa l’occhiolino. È in piedi a braccia conserte accanto al tavolo: un donnone in carne, di età indefinita, con un lungo abito a fiori che le lascia vezzosamente scoperte le spalle spruzzate di lentiggini. Anche da morta sembra ci tenga molto ad apparire elegante e in perfetto ordine. Da come le ridono gli occhi perfettamente truccati, pare che abbia aspettato questo momento per tutta la vita.

    I contorni della sua imponente figura sono ben definiti, molto più reali di quelli di lui, che invece è una crisalide incartapecorita, l’involucro abbandonato di uomo che ha perso tutto, anche la propria consistenza. Ora sta seguendo preoccupato il mio sguardo mentre le sue mani macchiate dagli anni tremano vistosamente.

    Oh mio Dio, non mi capacito... ripete ossessivamente. Carla, amore mio, come stai?

    Amore un tubo, vecchio rimbambito... sussurra lei.

    Le sue parole sono aria che si muove svelta in piccoli vortici producendo un suono sottile ma perfettamente comprensibile, almeno da me.

    Cosa gli dico? chiedo allo spettro.

    La domanda provoca nel vecchio un’aspettativa che cresce mentre la donna si prende tempo per riflettere. Sarebbe una situazione comica, se non fosse davvero terrificante: è chiaro che sto assistendo al compimento di una vendetta, la rivalsa della morte sulla vita.

    Dopo una lunga pausa ben calcolata, la signora Carla si decide, fa un gesto di stizza e dice: Io sono qui solo per dirgli addio, definitivamente! È una vera liberazione non dover essergli più vicino, anche a rischio di andare a bruciare all’inferno! Gli dica che lo aspetterò laggiù, a braccia aperte! Senza fretta però...

    Faccio cenno di aver compreso, ma decido di addolcirgli la pillola: Sì, sì certo... va bene... ecco, dice che le vuole bene e che è venuta per comunicarle che la attenderà lassù tra gli angeli in Paradiso!

    L’uomo è definitivamente annientato dalla risposta.

    Ma... ma io la voglio qui vicino a me, anche se è un fantasma! Non posso, non riesco a stare da solo... la prego mi aiuti! La convinca a rimanere!

    Trema tutto e un filo di bava gli pende dalla bocca sdentata.

    Questo provoca allo spettro una fragorosa risata che vibra fin dentro alla mia anima. La soddisfazione della donna è ovunque, risuona nell’aria in maniera quasi palpabile, e mi provoca un brivido. È questa è la mia vera retribuzione.

    Sì, certo, i soldi mi servono per campare e pagare i conti, ma uno spirito appagato emette un’energia così intensa da essere per me la più lauta delle ricompense.

    Sono i fantasmi i miei veri clienti.

    Qualche volta è il vivente che si mette in contatto con me tramite il mio annuncio pubblicitario ( Medium discreto, economico ed affidabile! Comunico con i vostri cari, ovunque essi siano!), ma la maggior parte delle volte la richiesta di aiuto viene direttamente da loro, dagli spiriti inquieti.

    Non riescono ad abbandonare le normali pulsioni umane, almeno finché non risolvono le loro questioni. Vogliono un consiglio, un sostegno, una vendetta come in questo caso. Da come risplende la sua aura, la signora Martini sembra davvero godersela tutta. Mentre ride il mento le traballa come un budino impazzito e piange ectoplasmatiche lacrime di soddisfazione. Emetto un profondo sospiro: mentre lei mi sta davvero gratificando, l’uomo invece mi fa solo pena. È difficile non venir colpiti dalla crudeltà della situazione.

    La donna nota il mio momento di debolezza e la sua canzone ora è un frastuono assordante: Senta, non si permetta di commuoversi! Lei non ha idea! Io ci ho convissuto per... non ricordo nemmeno più per quanto! Una vita d’inferno! Mi ha messo le corna in ogni modo possibile e per tutta la durata del nostro rapporto! Per anni ho sopportato le sue scappatelle, anzi le ho benedette, perché così perlomeno mi stava lontano per un po’! Un uomo impossibile, trasandato e fastidioso! I rumori che faceva mentre mangiava... e di notte, poi... russava così intensamente da far vibrare le pareti di casa e non c’era verso di farlo smettere! Anche dormire in camere separate serviva a poco... il suo ruggito mi seguiva ovunque! E quando non russava tossiva. Era sempre malato... un martirio, mi creda! Da quando poi è andato in pensione mi si è appiccicato come una sanguisuga e con l’avanzare dell’età i suoi difetti si sono acuiti... un vero incubo! Sono sicura che è per colpa sua se alla fine mi è venuto l’infarto!

    La signora Carla è un inarrestabile fiume in piena che ha ormai polverizzato gli argini e sta sommergendo ogni cosa. La sua invettiva mi rimbomba dentro con una cacofonia di suoni e rumori che stordisce. Mi arrendo, e decido di dare al vecchio il colpo di grazia.

    A volte è semplicemente l’unica cosa da fare.

    Allora che gli dico?

    Che me ne vado, definitivamente, e che lo lascio solo a convivere con tutti i suoi rumori!

    Sospiro e mi giro verso l’uomo in attesa del verdetto finale.

    Mi spiace signor Martini, ma la sua Carla se ne sta davvero andando: lei ora è completamente solo!

    Ma... ma... io non capisco! È proprio sicuro che stia dicendo questo?

    Faccio segno di sì con la testa.

    L’uomo è distrutto, polverizzato, annichilito. Si accartoccia su se stesso come un palloncino a cui hanno tolto tutta l’aria, e si abbandona sul suo bastone che sembra quasi scricchiolare sotto il suo pur fragile peso. Non riesce più a emettere una sola parola: in un totale disarmante silenzio estrae il blocchetto degli assegni e ne compila uno con la mano tremante.

    La firma risulta a malapena leggibile.

    Ogni cifra che compila è come un chiodo piantato sul coperchio della sua bara.

    Lo prendo senza esitare. Non ho scrupoli di coscienza, io ho fatto solo il mio lavoro. Eppure dentro mi rimane come qualcosa di irrisolto, un nodo da districare che ancora non capisco. Ma non è il momento.

    Gli restituisco il documento d’identità, raccolgo le mie carte in un mazzo e ne pareggio i bordi prima di infilarlo nella sua scatoletta di legno dipinto. Poi abbozzo un mezzo sorriso, mi alzo e mi avvio verso l’uscita. Di solito non ho tempo né voglia di cercare di capire i vivi: i morti mi occupano già tutti i pensieri disponibili. Sento molta più empatia per loro. Questa volta però quel vecchio stanco e spaventato, dopo una prima sensazione di fastidio, mi ha stimolato una strana curiosità e mi è venuta la voglia di capire meglio.

    Per ora comunque mi accontento di un breve appunto mentale.

    M chiamo Valerio Altomonte e di mestiere faccio l’indagatore dell’incubo.

    Sì, lo so, questa l’avete già sentita.

    In realtà amo definirmi più un Consulente spirituale. Niente a che fare con la religione: è che gli spiriti mi consultano perché riesco a capirli. So quello che vogliono, e cerco di soddisfare i loro desideri. È un lavoro complicato e a volte pericoloso, ma riesce a regalarmi anche molte soddisfazioni. È come avere un posto in prima fila per lo spettacolo dell’Apocalisse. Tutto sommato mi considero un privilegiato.

    La mia famiglia ha nobili origini, ma l’eredità dei miei avi si riduce al titolo, a una enorme e ingestibile villa in campagna e a una montagna di debiti oculatamente tramandati di generazione in generazione. Fino a quando qualcuno, stanco di aspettare, non aveva preteso il saldo. Tutto insieme.

    Ciò che era stato possibile vendere più facilmente come ori e argenti vari, era già sparito da tempo.

    I miei parenti, nonostante le palesi difficoltà, avevano sempre cercato di salvare le apparenze e di mantenere quel tenore di vita che da tempo non si potevano più permettere. A me non era restato che vendere quello che era rimasto del patrimonio, soprattutto quadri e mobili antichi, gli oggetti più difficili da smerciare. Una volta soddisfatti i debitori avevo dovuto trovare un modo per sbarcare il lunario, il mio e quello di Giovanni.

    Giovanni è il mio maggiordomo, e negli anni è stato per me via via un tutore, un servitore, un confidente e, sempre, un amico. Più paziente di una moglie, più fedele di un cane.

    La villa nella quale abitiamo è un piccolo gioiello d’arte che avrebbe bisogno di cure assidue e molto costose, come un fragile animaletto cronicamente malato. Ovviamente per ora non posso farmene carico. L’unica cosa che mi sono imposto, è di restaurare un affresco che campeggia su una delle pareti della cappella di famiglia. È, o meglio era, un enorme angelo benedicente. Niente di particolarmente artistico o prezioso: è la modesta opera di un pittore locale, pieno di buona volontà ma quasi privo di talento. Probabilmente lo avevano scelto solo perché costava poco. Per me invece quell’angelo è bellissimo. Con lui ho un legame molto particolare.

    Ricordo che quando ero piccolo durante la messa mi sovrastava in tutti i suoi colori: i suoi ori e i suoi azzurri risplendevano vividamente alla luce delle candele. Sembrava fosse lì apposta per proteggermi: avevo cinque anni e proprio allora iniziava a rivelarsi quel mondo ultraterreno, misterioso e doloroso, invisibile a tutti ma non a me, che mi aveva scelto come testimone della propria esistenza. I morti avevano cominciato a parlarmi, e io mi sentivo solo, impaurito e incompreso. Avevo tentato di spiegare agli altri (a mio padre, ai miei amici) cosa mi stava succedendo, ma nessuno sembrava avesse il tempo e la voglia per cercare di capire. Solo Giovanni aveva prestato attenzione alle mie parole. Lui e l’angelo, che era sempre lì a tendermi la mano.

    Quel grande angelo biondo dalle grandi ali bianche, oggi quasi indistinguibile, perso tra le macchie e le screpolature dell’intonaco. Ero sicuro che avesse il volto di mia madre, che non avevo mai conosciuto. È per questo che ho deciso di restaurarlo nonostante il suo scarso valore artistico: voglio ritrovare il volto di quell’angelo e con esso quello di mia madre.

    Sono le cinque di pomeriggio e il sole splende ancora limpido in un classico cielo senza nuvole di metà estate. Mi infilo gli occhiali da sole: il mondo si offusca e assume un colore uniforme.

    È l’unico modo che ho trovato per sopravvivere alla nebbia caliginosa in cui sono perennemente immerso: un oceano di figure sfumate, un torrente di anime che scivola via lasciandosi pigramente trasportare dal tempo. All’inizio gestire quella visione era stato complicato,

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