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La figlia del prete
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E-book207 pagine3 ore

La figlia del prete

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Info su questo ebook

Agata è una ragazza sensibile, a volte un po’ maldestra ma in gamba. Nell’ultimo periodo però il lavoro è un punto che le sfugge. Quando l’ennesimo contratto non le viene rinnovato, si rende conto di dover
cercare delle alternative dal momento che l’impiego serale al ristorante, come cameriera, non basta più ad assicurarle una stabilità. Stabilità che pare mancarle anche negli affari di cuore; i ragazzi che la corteggiano si rivelano camaleontici e alquanto particolari. Solo la sua amica Cassy e il suo gatto Bobbi paiono essere punti fermi nella sua vita. Finché gli eventi, casualmente, prendono una strana
piega. Agata ritrova alcune lettere appartenute a sua nonna che, piano piano, le svelano misteri impensabili appartenuti alla sua famiglia. Chi è la destinataria di quelle missive? E che cosa ha a che fare
con sua nonna? La curiosità la porta a immergersi sempre di più in quelle letture, entrando in un vortice di segreti che nessuno mai le ha rivelato. Nel contempo anche la sua vita arriva a svolte inaspettate che l’aiuteranno, a sua insaputa, a prendere coscienza di sé stessa.
Fabiola racconta una storia delicata, intensa e sorretta da una protagonista per la quale è naturale provare empatia.

Sono nata nel 1978, nel mese di luglio, e lavoro come impiegata in un’azienda ceramica. Vivo in un piccolo paesino in provincia di Reggio Emilia con il mio compagno e la mia gatta. La passione per la scrittura si è manifestata in me sin dall’infanzia. Nelle estati trascorse a casa dei nonni, nei mitici anni ,90, mi dilettavo a scrivere storielle per far divertire mia sorella minore. Ma solo pochi anni fa ho iniziato a considerare questa passione come qualcosa di concreto, di condivisibile e così ho deciso di partecipare ad alcuni concorsi letterari trovati on-line. Con mio stupore, nonostante non faccia parte del settore e non sia laureata in lettere, ho ottenuto risultati degni di nota. Questi mi hanno spronata ad andare avanti e a tentare di creare qualcosa di più di semplici testi. Per il primo romanzo che ho scritto mi sono ispirata a una parte della vita di mia nonna paterna, che ritengo una donna dalla tenacia ineguagliabile e un esempio. Ho impiegato tre anni per trovare la giusta formula e per redigerlo in modo che chiunque lo leggesse capisse quanto coraggio, questa persona comune, avesse dovuto tirar fuori per non lasciarsi trascinare dagli eventi. Mi auguro solo che lei ne sia fiera, dovunque ora si trovi, perché l’ho scritto per lei, per celebrare la sua forza.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2023
ISBN9788830682542
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    Anteprima del libro

    La figlia del prete - Fabiola

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    Fabiola

    La figlia del prete

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-7550-6

    I edizione aprile 2023

    Finito di stampare nel mese di aprile 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    La figlia del prete

    A mia nonna Lella.

    Liberamente ispirato alla sua vita.

    Nuove Voci

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    1

    «Prego, accomodatevi pure.»

    La voce del direttore, pacata e profonda, risuonava tra le mura immacolate. La stanza così spoglia, quella dei meeting, ricordava la sala d’aspetto di un ambulatorio medico. Agata prese posto su di una sedia ergonomica incagliando le ruotine nelle fughe del pavimento. Sonia, la sua collega, si accomodò dall’altra parte del tavolo ovale con la sua innata scioltezza.

    «Non farò grandi giri di parole.» Attaccò l’uomo senza esitare.

    «Come vi era stato comunicato, il posto vacante è per una persona sola. In queste settimane abbiamo potuto sondare nel dettaglio che tipo di figura necessitiamo. Confesso che non è stata affatto una scelta semplice, ma purtroppo abbiamo dovuto farla. La decisione è stata presa con grande serietà e ci tengo a dirvi che siete entrambe molto valide» proseguì serio senza perdere il filo.

    «Dunque, veniamo alla parte più difficile.» Esitò un attimo prima di proseguire, come se avesse un peso sulle spalle, creando una sorta di suspense. Le due ragazze, in rigoroso silenzio, attendevano il verdetto come due condannati.

    «La persona che abbiamo deciso di inserire nel nostro organico a tempo indeterminato è Sonia. Da lunedì verrai sistemata nell’ufficio B a fianco al mio. Puoi già passare da Rita per le consegne; lei ti illustrerà ciò che ti verrà assegnato e ti affiancherà per qualche tempo come tutor.» Comunicò laconico rivolgendosi alla candidata prescelta.

    Agata non mosse un muscolo, stoica. Sonia, raggiante, uscì dalla stanza con un sorriso che le faceva il giro della testa.

    «Mi dispiace e dico sul serio. Adesso, probabilmente, starai maledicendo tutti noi, e forse giustamente, ma non catalogare questa esperienza negativamente. In qualche modo ti servirà. Sei veramente in gamba e sei giovane, non temere» le suggerì sincero non appena furono soli.

    In realtà in quel momento Agata si era estraniata dal suo corpo come se non fosse stata lì. Con la mente stava vagando sulle possibilità che l’aspettavano oltre quella porta. Pensava alle protagoniste dei film, quelle che vedeva alla tv, che, solitamente, dopo fallimenti catastrofici trovavano, casualmente, occasioni di riscatto in importanti aziende e, subito dopo, l’amore della loro vita. Per le comuni mortali come lei, invece, si prospettavano giorni noiosi ad arrabattarsi, da sfigatelle, per sbarcare il lunario. Il silenzio aleggiava come una coperta invernale tanto era pesante. Il direttore, in evidente imbarazzo per l’assenza di una reazione, non sapeva più che fare.

    «Vi ringrazio per l’opportunità. Lavorare qui mi ha insegnato molto» ruppe quell’agonia la ragazza fingendo una gratitudine che non esisteva minimamente. Il suo ex superiore era stato molto gentile ma le aveva dato una motivazione fatta di niente. L’uomo abbozzò un sorriso poi si alzarono entrambi e lasciarono il locale.

    Fuori dallo stabile, la giornata si stava spegnendo oltre gli edifici. Un tramonto rovente regalava al cielo tinte amaranto davvero incredibili. Agata, sola sul marciapiede, aveva la mente ingarbugliata. Era disperazione quella che avvertiva nascerle dentro? Eppure, non era la prima volta che veniva scartata. Sembrava quasi intuisse già, ancor prima di entrare in quella stanza, che non avrebbe vinto il confronto, non era mai stata fortunata nelle occasioni in cui vigeva il 50 e 50. Ora c’era solo da tornarsi a rimboccare le maniche. In quell’impiego però ci aveva sperato. Sarebbe davvero stato una manna dal cielo; orari normali, vicinanza a casa e uno stipendio medio/alto. Aveva fatto i salti mortali per recarsi in quell’ufficio tutti i giorni senza perdere le serate al ristorante. Fare la cameriera, con un contratto a chiamata, non le dispiaceva ma era un lavoro pesante e non così ben remunerato. Sospirò guardando il cielo. Non era cambiato nulla, era di nuovo al punto di partenza. Doveva pensare a un piano B, ma non quella sera. Salì in auto e si inserì nel traffico serale rischiando di tamponare un attempato signore, appollaiato al volante come un gufo. Arrivò nel cortile di casa sfrecciando sulla ghiaia tanto da creare un polverone immane. Era davvero imbranata alla guida, più che altro distratta e incurante. Entrò in casa lanciando letteralmente le scarpe e buttando borsa e chiavi sul tavolo. Si gettò sul letto a peso morto, restando ferma in posizione prona. Qualcosa di morbido le sfiorò un braccio, girò il viso e i suoi occhi incontrarono quelli gialli di Bobbi, il suo gatto. Era un trovatello dal pelo lungo che aveva adottato da cucciolo. A vederlo sembrava un animale di razza, ma, con tutte le probabilità, era il frutto di un incrocio casuale tra gatti del tutto anonimi. Lo accarezzò delicatamente e se lo strinse al petto. Bobbi per qualche minuto stette al gioco, poi la presa, un po’ troppo soffocante, lo costrinse a divincolarsi. Agata restò sdraiata sul letto inerme finché non udì le campane della chiesa, situate in centro al paese, battere l’ora.

    «Porca miseria!!! Farò tardi! Azzzzz!» imprecò scattando in piedi. Corse in quello che era il suo salotto, che fungeva anche da cucina, e frugò a lungo nella borsetta. Ne estrasse tutto il contenuto e lo sparpagliò sul tavolo.

    «Pronto, Cassy?» chiese trafelata dopo aver schiacciato un tasto sul display del cellulare.

    «Ehi! Allora? Sbaglio o hai il fiatone?» le rispose dall’altro capo una voce sorridente.

    «Non trovavo il telefono, porca vacca! Per stasera poi che si fa?» si informò mentre riempiva la ciotola di Bobbi.

    «Al pub suona Brando con il suo gruppo, io andrei, che dici? Ma, piuttosto, al lavoro? Ti hanno confermata?» domandò Cassy che aveva una memoria di ferro per ogni cosa.

    «Eh no, nemmeno stavolta è andata. Quindi resto in pianta stabile al Galeone, tutto al solito.» sbuffò un po’ amareggiata. In quel momento, avvertì una punta di rammarico al cuore.

    «Mi dispiace, certo è che di sfiga ne hai a palate. Mai pensato di fare una capatina a Lourdes?» la canzonò l’amica.

    «Che scema che sei! Parliamo di cose serie; che cavolo mi metto stasera?» buttò lì per sdrammatizzare, tentando di spegnere quel senso di disagio che sentiva crescerle dentro.

    «Dai, disastro, fatti la doccia; tra venti minuti sono lì e ti sistemo io!» le rispose interrompendo la conversazione.

    Esattamente allo scadere del tempo citato al telefono, non un minuto più o di meno, il campanello trillò ripetutamente. Cassy si divertiva a pigiarlo insistentemente componendo musichette stupide. Un tonfo sordo accompagnato da un’imprecazione anticiparono l’apertura della porta. Non appena le due si guardarono iniziarono a ridere fino alle lacrime. Agata era davvero maldestra. Si diressero in camera ciarlando come due comari, restando poi in silenzio davanti al letto, dove campeggiavano diversi abiti pronti per essere selezionati. Bobbi, appostato sopra al copriletto morbido, guardava le due ragazze con sguardo sornione. Dopo qualche minuto di indecisione, Cassy scartò le proposte di Agata e aprì l’armadio dando il via a una rigorosa cernita.

    «Bella mia, bisogna che fai qualcosa per questo guardaroba! Oh mio dio, non ci posso credere; questo lo mettevamo nel lontano ‘98!» esclamò portando alla luce un top giallo evidenziatore.

    «Dai, non stare a perdere tempo, lo so che devo fare pulizia. Quando sarò ispirata sistemerò ogni cosa!» la rimbeccò l’altra strappandole il capo dalle mani.

    «Sai cosa potresti fare? Mettere in vendita ciò che non indossi, magari però non roba del genere! Qui hai un fracasso di abiti che non sapevi nemmeno di avere e che di sicuro non ti metterai mai più!» le consigliò spassionatamente Cassy mentre le passava una camicetta e una gonna.

    «Uff, che palla che sei! Comunque ci penserò!» le concesse infastidita indossando i capi scelti.

    «Come sto?» chiese poi Agata all’amica, improvvisando una piroetta su sé stessa per mostrarle il risultato. Per un soffio rischiò di andare a sbattere violentemente contro la robusta cassettiera di ciliegio bianco.

    Cassy alzò il pollice in segno d’approvazione e scosse la testa per quella esibizione barcollante e pericolosa. Dopo alcuni ritocchi al trucco e ai capelli, a turno diedero un buffetto a Bobbi salutandolo e uscirono nella bella serata di tarda primavera. L’atmosfera profumava di acacia e le lucciole cominciavano già a fare capolino sui prati e sulle aiuole. Agata adorava quel particolare periodo dell’anno; sembrava che tutto divenisse possibile e palpabile. La brezza frizzantina regalava pensieri positivi e una rinnovata energia. Ogni negatività e ogni preoccupazione sembravano dissolversi magicamente al solo contatto con l’aria carica di un’elettricità stimolante. Sensazioni difficili da descrivere ma che si potevano respirare solo in quei precisi momenti. Inoltre, era venerdì sera e nulla poteva essere più bello che godersi una serata con la compagnia giusta per lasciarsi le delusioni alle spalle. Salirono in auto ridendo, eccitate da ciò che le attendeva.

    Il loro amico Brando aveva un gruppo che lui amava chiamare band all’inglese, per darsi un tono, e ogni weekend si esibivano in diversi locali della zona. Il loro repertorio era abbastanza variegato; pop, rock e qualche pezzo composto da loro. Nel complesso non erano affatto male e avevano un discreto successo, dovuto forse anche al fatto che erano dei bei tipi. Le due ragazze raggiunsero il pub che li ospitava quella sera, presero posto a un tavolino in posizione strategica, prenotato da Cassy con largo anticipo, e ordinarono qualcosa da mangiare e da bere. A metà serata il locale era stracolmo di gente che gridava, sghignazzava e si dimenava in ogni angolo. La band si stava scatenando, dando fondo a una scaletta che faceva letteralmente impazzire la folla. Cassy e Agata, al loro quarto giro di bevute, se ne stavano immerse, come due subacquei, in quell’oceano saturo di un’intensa carica di adrenalina. Si abbandonavano semplicemente alla baldoria contagiosa che, tutto intorno a loro, dilagava trasportata dalle luci, dai sorrisi e dai visi allegri. Erano state abbordate da tre ragazzi, carini ma piuttosto appiccicosi. Uno di loro non si scollava letteralmente da Agata tentando di impressionarla con battute alquanto tristi. Cassy, come se fosse stata al cinema, assisteva alla scena spassosissima davanti a lei: l’amica continuava ad annuire senza capire un bel nulla di quello che le veniva detto. La musica avvolgeva ogni cosa ovattando tutti gli altri rumori. Finalmente si levarono di torno, non prima però che il simpatico umorista ottenesse il numero di telefono dell’oggetto dei suoi desideri. A notte inoltrata le due decisero che era tempo di rientrare. Si erano divertite da morire, attardandosi, dopo il concerto, a chiacchierare con Brando e i ragazzi del gruppo. Superata la soglia di casa, Agata si tolse le scarpe dal tacco e si diresse, barcollando, verso il letto invitante. Era davvero esausta, se ne rendeva conto solo in quel momento. Prese la mira convinta del fatto suo e si lasciò cadere credendo di atterrare sul morbido. Invece, con sua sorpresa, finì diretta sul tappeto.

    «Sono proprio una cretina, ecco cosa sono!» si disse mettendosi a sedere affranta. Per fortuna aveva proteso le mani riuscendo ad attutire una botta da orbi. Le lacrime, che erano rimaste nascoste per tutto il tempo, cominciarono a scendere copiose. L’alcol, come spesse accade, si trasforma in un amico impietoso e uno specchio infallibile. L’amarezza del fallimento era lì, seduta sul tappeto con lei. Quante volte ancora non sarebbe stata selezionata? Era stanca di darsi da fare per poi venire accantonata. Le motivazioni ogni volta si sprecavano e parevano affidarsi al puro caso. Possibile che il fato si accanisse in quel modo? Per una volta, solo una, non poteva essere: «Agata, scegliamo lei!»? Si accucciò sul tappeto singhiozzando, lasciando che la delusione e la tristezza uscissero dal suo corpo. Bobbi, comparso dal nulla, le si accoccolò accanto facendo le fusa nel tentativo di consolarla.

    Le campane della chiesa, puntuali, batterono l’ora in pompa magna. Agata e Bobbi sussultarono insieme. Stropicciandosi gli occhi si rese conto di aver dormito sul pavimento vestita di tutto punto borsetta a tracolla inclusa. Ecco da cosa era dovuto il dolorino alla schiena! Quello martellante alla testa, invece, era a causa dei drink al locale. Si alzò appoggiandosi al letto per farsi forza. Si era davvero ridotta uno straccio. Una volta in piedi, intontita più che mai, decise che una bella doccia l’avrebbe rimessa al mondo. Purtroppo, però, non sortì l’effetto sperato. Quasi sdraiata sul wc, in accappatoio, constatò concretamente che non stava affatto bene. Con qualche difficoltà di deambulazione raggiunse la cucina. Le tempie le pulsavano come se stessero per esploderle e lo stomaco sembrava attorcigliato su se stesso. Si sdraiò sul divano con gli occhi chiusi, appoggiò un braccio sulla fronte e tentò di abbandonarsi completamente. Bobbi la raggiunse silenzioso accoccolandosi al suo fianco.

    «Mai esagerare! Mai! Adesso sto malissimo e stasera devo lavorare!» si maledisse a voce alta. Dopo svariati minuti di agonia, per tentare di risolvere quello stato comatoso profondo, decise di fare ricorso a qualcosa di farmacologico. Sciolse in un bicchiere d’acqua una pastiglia effervescente, sperando che potesse effettuare un miracolo. Tracannò il liquido avidamente e, mentre attendeva che l’effetto benefico alleviasse il malessere, prese il cellulare per scrivere all’amica Cassy. Non appena vide

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