Sotto la polvere
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Anteprima del libro
Sotto la polvere - Matteo Tovazzi
Matteo Tovazzi
Sotto la polvere
Copyright© 2020 Edizioni Forme Libere
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via dei Casai, 6 – 38123 Trento
www.forme-libere.it – info@forme-libere.it
Prima edizione digitale: aprile 2020
ISBN 978-88-6459-041-7 (Print)
ISBN 978-88-6459-990-8 (ePub)
ISBN 978-88-6459-991-5 (mobi)
:
read me © Arman Zhenikeyev – Fotolia.com
Dello stesso autore: Quella luce in fondo al lago, L’altra metà
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Il libro
Edoardo Silenti, proprietario di una libreria, regala alla propria fidanzata una vecchia edizione de L’uomo ombra
, famoso romanzo noir di Dashiell Hammett, dalle cui pagine esce una lettera dal contenuto inquietante: un uomo è stato ucciso. Ma chi ha scritto la lettera? E a chi è rivolta? Quasi per gioco inizia un’indagine che porta la coppia a infiltrarsi nella famiglia della vittima. Gli indiziati principali sono la carismatica vedova del defunto e il suo presunto amante, un uomo dall’identità sconosciuta. Per il protagonista l’indagine diventa un’ossessione, che lo porterà a diffidare di tutti e a temere per la propria vita. Ma soffiando via la polvere accumulata negli anni verrà svelata una verità inaspettata.
L’autore
Matteo Tovazzi è nato in provincia di Trento nel 1975. Con Sotto la polvere
ha vinto la seconda edizione del Concorso Letterario Manerba in Giallo
(sezione editi). Ha inoltre ricevuto i seguenti riconoscimenti al Premio di Narrativa Gialla Inedita Delitto d’Autore
: 2° posto per Sotto la polvere
(V edizione), 2° posto per Quella luce in fondo al lago
(VII edizione)
Sotto la polvere
Preludio
Una figura oscura si allontanò dal letto; in qualche modo riuscì ad aprire la porta e poi la richiuse a chiave.
Fuori era buio, ma non c’era necessità di vedere, perché sapeva dove mettere i piedi, e poi una seppur scarsa illuminazione proveniente dall’esterno gettava sprazzi di luce sul pavimento e sulle scale.
Fuori sul pianerottolo non si guardò attorno, ma rimase fermo, come se fosse in ascolto o come se si fosse preso una pausa.
Poi iniziò a scendere le scale, un gradino dopo l’altro, un passo per volta, molto lentamente, reggendosi al corrimano.
Tutti stavano dormendo, ignari del pericolo che incombeva su di loro, inconsapevoli di quanto era successo e quanto stava per accadere nel cuore della notte.
La figura arrivò al piano terra, entrò in cucina e si avvicinò alla mensola accanto al lavello. I coltelli erano tutti in fila, scintillanti alla luce della luna che si rifletteva sulle lame. Si avvicinò, prese un oggetto e lo infilò in tasca. Poi uscì di nuovo e, presa la prima porta, iniziò a scendere la rampa di scale completamente al buio, in un ambiente freddo e umido.
Io provai un fremito: avevo paura.
Parte I
Nora non riusciva a dormire quella notte.
Lesse le memorie di Scialiapin finché non mi appisolai
e allora mi svegliò, dicendo: «Dormi?»
Dissi di sì.
Dashiell Hammett, L’uomo ombra (1934)
1 – L’uomo ombra
L’ avevo vista entrare solo pochi secondi prima e ogni tanto le lanc ia vo q ua lche fugace sg ua rdo, per vedere se anche l ei per caso volesse dare q ua lche segno di notare la m ia presenza, ma non r iu scii a incroc ia re i s uoi occhi, che sapevo essere azzurri come d ue zaffiri.
Era bionda, e sotto il cappotto portava un abito che ne esaltava il corpo longilineo, forse un po’ leggero per la stagione invernale.
Si stava aggirando con aria di noncuranza, prendendo prima un libro, riponendolo poi sulla mensola e afferrandone quindi un altro, senza soffermarsi troppo a leggere le note di copertina. E così continuò a fare, passeggiando sinuosamente fino alla fine della corsia.
Poi si girò, afferrò un altro volume e, dopo averne aperto la copertina, gettò una veloce occhiata all’uomo dietro al banco, sorridendo maliziosamente.
Fu un breve momento, ma sufficiente perché io lo captassi e provassi un brivido lungo la schiena.
Lei ripose il libro e ne prese un altro, questa volta senza guardare neppure il titolo; quindi si diresse verso di me.
«Mi scusi» disse con voce melodiosa. «Crede che questo libro sia adatto a me? Sa, è un periodo un po’ particolare e mi sto annoiando molto. Vorrei qualcosa che mi possa appassionare.»
Una vispa signora dai capelli grigi sentì cosa aveva pronunciato, e con quale tono, e si allontanò scandalizzata per quanta spudoratezza c’era in quella voce.
La ragazza non diede segno di averla notata, al contrario di me che sospirai, pazientemente.
Presi il libro.
«Tutti i segreti dell’arte di dipingere le pareti di casa» lessi, esibendo un’espressione interessata. «Le posso assicurare che con questo non correrà affatto il rischio di annoiarsi.»
«Lei è molto gentile» replicò lei, che nel riprendere il libro sfiorò la mia mano. «Ero piuttosto convinta di aver fatto la scelta giusta.»
«Quelle a occhi chiusi a volte si rivelano le migliori» dissi con un sorriso beffardo. «Che ne dice se cominciamo a darci del tu?» chiesi quindi senza toglierle lo sguardo di dosso.
«Direi che è un’ottima idea» rispose lei, ricambiando lo sguardo.
«Cosa fai stasera?»
«Ho un impegno.»
Mi mostrai lievemente deluso. «Ah…»
«Con te» proseguì la bionda.
Gli angoli della mia bocca tornarono a salire. «Avevo giusto in programma di leggerti quel libro.»
«Che idea invitante!»
«Vieni qui, bionda» le dissi, avvicinando le mie labbra alle sue. Poi, notando che la signora dai capelli grigi non si era allontanata a sufficienza per evitare di vederci e giudicarci, dissi, rivolto verso di lei: «È la mia ragazza.»
La voce uscì un po’ stentata, perché avevo ancora incollate alla faccia le labbra della ragazza.
Che la signora avesse capito o meno, si allontanò ulteriormente come se fosse stata offesa deliberatamente.
«Credo tu abbia perso una cliente.»
«Non pensavo ci fosse gente così moralista in giro.»
«Ma soprattutto invadente» aggiunse lei, posando definitivamente il libro sul banco. «Comunque non credo ci fosse la necessità di giustificarsi.»
«Non volevo si facesse strane idee.»
«È una strana idea essere rimorchiato da una bella bionda in libreria?»
«No. Volevo solo evitare che pensasse che io fossi tanto disponibile. Sai, nel caso in cui avesse voluto provarci lei.»
Lei sorrise, ma con una luce sarcastica negli occhi. «Che ci provi soltanto.»
«Come mai sei qui, Amelia?»
«Non posso passare a trovarti al lavoro? Il tuo capo non approva?»
«Il mio capo, guardandoti fisso negli occhi, approva in pieno.»
«Mi stavo annoiando davvero.»
«Spero che tu non voglia dipingere casa. L’ultima volta ho impiegato quasi una giornata intera per riprodurre il colore giusto.»
Amelia mi squadrò con un’espressione a metà fra lo stupore e la perplessità.
«Mi hai forse mai vista con un pennello in mano?» Il tono di voce non poteva essere più convincente.
«Sul serio, mi sto annoiando parecchio: da quando ho lasciato il mio lavoro per seguirti qui in città, non trovo qualcosa che mi realizzi veramente.»
Sospirai nuovamente.
«Vuoi forse farmi sentire in colpa? Non ti ho chiesto io di licenziarti. E comunque non credo che avrai difficoltà a trovare un nuovo lavoro.»
«E nel frattempo?»
«Che ne diresti di dedicarti alla lettura?»
Lei rise, divertita. «Dai, sul serio, Edoardo!»
«Sto parlando sul serio!» esclamai, con tono perentorio.
«Oh, scusa. Pensavo scherzassi» disse lei, fingendosi in colpa. Ma l’espressione mutò velocemente. «Che ne dici se ce ne andiamo in vacanza in qualche posto caldo e assolato? Questo non è proprio il clima giusto per me.»
«Non posso sempre prendere e partire quando ne ho voglia: ho un’attività da mandare avanti. E poi mi sono preso fin troppi giorni non preventivati quest’estate al mare, ricordi?»
«Era un’idea» esclamò Amelia, senza nascondere la delusione.
«Vieni con me» dissi, uscendo dalla mia postazione e avviandomi verso il fondo del negozio, in un punto meno luminoso del precedente. Camminando l’uno vicino all’altra, con i suoi tacchi appena abbozzati Amelia mi sovrastava di un paio di centimetri.
«Credo sia il caso che tu inizi a conoscere la letteratura gialla.»
«Oh, non voglio impegnare troppo la mia mente» si lamentò lei con voce annoiata. «Altrimenti avrei preso una rivista enigmistica.»
«Il giallo non è solo enigma» la corressi. «È un genere degno di rispetto come qualsiasi altro tipo di letteratura. Ci sono i romanzi ad enigma
, alcuni ben scritti, altri meno, ma ci sono altre correnti, alcune più realistiche, altre meno. Ti stupiresti di conoscere in quanti modi sia possibile scrivere un romanzo giallo. A volte il fatto di descrivere un omicidio o un qualsiasi mistero, e le relative indagini, è solo un pretesto per raccontare altro, un abito con cui vestire una storia.»
Mi fermai a dare un’occhiata a un ripiano, poi, tornando a guardarla, ripresi: «Quando tu indossi quell’abito nero, lungo, con due semplici spalline più sottili di un elastico, cosa vuoi comunicare?»
Lei sembrava proprio non sapere cosa rispondere.
«Che sei bella, affascinante» dissi.
«Questo lo voglio dimostrare con ogni vestito» obiettò lei, sicura di sé.
Alzai gli occhi al cielo. «Però con quell’abito attiri meglio l’attenzione della gente, degli uomini che ti ammirano e delle donne che ti invidiano.»
«Beh, effettivamente…» esclamò lei, sorridendo in modo poco modesto.
«E sicuramente attrai maggiormente la loro attenzione più di quando indossi quella camicia verde e quella gonna a fiori…»
L’espressione di lei si fece minacciosa e mi apprestai a limare il discorso. «…che ti stanno d’incanto, ma non mettono in risalto la tua figura.»
«Te lo concedo» disse lei, irrigidendosi lievemente.
Se avessi cercato solo minimamente di mettere in dubbio il suo fascino, anche se vestita non in modo appropriato, mi avrebbe rifilato una sonora sberla.
«Ma quello che conta è il contenuto. Cioè tu» continuai. «Tu sei sempre la stessa e le tue qualità sono innegabili. Ma risaltano meglio dentro l’abito nero.»
«Quindi il mio abito nero sarebbe un romanzo giallo.»
«All’incirca.»
«Beh, certo, vestita in quel modo posso far morire qualcuno…» disse lei, strappandomi una risata. Ma dalla sua espressione sembrava che non avesse avuto la minima intenzione di ironizzare. «Di piacere o di invidia.»
«Credo sia una grande abilità trovare l’abito giusto per un romanzo.»
«E se io non trovassi l’abito giusto per me, andrebbe bene lo stesso?»
La fissai in silenzio per alcuni istanti, come se mi fossi fatto cogliere in imbarazzo. «Per te sì, per un romanzo no. Credo che il paragone con la letteratura in questo caso non funzioni.»
Tornai a osservare i libri esposti.
«Questo è il nostro angolo di libri usati: c’è una vasta gamma di scelta. Devo solo trovare il libro giusto per te.»
«Libri usati?» esclamò Amelia. «Vuoi rifilarmi un libro sporco, passato in chissà quante e quali mani?»
«Non sei mai stata in biblioteca, vero?» replicai, senza aspettarmi che la ragazza trovasse divertente la battuta. «Tra i libri usati è più facile scovare i romanzi classici migliori, che in altri modi è difficile trovare mancando le nuove edizioni. Potrei proporti un romanzo di Mary Roberts Rinehart: a me piace molto… no, credo che a te non piacerebbe come descrive le donne, ma del resto siamo nella prima metà del Novecento. Ti farei leggere volentieri Margaret Millar, ma per iniziare vorrei darti qualcosa di più spensierato…»
«Per iniziare…» ripeté lei, con una nota scettica nella voce, come se la stupisse che ci potesse essere un seguito.
«Ecco, trovato! Prendi questo.»
Amelia se lo lasciò cadere passivamente nelle mani. «L’uomo ombra.»
«Dashiell Hammett è fra i più grandi scrittori mai esistiti!» esclamai, avviandomi nuovamente verso il banco.
«Stai esagerando come al solito?» chiese lei, ben sapendo che, quando parlavo delle mie passioni, mi facevo trascinare dall’entusiasmo, perdendo leggermente di vista il contatto con la realtà.
«Beh, certo, è un giudizio soggettivo. Ma è quello che penso davvero!» Tutto sommato mi sembrava una giustificazione valida.
Raggiungemmo la postazione, dove presi il libro, lo riposi in una piccola borsa di carta e offrii il tutto ad Amelia. Battendo qualche tasto sulla cassa, aggiunsi: «Questo lo metto sul mio conto.»
«Ci mancherebbe altro» ribatté lei con naturalezza. «Ci vediamo stasera: credo che indosserò un abito nero.»
Sorrisi, guardandola avviarsi verso l’uscita.
«Ah, signorina.»
Lei si girò di scatto.
«Questo non lo prende?»
Amelia fissò appena la sua prima scelta rimasta sul banco, prima di uscire dalla libreria.
2 – Un brivido lungo la schiena
Io e Amel ia ci conoscevamo orm ai da anni e ci eravamo spesso freq ue ntati, senza però iniz ia re una vera e propr ia relaz io ne, fino all’estate prima, q ua ndo mi ero recato per alcuni g io rni al mare nella casa della m ia famigl ia , nel p ae se dove l ei viveva e lavorava. Q ua si ogni anno ci incontravamo d’estate, ma in q ue ll’ultima occas io ne era scattato q ua lcosa che aveva convinto la ragazza ad andarsene e seg ui rmi. Forse erano stati tutti gli eventi turbolenti avvenuti q ue ll’estate, forse il fatto che l ei si ann oia sse facilmente in un posto così piccolo, o forse l’id ea che a trentad ue anni magari era il caso di mettere la testa a posto e pensare al futuro. E se il s uo futuro si ch ia mava Ed oa rdo Silenti non era p oi così male, almeno per me.
Di media statura, avevo i capelli biondi tagliati molto corti e gli occhi di un grigio anonimo. Amelia avrebbe potuto ambire a un uomo più prestante e affascinante ma, sebbene anche coloro che la conoscevano bene pensassero il contrario, le apparenze non le interessavano poi così tanto.
Era stesa a letto, vestita di una leggera e corta sottoveste bianca che lasciava ben poco all’immaginazione, intenta a leggere L’uomo ombra, quando entrai e iniziai a spogliarmi.
Lei guardò l’orologio sul comodino che segnava le dieci. Lo aveva già guardato pochi istanti prima, ma voleva che il gesto mi fosse chiaro. «Se avessi tardato altri dieci minuti, avrei finito il libro.»
«Lo hai iniziato sul serio?» chiesi, stupito.
«Cinque pagine» rispose lei laconicamente, mentre le sfioravo le labbra con le mie. «Ti sei divertito? Dove sei stato?»
«Te l’ho detto che avrei mangiato qualcosa con i ragazzi. Ci siamo un po’ attardati…»
«Ragazzi?» chiese lei, con una punta di gelosia nella voce.
«C’era solo Anna» risposi, come per rassicurarla che non c’era stata alcun’altra presenza femminile.
«Mi fido poco comunque. Lavora con te tutto il giorno: non vorrei si facesse strane idee.»
«Lavorava con me prima che tu ti trasferissi qui e lavorerà con me anche in futuro. E poi chi ti dice che le strane idee non vengano in mente a me?»
«A te?!» esclamò lei, ridendo spontaneamente. «Ma se tu mi hai sempre adorata, tanto da non vedere altra donna all’infuori di me!»
«No, ti sbagli. Sei l’unica che ha accettato di stare con me. È diverso» ribattei, infilandomi a letto. «Allora cosa ne pensi?»
«Di cosa? Ah, parli del libro?» chiese, vedendo l’oggetto che si era dimenticata di tenere in mano. Solo in quel momento si accorse che era girato al contrario e provvide a rimetterlo per il verso giusto.
«Lo hai cominciato sul serio?»
«Ma sì! È stato il tuo ingresso a scombussolarmi» rispose lei, sorridendo maliziosamente. «È questo l’effetto che mi fai» aggiunse, accarezzandomi la nuca con la punta delle dita.
Sospirai. Amelia era fatta così: amava giocare e flirtare, fare allusioni, alimentare la propria ambiguità e farmi sentire come se dovesse sedurmi, ogni volta come fosse il nostro primo incontro. Pensavo che una volta iniziata ufficialmente la nostra relazione avrebbe smesso i panni di quel personaggio, ma evidentemente vi si era calata talmente bene da identificarvisi.
L’unico problema era che spesso flirtava anche con altri uomini e non vedeva di buon occhio quasi tutto l’universo femminile, ma io, che non sono certo la persona più sicura di sé al mondo, avevo alcuni, pochi, punti saldi: uno di questi era che di Amelia mi fidavo al cento per cento, anche se l’avessi trovata in braccio a uno sconosciuto, alto e muscoloso.
«È carino» rispose infine lei.
«Solo carino?!» esclamai, meravigliato. «È un capolavoro!»
«Ho letto appena cinque pagine» rispose lei in tutta tranquillità. «Concedimi un po’ di tempo.»
Sorrisi. Amelia non era certo tipo da farsi sconvolgere da critiche o obiezioni; affrontava tutte le situazioni con tranquillità, non si metteva mai sulla difensiva e non sentiva affatto la necessità di trovare giustificazioni, come se tutto sommato l’opinione degli altri non le importasse affatto.
«So solo che io non me ne starei così calma come la moglie» disse, come per smentire i miei pensieri.
«Quale moglie?»
«La moglie di Charles, il protagonista. Fossi in lei, avrei già rifilato un cazzotto alla ragazzina nel primo capitolo.»
Effettivamente Amelia era una persona passionale e dimostrava tutta la sua energia soprattutto per gelosia.
«Vedi? Hai già trovato qualche spunto interessante» commentai sorridendo, mentre lei si apprestava a riporre il libro sul comodino.
La mia attenzione fu quindi attratta da un biglietto che stava uscendo dal volume e si posò sul ventre della ragazza. «Cos’è quello?»
«Cosa?» chiese lei, che non se ne era accorta.
«Questo.»
Lei mi fissò mentre lentamente avvicinavo la mano e afferravo il biglietto piegato in due, portandolo via.
«E io che mi ero illusa» commentò Amelia,