Le Vie del Mare
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Anteprima del libro
Le Vie del Mare - Giuliano Tofani
1863-1933)
Prefazione
Questo racconto non è una storia di mare, è una storia che scorre sul mare, mare che da millenni rimescola genti e culture. Sul mare si creano destini e si compiono le vite. Sul mare nascono i dubbi, sul mare si trovano le risposte che generano nuovi dubbi.
Tutte le cose che accadono a terra sono sempre figlie delle storie di mare. Così come le case sono il contorno delle strade, strade che portano sempre da una casa all’altra, così anche il mare ci porta lungo la nostra vita, da un evento all’altro, lungo le sue strade, che non sono segnate, ma sono le stesse dalla notte dei tempi.
I fatti e le persone citate sono verosimili, come del resto è verosimile la vita, in generale.
Il Professore
La fine dell’inverno spinge gli animali a risvegliarsi, a mettere la testa fuori dalle loro tane e a guardare la luce del giorno, luce che indugia sempre più a lungo e sempre più forte. Gli animali, con gli occhi strizzati, si abituano alla nuova stagione, e cominciano a girare intorno alla tana, in cerca di cibo.
Chi invece la tana non ce l’ha, perché vive nelle profondità del mare, quando arriva la primavera mette brevemente la testa fuori dall’acqua, si guarda intorno per vedere cosa accade fuori dal suo regno, e poi si incammina per il suo lungo viaggio annuale.
E’ così che verso la fine di marzo i grandi capodogli del Mediterraneo, che hanno sonnecchiato tutto l’inverno probabilmente sui bassi fondali della Tunisia, partono a gruppi, numerosi anche di 15 o 20 esemplari, per cominciare la risalita verso la Corsica, dove in acque più fresche troveranno un sacco di gamberetti da mangiare, ma soprattutto si andranno a riprodurre.
E’ un lungo viaggio che da Malta segue le coste occidentali italiane fino al mar Ligure, dove queste enormi bestie arrivano tra Luglio e Agosto, e lì, a nord di Capo Corso, se ne staranno a giocare per qualche mese, per poi ridiscendere di nuovo in acque più calde a ottobre, passando questa volta verso ovest, passando dalle Baleari. E’una nuotata di oltre tremila chilometri, in armonia con la corrente generale del Mediterraneo, che in senso antiorario rimescola i pesci e le acqua, ma che purtroppo ridistribuisce su tutte le coste anche l’inquinamento.
Il primo giro di boa che i capodogli devono affrontare è un piccola isola spersa nel nulla, pochi chilometri di lunghezza, magra come una acciuga, che pare se ne stia proprio lì per sbaglio in mezzo alla strada, strada che loro seguono generazione dopo generazione da millenni. E’ come un sentiero segnato nel nulla, una via che loro riconoscono in mezzo a mille e mille molecole d’acqua, e che seguono con la precisione di un sottomarino nucleare da guerra, e forse anche meglio.
Per non fare troppa strada in più, o forse per la curiosità tipica dei mammiferi, i capodogli sfilano incolonnati a pochi metri dalla Punta del Faro, con le schiene a pelo d’acqua. Di quando in quando alzano il grande occhio tra una sbuffata e l’altra, e guardano la ripida scogliera, e osservano le rocce dove si affollano gli isolani che ogni anno al grido I capodogli, i capodogli…
accorrono tutti insieme per vedere questo spettacolo meraviglioso.
I capodogli a più riprese passano sotto la punta, per poi sparire tutti insieme, forse richiamati dal capogruppo che gli ricorda le molte miglia che devono fare, e il loro dovere e piacere di andarsi a riprodurre.
Una giorno, nello stesso istante in cui il corteo dei cetacei faceva la sua annuale sfilata militare, il Professore, anche lui risvegliato dal tepore dello scirocco primaverile, esce di casa, si sgrolla le spalle come per levarsi di dosso l’umido dell’inverno, strizza un po’ gli occhi abbacinati dal blu intenso del cielo, e si incammina verso la Punta del Faro, nella sua consueta camminata mattutina.
Quello che noi vediamo camminare oggi è un anziano che, non avendo nulla da fare, ripete ogni giorno alcuni gesti che danno una estrema sicurezza, come alzarsi alla stessa ora, leggere le notizie sull’Ipad, che ormai sostituisce il giornale anche nella più sperduta isola del mondo, poi la colazione fatta da un caffè, la passeggiata mattutina, e altri mille piccoli gesti, poi regolare la barba tutte le mattine, insomma gesti ripetitivi che scandiscono un tempo che scorre senza scosse, e senza previsioni di tempesta. Perché spesso quello che si richiede ad una certa età è la calma, la patana, il mare liscio come l’olio, in attesa di quello che tutti temiamo e a cui non vogliamo pensare. Il Professore, a giudizio suo, si meritava il senile riposo, dopo una vita che di riposo ne aveva reclamato tanto.
Lui in realtà non era stato così abitudinario e riflessivo in passato, non era la persona flemmatica e un poco pantofolaia che vediamo ora scendere al Faro. Il Professore non era originario del posto, era arrivato nell’isola sperduta circa 6 anni prima, dopo una vita di lavori avventurosi e precari, di viaggi via terra in autostop e furgoncini. Aveva avuto molti rivoluzionamenti della vita e dei rapporti familiari. Fughe all’estero e rientri, ricordiamo che erano gli anni di piombo in Italia, quando si partecipava a sommosse e complotti che non avrebbero mai portato a nulla, ma che ti facevano vivere l’ebbrezza della illegalità. Una modesta illegalità che il Professore frequentò quasi da vicino, fatta più che altro di striscioni alle manifestazione e qualche scritta con le