Insegnare ai tempi del cloud
Di Simone Mazza
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Insegnare ai tempi del cloud - Simone Mazza
Simone Mazza
Insegnare ai tempi del cloud
Testo di Simone Mazza.
Copertina di Davide Mazza.
pubblicato con Narcissus - Self Publishing
I stesura - 20 gennaio 2015
UUID: ddf861ec-bb4d-11e4-9bad-9df0ffa51115
This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com)
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Indice dei capitoli
L'autore
Introduzione
Le competenze dei docenti
Competenze e processi di apprendimento
Un modello di lezione
Gli strumenti e i setting didattici
Il cloud: cosa è, a cosa serve
Tipologie e usi del cloud
I principali sistemi cloud
Come funziona DropBox
Come funziona Evernote
Come funziona Google Drive
Google Education
Google Classroom
Il social network e il social a scuola
Rischi e potenzialità della rete a scuola
Potenzialità dei video e il caso
della flipped classroom
Il setting BYOD
Come organizzare il lavoro in una classe
I software autore per LIM alla luce dei cloud
La ricerca e la selezione delle informazioni
La condivisione e l’organizzazione delle informazioni
Lo studio delle informazioni
La produzione delle informazioni
Valutazione e autovalutazione delle attività
Annotazioni sullo schema di lavoro: a proposito di autonomia
Repository
Un esempio di attività didattica in storia
Un esempio di attività didattica in geografia
Un esempio di attività didattica in italiano
Un esempio di attività didattica in italiano
Un esempio di attività didattica in italiano
Un esempio di attività didattica in scienze
Un esempio di attività didattica interdisciplinare
Un esempio di attività di educazione civica
Un esempio di attività CLIL
Un esempio di attività di educazione all’uso di Internet
Un esempio di attività di integrazione
Un esempio di attività sull’intelligenza emotiva
Ancora strumenti!
Glossario
Bibliografia
Conclusioni
Ringraziamenti
L'autore
Docente (di Lettere) nella Scuola secondaria di primo grado, la sua prima classe (a.s. 1996-’97) ha realizzato con Macromedia Director uno dei primi ipertesti multimediali (su Floppy disk!), si occupa dal 1994 di tecnologia applicata all’insegnamento. Ricopre dal 2001 il ruolo di Funzione Strumentale per l’uso dell’informatica nella didattica e dal 2013 quello di referente per la classe 2.0., ha scritto numerosi articoli su riviste specializzate, ha conseguito la Patente Pedagogica Europea di Informatica (EPICT); già tutor per i progetti di formazione all’uso della LIM del MIUR-INDIRE per la Provincia di Parma e formatore sulle ICT in diversi progetti della Regione Emilia Romagna, è docente di Tecnologia didattica nei Percorsi Abilitanti Speciali presso l’Università di Parma.
Ha scritto gli eBook Insegnare Italiano, Storia e Geografia con la LIM, Video in classe, Video in classe con app e cloud, disponibili su Amazon, Apple Store, Ultimabooks e altri store on line.
Autore anche di racconti per la narrativa, editi da diverse case editrici, ha pubblicato autonomamente un fumetto, La cosa importante (+ Io non ti conosco), in formato elettronico, disponibile su iBooks Store (per iPad).
Ha anche un’attività di servizi per il web e gestisce un blog di tecnologia didattica, www.digidattica.com.
Tutti i nomi dei prodotti citati nel presente testo sono protetti da copyright e sono di proprietà di chi ne detiene legalmente i diritti.
Introduzione
Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est.
(Seneca)
Come docente e come formatore di docenti, mi è capitato molto spesso di ascoltare colleghi fraintendere il ruolo delle tecnologie nei processi didattici.
L’ingresso delle tecnologie nella didattica ha già una lunga storia e, dal vecchio
e semplice laboratorio attrezzato all’uso del tablet one-to-one in classe, è passata molta acqua sotto i ponti. L’evoluzione delle infrastrutture telematiche, soprattutto, ha fortemente modificato l’uso del telefono cellulare (smartphone) e del computer nella società civile, al lavoro, in famiglia, per la strada; sono aumentati i siti a forte indice di interazione (web 2.0) e si sono sviluppati i social network; perciò, sono cambiate anche le possibilità di utilizzo di Internet a scuola, il che è probabilmente l’aspetto più rivoluzionario e sconvolgente. …gli effetti combinati della rivoluzione digitale e del Web 2.0 sui sistemi educativi si concretizzano in una radicale trasformazione che tende a ri-orientare i sistemi di istruzione/apprendimento
[1].
Ciò per dire che il già generico ambito delle cosiddette Tecnologie della Informazione e della Comunicazione
(TIC) è divenuto ancora più ampio; e sotto il suo ombrello troviamo innumerevoli strumenti (o categorie
di strumenti), molto diversi tra loro; e altrettante filosofie
didattiche, cioè visioni d’uso degli stessi, a scuola.
Questo ha anche moltiplicato, tra i docenti, sia gli approcci possibilisti sia quelli scettici: non ci sono più solo i tecnofobi
e i tecnofili
tout court, sfavorevoli e favorevoli al computer a prescindere
. Ci sono quelli che: la LIM va bene, ma non i tablet; i programmi sì, ma Internet no; il computer a casa, ma non a scuola; chi lavora con il PC solo il docente!
e chi solo il disabile
; eccetera. Nell’attuale contesto, ha ritrovato vigore persino l’archetipica branca della programmazione informatica, sospinta dalle recentissime esortazioni del documento La buona scuola
[2].
Scopo del manuale è aiutare i docenti a districarsi in questa nuova giungla di rischi e opportunità, riuscire a orientare la scelta degli strumenti in base agli obiettivi didattici. In particolare, ci si soffermerà sulle potenzialità della rete e dei cloud, che, credo, possano rappresentare la direzione naturale
per chi voglia usare (e insegnare ad usare) la tecnologia a scuola.
Naturalmente, si spera di motivare anche gli scettici ad oltranza, che sono la categoria più refrattaria (e nient’affatto sparuta); benché siano ormai anch’essi dotati del telefono cellulare e compilino il registro elettronico,avversano qualunque utilizzo della tecnologia da parte dei ragazzi. Li senti snocciolare i pericoli della tecnologia (violazione della privacy, navigazione su siti Internet vietati, danni alla salute, incentivo alla pigrizia), mai i benefici; ripetono i vari mantra sull’involuzione culturale della generazione del copia & incolla
, ma normalmente il loro giudizio dipende semplicemente da ciò che essi conoscono; io sono consapevole dei rischi di un utilizzo improprio della tecnologia (dedicherò un ampio capitolo a questo tema, più avanti), ma non posso accettare che si affermi l’inutilità di uno strumento da parte di chi non lo conosce.
Infine, c’è un dato sociologico evidente e incontrovertibile (a prescindere dal giudizio valoriale che possiamo dare sul rapporto tra civiltà e tecnologia): viviamo in una società fortemente informatizzata e le giovani generazioni già camminano con potenti computer in tasca [3]. Una scuola che voglia restare in relazione con gli studenti di oggi può far finta di nulla e alimentare una propria idea
di educazione, che sopravvive unicamente grazie a schemi elaborati quando computer, cellulari e internet non esistevano? Chi propugna ancora e tenacemente tale idea, in fondo, aiuta i ragazzi di oggi? li accompagna nel loro cammino?
Per promuovere ulteriormente l’utilizzo delle tecnologie informatiche in classe, vorrei richiamarmi brevemente al Progetto iTEC (Innovative Technologies for an Engaging Classroom), un progetto quadriennale di ricerca e sviluppo finanziato dalla Commissione Europea, che ha visto la partecipazione di 26 partner tra il 2010 e il 2014: Ministeri dell’Istruzione, fornitori di tecnologia e enti di ricerca. Gli obiettivi di iTEC sono stati l’innovazione della didattica e la diffusione dell’uso delle tecnologie nella scuola dell’obbligo. Attraverso iTEC sono stati sperimentati strumenti e risorse in progetti pilota che hanno visto la partecipazione di circa 50.000 alunni in 2624 classi di 20nazioni europee. L’approccio iTEC comprendeva i Future Classroom Scenario (Scenari per la classe del futuro) e la progettazione sistematica di coinvolgenti ed efficaci Learning Activity, che implicassero l’utilizzo di strategie didattiche digitali
. Il progetto iTEC mi sembra particolarmente importante perché ha finalmente portato alla luce risultati evidenti sul rapporto tra l’uso delle tecnologie e l’apprendimento. Questi sono stati i risultati, in estrema sintesi [4]:
Gli insegnanti hanno constatato come l’approccio iTEC abbia sviluppato competenze trasversali (le osiddette competenze del XXI secolo) negli studenti, vale a dire, apprendimento autonomo, pensiero critico, problem solving e riflessione sul mondo reale, comunicazione e collaborazione, creatività, competenze digitali. Gli studenti hanno avuto la stessa percezione.
I ruoli degli studenti in aula sono cambiati: gli alunni si sono impegnati nella valutazione e nel tutoraggio fra pari, hanno insegnato ai docenti, hanno partecipato alla progettazione della didattica, sono diventati designer/produttori
.
La partecipazione alle attività in aula basate sull’approccio iTEC ha avuto un impatto positivo sulla motivazione degli studenti.
L’approccio iTEC ha incrementato i risultati degli studenti, come hanno potuto notare gli insegnanti (sulla base delle valutazioni) e gli studenti stessi.
Il progetto ha messo in luce anche interessanti risultati sul versante del ruolo dei docenti. Per esempio, anche la qualità della progettazione del lavoro e la motivazione dei docenti hanno subito un notevole incremento.
Non aggiungo altro: da un recente studio, i ragazzi che usano più responsabilmente la tecnologia sono quelli che sono affiancati da persone adulte che, a loro volta, hanno una conoscenza basilare dei processi informatici e sanno proporne un uso finalizzato e regolato [5].
Certamente, questo testo è rivolto soprattutto alla categoria dei docenti che usa
o vuole usare
(con variabili livelli di entusiasmo, in relazione alle loro competenze e preferenze). Anche alcuni di questi, spesso, tendono a confondere lo strumento con il metodo didattico; o a presumere che innovare consista nel sostituire semplicemente il supporto cartaceo con uno schermo luminoso. Molti operatori scolastici, d’altronde (a cominciare da molti dirigenti) sono lieti di avere
i computer, per compiacere un’utenza che a sua volta confonde l’infrastruttura con il progetto educativo. Certo, gli ambienti costituiscono già una parte dell’offerta formativa e possono ispirare
la didattica; avere
le cose è la prima condizione per poterle usare, peraltro; tuttavia, se il discorso verte sulla pedagogia dei nuovi media e sull’innovazione didattica, è evidente che ci dobbiamo porre il problema non già del cosa ho (livello quantitativo) quanto piuttosto del come uso (livello qualitativo).
Insomma, quella delle tecnologie a scuola rischia di diventare un’altra moda poco produttiva, se non impariamo a progettarne un uso funzionale a precisi obiettivi didattici.
Confessiamolo: talvolta, anche all’interno dei percorsi formativi, si è cercato di promuovere strategie effettistiche
, tali per cui, ad esempio, uno studente sarebbe più motivato ad apprendere il teorema di Pitagora se assiste ad un cartone animato sul triangolo rettangolo, piuttosto che se lo vede disegnato su un foglio da un attempato docente di matematica. Ciò non solo è poco dimostrabile e (in sé) improbabile, dal momento che l’apprendimento di concetti basato sulla meraviglia
(il cosiddetto wow effect) ha una durevolezza minima [6]; ma tale strategia non è nemmeno un metodo didattico, in senso stretto. Non si disconosce che una formazione sulle tecnologia comporti aspetti meramente tecnici (dove si trova il pulsante per…
) e che la funzionalità tecnica rappresenti una condizione positiva per la sperimentazione (come si fa ad imparare ad usare la rete se la rete non funziona mai!?), ma è evidente come la tecnologia non possa essere al servizio di se stessa, bensì volta all’acquisizione di competenze formative trasversali e disciplinari.
In verità, i processi mentali che sottendono all’apprendimento sono molteplici e di fatto (almeno a lungo termine) prescindono dal supporto con cui sono presentati gli argomenti di studio. Stando alle più importanti ricerche, sembra che i fattori che motivano di più i ragazzi ad apprendere sono (1) il loro coinvolgimento attivo nella costruzione di una lezione [7], (2) il lavorare in gruppo [8], (3) la sensazione di farcela
(senso dell’autostima in ordine alla produzione, ciò che equivale al successo professionale per gli adulti) [9]; (4) l’attinenza degli argomenti di studio con l’attualità o la vita reale [10] e (5) la presentazione degli stessi da parte di un modello credibile [11]. Se gli insegnanti chiedessero direttamente ai loro alunni cosa li spinge maggiormente ad impegnarsi, anche loro confermeranno più o meno queste stesse cose.
Si capisce come tutto ciò abbia a che fare più con gli obiettivi e i processi che con gli strumenti e i setting didattici.
Questo assunto non cambia con l’avvento dei cloud, ma i cloud danno comunque una visione diversa del paesaggio da cui partiamo e una prospettiva nuova alle possibilità cui tendiamo.
Speriamo qui di definire meglio l’una e l’altra, per supportare al meglio il lavoro dei docenti.
[1] BECTA, Web 2.0 technologies for learning: The current landscape.
[2] Mi riferisco alla (non ancora chiarissima) proposta di incrementare il pensiero computazionale già dalla Scuola primaria.
[3] SWG (per Moige e Symantec), Indagine sull’utilizzo di Internet; M. Vaira, Nuove tecnologie, conoscenza e società.
[4] b Sul sito iTEC si possono trovare informazioni più dettagliate: http://itec.eun.org/web/.
[5] M.Ozenda-L.Bissolotti, Sicuri in rete.
[6] S. Mazza, Insegnare italiano, storia e geografia con le LIM.
[7] D. Zyngier, (Re)conceptualising student engagement: doing education not doing time in Teacher and Teaching Education
n. 24 (ott. 2008).
[8] M. Pellerey, Motivazione e volizione nell’apprendimento scolastico. Cfr. anche http://www.edscuola.it/archivio/didattica/gde02.html
[9] A. Bandura, Il senso di auto-efficacia.
[10] B. Ciari, Le nuove tecniche didattiche.
[11] E. Calamari, A scuola con gli adolescenti.
Le competenze dei docenti
Desidero dare qui uno spazio più cospicuo al tema