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La nera signora
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E-book56 pagine22 minuti

La nera signora

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La nera signora di Tiziana Monari è una silloge in cui aleggia un afflato di melanconia appena velato dalla potenza immaginifica dei ricordi e delle sensazioni, non sempre veritiere, che a essi la memoria e il cuore associa. Caducità e desiderio, Storia e miseria umana, speranza e consapevolezza di dover fare i conti con la finitezza della vita umana. Non c’è la volontà di esorcizzare un demone, il tentativo di tenerlo a distanza, la nostra esistenza è destinata a finire ma è proprio nell’attimo vissuto senza conoscere il domani che il cammino dell’essere umano si compie. Noi siamo per ciò che è stato.

È in assedio la vita/ e i semi delle rose sono polvere. E dalla polvere l’anima si rigenera in tutta la sua bellezza e profondità e si offre al mondo impietosamente nuda, pronta a combattere, a fare a meno di un approdo sicuro.

La Poetessa, attraverso un linguaggio immaginifico dalle sonorità evocative, frantuma in toni e colori la sorda melanconia di partenza e stringe a sé dolore, rabbia, felicità; attraverso un ritmo che palpita di allusioni, simboli e apparenti contraddizioni, infine, compone un mosaico di luci e ombre che avvince il Lettore. Una silloge raffinata.

Tiziana Monari nasce a Monghidoro in provincia di Bologna. Piccolissima si trasferisce con la famiglia a Prato, anche se trascorre ancora lunghi periodi con i nonni nella quiete della montagna. Segue studi umanistici letterari, ama leggere, girare il mondo e fare lunghe passeggiate nei boschi con il suo cane. Scrive poesie e racconti solo da pochi anni per i quali ha però ricevuto attestati, riconoscimenti e numerosi premi della critica. Ha pubblicato sei sillogi Frammenti d’anima Aletti Editore, Il cielo capovolto Maremmi Editore, Il lamento di Antigone (Lulù), La luna di Dachau, Prima che il dolore finisca, 42 lune Senanova Edizioni.
LinguaItaliano
Data di uscita6 nov 2013
ISBN9788863964233
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    Anteprima del libro

    La nera signora - Tiziana Monari

    Guevara

    Alle cinque della sera

    E io muoio ogni giorno alle cinque della sera

    deriso, cieco, sospinto e calunniato

    chino nella sabbia sconsacrata di un’arena

    fra le risa degli astanti

    arreso all’infinita lacrima del sogno

    a un vuoto tra le spine, a un urlo straziato di giovenca

    vedo solo buio sopra i fioriti davanzali

    e timidi ventagli, e donne con camicie fresche di bucato

    colori forti e una chitarra sospinta fra gli scanni

    tutto si piega, si asciuga sotto il sole

    il sangue e il flamenco

    gli embrici curvati sulla fragile arenaria

    quando il pelo lucente è trafitto dal pugnale

    e un uomo armeggia tra le mie ossa chiare

    spenge le tempie, la mia vita

    discende tra le tibie, buca il mio ventre

    come falco lanciato sulla preda

    c’è un odore sommesso di letame, il lezzo scuro della morte

    mentre io lentamente dondolo, barcollo

    mi capovolgo senza vita in un bemolle lento

    le zampe in aria, a danza ferma, nell’arpeggio dei cedri che si alza.

    È polvere la morte, è sangue che zampilla, ogni giorno striscia sul grano lieve

    e mi trafigge il cuore, ancora e ancora

    ogni volta alle cinque della sera.

    In un cerimoniale lento, che si ripete all’infinito.

    Malaguena Salerosa

    (31 dicembre 2012)

    E ci consumava il tempo nell’aria capovolta di Malaguena Salerosa

    su ragazze col cappello da matrimonio, su risate e minestre di famiglia

    c’erano forme luminose e vaghe, collane, anelli bianchi, balli gitani

    gente a testa bassa, gli occhi chiusi, amori sfogliati e giochi senza arte

    canzoni stonate senza più speranze possibili

    e tutti in fuga dalla vita al ristorante

    dove si contavano chicchi di granturco e bicchieri vuoti

    e si offrivano ballando come affetti

    contabili, notai, avvocati e falegnami

    c’era una penombra lenta che faceva male, amici tristi, donne di anni lontani

    echi, passi e amabili noncuranze, agonie chiuse in dormiveglia

    cibi scotti serviti su vassoi da portata

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