Tarantino, fortuna critica - La critica dei film di Quentin Tarantino in Italia e in Francia, Vol. I, 1992/2004
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Recensioni su Tarantino, fortuna critica - La critica dei film di Quentin Tarantino in Italia e in Francia, Vol. I, 1992/2004
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Anteprima del libro
Tarantino, fortuna critica - La critica dei film di Quentin Tarantino in Italia e in Francia, Vol. I, 1992/2004 - Valentina Fini
Tarantino,
fortuna critica
La critica dei film di Quentin Tarantino in Italia e in Francia
Volume I, 1992/2004
Valentina Fini
Collana Espressioni
INDEX 2012
Walter Benjamin diceva:
vorrei fare un libro di sole citazioni
.
Io manco dell’originalità necessaria.
Roberto Benigni
Premessa
Quest'opera esamina come alcune testate italiane e francesi, ciascuna con proprie diverse tradizioni interpretative, hanno accolto i film di Quentin Tarantino, regista americano indipendente che ha esordito nel 1992 con il film Reservoir dogs (Le iene).
Il saggio è diviso in tre parti. Nella prima viene illustrato il materiale che ogni testata ha dedicato a ciascun film in occasione della sua uscita nei festival o nelle sale. Questa prima parte di analisi costituisce un indispensabile punto di partenza per procedere ad un confronto.
La seconda parte è composta da due interviste raccolte durante il mese di novembre 2005 a Parigi, con Jean-Loup Bourget, allora giornalista di Positif da più di 25 anni, e con Jean-Michel Frodon, direttore dei Cahiers du Cinéma; sono collocate prima delle osservazioni conclusive perché vi si farà spesso riferimento e i temi affrontati anticipano i concetti esposti nel capitolo seguente. Sono poche le domande rivolte a entrambi nella stessa maniera: i loro interessi sono differenti e così la loro predisposizione a parlare di determinati argomenti. I temi fondamentali, tuttavia, rimangono gli stessi: il ruolo delle riviste di cinema nell’ambito della critica cinematografica e la loro possibile influenza sul pubblico e sulla stampa generalista, i criteri di giudizio, l’attualità della Politica degli autori, l’importanza delle interviste, il concetto di cinefilia.
Nella terza parte vengono messi in evidenza alcuni aspetti interessanti emersi dallo studio degli articoli: in particolare, come il citazionismo
viene accolto e più o meno accettato; il concetto di cinefilia
, la sua definizione e importanza per ognuna delle riviste prese in considerazione e il suo cambiamento nel tempo; il concetto di autore
e la sua attualità e coerenza.
Note tecniche
Sono stati raccolti gli articoli relativi ai film Le iene (1992), Pulp Fiction (1994), Jackie Brown (1998), Kill Bill vol. I (2004) e Kill Bill vol. II (2005) comparsi nelle seguenti testate per quanto riguarda l’Italia: Cineforum, Segnocinema, Filmcritica e, per quanto riguarda la Francia: Cahiers du cinéma, Positif, Les Inrockuptibles, Le Monde.
My best friend’s birthday (1987) non è stato preso in considerazione perché nessuna della testate selezionate l’ha recensito. I lavori come sceneggiatore (True Romance¹, Natural Born Killers²), come guest director (Sincity³), o regista di singoli episodi di serie televisive (ER, CSI...), non sono stati considerati in quanto Tarantino non ne viene riconosciuto l’autore
e talvolta è lui stesso a prenderne le distanze (come nel caso della sceneggiatura venduta a oliver Stone).
Prima parte - i film
Reservoir dogs – Le iene
manifesto americano, italiano e francese
Titolo originale:
Produzione: USA
Anno: 1992
Regia:
Interpreti:
Durata: 106'
Non tutte le testate prese in considerazione hanno accolto Le iene allo stesso modo. Vediamo ora come ognuna di queste ha reagito alla presentazione de Le iene, presentato fuori concorso al Festival di Cannes e al Festival di Viareggio del 1992, poi uscito nelle sale francesi in settembre e in ottobre in quelle italiane.
Cahiers du cinéma
I Cahiers dedicano una pagina all’incontro con Tarantino in occasione del Festival di Cannes 1992, in cui viene lasciato molto spazio alle parole del regista⁴.
Camille Nevers, che ha raccolto l’intervista, precisa fin dalle prime righe come la violenza del film non sia violenza fine a se stessa ma piuttosto un vero e proprio "progetto di messa in scena". Un altro aspetto interessante di questo breve articolo è l’immagine di Tarantino come regista che viene costruita attraverso le sue parole: parla del suo film, del perché abbia fatto alcune scelte invece di altre, del suo amore per il cinema.
Dice di sé: sono prima di tutto un cinefilo, sono pazzo di cinema.
Mi limito per adesso a sottolineare questa frase che, come vedremo, acquisterà importanza soprattutto in relazione con altre interviste pubblicate dalle varie testate e con lo stesso concetto di intervista dei Cahiers.
Giudizio molto positivo, poi, quello di Antoine de Baecque, che, in un articolo sul cinema americano, colloca Tarantino tra gli autori indipendenti (Abel Ferrara, John Turturro, Hal Hartley...), e indica come evidente fonte d’ispirazione Miller’s Crossing (Il crocevia della morte, 1990) dei fratelli Coen, film matrice, secondo de Baecque, del cinema americano degli anni ’90, modello che Tarantino avrebbe portato alla quasi-perfezione
con Reservoir dogs. Ed è qui che il critico inizia un discorso importante sulla messa in scena di Tarantino.
"Quello che Le iene porta alla quasi-perfezione [...] sono le relazioni tra gli oggetti, i gesti e, soprattutto, le parole della violenza quotidiana. Il film di Tarantino è stato uno dei pochi film americani presentati a Cannes che sapesse parlare
, che utilizzasse parole, oltre che atteggiamenti e gadget".⁵
Si tratta soltanto di un accenno, che assume però grande importanza nella definizione del tipo di discorso.
Tornano a occuparsi di Reservoir dogs in occasione della sua uscita nelle sale, nel settembre dello stesso anno, quando Jacques Morice lo definisce un ritorno alle origini
, alle origini della messa in (morte) scena delle passioni
⁶.
È Morice che per primo parla di Tarantino come un cineasta
che visita più generi cinematografici
, ma giunge ad una "forma completamente nuova e personale, con lo stesso rapporto d’amore e innocenza del Godard di A bout de souffle": il paragone con un cineasta così amato dai Cahiers appare come una vera e propria dichiarazione d’amore.
La messa in scena di cui parla Nevers, l’incastro di de Baecque e la forma di Morice sono dunque ciò che attira l’attenzione dei Cahiers, perché è attraverso di essa che Tarantino si esprime ed esprime, ad esempio, il suo amore per il cinema, facendo tesoro della sua eredità senza esibirla né farne parodia.
Le Monde
L’unico articolo pubblicato da Le Monde su Reservoir Dogs è in occasione del festival di Cannes⁷.
Jean-Michel Frodon sottolinea in primo luogo il senso per la messa in scena di Tarantino:
ci si accorge soprattutto che il giovane cineasta che debutta sotto i nostri occhi possiede un vero senso della messa in scena
.⁸
Secondo Frodon, un nuovo e interessante cineasta si fa notare per il suo talento, talento che ricorda quello di Scorsese ai tempi di Means Streets (1973), in particolare nella sequenza di apertura. Una sequenza, però, non è abbastanza, e Tarantino è descritto come un giovane regista capace di farsi notare per la sua capacità di messa in scena, ma che non è in grado di affermarsi da subito come cineasta, e quello che porta a termine non è che un esercizio di stile:
[la rappresentazione teatrale] è meno interessante una volta riconosciuto che Tarantino porta a termine il suo esercizio di stile. Dopo qualche organo asportato, cremazioni e sparatorie, non si ha più grande interesse per questa macabra coreografia, ma già voglia di vedere il prossimo film di questo regista
.⁹
Les Inrockuptibles
In occasione dell’uscita di Reservoir Dogs è comparso su questa rivista un solo articolo: Le zinzin d’Hollywood
¹⁰.
È un articolo che lascia parlare Tarantino, che si sofferma a lungo sulla sue vaste conoscenze cinematografiche e sul suo entusiasmo nel parlare di film e nel raccontare i mesi che hanno seguito l’uscita di Reservoir Dogs, la partecipazione ai festival e gli incontri con alcuni dei suoi idoli
("J’ai pu rencontrer mon idole, Sam Fuller!"¹¹).
Quello di Les inrockuptibles è un punto di vista che pone Tarantino sul piano di esperto, che sottolinea il lato umano del regista e popolare della sua cinefilia: è un uomo che è stato un ragazzino qualunque, che ha guardato i film di serie B, preso la "sua razione di film kung-fu, blaxploitation, film di infermiere e ragazze pom-pom".¹²
Positif
Le prime parole su Reservoir Dogs si hanno in Positif in un articolo sul festival di Cannes. La parte introduttiva lo definisce immediatamente una straordinaria rivelazione di un nuovo cineasta
, e il breve articolo riprende queste parole parlando del film come una delle rare rivelazioni forti e sorprendenti
del festival¹³.
Nel numero seguente, in settembre, Reservoir Dogs guadagna la copertina: una foto di Tim Roth disteso a terra e bagnato di sangue punta una pistola verso qualcuno fuori quadro. Ecco il titolo in copertina, primo della serie:
Reservoir Dogs: il debutto fragoroso di Quentin Tarantino¹⁴
L’editoriale, riferendosi sempre al festival di Cannes dello stesso anno, continua:
"tra le varie prime opere promettenti, la rivelazione più spettacolare fu senza dubbio quella di Quentin Tarantino con il suo Reservoir dogs. [...] abbiamo scelto questo film di un regista di ventisette anni per la nostra copertina, nuova scommessa sull’avvenire. Con Joel Coen, Tim Burton e Steven Soderbergh, Tarantino fa parte della nuova generazione del cinema indipendente americano che risponde, con la sua insolenza e la sua inventiva, alle convenzioni del cinema hollywoodiano di oggi".¹⁵
Seguono una critica del film, scritta da Olivier de Bruyn, e un’intervista di otto pagine, condotta a Cannes da Michel Ciment e Hubert Niogret. È un’intervista che parte dalla sua infanzia, che indaga