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Sette anni in Carnia
Sette anni in Carnia
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E-book252 pagine3 ore

Sette anni in Carnia

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Info su questo ebook

Qual è la vera Carnia?

Quella silenziosa che quasi si ritrae , gelosa dei suoi tesori, o quella che desidera aprirsi al futuro senza rinunciare alle proprie tradizioni?

In questo libro che è a metà tra una guida turistica e un movimento dell’anima, Flavia Segnan, dal suo punto di vista di “cittadina” guarda alle mille sfaccettature di questa terra e dei suoi abitanti in una sorprendente e progressiva conoscenza.
LinguaItaliano
Data di uscita3 ott 2014
ISBN9788891158321
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    Anteprima del libro

    Sette anni in Carnia - Flavia Segnan

    anni?

    1. CASA IN CARNIA

    L’incontro con Donatella avviene a Findhorn, una comunità ecologica nel nord est della Scozia, nel settembre del 2004, in occasione di un corso di crescita personale.

    Lei, triestina come me, è carica di coinvolgente entusiasmo per il suo recente acquisto in Carnia.

    Sai, mi spiega mostrandomi delle foto, "Naventae, così si chiama questo fondo, l’abbiamo acquistato per poco e davvero in maniera fortunosa. Ne fa parte un vecchio stavolo che i miei genitori, mio marito ed io abbiamo iniziato a ristrutturare e un’altra piccola costruzione, un vano accessorio al complesso abitativo, che ancora conserva il focolare dove veniva bollito il latte per la preparazione del formaggio. Al centro della casa, al piano rialzato, c’è il fienile che ha un soffitto con travi a vista e un’energia davvero particolare, sottile; ho pensato di farne un luogo per incontri, seminari e meditazioni.

    Certo, c’è ancora tutto da sistemare…

    La proprietà è vasta continua soddisfatta a raccontare si estende al bosco circostante e a un appezzamento di terreno in dolce declivio, dove abbiamo iniziato a coltivare un orto... Vi sgorgano anche due fonti sorgive che regalano acqua limpida e fresca, buonissima da bere.

    Guarda, questi che vedi qui sono solo parte dei funghi che abbiamo raccolto; queste sono le noci dei nostri alberi…la legna che abbiamo accatastato per l’inverno… e questo è un giorno che è nevicato."

    Le foto si susseguono l’una all’altra, riportandomi profumi e sapori dell’infanzia vissuta sull’altipiano carsico, a stretto contatto con la natura.

    Altri nostri amici hanno acquistato proprietà contigue a Naventae prosegue Donatella e tutti assieme pensiamo di dare vita a un luogo dove offrire riposo e rigenerazione in quei silenzi che permettono di cogliere ogni più piccolo respiro. Seguendo le date di calendari antichi, mai desueti, proporremo momenti di aggregazione volti a celebrare eventi contadini, quali la semina e il raccolto.organizzeremo anche feste in onore dell’acqua, del solstizio d’estate, del primo giorno di primavera; raccoglieremo e utilizzeremo erbe selvatiche medicamentose e alimentari. Sperimenteremo un modo di vivere ecologico, nello spirito di Findhorn! conclude ispirata, lo sguardo fisso su un particolare punto dell’universo che credo le rimandi l’immagine del suo progetto completamente realizzato.

    L’ultima foto che mi mostra è curiosa: sul tetto dello stavolo acquistato sventolano due palloncini a forma di delfino blu. Trovo quel richiamo così marcatamente marino tra i monti davvero strano, ma ancor più strana l’esatta coincidenza con il nome dell’associazione no-profit triestina di cui sono presidente.

    Ormai sono conquistata e sogno anch’io.

    Chissà mi dico, forse, è proprio in Carnia, regione montuosa a poco più di un’ora di macchina da Trieste, che mio marito ed io troveremo quell’ appartamento per le vacanze che stiamo pensando di comprare.

    In un ultimo esercizio di visualizzazione, con cui si conclude il lavoro a Findhorn, prende forma nei miei occhi chiusi una casa isolata, con la parte sottostante grigiastra nettamente divisa dal resto di colore bianco, affiancata sulla destra da una costruzione lunga e bassa. Non mi trova entusiasta e commento perplessa tra me e me: Se questo sarà davvero il nostro nuovo nido, devo dire che proprio non è nulla di speciale; un edificio essenziale, come la casa che disegnano i bambini e addirittura senza balconi!

    Al ritorno, mio marito mi sorprende rivelandomi come anch’ egli da poco, abbia chiara l’immagine di noi due felicemente accomodati in un grande e accogliente salone, riscaldato da un caminetto acceso, con l’inseparabile Ginetto, il gattone di casa, a tenerci compagnia. Solo per andare a vedere (eufemismo tipico), prenotiamo alcune visite con un’agenzia locale.

    La Carnia ci accoglie luccicante sotto un sole che fa brillare di pagliuzze dorate tutta l’abbondante neve caduta il giorno prima, mentre segni, sempre più importanti, cominciano a manifestarsi per indicarci che la nostra ricerca è sulla strada giusta.

    Dopo i primi appuntamenti a Villa Santina, Raveo e Avaglio, approdiamo da ultimo sul lago di Verzegnis.

    Nel vedere la casa rimango sbalordita: è proprio quella della mia visione!

    Grandi vetrate, che lasciano intravedere uno spazio vuoto una volta adibito a ristorante, conferiscono alla parte sottostante dell’edificio una colorazione grigia. Nessun balcone abbellisce la facciata laterale, dov’è posto l’ingresso, mentre la misteriosa costruzione lunga e bassa prende corpo nella fila ordinata di garages e legnaie che si snoda sulla destra.

    Raggiunti da un intenso profumo d’incenso, saliamo le scale con il cuore in gola.

    Un caminetto acceso, trionfalmente posto al centro del grande e splendidamente arredato salone, conforta anche l’intuizione di mio marito.

    Siamo già entrambi favorevolmente disposti, quando un ultimo segno fuga ogni nostra possibile perplessità: su un’ ancona votiva alla Madonna, eretta proprio a ridosso della prima curva della strada che dal lago riporta sulla via principale, a caratteri inusitatamente grandi, è riportata in nero la data del 1921.

    Anche mio marito la nota… 1921, proprio l’anno di nascita di mio padre!* Possiamo acquistare tranquilli gli dico questo nuovo inizio è accompagnato dalla sua benedizione.

    Il 12 aprile 2005, giorno di stipula del contratto definitivo, riceviamo in regalo dall’ormai ex proprietaria un libro del giornalista scrittore Pietro Spirito:

    Le indemoniate di Verzegnis

    Caspita, che titolo?!!!

    Un sorriso accompagna questo dono:

    Sono contenta di vendere questo appartamento a voi, perché sono certa che amerete questo posto come io l’ho amato.


    * un’anima chiamata papà

    E’ in questo libro che racconto il rapporto speciale che mi unisce a lui.

    2. VERZEGNIS

    Verzegnis (Vergègnas in carnico) è un esteso comune montano a pochi chilometri da Tolmezzo che prende il nome, al pari del lago, dal gruppo montuoso che insiste sul suo territorio e che raggiunge nella cima più alta, il Pizzat (Piciàt) o Verzegnis, quota 1915 m.

    Verzegnis… Che nome strano, ci diciamo, possibile che derivi da verze?

    L’etimologia è incerta, ma verze e rape (gnàus, nel linguaggio locale), di cui forse si avevano grandi coltivazioni nel passato, offrono un valido aggancio se si considera che proprio Gnàus è il soprannome con cui si identificano i poco meno di mille abitanti del Comune, sparsi nelle quattro frazioni principali, Chiàicis, Villa, Chiàulis e Intissàns e nelle altre borgate, nuclei di poche case.

    Gnàus, rape…

    Sono un po’ presi in giro per questo, ma ci scherzano anche su.

    Da qualche anno il locale Centro Culturale Pio Frezza organizza con successo GNAUSTOCK. L’assonanza del nome scelto per questa manifestazione con quello del celeberrimo festival di Woodstock, che si svolse nel 1969 nella piccola città rurale di Bethel, all’apice della diffusione della cultura hippy, è simpaticamente cercata.

    Si tratta, infatti, di una festa a tema anni Sessanta, voluta per ricordare costumi e stile di vita di quegli anni ormai mitici e per riproporne la musica, che infiammava un tempo anche le rive del lago, grazie all’attività di un dancing molto frequentato.

    Qualche forestiero attempato e nostalgico ritorna talvolta e, un po’ deluso per non ritrovare la stessa atmosfera, mormora con un sospiro: Qui venivo a ballare con la mia fidanzata…, qui mi sono innamorato…, qui ho dato il primo bacio…

    Anche se la spiegazione delle verze e delle rape è sicuramente più convincente rispetto a quella, piuttosto scontata, che vorrebbe il nome derivante dalla vasta gamma di verde presente nella ricca vegetazione, c’è ancora un’altra possibile radice, che mi piacerebbe fosse quella corretta.

    "La forma più antica del Mille scrive sul Gazzettino del 10.10.98 Cornelio C. Desinan, è Virgines, chiaramente tratto da Vergine: un monte o un paese dedicato alla Vergine Maria come tanti Madonna o Santa Maria. Il monte può suggerire, isolato com’è e spesso ammantato di bianco, una figura con un mantello che prega. Ma anche il paese può esser stato dedicato alla Vergine; il nome concorda con Monte Vergine presso Napoli, dove sorge un santuario, e con Vergine a Pistoia…"

    Non dice di più lo storico, ma io mi spingo oltre. Ipotizzo che questo nome possa trarre origine dal fatto che sul monte ci fosse un luogo di preghiera dedicato alla Madonna e ancor prima alla Dea Madre pagana, alla Grande Madre presente già nel neolitico e forse nel paleolitico, quella grande divinità femminile primordiale, comune a tutte le mitologie note, in cui si manifesterebbe la terra, la generatività, il femminile come mediatore tra l’umano e il Divino… Insomma, un luogo sacro. Da sempre.

    Una traccia c’è.

    Il Verzegnis ha natura calcarea e presenta ben quarantadue anfratti tra grotte, inghiottitoi e piccole caverne. Ce n’è una in particolare, molto bella, scoperta di recente e chiamata magico Alverman sembrerebbe per le sue splendide concrezioni di colore rosso, ma ce n’è un’altra ancora più interessante in località Vals, che si apre sul ripido prato spoglio, di fronte alla casera. Un antro con incisioni rupestri di figure umane e religiose, e in particolare di uno splendido Cristo, piena di nomi e date, la più antica delle quali sembra essere 1789.

    Un luogo di pellegrinaggio, anche nei ricordi dei vivi.

    Si racconta che nonni e bisnonni, capitanati dal sacerdote, vi si recavano a piedi in processione per pregare la pioggia ogni qualvolta la siccità minacciava seriamente i raccolti.

    Bisognava raggiungere la vetta più alta per far sentire al Divino, dal più vicino possibile, la voce della supplica che maturava nei pellegrini, come unico canto, man mano che la progressiva e crescente fatica rallentava, fino a tacitare, ogni altra parola, ogni altro pensiero.

    Una salita lunga e impegnativa, affrontata con fede, portandosi dietro gli ombrelli, nell’assoluta e sempre premiata convinzione che sulla via del ritorno sarebbe già piovuto.

    Un miracolo che le recenti scoperte della fisica quantistica potrebbero spiegare proprio in questo modo: Ciò in cui si crede fermamente modella la realtà .

    3. IL LAGO

    Scopriamo ben presto che molti condomini sono miei concittadini; altri se ne aggiungeranno in seguito e ci sarà anche un carramba che sorpresa quando ritroverò in un neo-acquirente un amico che avevo perso di vista da più di quarant’anni… Il mondo è piccolo! Balcone e finestre del nostro appartamento affacciano sul lago.

    Nel tempo saremo stupefatti spettatori di innumerevoli mutamenti nelle sfumature dei suoi colori: quelle pastello della mattina e quelle cariche del tramonto, quelle tenui della primavera e quelle accese dell’autunno, quelle luminose di una bella giornata di sole e quelle cupe, verde grigiastro/terra, dovute al rimestare tumultuoso delle acque agitate da vento e piogge battenti…

    Uno specchio in cui il paesaggio, sempre in cambiamento, si rimira sorpreso.

    Un tocco romantico che è però opera dell’uomo, visto che è stato creato dalla società SADE, la stessa del lago di Sauris e di quello tristemente famoso del Vajònt, nel 1957, con lo sbarramento del flusso del torrente Ambiesta e con acque convogliate dal Tagliamento e dal Degano.

    Lascio alla splendida poesia di Giso Fior (Gjso Fior) musicata da Claudio Noliani, che attualmente fa parte di alcuni repertori corali, il compito di celebrare sia la memoria del prima che la bellezza del dopo lago.

    SUL LÂT DI VERGÈGNAS

    No plui la lopâria, la siéa,

    la fâria cul vècjo mulìn;

    cuvièrt jù dal Crist, lunc-in-via,

    la tana da bòlp, il luvìn.

    E l’âga dal puìnt da Landàia

    si stuàrc’ jènfra créz e gadôrs.

    A lûs, ‘a s’ingrispa, ‘a si indòra,

    a sùpa dal bòsc i colôrs.

    Un lât cussì biél, ch’a si slungja

    pas ròpas da mont simpri gnûf,

    sèi còn’ ch’a lu uìscja il sorêli

    o sèi ‘ta zornada ch’a plûf.

    Sot sèra la truta ‘a passòna.

    Il nótul ‘al jéss fûr dal nît.

    Da barcja una vóus ‘a si jéva

    parsôra chél vért imbramît.

    Tu sâs di mugnéa e di pècia,

    ciarnìcula e frint di faiâr;

    tu séis una fàda, nassùda

    a Cimbri, o ta val di Dinglâr.

    No plùi la lopâria, la siéa,

    la fâria cul vècjo mulìn...

    Sol âga ch’a muâsina stèlas,

    ch’a nass e ch’a mûr cència fin.

    SUL LAGO DI VERZEGNIS

    (traduzione letterale, verso a verso, dal ladino carnico)

    Non più il melo selvatico, la sega,

    la bottega del fabbro col vecchio mulino;

    coperto giù dal Cristo, via via,

    la tana della volpe, il lupino.

    E l’acqua dal ponte della Landaia

    si torce tra rocce e forre.

    Riluce, si increspa, si indora,

    sugge dal bosco i colori.

    Un lago così bello, che si allunga

    per i prati scoscesi della montagna sempre nuovo,

    sia quando lo frusta il sole,

    sia nella giornata di pioggia.

    Verso sera la trota pascola.

    Il pipistrello esce dal nido.

    Dalla barca una voce si alza

    al di sopra di quel verde intirizzito.

    Sai di lampone e di resina di abete,

    mirtillo e fogliame secco di faggio;

    sei una fata, nata

    a Cimbri, o nella valle di Englaro.

    Non più il melo selvatico, la sega,

    la bottega del fabbro col vecchio mulino...

    Solo acqua che macina stelle,

    che nasce e che muore senza fine.

    Sostiamo da un tempo infinito a metà del ponte che si getta sul lago, inchiodati da un’energia che ci impedisce di proseguire, immobili, sospesi sopra il canalone dove spira una brezza fresca che rende dimentichi di ogni preoccupazione... Vince su tutto l’incanto del luogo, accentuato, come nelle cartoline, da due altezzosi cigni bianchi che mettono in fuga d’imperio le paperelle colpevoli di avvicinarsi troppo.

    Guardiamo verso il monte Verzegnis e poi all’altra parte, verso l’isolata Amariana, sentinella di Carnia, la cui cima, ancora innevata, si staglia nitida nel cielo.

    Bel tempo! Sentenziamo da esperti metereologi, basandoci sull’ appena acquisito detto locale, che ammonisce il contadino ad affrettarsi a raccogliere il fieno, per preservarlo dalla pioggia imminente, quando la vetta si trova invece avvolta dalle nuvole:

    quan' che la Mariana 'a à il cjapiél

    mét jù il falcét e cjàpa su il rastiél.

    quando l’Amariana ha il cappello

    metti giù la falce e prendi il rastrello

    Siamo talmente presi che non ci accorgiamo di un condomino anziano che ci raggiunge:

    Bello, eh? Sapete che c’è anche la possibilità di fare il giro del lago a piedi? C’è un sentiero, suggestivo, sconosciuto ai più per mancanza di indicazioni; d’estate, con l’erba alta, diventa oltretutto quasi impraticabile… Lo si imbocca proprio lì, vedete, a sinistra, alla fine del ponte.

    E’ la prima volta che ci inoltriamo nella fitta vegetazione attorno il lago.

    Sulla porta, ci presentiamo al bosco e alle sue creature.

    Le nostre intenzioni sono pacifiche e subito loro rispondono con un fremito di foglie: permesso accordato.

    4. IL GIRO DEL LAGO E LE CREATURE DEL BOSCO

    Antiche leggende ne parlano ed una copiosa tradizione popolare ne conferma l’esistenza, accomunando nel medesimo mito creature del bosco di territori italiani, austriaci e sloveni, che in questo lembo di terra si incontrano, rivelando una comunanza, un’appartenenza a un particolare ordine di cose che nessun confine posto dall’uomo ha mai potuto sovvertire.

    Ce ne sono di benevoli, amichevoli e disponibili, come pure di irriverenti, dispettosi e malvagi.

    Chiamati con i nomi più strani e fantasiosi, Mazzaròt, Massaròul, Drach, Cjalciùt, Cascugnìt,

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