Rebecca e le Janas
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Info su questo ebook
Per i ragazzi che leggeranno Rebecca e le Janas: le ricette sono tutte fatate, da provare con la mamma, il papà o i nonni.
Per gli adulti che leggeranno questo libro: non smettete mai di guardare il mondo con gli occhi del bambino che siete stati.
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Anteprima del libro
Rebecca e le Janas - Claudia Zedda
Claudia Zedda
Rebecca e le Janas
illustrazioni di Laura Vidili
ISBN 978-88-7356-923-7
Condaghes
Indice
Ai lettori grandi e piccini
Rebecca e le Janas
Il lievito madre di Chiriga
Per ritrovare la strada di casa
Il pane ’e saba di Rubina
Il cervo magico
Le zeppole di Emma
Sa coga e Caterina
I coricheddus di tzia Matzinedda
Tzia Luna
Il pane a fitas di tziedda Luna
Sa mama ‘e su bentu
Is pirichitus de sa mama ‘e su bentu
L'Autrice e l'Illustratrice
La collana Il Trenino verde
Colophon
a Rebecca, il mio confetto,
perché possa conoscere la terra
dei miracoli nella quale è nata
a mia sorella, Maura,
che mi ha insegnato il potere del sorriso,
la forza della speranza
Ai lettori grandi e piccini
Ricordo ancora la prima volta che mi venne in mente di scrivere il racconto Rebecca e le Janas
che poi sarebbe diventato una raccolta di storie, per quanto io ancora non lo credessi possibile.
Era notte fonda, avevo un pancione bello grosso, ed esattamente come Emma, la mamma delle due protagoniste, ero in attesa di una bambina che somiglia molto alla Rebecca del libro.
Scrivere racconti per ragazzi è stato un vero e proprio esperimento, un laboratorio che mi ha divertito e mi ha fatto riscoprire il mio lato infantile. D’altronde le leggende sarde, che amo tanto e delle quali mi occupo da diversi anni, sono dei veri e propri racconti indirizzati alle donne, agli uomini, ma pure ai ragazzi.
Per questo leggendo il libro Rebecca e le Janas sarà facile ritrovare motivi tradizionali rivisti in chiave moderna e rielaborati per andare incontro alle necessità dei nostri ragazzi.
I richiami alla tradizione popolare sono insistenti e fedeli, se si eccettuano alcune brevi licenze poetiche
che mi sono concessa e che innoveranno di poco le antiche storie che da millenni gli anziani raccontano ai giovani.
Il "brebu che
sa mama de su bentu" confida a Rebecca è un’antica preghiera che le casalinghe ripetevano prima di infornare i propri dolci, i doni delle janas ricorrono con frequenza nei contus isolani, la figura degli esseri umani che si trasformano in animali è spesso presente nelle nostre leggende, le ricette sono autentiche, tutte provenienti dal mio ricettario di famiglia.
La gastronomia sarda d’altronde è una delle miei passioni: la racconto con foto e storie nel mio blog www.koendi.it, restituendo a tutte le pietanze il proprio aspetto tradizionale, antropologico e leggendario. Amo così tanto la cucina della mia Isola che spesso organizzo piccoli laboratori gastronomici: ho intitolato il progetto, rivolto ad adulti e bambini, ricette raccontate
, perché i piatti prima di tutto li si deve ascoltare, vedere, sentire, e solo poi li si può mettere in forno, in pentola o in teglia. Cucinare mi fa sentire un po’ tzia Coga, un po’ Emma, ma soprattutto Chiriga la Jana.
Questo è un libro da leggere in famiglia, davanti al caminetto, davanti alla stufa. Questo è un libro da leggere a scuola, con la maestra al centro e i ragazzi tutti attorno. Questo è un libro da leggere in cucina, con la testa persa fra i sogni e con il forno acceso. Questo è un libro per riscoprire l’Isola dei miracoli nella quale abbiamo avuto la fortuna di nascere.
Per i ragazzi che leggeranno questo libro: le ricette sono tutte da provare, tutte buone, e tutte necessitano la collaborazione di un adulto. Cucinare assieme sarà bello, divertente, un’esperienza da non dimenticare.
Per gli adulti che leggeranno questo libro: non smettete mai di guardare il mondo con occhi del bambino che siete stati.
Claudia Zedda
Rebecca e le janas
Emma era una bella ragazza, grassoccia e dalle guance rubiconde. Il suo sorriso ispirava simpatia fin dal primo sguardo e i capelli neri come il carbone li portava sempre legati, tanto che suo marito non avrebbe saputo dire quanto fossero lunghi.
La nostra storia inizia in un giorno di primavera: Emma nel suo vestito color del cielo passeggiava lungo un piccolo sentiero che divideva in due il bosco a pochi passi dalla sua casa. La ragazza amava passeggiare ma soprattutto amava raccogliere tutto quello che il suo bosco le offriva. Questa era la stagione degli asparagi sicché la donna piccola e paffuta avanzava con un cestino sul braccio, con un fazzoletto colorato sulla testa e con il suo bel pancione: entro qualche mese avrebbe partorito il suo primo bambino. Benché il marito desiderasse con tutto il cuore un maschietto, lei in segreto pregava ogni notte per avere una femminuccia.
Da qualche mese s’era presa l’abitudine di cantare una piccola filastrocca per il suo bambino, che non appena sentiva le prime note di quella bella melodia iniziava a muoversi, confermando alla mamma la sua vitalità. Cantava anche quella mattina quando improvvisamente fra un rovo di more e qualche papavero rosso come le ciliegie, vide un luccichio prezioso. Curiosa era curiosa Emma e, nonostante il suo bel pancione, si fece strada tra la fitta vegetazione che profumava di Maria Luisa. A pochi passi dal sentiero che era solita percorrere quasi tutte le mattine, si trovava un bellissimo pettinino femminile, tutto in oro e delicatamente impreziosito da decori in filigrana simili a quelli che lei aveva visto, da bambina, sui gioielli della nonna.
Era stata proprio la nonna a dirle che in quel bel boschetto un tempo vivevano le janas: erano piccole fate ricchissime ma un po’ sbadate, che non di rado lasciavano trovare ai più fortunati preziosi tesori, e quello che ora aveva in mano era un vero e proprio tesoro che avrebbe potuto cambiare la vita sua e di Mario, il marito.
Ma Emma era buona e onesta e dopo aver guardato con desiderio quell’oggetto, si decise a restituirlo alla legittima proprietaria. Trovare le janas non era cosa tanto facile, ma lei sapeva dove dormivano e dove mangiavano: quando era bambina la nonna non si stancava mai di raccontarglielo. Lei le janas le aveva incontrate alla sorgente di Domu Pedra, poco distante dalla piccola grotta dove i ragazzini giocavano a nascondino.
Raggiunse il posto in meno di un’ora, ma alla sorgente non trovò nessuno: sbirciò a destra e manca e chiamò un paio di volte il nome di quella jana che la nonna le aveva raccontato d’aver conosciuto: – Chiriga, Chiriga ci sei?
Aspettò qualche minuto, d’altronde era quasi ora di pranzo e probabilmente