Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Leccarospi
Leccarospi
Leccarospi
E-book146 pagine1 ora

Leccarospi

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Cosa avrà combinato il Leccarospi al punto da costringerlo all'esilio dal Condom?
Fra duelli nei cortili, amori improbabili, pollerie vintage, ciuffi piastrati di bimbominkias, epiche battaglie e leggende sub-under-metropolitane si decideranno le sorti del Condom-inio di Via del Camposanto.

[...] Forse non ci crederete, ma a modo mio sono anch'io un creativo. Vendere oggetti di dubbia provenienza non è esattamente l'ambizione della mia esistenza. Sono un osservatore degli usi e costumi. Un bohémien di Montmartre trapiantato nella periferia Est di Milano. Un profiler di questo millennio allo sbando. Un cantastorie per coloro che di storie ne avrebbero da cantare, se non più improbabili. Prendo spunto dalla realtà per plasmare personaggi grotteschi. I miei pensieri corrono come fluido attraverso polpastrelli, come benzina nel cilindro di un motore alimentato da fantasia.
Sono uno scrittore. Ecco l'ho detto. [...]


Altri titoli del Condom
- Il Condom-inio (vol.1)
- Che casino, Kowalski
- Maledetto guaio, Kowalski
LinguaItaliano
EditoreKoi Press
Data di uscita7 nov 2015
ISBN9788898313426
Leccarospi

Correlato a Leccarospi

Ebook correlati

Narrativa letteraria per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Leccarospi

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Leccarospi - Freddy Leccarospi

    Leccarospi

    Freddy Leccarospi

    © Copyright 2015 - Koi Press

    ISBN 9788898313426

    Koi Press | Milano

    Direttore Responsabile: Massimo Di Gruso

    Editing: Clara De Giorgi

    Grafica: Koi Press

    Ogni riferimento a cose e persone è da ritenersi del tutto casuale.

    Per chi non smette mai di crescere…

    Cap. 1

    Si stava meglio quando si stava peggio

    10 Giugno

    La odio.

    Da quando ha prepotentemente invaso i miei spazi, la qualità della vita ne ha subito devastanti ripercussioni. Non chiudo occhio la sera dopo le scioccanti sorprese della giornata. Fioriere rigogliose sul marciapiede di catrame e asfalto. Un cartello di legno in stile locanda irlandese con scritto welcome. È odiosa.

    Diceva bene il mio vecchio, Nando, rinchiuso nel gabbiotto della portineria del condominio. Si stava meglio quando si stava peggio.

    Dogma popolare indiscusso che a oggi non ha trovato nessun tipo di rivale al suo predominio d'esser verità indiscussa/incontrastata/ovvia/sempre di moda/evergreen.

    Riesco a percepirne la presenza a distanza di un muro portante spesso un metro più altrettanto di mobilio. Lei e il suo fare da saccentina.

    Ma mi chiedo: dovevi proprio venire nella mia via a senso unico con la densità di popolazione della Groenlandia a rompermi le uova nel paniere con le tua boutique radical-chic/design demodé/modernariato anticato?

    Un bel negozio di kebap, una rosticceria indiana, un bazar di cineserie import tossiche legali solo su Saturno, uno di quei bei negozi con le cabine telefoniche per le chiamate nello Yemen a pochi centesimi. Con loro, sono certo, non avremmo avuto incomprensioni. Ci sarebbe stata quella solidarietà fra commercianti, quel darsi una mano a vicenda con sconti/scontrini fittizi/piazzate in caso di volanti del fisco. Già mi vedevo lì seduto su qualche terrazzo di qualche condominio fatiscente a festeggiare Indu, Shiva, Charles Manson, il battesimo del quinto figlio di Ahmed, la circoncisione di Josef, ogni volta con un banchetto a scrocco.

    Tutti mi avrebbero accolto con un sorriso, offrendomi in dono le loro figlie illibate con la promessa di un permesso di soggiorno.

    - Ehy Lecca, tutto bene? Grazie per ieri, sei stato un amico... assaggia questo, conosci mia figlia? Mia nipote? Mia madre? -

    Avrei fatto la spesa una volta al mese e non tutti i mesi. Ma non è stato così.

    Il tutto accadde un freddo lunedì di giugno di qualche settimana fa. Sembra ieri e anche l'altro ieri, per assurdo anche ieri l'altro.

    Giunse con una carovana di camion soppalcati e con carrelli al seguito. Scesero una squadra di latinos modulari in grado di entrare negli spazi più angusti e di ricomporsi in un super latinos capace di sollevare un tavolo di legno pesante come un armadio a cinque ante pieno di mattoni.

    La polvere della via iniziò a turbinare in un vortice, rimanendo poi in sospensione per un tempo indefinito. Densa e impenetrabile. Calarono le tenebre sul mio negozio e quando tutto finì, ciò che trovai allestito fu un gigantesco emporio/boutique/showroom di antiquariato e vintage ''da Agata''.

    Piansi per un giorno intero. Il vecchio Tredenti, il mio socio in affari nonché cassiere, mi batté sulla spalla più volte il bastone. In un'occasione credo persino in segno di sostegno e comprensione.

    Al solo pensiero rievocato di quel giorno, cioè l'altro ieri, mi viene ancora il magone. Un colpo allo stomaco in grado di tirarmi su tutti i banchetti mancati con i miei ipotetici futuri vicini di negozio.

    Perché nessuno venga a dire che il Lecca non è un tollerante, ma questo è stato un gesto di una gravità fuori dal comune. Meschinità miscelata sapientemente con sadismo.

    Cap. 2

    Polleria e cianfrusaglie da ogni dove

    (forse anche dalla tua soffitta o dal cruscotto della tua macchina)

    È la mia creatura. L'ho tirata su dal nulla. Inizialmente avevo intrapreso una fiorente attività di spaccio di dischi, libri e oggetti smarriti nel box del CONDOMinio dove avevo trascorso la mia vita. Poi un giorno dovetti mollare tutto e tutti. Ho il nodo in gola, non me la sento di dirvi al momento di più.

    Il vecchio Tredenti che da sempre ha bivaccato nel mio garage dopo il lutto di Cesira (2005), poco prima Elvira (1998), ancor prima Palmira (1990), le sue gatte nere, quando mi vide affrontare quel momento oscuro della mia vita non disse nulla.

    Mi prese la mano e me le porse.

    Le chiavi della Polleria di Tredenti. Il santuario del pennuto da macello. L'altare del volatile. Il luogo dove anche la Fenice avrebbe trovato il tanto atteso epilogo.

    Un solo pensiero mi percorse la mente come un fulmine.

    Cosa cazzo me ne faccio?

    Cap. 3

    La genesi del Leccarospi

    Ok.

    Ho capito non ci state capendo molto. Ricominciamo dall'inizio. Dalle presentazioni.

    Tutti qui mi chiamano il Leccarospi, solo per i più intimi Il Lecca. Il mio nome è leggenda giunto fin dalle lande desolate ed emarginate dal CONDOMinio di Via Camposanto fino a ogni vialetto del centro.

    La genesi di questo soprannome risale alle elementari.

    In quegli anni, mentre i miei compagni erano ebbri dalla fase dei ''perché?'', io mi ero contraddistinto dalla massa con ''DI COLORE CE LE HAI?''. In pochi mesi ero riuscito a catalogare ogni mia compagna di scuola in base agli slip.

    Un attento studio delle serie storiche e studi sperimentali (sbirciavo i loro balconi) mi aveva permesso di creare un modello statistico in grado di prevedere quale slip fosse indossato in uno specifico giorno con uno scarto accettabile.

    Questo, chiaramente, aveva creato una discreta forma di fanatismo da parte dei miei compagni di merende. Non mancava occasione che venissero a interpellarmi, come l'omino delle previsioni meteo in TV o il santone sulle reti minori. Ero l'oracolo pronto a diffondere risposte. Rossa, fragola, a righe, bianca, grigia. Mai un'esitazione, mai un dubbio.

    Le stesse bambine cercavano di distinguersi dalle coetanee con ricercate, quanto ridicole, effigi: giraffe, ippopotami, manguste, peperoni… ''welcome''.

    Venne il giorno in cui il mio eterno antagonista in amore, Ninetto, mi fece pervenire ufficiale sfida per bocca di Chicco di riso, un bambino a cui erano caduti tutti i denti da latte nel giro di una settimana, lasciando da solo lo stoico incisivo inferiore destro.

    - Fveddy - mi disse con evidente sibilo - ti sfiva a indovinare quelle di Avice di oggi. Chi perve dovrà leccave il vospo dello stagno. -

    Ne andava della mia reputazione. Non potevo tirarmi indietro, tanto meno se la sfida giungeva da Ninetto. Ma il mio avversario era stato tanto meschino quanto infingardo, sebbene la tenera età, scegliendo come oggetto della contesa la mia amata Alice. La mia dea. L'armoniosa simbiosi di soffice abbondanza da lì a poco glassata con delizioso adipe.

    Giunse l'ora della sfida. La schiera dei ninetti era appoggiata sul muro del corridoio della classe 4^ A, mentre i freddiani sul lato opposto. Sfilarono in ordine Carlotta la marmotta, Cinzia la squinzia e Caterina naso da porcina come pre-riscaldamento.

    Venne infine il turno di Alice l'oca felice.

    Per le prime tre le risposte furono a dir poco offensive vista la loro banalità: bianca, bianca e rosa.

    Alice invece presentava un baco nelle serie statistiche delle ultime settimane. Pare che sua cugina, Ginevra, fosse andata a vivere da loro il mese precedente e da qualche settimana avesse iniziato a prendere in mano la gestione delle faccende domestiche.

    Questo aveva creato un intervallo di discontinuità significativo nel modello previsionale.

    Fui preso dal panico. Esitai… per poi pronunciare con la gola arsa e tremula: ''coccinelle''.

    Alice mi guardò con una smorfia di antipatia per poi pronunciare dalle sue carnosissime labbra:

    - Bianche sfigato! -

    Il pomeriggio dopo la scuola dovetti pagare pegno.

    Pare che i presenti fossero arrivati anche dalle scuole limitrofe. Bagarini e bibitari si erano attrezzati per l'occasione.

    Presi il rospo e tagliai corto.

    Lingua larga e movimento deciso.

    Quello fu il mio primo trip.

    Cap. 4

    Un creativo

    Forse non ci crederete, ma a modo mio sono anch'io un creativo. Vendere oggetti di dubbia provenienza non è esattamente l'ambizione della mia esistenza. Sono un osservatore degli usi e costumi. Un bohémien di Montmartre trapiantato nella periferia Est di Milano. Un profiler di questo millennio allo sbando. Un cantastorie per coloro che di storie ne avrebbero da cantare, se non più improbabili. Prendo spunto dalla realtà per plasmare personaggi grotteschi. I miei pensieri corrono come fluido attraverso polpastrelli, come benzina nel cilindro di un motore alimentato da fantasia.

    Sono uno scrittore. Ecco l'ho detto.

    Cos'hai scritto? Hai pubblicato qualche best seller che conosco? In quante lingue ti hanno tradotto?

    A queste domande di solito non rispondo. Accendo una sigaretta e faccio un sorriso di circostanza che lascia intendere Se non mi riconosci vuol dire che leggi robetta per il popolino. In pratica sei un ignorante. In quanto tale non ti degno nemmeno un minuto di più d'attenzione. Ammazzati, possibilmente lontano da me e senza sporcarmi di sangue la maglietta di Bender.

    Chiaramente la verità è che sto scrivendo un libro, il primo, da un periodo interminabile con una macchina da scrivere recuperata da una soffitta qualche anno fa. È appoggiata sulla scrivania del mio micro appartamento. Da autore tormentato e dannato non lesino di certo con i cliché del caso dello scrittore-tipo secondo Hollywood:

    Portacenere stracolmo di cicche (e qualche mozzicone di sigaretta)

    Tazza di caffè nero e amaro vicino a

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1