Il diario di giovanni ponte
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Anteprima del libro
Il diario di giovanni ponte - Alberto Tristano
IL DIARIO
di
GIOVANNI PONTE
Alberto Tristano
© 2013 E-Book
NOTE DI COPERTINA
Il diario di Giovanni Ponte narra le peripezie di un moderno quarantenne.
In un caleidoscopio di esilaranti situazioni il protagonista cerca la sua Donna Angelo. Lo accompagnano nell’avventura, il fedele Roger, un senegalese clandestino dalle enormi estremità che parla come Mami di Via col vento, e Acetone, un ex portinaio invadente che rinverdisce l’italica tradizione dei compagni di merende
.
Prima di trovare il vero Amore, Bridge John, come ama presentarsi Giovanni, incontrerà femmine di ogni tipo: dall’esuberante Signora dell’Anello alla minuta Belvetta, dall’enorme Ciccia all’anacronistica Gina.
Il sorriso è assicurato.
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sono adolescenti in corpi che invecchiano.
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Roger, Ciccia & i Bulimisti Anonimi
Come dice sempre Roger, lo schiavo nero dell’imprenditore dell’ottavo piano, «ze vozzi nado ginguemila ghilomedri biù a nord, zarei un zignore!». E sì, la vita decide per te fin da quando sei solo uno spermatozoo. Se fossi nato io in un paese anglosassone, ad esempio, questo non sarebbe lo sfigato diario di Giovanni Ponte ma il mitico Bridge John’s diary, con ben altro impatto sul vostro immaginario. Ma tant’è. Come si dice al mio paese: A chi tocca nun se n’grugna. Bisogna portare pazienza e quindi io continuo a chiamarmi Giovanni Ponte e Roger continua a togliere le ragnatele dagli angoli dello studio dell’ottavo.
Che poi Roger, per un simile lavoro, è pure fisicamente avvantaggiato. Come tutti i senegalesi, è un gigante affetto da acromegalia. L’ormone della crescita ha esagerato con lui. Le sue estremità sono sproporzionate. Vi dico solo che quando apre tutta la mano può perfettamente racchiudere un pallone da basket. E non solo. Pensate che per raggiungere gli angoli del soffitto da cui rimuovere le ragnatele non usa una scopa come ogni brava massaia. No, lui è solito mettere un pannetto cattura-polvere sulla sommità del suo scuro membro, pensare un attimo a quella volta che ha visto la flaccida signora Mariele, moglie del capo, uscire dal bagno in mutande e reggiseno, e zac, il gioco è fatto. Si ritrova un attrezzo anatomico che raggiunge gli anfratti più remoti dell’appartamento.
Dovrebbe far brevettare il suo coso dalla Vorwerk Folletto.
L’opulento imprenditore raccolse, due anni or sono, il bovero nero
al parcheggio dell’ipermercato mentre elemosinava carrelli dai quali recuperare l’euro portandoli indietro. Il magnanimo padrone gli offrì un lavoro. In nero naturalmente, tanto per far vedere di non aver preconcetti razzisti. Mansione? Schiavo totale globale. Roger, è autista, dogsitter, cuoco, bodyguard, collaboratore domestico, galoppino, portaborse, apprendista, praticante, esattore, picchiatore, prestanome solo per citare, in rigoroso disordine alfabetico, le più frequenti attività alle quali deve attendere.
Roger non ha orari di lavoro né turni di riposo. Non conosce sabati e domeniche e nemmeno i venerdì che per religione il nerboruto dovrebbe rispettare. Riposa su una brandina pieghevole in un cavedio dello studio. Lo stipendio di Roger equivale a un quinto della paghetta mensile dell’unigenita figlia dell’imprenditore e di Mariele: la viziatissima Petronilla. La ragazza è proprietaria di Ercolino, un aggressivo quanto rompicoglioni chihuahua che detesta, corrisposto, Roger. Il nero vorrebbe mangiarlo allo spiedo e invece è costretto a portarlo a pisciare nelle ore più disparate.I primi tempi, Roger, non ancora educato agli usi occidentali, era solito, accompagnando il canino, mollare una pisciatina anche lui. Ma Ercolino scambiava il pingone nero per un palo e lesto alzava la zampetta e marcava il territorio.
Questa pratica etologa agevolò in Roger un progressivo abbandono delle selvagge usanze e lo fece propendere verso un uso più civile del gabinetto.
Ma mi rendo conto che qui si sta divagando.
Questo non è il diario in sughero di un senegalese qualsiasi.
No, affatto.
Questo è il mio diario elettronico, il diario di Giovanni Ponte ed è ora che io mi presenti come si conviene a un perfetto padrone di casa.Vidi i natali nei favolosi ’60 dello scorso millennio. Nacqui dopo le Olimpiadi di Roma ma prima che l’uomo mettesse piede sulla luna. La mia famiglia medio borghese mi consentì un’infanzia serena quanto basta. Compii studi classico-scientifici e mi maturai opacamente con un deprimente quaranta sessantesimi.
Subito dopo la maturità combinai il primo guaio serio. La mia bambola gonfiabile, tale Maghella come la famosa eroina Comics, rimase incinta. Ero giovine e inesperto e scaricai le mie angosce sul povero babbo, che per non rovinarmi la vita, si macchiò di un grave misfatto. Nottetempo, infatti, si sbarazzò dell'avvenente donna in pvc e del suo indesiderato ripieno, in un cassonetto lontano da casa nostra. Ma bando alle tristi rimembranze che, comunque, come vedrete, sovente, inevitabilmente, riaffioreranno e veniamo ai nostri giorni.
Non ora, però. Scusatemi. Mi sovviene che ho da fare.
So che non è carino ma tra qualche minuto inizia la mia prima riunione ai Bulimisti Anonimi e non posso mancare. Ho fatto l’abbonamento biennale. Il vantaggio di questa formula lunga, rispetto a un trimestrale standard, è che nel prezzo è inclusa una pantagruelica cena da Chicco allo Strafogone.
«Ciao, mi chiamo Giovanni e sono un ex scrofa» esordisco.
«Ciao Giovanni!» un coro sordo mi fa eco.
Occhi bovini affetti da conclamato esoftalmo mi scrutano. Respiri rumorosi muovono petti mastodontici. Pochi uomini e quei pochi ottenebrati nei caratteri sessuali secondari dal grasso e dai trigliceridi. Molte donne. Veneri botticelliane, bamboline boteriane, donnine Michelin si lasciano affascinare dal mio forbito eloquio.
«Sono a dieta da due ore» dico.
Una trop model alta, lascia partire un timido applauso.
Sofia la belva, così si chiama la terapista - un minuscolo e cazzutissimo ordigno femminile probabilmente concepito nei laboratori nipponici di miniaturizzazione - mi chiede «Perché ti sei ridotto così, Giovanni?»
Che poi ridurre non è affatto il verbo adatto.
Meglio sarebbe stato se la mingherlina avesse chiesto perché mi fossi dilatato in questo modo.
Lo faccio notare alla minibelva. Non sembra entusiasta. Replica un poco sensibile «Sono solo stata gentile ma vedo che non apprezzi e ti perdi in sofismi lessicali. Riformulo allora: perché cazzo sei diventato questo enorme sacco di merda che ho davanti, Giovanni?»
Messaggio ricevuto. Se sei un minimo permaloso ti conviene non contraddirla mai.
«Mangiavo per dimenticare, per anestetizzare il dolore, per compensare le delusioni della vita. Mangiavo per non piacere e non piacermi, per non dover mettermi in gioco, per non fallire».La platea sbadiglia, sonnecchia o scuote il capo in segno di diniego. Alcuni alzano gli occhi al cielo. Non sembrano darmi credito. Una donna sobbalza tentando, senza riuscirci, di celare una prorompente eruttazione.
Hanno ragione loro. Questi obesi la sanno lunga.