L'osso e il blu
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Anteprima del libro
L'osso e il blu - Stefania Sabattini
Montale
Questa notte
B
Da quattro giorni sono lontana da casa. Lisbona vista dall'albergo non è un granché.
E’ un viaggio di lavoro estenuante, sessioni che si susseguono a ritmo serrato, accordi a un passo dall’essere presi che saltano per un nonnulla, tensione e nervosismo, pasti consumati in piedi con il cervello proiettato all’incontro successivo.
Stasera, per la prima volta, si cena in pace. Senza delegati e senza traduzioni simultanee.
Saremo solo io, il capo e Guglielmo.
Guglielmo, appunto. L'uomo difficile da inquadrare. Così ombroso e scorbutico, così incredibilmente geniale nel condurre le trattative. Sa sempre qual è la mossa giusta da fare e non sbaglia mai i tempi di intervento. E' autorevole, competente e, umanamente parlando, è un tipo indecifrabile. In ufficio non lo sopporta nessuno; quando compare cala il silenzio perché incute timore e sprigiona antipatia. Media altezza, corporatura robusta, una gran massa di capelli grigi, non ha ancora compiuto i cinquanta e non tutte le donne lo definiscono un bell’uomo. Però c’è qualcosa in lui che scatena le fantasie femminili. Le mie colleghe lo temono e allo stesso tempo ne sono attratte. E non credo sia solo una banale questione di potere. Guglielmo è quel tipo di uomo con cui non vorresti avere una relazione, ma da cui ti faresti volentieri schiavizzare, anche solo per una sera. Uno di quelli per i quali saresti disponibile a regredire allo stato brado e metterti in ginocchio.
Io, ad esempio, sento fisicamente quando i suoi occhi si posano su di me. Se a Guglielmo piace una donna non la guarda, la denuda e la cosa non passa inosservata agli occhi degli astanti. Il suo modo di penetrare con lo sguardo è al limite della volgarità ed è talmente intenso da lasciare addosso alla preda un'impronta quasi visibile.
Normalmente lascio che la sensazione di turbamento che mi provoca svanisca da sola, però in questi giorni faccio davvero fatica a togliermelo dalla testa. Lo so che è un cliché: viaggio di lavoro lontani da casa, clima complice che si crea, momenti di quotidianità condivisi etc. etc....però...però sono adulta e piuttosto disincantata, in certe trappole non dovrei cadere. Da quando siamo saliti sull’aereo non ha mai smesso di denudarmi. E', il suo, un atteggiamento aggressivo che mi mette a disagio, ma al tempo stesso vorrei che non smettesse di invadermi in questo modo. Quando le ambivalenze sono così forti potrebbe accadere qualsiasi cosa. Ora mi trucco leggermente, metto un semplice completino intimo di cotone nero, mi infilo un vestito a micro fiori blu, affronto questa cena sprovvista di consapevolezze, attrezzata solo da un po’ di incoscienza e senza timore delle conseguenze.
Se sarà, sarà.
Se sarà, sarà quel che dev'essere.
IL C
Mi toccherà fare il lumino. Voglio dire siamo tutti maggiorenni, assumiamoci le nostre responsabilità. Guglielmo le sbava dietro da quando siamo arrivati a Lisbona. Beatrice è evidentemente imbarazzata, ma si capisce che ci potrebbe anche stare. Perché non cenano da soli e mettiamo fine a questa farsa? Io ho ben altro da fare. Stamattina il cameriere che mi ha portato la colazione in camera, insieme ad un assaggio di ciò che potrebbe farmi stasera, mi ha lasciato il suo numero di cellulare. Potrei chiamarlo subito e invece mi tocca aspettare che finisca la cena. La tireranno per le lunghe e mi coinvolgeranno in inutili conversazioni di circostanza. Ad un certo punto dirò che sono stanco e mi ritirerò. Devo solo sperare che non vedano il ragazzo entrare nella mia camera.
Nessuno sa, nessuno deve sapere.
G
Beatrice si presenta al tavolo con dieci minuti di ritardo.
Non è da lei.
Ci avrà pensato, avrà realizzato che questa potrebbe essere la sera giusta. Non so se mi desidera davvero, non so se ha intenzione di cedere alle lusinghe di un pezzo di merda come me, però so che ci ha pensato. So che ha preso in considerazione tutte le alternative e che non ha ancora deciso cosa fare. Attenderà gli eventi della serata, vorrà vedere come mi comporto, cosa dico, come la guardo. Non le ho tolto gli occhi da dosso nemmeno un minuto in questi quattro giorni. Non ho mai mollato la presa. Non le ho dato modo di prendere fiato. Stamattina, quando mi ha passato le cartelle con la proposta per i portoghesi, le ho afferrato due dita della mano destra e le ho rigirate fra le mie mentre le elencavo i punti della relazione da integrare. Guardandola negli occhi mi sono incantato per una frazione di secondo. Lei lo ha notato, ha colto in me un piccolo segnale di debolezza.
Le dona questo abito estivo che sottolinea le sue curve. Si è lavata i lunghi capelli corvini e li ha lasciati sciolti. E’ giovane. E’ fresca. E' leggera. Ha un corpo proporzionato, un sorriso disarmante e i polsi più belli che abbia mai visto. Sono piccoli, come quelli di un’adolescente. E sono fragili, si vedono le ossa e le vene. Glieli sto guardando i polsi e lei si chiederà perché. Mentre risponde ad un'assurda domanda del capo su come si cucinano i gamberi si starà chiedendo perché le sto fissando i polsi, che cosa vorrei farci con i suoi polsi.
La desidero da tanti anni e se mi lascio sfuggire questa occasione sono davvero un coglione.
Nella migliore delle ipotesi mi immagina rude, nella peggiore un violento. E’ questo che di solito pensano di me le donne. Lo deducono dal mio comportamento, dentro e fuori l’ambiente di lavoro.
Quando aggancio il suo sguardo riesco a leggerci un unico inequivocabile pensiero.
F
Devo servire al tavolo di quel cliente italiano. Stamattina, quando sono entrato nella sua camera, ho capito tutto al volo. Un uomo di quell’età non fa finta di essersi dimenticato di allacciarsi l’accappatoio. Non è anziano e ha ancora un bel corpo. Ho impiegato poco tempo a delinearne l’identikit. E’ un ricco perbenista gay non dichiarato. Uno di quelli che prima prova a conquistare poi, se non ce la fa, è disponibile a pagare. Mi ha fatto alcune domande e mi ha fissato dritto negli occhi quando mi ha chiesto: Sei fidanzato?
Non gli ho risposto perché era superfluo. Lo ha capito che sono gay anch’io, che non ho il coraggio di ammetterlo, che ogni tanto porto a casa qualche ragazza soltanto per fare felice mamma e che riesco a vivere la mia omosessualità solo occasionalmente con qualche cliente dell’albergo.