70, ovvero l'ultima estate di un uomo costante
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Recensioni su 70, ovvero l'ultima estate di un uomo costante
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Anteprima del libro
70, ovvero l'ultima estate di un uomo costante - Giuseppe Santucci
Settembre
Uno
Un risveglio confuso
Il suo biglietto per la Xanax Air
Paul Auster - Il libro delle illusioni
Madovepifferomitrovo?
si chiese Malcom, svegliandosi di soprassalto. Subito dopo fu preso da altri due pensieri. Il primo, più prosaico: Ma quanto ho bevuto ieri sera?
. Il secondo, appena più elevato, era che la sua prima domanda ricordava l'incipit di Zazie nel Metrò…
Per capire dove fosse provò a guardarsi intorno, aiutato da un raggio di luce che filtrava dalle serrande. Una stanza piccola, disordinata, piena di libri, totalmente sconosciuta. Un letto, dall'odore, non pulitissimo. Sentore di vodka. Una figura vicino a lui, snella, capelli lunghi, dal colore indistinguibile.
Un lampo.
Il bar di single della sera precedente, la ragazza al bancone che beveva birra, non bella ma giovanissima, due tette sicuramente notevoli. Lui era già ubriaco, lei pure. Le solite frasi.
Anche tu italiana? Cosa studi? Io scrivo.
Poi. Le solite cose.
Il colore dei capelli? Il nome? Marta? Ma perché non riusciva mai a ricordarsi un nome?
Un leggero russare al suo fianco. L'età! Quella la ricordava. Scolpita nella sua mente. Ventidue anni!
Ma come è possibile
pensò forse lo faccio apposta. Ventidue anni, l'età di… Marta? Più la sua, quarantotto: totale settanta
.
Sicuro
pensò confusamente sono un uomo costante
.
Come continuava a ripetere Carlo, suo amico di infanzia o, come spesso scherzavano tra loro, di preinfanzia. Sei un uomo veramente costante, la somma della tua età più quella della tua fidanzata non cambia nel tempo. Dove l'aveva letta quella battuta? E quando? Sepolta nella notte dei tempi, ma ancora perfettamente attuale. E il numero magico era settanta.
A partire da sua moglie, Maria, tredici anni fa. Strano a dirsi, dopo tantissime avventure di poco conto, la prima, vera donna della sua vita. Avevano scherzato a lungo sul fatto di avere la stessa età, trentacinque anni. Pensavano fosse un segno del destino. Un matrimonio deciso in tempi veloci, velocissimi, poco meno della loro separazione. Dopo cinque anni, tutto compreso, anche i reciproci tradimenti, tutto finito. Stato civile: divorziato. Niente figli. Il tempo e la voglia erano mancati. Per fortuna. Pochi strascichi economici. Di nuovo libero.
Poi, la vorace storia con Sandra, trent'anni, iniziata poco prima del divorzio, passionale, disperata, condita da tristi alberghi, confusa, picchi di gioia e di dolore, gelosia, urla, passione, tanta passione, tantissima passione. Giorni e notti interi passati a letto a fare l'amore. Senza mai fermarsi. Quattro, cinque, sei volte.
Impensabile. Incredibile.
Esaltante. Devastante.
Quante volte era stato assalito da improvvise vampate di desiderio nelle lunghe notti insonni pensando a lei, dopo la fine della loro storia? Ma quanto era durata? La vodka, rallentava il suo ragionamento (almeno il cosa avesse bevuto la sera prima era ormai chiaro, il quanto, invece, era ancora da definirsi).
Lei si mosse lentamente nel letto, appoggiando la gamba contro di lui. Inopinatamente fu preso da una voglia incontenibile, forse il pensiero di Sandra…
La carezzò piano sulla schiena. Le si inarcò leggermente, girandosi. Era morbida, profumata. La sua bocca, la sua lingua, sapevano leggermente di vodka. Si strinse a lei. Fecero di nuovo l'amore, lentamente, con dolcezza, lei non ancora completamente sveglia. Ma per tutto il tempo il suo pensiero fisso fu quello di cercare di ricordarsi, senza successo, il colore dei suoi capelli…
Poi si girò su di un fianco provando ad addormentarsi. Inutile.
Ventidue anni?
si disse Ma cosa ci faccio qui? Meno della metà dei miei, ridicolo
.
Ma perfettamente in linea con tutto il resto. Ginnastica per mantenersi in forma, musica ad alto volume, notti nei bar, giri in moto e, alla fine, una ragazza più giovane. E lui, sempre più triste.
« Ma di che cosa cazzo sei triste? » chiedeva ridendo Carlo, mentre si sbronzavano insieme.
« Sei in perfetta forma e vai a letto con ragazze che non ci saremmo mai sognati di avere. Guarda me, mi sono sposato giovanissimo e subito dopo la nascita di mia figlia ho divorziato, poi mi sono messo con Silvia e sono oltre venti anni che sto con lei ».
« E allora spiegami perché tu la notte dormi » ribatteva Malcom. « Io mi giro nel letto per ore, mi alzo all'alba, faccio ginnastica sentendo vecchie canzoni rock e sono pronto per lavorare prima che tu abbia bevuto il primo caffè… ».
Carlo si limitava a guardarlo e a sorridere.
Lavorare? Da quasi dieci anni aveva abbandonato la carriera universitaria per una improbabile attività di scrittore, pochi racconti, nessuno veramente bello, un piccolo premio su Internet. Tutto qui. Non ci credeva più neanche lui. E i tantissimi soldi dell'assicurazione, misero risarcimento della scomparsa dei suoi genitori, morti entrambi in un incidente aereo, erano quasi finiti. Erano anni che si trascinava in questa situazione. Le potenzialità c'erano, se voleva sapeva scriveva bene. Era capace di raccontare. Di appassionare. Ma non si impegnava. Era pigro, svogliato. Scriveva ogni tanto, senza metodo, senza vera passione, piccole cose.
Lo specchio della sua vita. Disperso in mille attività, nessuna presa veramente sul serio, affrontata sino in fondo. Curioso. Intelligente. Svogliato. L'impressione di sprecare sempre tutto. Una continua ansia di fare. E di scoprire, di studiare, di sapere, di imparare cose nuove. Non si era mai fermato. Una passione dopo l'altra. Ma senza metodo, senza vero impegno.
Buoni risultati in tutto. Eccellenti in nessuno.
La fotografia, lo sci, la pesca subacquea, l'astronomia, le immersioni con le bombole, la moto, l'aliante, la vela. Una lista interminabile.
Ma quante cose aveva fatto nella sua vita? Forse troppe. L'unica cosa che veramente non lo aveva mai abbandonato era la passione per la lettura. Aveva sempre letto, voracemente, sin da bambino. Per poi tornare indietro e rileggere le cose che gli erano piaciute. Più volte. E ancora. A tratti aveva la sensazione che preferisse ritornare su cose che lo avevano entusiasmato piuttosto che avventurarsi in nuove direzioni. Dalla lettura, dallo stupore di ricevere emozioni da altri, era nata un'altra sua grande passione: la voglia di raccontare, di condividere. Questo gli riusciva bene. Aveva un dono per spiegare le cose, per coinvolgere le persone. Ai tempi del liceo aveva cominciato a scrivere. In modo discontinuo. Qualche buon risultato, ma nulla di significativo. Ma non aveva mai smesso. Ogni tanto ne aveva voglia e scriveva qualcosa. Oppure si appassionava a spiegare, a condividere quello che sapeva. Per questo motivo aveva orientato la sua vita verso l'insegnamento, era diventato professore. Poi era rimasto deluso. La sua delusione, unita alla scomparsa dei suoi genitori l'aveva spinto a cambiare vita. Si era sposato e si era messo a scrivere. A tempo pieno. Gli era sempre piaciuto. Aveva sempre desiderato farlo. Intuiva che, probabilmente, era la vera passione della sua vita. Ma perché allora, ancora una volta, non si stava impegnando sul serio? Ora non aveva più scuse. Aveva tutto il tempo del mondo, nulla da fare se non ubriacarsi e insidiare ragazze quasi minorenni…
Si scosse da questi pensieri e guardò la figura accanto a lui. Dormiva. E ora? Alzarsi in silenzio e sgattaiolare via? Non ci riusciva mai. Doveva condire le sue storie, anche le più trite, con una parvenza, se non di affetto, almeno di romanticismo. Aspettò a lungo, impaziente, che lei si svegliasse, guardando fisso il soffitto.
Finalmente.
Marta! Bionda. Ovviamente.
Poi una doccia insieme, più scomoda che erotica, un caffè con cannoli alla crema al bar lì vicino. Seduti uno di fronte all'altro, al sole, tutti e due con gli occhiali scuri.
Lui, magro, né alto né basso, abbronzato. Un accenno di barba. Blue jeans, maglietta bianca e scarpe da ginnastica. La sua divisa estiva. Pochi capelli, tagliati a spazzola, grigi a chiazze. Sotto gli occhiali scuri, occhi azzurri, spesso sgomenti, a tratti magnetici.
Lei, più chiara di carnagione, lentiggini carine sul naso, un seno prosperoso, capelli lunghi, biondi, molto belli. Non alta, ma snella. Maglietta rossa, scollata, molto scollata, la stessa che aveva catturato lo sguardo di Malcom la sera prima. Jeans elastici, attillati. Troppo. Sotto gli occhiali scuri, occhi marroni, quasi sempre dubbiosi.
Dopo pochi minuti, il nulla da dirsi.
Il fascino della studentessa universitaria cancellato da tristi dettagli pratici di coinquiline, trasferte, problemi di soldi, esami superati in modo mediocre. La sua carismatica aurea di giovane scrittore rapidamente distrutta dalla impietosa luce del giorno, che metteva in evidenza tutti i suoi anni, e dalla sua impossibilità di indicare il titolo di un suo qualunque libro, pubblicato anche da una casa editrice veramente minore. Un veloce scambio di telefoni, chiaramente inutile. Un saluto, un bacio già svogliato, e ognuno per la propria strada.
Faceva caldo, l'estate era finalmente arrivata.
La rabbia lo assalì di nuovo. All'improvviso, come una scossa elettrica. Potente, inarrestabile. Di corsa a casa in moto, guidando veloce e a scatti, litigando con chiunque, ansioso di stremarsi nella sua piccola palestra personale, un lusso che aveva vistosamente abbassato il suo già magro conto in banca.
Correva verso casa.
Una casa bellissima, non grande ma piena di sole e, soprattutto, vicino al mare. Era stato sempre il suo sogno e, finalmente, la storia con Sandra gli aveva fornito l'opportunità di realizzarlo. Una nuova energia, un travolgente entusiasmo li avevano spinti a un cambiamento radicale. Barcellona. Una città bellissima, piena di vita, di colore, allegra, già visitata tante volte, anche grazie alla presenza di Carlo che, dopo tanti anni di lavoro insoddisfacente in Italia, poco più di dieci anni prima aveva colto un'occasione al volo e si era trasferito lì con Silvia e Martina. Con nessuna voglia di tornare indietro. Solo per il porto, le tapas e il cava ne vale la pena, diceva ridendo. E aveva ragione.
Proprio durante una di quelle visite, la prima volta che andava a Barcellona con Sandra, Carlo li aveva portati a vedere una casa in vendita, quasi per scherzo. Lui e Sandra se ne erano innamorati immediatamente. Dopo tre settimane, il tempo necessario a lei di accordarsi con il suo studio di architettura sulla possibilità di trasferirsi nella sede di Barcellona, avevano già deciso. Per lui era lo stesso, scrivere poteva scrivere ovunque. O meglio, poteva non scrivere ovunque. Anzi, si era illuso che vivere a Barcellona potesse essere una nuova fonte di ispirazione.
Una nuova vita. Insieme.
Una nuova città. Una nuova casa.
Bellissima.
Appena al confine dell'abitato, l'appartamento all'ultimo piano, una terrazza enorme, parzialmente coperta, da cui si vedeva il mare, lontano meno di cinquecento metri. In quella terrazza avevano guardato sorgere il sole innumerevoli volte, oppure si erano addormentati vicini, sul divano, osservando le stelle ruotare nel cielo. Una cucina non grande ma funzionale, con un ampio piano di marmo su cui si erano cimentati più volte in improbabili ricette esotiche. O in altro. Un grande salone luminoso, esposto a sud, in cui il sole faceva da padrone tutto il giorno, facendo brillare i mobili di bambù e il divano blu scuro. Anche da lì si vedeva il mare. In un angolo, un piccolo camino, un lusso insperato. E poi… A meno di dieci minuti a piedi, lungo uno stretto sentiero tra gli alberi, un piccolo porto, una manciata di barche, dove era possibile ormeggiare in perfetta sicurezza il suo gommone, situazione perfetta per la pesca subacquea, sua grande passione. Una stanza condivisa, usata come studio. Tanto lei era in ufficio tutto il giorno e lui non scriveva quasi mai… Una specie di soffitta, raggiungibile tramite una piccola scala a chiocciola, con una finestra buffissima, che guardava verso il mare. E la camera da letto, fresca, accogliente, esposta a nord.
Dio, la camera da letto…