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La minestra di rose
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E-book86 pagine1 ora

La minestra di rose

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Info su questo ebook

Fiabe per adolescenti e non solo,sospese tra lo schema della fiaba classica e la vita moderna,giochi di parole e d'ironia,che trattano temi della vita comune di sempre. Si sorride, si sogna,si pensa.
LinguaItaliano
Data di uscita18 mar 2014
ISBN9788891135629
La minestra di rose

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    La minestra di rose - Rossana Massa

    mentire.

    Il Cavaliere a metà

    C’era una volta un cavaliere che avrebbe dovuto essere senza macchia né paura e combattere a fianco dei più umili e degli oppressi contro l’oppressore. Si era comprato la divisa e l’armamentario giusto e persino un cavallo, perché un Cavaliere a piedi, se non è più che molto alto, struscia la spada per terra. Aveva un’armatura lucente, un cimiero con lunghi pennacchi bianchi e cilestrini, gambali robusti ed una spada degna d’un Re. Non parliamo poi della lancia. Era lunga, dritta, leggera, ma non si sarebbe spezzata neppure se avesse dovuto tagliare il burro o la margarina! Su ebay aveva infine acquistato uno stock d’armi da taglio per cavalieri erranti, per completare il suo bagaglio di strumenti da guerra. Aveva il fisico del ruolo: era alto ma leggero ( il cavallo n’era ben contento) e portava i capelli fluenti e lisci ed ogni volta che scuoteva la testa faceva l’onda. Per far più scena passava anche le dita tra le chiome e poi si metteva di tre quarti alzando un po’ il mento e stava così almeno per un minuto. Si muoveva con decisione e leggiadria. Non si sa se fosse più ardito o più leggiadro, c’è chi diceva più una cosa e chi più l’altra e non si mettevano mai d’accordo, così discutevano per ore ed alla fine se le davano di santa ragione, perché se fosse più deciso o più elegante nei modi e movimenti…era una questione di vitale importanza. Il Paese poteva aver bisogno di Lui. Era senza macchia, sicuramente onesto: non aveva mai rubato la marmellata o la nutella, non si era mai ficcato due dita nel naso, non si grattava il sedere in presenza d’altri. La sua mamma inoltre lo obbligava a cambiare le mutande anche due volte al giorno, se sudava sotto l’armatura. Gli aveva anche insegnato a centrare il buco del water, così che non la faceva in giro aspergendo il bagno.

    Non soltanto era senza macchia, addirittura evitava di farne e, se le faceva, le cancellava subito con la gomma ,con il bianchetto no, perché la maestra una volta gli aveva urlato in un orecchio di non farlo e s’era spaventato a morte e per sempre.

    Aveva il fisico. Aveva frequentato un corso d’arti marziali, dove si era limitato ad imparare saluti ed i numeri in cinese, ma poteva bastare.

    Possedeva l’armatura e mica una roba dell’Ikea.

    Aveva un Signor Cavallo ( aveva, il cavallo, anche i biglietti da visita personali) con gli zoccoli in titanio.

    Era senza macchia e stava attento a non impataccarsi anche quando mangiava l’impepata di cozze o l’anguria…ma aveva un grosso problema.

    Aveva PAURA.

    Paura di tutto: del ticchettio dell’orologio, del bollire del latte, dello sbattere d’ali di una farfalla.

    Aveva paura del buio, della luce, del sole e della luna.

    Provava terrore per i ragni, i bagni, le lasagne e le castagne.

    Scappava come una lepre se vedeva una gallina, una bambina, una terrina ed anche sua cugina.

    Se nel piatto si trovava alcuni cibi, ad esempio lo stracchino o del budino, urlava come un pazzo.

    Aveva paura quasi di tutto tranne che degli assassini, dei prepotenti, degli invasori, dei delinquenti. Quelli non gli facevano paura per niente.

    Avrebbe assassinato un assassino con una mano sola.

    Non avrebbe avuto problemi ad infilzare due delinquenti alla volta con la spada o con la lancia ( con quest’ultima anche tre o quattro, se non erano grassi).

    Avrebbe fermato gli invasori soltanto dicendo, con voce stentorea:

    - Ehi, dove andate? Sapete che non si può? Girare i tacchi e camminare!

    I prepotenti non osavano neanche alzare la voce al suo cospetto.

    Avendo tuttavia paura quasi di tutto il resto, restava a giocare al Cavaliere in cortile, facendo fare al cavallo una decina di giri di corsa, finché l’animale non si stufava e tornava da solo nella stalla a fare merenda e guardare la TV.

    La mamma, allora, lo chiamava e gli diceva:

    - Su, Gigino, vieni a fare merenda anche tu… togli l’armatura, indossa la tutina di felpa, metti le ciabattine e sbrigati che la cioccolata si fredda!

    - Ho paura della cioccolata, diceva il Cavaliere senza macchia e troppe paure dal cortile….

    - Puoi mangiarla con gli occhiali da sole, rispondeva premurosa la mamma.

    Gigino si toglieva il cimiero, gettava indietro la chioma, si metteva di profilo, mentre il sole baciava la sua ardimentosa fronte e rientrava in casa. In fondo aveva tempo per liberarsi delle sue profonde paure. Aveva soltanto trentasei anni e mezzo.

    Le sue giornate trascorrevano più o meno sempre uguali, tra la casa, il giardino ed il cancello. Più in là non s’era mai spostato.

    Accadde tuttavia un bel dì che il Cavalier Immacolato cadde da cavallo. Rimase con il sedere a terra e si mise a piangere a più non posso, nessuno tuttavia lo sentiva, infatti la sua mamma era andata a far la spesa. Pianse un bel po’ e poi si stufò perché non c’era gusto. A che serve piangere tanto, se nessuno t’ascolta e viene a consolarti? Si decise ad alzarsi e s’accorse, con stupore e meraviglia, d’aver ammazzato in un sol colpo un formicaio intero. Un’intera colonia di formicuzze nere era stata sterminata dal suo grosso sedere ( aveva paura sì, anche del budino, ma s’obbligava a sterminarne in gran quantità, mangiandolo avidamente…). Tutte inerti e spiaccicate tra le carote e le insalate. Il Cavaliere a metà contò i cadaverini. Millanta corpicini reclamavano una sepoltura, egli gliela diede dietro le ortensie e poi proclamò: sono un prode!Senza fare alcuna fatica

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