Il Falconiere
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Il carattere debole dello Zar Nikolaj II scatena una lotta di potere tra il suo consigliere politico-militare Fёdor (soprannominato “Il Falconiere”) e lo spietato Barone Klišenko. L’aristocratico, ossessionato dal potere, vedendosi scavalcato da un rivale che non considera alla sua altezza, sia per la sua giovane età sia perché membro di una nobiltà cadetta, arriva ad attentare alla vita della famiglia di Fёdor - pur preferendo agire nell’ombra.
Avidità e fedeltà sono gli antitetici punti nodali di un sottile gioco per il potere, che si complica ulteriormente quando nella lotta si inserisce un terzo pretendente (che, seppure di umili origini, arriva a manovrare i fili della politica influenzando l’Imperatrice Aleksandra e, indirettamente, Nikolaj): il santone Grigorij Rasputin.
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Anteprima del libro
Il Falconiere - MIRKO CIMINIELLO
MIRKO CIMINIELLO
Romanzo
IL FALCONIERE
Cavinato Editore International
© Copyright 2015 Cavinato Editore International
ISBN: 978-88-6982-075-5
I edizione 2015
Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. I diritti di traduzione, di mem-orizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi
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Progetto grafico, copertina e impaginazione Rakesh Kumar Sharma
In memoria di Anna Rosaria Siani
EXTOLLENS AD ASTRA
PROLOGO
Heidelberg, 12 agosto 1904
Venerabile padre, ho da poco ricevuto il vostro telegramma, e ancora il mio cuore trabocca di gioia al pensiero delle parole che vi siete compiaciuto di scrivermi.
Un’emozione fortissima si è impadronita della mia mente, una sensazione dolce ed eccitante allo stesso tempo, impetuosa come una tempesta, leggera come un soffio di vento. È per questo che affido ad una lettera l’inno che mi sgorga dal cuore, poiché mai avrei saputo rinchiudere in un telegramma il vortice che mi scuote l’anima.
Finalmente la Casa Imperiale Russa ha un erede maschio! Ne sono così felice… Il nostro comune Padre, lo Zar Nikolaj, meritava un simile dono dal Signore!
Mi avete scritto che gli verrà imposto il nome Aleksej. Come il suo augusto antenato - l’unico altro Zar con questo nome, nella dinastia dei Romanov -, che regnò sulla Russia per più di trent’anni. Spero che ciò possa essere di buon auspicio per il neonato Zarevic.
E Aleksandra? Come sta la Zarina? In che condizioni? È stato un parto faticoso?
Oh, che gioia deve aver provato! Dopo quattro splendide figlie, il sospirato maschio! Come vorrei essere lì con voi, nella grande Madre Russia, per festeggiare anch’io questo evento così lieto!
Ma non fraintendetemi… sono felice di avere la possibilità di studiare qui in Germania, ospite del vostro nobile cognato, il Conte Heinrich… e spero che i risultati che sto conseguendo mantengano anche voi nella soddisfazione che già mi avete espresso.
Come già vi avevo scritto, Heidelberg è una città splendida sotto questo punto di vista. Né troppo grande, né troppo piccola, mi dona assieme l’ambiente più adatto allo studio, così come brevi momenti di svago e di distrazione con i miei amici.
Ma voi mi mancate… sono quattro anni che vi vedo solo in fotografia… sogno spesso il momento in cui vi rivedrò e potrò finalmente abbracciarvi. E mi manca mia madre… A lei, alla sua memoria rivolgo sempre il primo pensiero e la prima preghiera al mattino, e gli ultimi alla sera…
A volte, la mia mente viene sopraffatta dai ricordi… immagini, suoni, profumi, sapori della mia infanzia… la casa dove abitavamo… l’odore del pane appena sfornato… la dolcezza del suolo della Russia… il canto con cui mia madre mi rassicurava la sera, quando la mia mente di fanciullo credeva di veder sbucare fantasmi dalle ombre…
Ma non voglio tediarvi, né immalinconirvi. Questo è un periodo di festa, per tutti coloro che hanno avuto l’onore di nascere sotto l’ala protettrice dell’aquila bicipite.
Immagino quali festeggiamenti si stiano approntando per salutare l’arrivo del piccolo Zarevic. San Pietroburgo, Tzarskoe Selo, Peterhof…
Immagino la gente in piazza, grida di gioia e di giubilo, l’abbraccio della folla per questo piccolo fanciullo che aprirà i suoi grandi occhioni e si guarderà intorno incuriosito e intimorito…
E voi, allora, voi che sarete lì a porgergli il vostro omaggio, rivolgete - ve ne prego - un pensiero al piccolo Aleksej da parte di un suddito che non potrà salutarlo che da lontano, affidando il suo messaggio al vento.
Vi saluto e vi abbraccio.
Sempre vostro
Fëdor
Parte prima
Settembre 1911 - Settembre 1912
I.
PALAZZO ALEKSANDROVSKIJ
La grande Sala Semicircolare di Palazzo Aleksandrovskij a Tzarskoe Selo, il Villaggio dello Zar
, era già gremita di illustri ospiti. Solitari cavalieri in abito scuro, alcuni dei quali sfoggiavano i propri gradi e le proprie onorificenze, si inchinavano di fronte ad elegantissime dame chiedendo l’onore di quello o del prossimo ballo. Distinte damigelle ammiccavano ad aitanti giovani come per invitarli ad osare, per poi nascondere pudicamente il volto dietro ai ventagli con cui cercavano di vincere il caldo. Al centro della sala, leggiadre coppie danzavano lievi al ritmo delicato offerto loro dall’orchestra.
Il Gran Maresciallo Serhij Pimenov guardava compiaciuto lo spettacolo. Tutto era pronto per l’arrivo dello Zar e della Famiglia Imperiale. Tutto era perfetto quella sera. E lui non si era mai sentito così eccitato.
In impeccabile uniforme militare, salutava i nobili ospiti con deferenza, per poi voltarsi verso suo figlio, appena ritornato in Russia dopo undici anni di studi in Germania, per sussurrargli il nome dell’aristocratico che aveva rispettosamente contraccambiato il suo saluto. Il Principe Vasilij Dolgorukij, la Contessa Anastasija Hendrikova, la Baronessa Sophie von Buxhoeveden, il Principe Feliks Jusupov con la moglie Irina - nipote dello Zar -, Anna Vyrubova, la migliore amica della Zarina, che presto avrebbe intrecciato una torbida relazione con il Monaco Pazzo
Rasputin e sarebbe divenuta intermediaria fra lui e l’Imperatrice…
Il giovane cercava di sorridere, ma si sentiva un po’ a disagio. Non era abituato alle serate mondane, e si sentiva frastornato e allo stesso tempo incuriosito da quell’ambiente al quale aveva comunque la sensazione di appartenere.
Certo, l’idea che di lì a poco avrebbe incontrato lo Zar in persona e sarebbe stato presentato alla Corte non contribuiva a placare il suo nervosismo. Ma in fondo il giovane si sentiva come se fosse appena rientrato da un lungo esilio, e quel pensiero così semplice e così dolce lo sosteneva e lo rasserenava.
Un sussulto. Tutti gli ospiti si voltarono simultaneamente nella stessa direzione. Dal corridoio che dava sull’ala centrale di Palazzo Aleksandrovskij era improvvisamente apparsa la Famiglia Imperiale della Russia.
Tenendo sottobraccio la sua consorte, lo Zar Nikolaj Aleksandrovič Romanov, seguito dai cinque figli, attraversò la Sala Semicircolare fra due ali di nobili che si inginocchiavano al suo passaggio. Poi, voltatosi, con un gesto invitò l’orchestra a riprendere a suonare.
Assistette al ballo come fa un padre che guarda i figli giocare, annuendo mentre scrutava con gli occhi azzurri le piroette delle più ardite ballerine, e sorridendo sotto i lunghi mustacchi.
Anche la barba dello Zar era ancora ben folta, a differenza della chioma corvina che gli si stava diradando a causa della calvizie, che gli scopriva tratti sempre più ampi di fronte e che Nikolaj era solito nascondere sotto un fez su cui era stata ricamata l’aquila dei Romanov.
Sull’uniforme di color blu scuro campeggiava, oltre a numerose medaglie, la preziosa Stella dei Romanov. Spalline auree, guanti bianchi e un cinturone grigio perla completavano la divisa dello Zar.
Lo Zar Nicola II Romanov
Il Gran Maresciallo Serhij lo fissava trepidante. Fremeva, lui che di solito era così compito e inappuntabile da sembrare gelidamente distaccato dal mondo che gli ruotava intorno.
Improvvisamente, la musica finì. Era il momento.
Il Gran Maresciallo si fece largo fra gli ospiti e avanzò fino a portarsi dinanzi al suo sovrano. Si inginocchiò davanti allo Zar, che gli fece cenno di rialzarsi. Con deferenza, l’uomo prese la parola, ed annunciò di voler presentare alla Famiglia Imperiale e alla Corte di Russia il figlio che era appena ritornato dalla Germania.
Poi si voltò e fece un cenno al giovane invitandolo ad avanzare. Benché un po’ impacciato per l’emozione, Fëdor riuscì a fendere la nobile folla fino a portarsi accanto al genitore. Si inginocchiò anche lui di fronte a Nikolaj. Poi prese la parola dicendo:
– Vi porgo i miei più umili ossequi, Cesare. Sono Fëdor Pimenov, figlio del Gran Maresciallo Serhij -.
Nikolaj fissò con aria stupita gli occhi smeraldini - freddi, quasi impenetrabili - di quel giovane, poco più che ragazzo, che lo aveva salutato con il titolo latino da cui derivava la parola Zar
. Improvvisamente, il Sovrano si accorse che il giovane sosteneva il suo sguardo. Sul suo viso apparve subito un’espressione insieme stupita e contrariata che Fëdor non mancò di notare, e che lo indusse immediatamente ad abbassare gli occhi. Annuendo lievemente, Nikolaj gli fece cenno di rialzarsi e si voltò verso la Zarina, che gli sorrise amabilmente. A trentanove anni, Aleksandra Fëdorovna era ancora una donna molto attraente, anche se in pubblico i suoi silenzi, dovuti alla sua insofferenza verso la Corte, la facevano sembrare fredda e altera.
Nikolaj amava perdersi nei suoi splendidi occhi grigio - blu, così profondi, così espressivi da far passare in secondo piano anche la bellezza, l’eleganza, il superbo portamento della Zarina. Il suo sguardo rispecchiava le emozioni di un’anima sensibile, eppure appariva velato da un’ombra di malinconia che sembrava riflettere l’oppressione di una misteriosa colpa, conferendo all’Imperatrice un alone di mistero.
La Zarina Alessandra (Alice d’Assia)
Schiarendosi la voce, il Gran Maresciallo Serhij riprese la parola:
– Mio figlio si è da poco laureato con il massimo dei voti nella Facoltà di Scienze Politiche alla prestigiosa Università tedesca di Heidelberg -.
– Oh! -, esclamò la Zarina. - Heidelberg?! -
– Ja, mein Kaiserin -, rispose Fëdor.
Aleksandra non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto.
– Sie sprechen Deutsch -, affermò, in un tono che non richiedeva una risposta.
– Ziemlich gut -, convenne comunque il giovane.
Un ponderato colpo di tosse richiamò poi la sua attenzione verso suo padre, che gli lanciò un’occhiataccia. Fëdor abbassò lo sguardo, ma la Zarina gli sorrise, invitandolo a proseguire.
– Stavo dicendo all’Imperatrice che parlo abbastanza bene la sua lingua, il tedesco -, spiegò il giovane, rinfrancato dall’incoraggiamento di Aleksandra.
– Quanti anni hai, Fëdor? -, si inserì lo Zar.
– Ventidue, Cesare -.
– Un talento precoce, a quanto sembra -.
Il giovane abbassò lo sguardo mentre il Gran Maresciallo colse l’occasione per parlare alla Corte di quanto intelligente e capace fosse il suo ragazzo. Dopo qualche istante Nikolaj lo interruppe con un sorriso.
– Ci enumeri tutti questi talenti almeno da quando hai mandato il ragazzo a studiare in Germania -, disse, - ed ora questa laurea ci dimostra che le tue erano lodi fondate, e non gli elogi dovuti naturalmente da un genitore al proprio figlio.
Ma sono sicuro che il ragazzo avrà diverse occasioni qui a Corte per dimostrare a tutti il suo valore -.
– È ciò che spero e mi auguro con tutto il cuore, Cesare -, rispose Fëdor.
Lo Zar sorrise soddisfatto di fronte a questa prova di umiltà mentre Serhij riprendeva la parola per descrivere le ulteriori doti di suo figlio, come la sua abilità con le armi, in particolare con la spada.
Nikolaj apparve incuriosito dalle parole del Gran Maresciallo, e rivolse un’occhiata significativa a Fëdor come per averne conferma. Il giovane annuì, e subito lo Zar fece un cenno ad una delle sue guardie, che si staccò dagli altri ed avanzò verso Fëdor con la spada in pugno.
Il giovane, dapprima un po’ sorpreso, indietreggiò cercando un’arma con la coda del-l’occhio. Giunto a pochi passi da un’altra delle Guardie Imperiali, si voltò di scatto ed estrasse fulmineo la spada dal fodero del soldato - che, malgrado lo stupore, rimase immobile -, proprio mentre il suo avversario gli si avventava contro.
Con relativa calma, Fëdor evitò due volte, con due scarti laterali, gli attacchi dell’aggressore. Poi alzò la spada per parare il terzo affondo, ignorando i mormorii stupiti e spaventati che i cortigiani non avevano saputo trattenere quando avevano visto delle scintille sprigionarsi dalle lame venute a contatto.
Fëdor fece un balzo all’indietro, ed impugnò l’elsa con entrambe le mani. Il suo rivale si mise in guardia. I due si fronteggiarono per qualche eterno istante, poi l’aggressore tentò un nuovo attacco frontale. Fëdor apparve sorpreso, ma all’ultimo riuscì a schivare l’affondo ruotando il busto verso la propria sinistra e, contemporaneamente, con un gesto fulmineo alzò la lama della sua spada verso il fianco del suo avversario.
Poi, voltandosi verso la Famiglia Imperiale, Fëdor protese la spada in direzione dello Zar, che sgranò gli occhi, esterrefatto.
– Sangue… -, mormorò.
Fëdor annuì gravemente ripulendo l’arma, mentre il suo avversario si tastò il fianco destro incredulo. Sul suo viso apparve un’espressione di puro stupore quando ritrasse la mano imporporata.
Due guardie gli si avvicinarono per accertarsi delle sue condizioni, ma il soldato li respinse con un gesto della mano e, dopo aver ottenuto dallo Zar il permesso di ritirarsi, uscì dalla Sala Semicircolare, ferito più nell’orgoglio che non nel fisico.
Nel frattempo, Fëdor porse di nuovo la spada alla guardia a cui l’aveva sottratta e, senza tradire alcuna emozione, camminò in mezzo agli applausi del nobile pubblico fino a raggiungere nuovamente il fianco del padre, che gli rivolse un cenno d’assenso. Quello fu l’unico momento in cui l’impassibilità del giovane vacillò. Per lui, infatti, quel semplice gesto valeva più di mille parole.
Lo Zar si alzò all’improvviso, e sulla grande sala scese il silenzio mentre Nikolaj avanzava con passi misurati verso Fëdor.
– Vorrei parlare con te in privato, domattina -, disse lo Zar.
Il giovane abbassò lo sguardo prima di rispondere:
– Come desiderate, Cesare -.
II.
L’AMICO SAŠA
Il dolce tepore del mattino di settembre contrastava piuttosto nettamente con i gelidi ambienti del Palazzo Imperiale. Fëdor iniziò a guardarsi attorno spaesato, riconoscendo solo a fatica i corridoi e le stanze che aveva battezzato solo la serata precedente. Cominciò a provare uno strano senso di vertigine, e si chiese se le immagini che ancora fluttuavano nella sua mente non fossero in realtà che il frutto di un sogno.
In effetti, ora che si erano svuotate degli illustri ospiti, le grandi sale di Palazzo Aleksandrovskij sembravano private anche della loro allegria, del loro calore, della loro vitalità. La maestosa Reggia sembrava un freddo e lugubre labirinto. E il giovane non sapeva come raggiungere la sua meta, lo studio dello Zar Nikolaj.
Si stava guardando intorno nella speranza di incontrare qualcuno, quando sentì un rumore di passi alle sue spalle. Voltatosi, si trovò di fronte un uomo alto e snello, con lunghi baffi scuri simili a quelli del sovrano. Indossava un lungo pastrano color verde oliva, che lasciava intravedere una cravatta annodata sopra la camicia bianca, e in testa portava una bombetta.
– Perdonatemi -, esordì Fëdor, bloccando il suo incedere. - Avrei bisogno di un’informazione, e vi sarei estremamente grato se… -
– Voi siete il figlio del Gran Maresciallo Pimenov -, lo interruppe l’uomo, parlando con un lieve accento francese. - Ho assistito alla vostra… esibizione… ieri -.
– Sì -, confermò il giovane. - Mi chiamo Fëdor. Con chi ho il piacere…? -
– Mi chiamo Pierre Gilliard, e sono il precettore delle Granduchesse, le quattro figlie dello Zar Nikolaj -.
Fëdor chinò il capo in segno di rispetto, ma Gilliard lo bloccò con un sorriso. Annuendo lievemente, il giovane domandò l’ubicazione dello studio dello Zar. Ottenuta l’informazione, ringraziò e salutò rispettosamente il precettore, e lo guardò allontanarsi mentre lui prendeva un’altra direzione. Ma, chissà perché, Fëdor sentì che quello non sarebbe stato il suo unico incontro con quell’uomo, ed avvertì forte la sensazione che lui e Gilliard sarebbero stati legati da un unico destino.
Raggiunto finalmente lo studio dello Zar, il giovane ebbe con il suo sovrano un breve colloquio, durante il quale Nikolaj gli chiese di entrare a far parte delle Guardie Imperiali.
– Ne sarei lusingato, Cesare -, rispose il giovane.
Lo Zar si mostrò molto soddisfatto, e congedò il suo ospite invitandolo a visitare Palazzo Aleksandrovskij e Tzarskoe Selo.
Il giovane annuì, fece un profondo inchino ed uscì dalla stanza richiudendo la porta alle proprie spalle. Sorrise al pensiero che un breve duello fosse risultato più efficace di una laurea conquistata all’Università di Heidelberg e, ripensando alla durezza dell’esperienza in Germania, per un attimo si domandò se accettare l’offerta dello Zar fosse stata la scelta giusta.
Dissipò i dubbi in un batter d’occhio. Era vero che lui pensava alla Duma come traguardo per le proprie ambizioni, ma era anche vero che suo padre aveva ricevuto numerose proposte per entrare in politica, e che solo il grande amore per la carriera militare aveva dissuaso il Gran Maresciallo dal compiere quel passo.
Fëdor non avrebbe seguito quella strada. Per lui, l’incarico come guardia non sarebbe stato altro che un trampolino di lancio. E, non appena si fosse presentata l’occasione,