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Percorsi di alchimia personale: Mente respiro meditazione
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Percorsi di alchimia personale: Mente respiro meditazione
E-book287 pagine2 ore

Percorsi di alchimia personale: Mente respiro meditazione

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Info su questo ebook

Questo manuale pratico, semplice ed efficace, si suddivide in tre sezioni perfettamente coerenti tra loro, dedicate alla Mente, al Corpo e allo Spirito e curate rispettivamente dai tre Autori, i quali condividono da anni la passione per la ricerca e la divulgazione.
Erica Holland decodifica alcuni aspetti delle relazioni che intratteniamo quotidianamente con noi stessi, con gli altri, e con il mondo, allo scopo di offrire dei punti di vista differenti circa dinamiche fondamentali della nostra esistenza come apprendere, relazionarsi, e cambiare. Esplorare diversi punti di vista può essere il modo di riappropriarsi della titolarità di scegliere ciò che è più utile per la propria centratura ed evoluzione, eventualmente introducendo delle variabili nuove in quegli schemi di azione e reazione che creano e mantengono la nostra "realtà".
Giovanni Gnecchi esplora tecniche e vantaggi della respirazione consapevole, sia a livello puramente fisico, sia sul piano mentale ed emotivo. Avrete la possibilità di capire come il respiro sia connesso al modo di vivere e come, modificandolo volontariamente e consapevolmente, sia possibile influire sugli stati d'animo, sui pensieri, sulle convinzioni e sulla salute. Dopo una breve introduzione teorica vengono spiegati diversi esercizi per ottimizzare le funzioni dell'apparato respiratorio, per renderlo più elastico e sciolto, e per impiegare correttamente la respirazione circolare in quanto vera e propria generatrice di cambiamento.
Carlo Dorofatti entra infine nel merito di una specifica tecnica di meditazione, compiutamente descritta e corroborata da una serie di commenti di carattere metafisico e di stimoli concreti per una realizzazione esistenziale responsabile e matura. La meditazione, vista come strumento di centratura, permette di recuperare coscienza di sé e acquisire più consapevolezza nella percezione della vita e del proprio potere personale.
LinguaItaliano
Data di uscita24 giu 2013
ISBN9788863651485
Percorsi di alchimia personale: Mente respiro meditazione

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    Percorsi di alchimia personale - Holland Erica

    COLLANA

    MANUALI PER L’ANIMA

    Erica Holland

    Giovanni Gnecchi

    Carlo Dorofatti

    PERCORSI DI ALCHIMIA PERSONALE

    Mente - Respiro - Meditazione

    Anima Edizioni

    © Anima Edizioni. Milano, 2012

    © Erica Holland - Giovanni Gnecchi - Carlo Dorofatti, 2012

    Copertina di Valentina Urbinati

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i paesi. Per i diritti di utilizzo contattare l’editore.

    Progetto editoriale: Jonathan Falcone

    Direzione: Timoteo Falcone

    Redazione: Sabrina Lescio

    ANIMA s.r.l.

    Gall. Unione, 1 – 20122 Milano

    Tel. 02 72080619 fax 02 80581864

    e-mail: info@animaedizioni.it

    www.animaedizioni.it

    I edizione aprile 2012

    Tipografia Italgrafica

    Via Verbano, 146

    28100 Novara

    INTRODUZIONE

    In questo momento storico di grande fermento si può scegliere se resistere ai cambiamenti o cavalcarli per indirizzare le nostre vite verso un nuovo futuro più luminoso e sereno. Questo manuale pratico, coerente ed efficace, propone strumenti concreti per lavorare sul corpo, sulla mente e sullo spirito, al fine di ottenere un maggiore equilibrio personale e scoprire le straordinarie opportunità di crescita celate dietro le apparenze e le contraddizioni di questa nostra epoca.

    All’interno del paradigma di sviluppo in cui siamo immersi, vi sono molti aspetti su cui pare non si riescano a trovare soluzioni. L’aumento della popolazione mondiale a fronte di risorse costanti, o la differenza tra i livelli di consumo di energia rispetto alla disponibilità di energia pulita in grado di non compromettere il nostro eco-sistema, ne sono solo degli esempi. Le soluzioni a questi e ad altri problemi che sono state ricercate finora, se non hanno funzionato, sono solo altri esempi di azioni interne al paradigma stesso. Perché una soluzione sia tale tuttavia, in grado di trasformare il problema in qualcosa di sostenibile per il sistema di riferimento, deve venire da uno spazio che è da qualche parte al di fuori da quel paradigma.

    Solo perché non sono stati considerati fino ad ora, non significa che gli spazi al di fuori dei nostri attuali schemi di pensiero, di progresso e di sviluppo siano vuoti. L’aver imparato a contare fino a 10 non significa che l’11 non possa esistere. Inoltre, per incidere sul sistema-mondo e sull’eco-sistema non è necessario alzare la voce e molta polvere, ma allinearsi con quello che desideriamo esso sia.

    Sarà fondamentale il lavoro su sé stessi: individuale, autentico e sincero. Che ognuno assuma la responsabilità del proprio risveglio, della propria presa di coscienza e quindi della propria vita: si tratta di un percorso psico-fisico che ognuno può condurre in piena libertà. Il lavoro su sé stessi – attraverso la consapevolezza delle proprie dinamiche mentali ed emotive, così come un’appropriata disciplina corporea – è una chiave di cambiamento potente, e in questo caso ognuno non può che regolarsi da sé.

    Cruciale sarà infine compiere scelte di vita coerenti, ovvero aprirsi senza paura ad uno stile di vita che permetta al corpo, alla mente e allo spirito di giungere ad una nuova fioritura, nei contesti esistenziali più idonei: soluzioni naturali, vita sana, energia pulita, consumo consapevole, solidarietà. In questo caso possiamo coordinare le risorse di cui ciascuno dispone, condividere liberamente idee e informazioni, esplorare e creare opportunità nuove.

    Rinnovare questa nostra vita in maniera tangibile e concreta, felicemente, è possibile.

    Gli Autori

    Gennaio 2012

    PRIMA PARTE

    MENTE E REALTÀ

    di Erica Holland

    PREMESSA

    La prima sezione di questo manuale è stato pensato per spostare la tua attenzione su aspetti che tendenzialmente stanno ai margini della nostra consapevolezza, ma che giocano un ruolo fondamentale nel farci raggiungere i risultati che otteniamo.

    Quante volte ti capita che qualcosa non funzioni come vorresti ma non riesci a venire a capo del perché?

    Il fatto che gran parte della nostra esperienza (e dell’esperienza che condividiamo con gli altri) avvenga al di sotto della nostra consapevolezza, ci può rendere impotenti: se non so che cosa sto facendo che non sta funzionando, non so nemmeno che cosa fare perché le cose vadano meglio.

    Nelle pagine che seguono, se ti va, esploreremo insieme alcuni aspetti fondamentali della nostra esistenza come relazionarsi, apprendere, e cambiare. Vorrei che il risultato di questa esplorazione fosse una cornice che potrai applicare fin da subito nel rapporto quotidiano che intrattieni con te stesso, con gli altri, e con il mondo, per introdurre, se sceglierai di farlo, delle variabili nuove in quegli schemi di azione e reazione che attualmente creano e mantengono la tua realtà. E magari aprirti nuove strade per avvicinarti a dove desideri andare.

    NOI STESSI

    Ogni buona storia

    va raccontata dallinizio.

    Anonimo

    QUELLA COSA CHIAMATA REALTÀ

    Ti è mai capitato di sentirti descrivere da dei tuoi amici il film che avevano visto insieme al cinema, e sentirti raccontare due film diversi? Eppure lo spettacolo era lo stesso. E quante volte ci capita la stessa cosa con gli eventi della nostra vita? Potrai ricordare almeno una volta in cui tu e la persona con cui hai avuto una discussione, un litigio, o una qualunque altra esperienza condivisa, avete raccontato versioni completamente diverse dello stesso episodio, ciascuno graniticamente convinto di ciò che diceva.

    Chi aveva ragione?

    Nella visione presentata in questo scritto, che non è LA visione, ma è semplicemente una tra le infinite cornici di pensiero possibili, non sono gli eventi, ma è come noi percepiamo gli eventi che crea la nostra realtà.

    Cosa significa?

    Tocchiamolo con mano. Possiamo essere tutti abbastanza d’accordo sul fatto che ciascuno di noi percepisce il mondo esterno (quello che chiamiamo realtà) attraverso i nostri cinque sensi. I sensi sono le nostre porte di ingresso sul mondo: attraverso i sensi, in ogni secondo, quasi due milioni di stimoli bombardano il nostro sistema nervoso, anche mentre dormiamo.

    Fig. 1

    I dati grezzi che attraversano il nostro sistema nervoso, tuttavia, non diventano per noi conoscibili come realtà finché non sono sottoposti a delle trasformazioni elettrochimiche nella nostra corteccia cerebrale. Per essere trasformate in informazioni utili per noi, devono essere arricchite di significato dalla nostra mente.

    Come pasticceri esperti, noi esseri umani aggiungiamo l’ingrediente significato a ciò che attraversa il nostro sistema nervoso, e, impastando assieme stimoli sensoriali e significato, creiamo una ricetta che prima non esisteva.

    Non siamo freddi computer che semplicemente elaborano input già esistenti provenienti dal mondo esterno: siamo sistemi viventi che creano output inediti, che sono più della semplice somma degli input che riceviamo. I nostri output sono il risultato di ricette in cui parte degli ingredienti ed il modo di impastare sono solo nostri.

    Prima di tutto, a differenza dei computer, non siamo in grado di raccogliere tutti gli input che ci arrivano perché i nostri sensi sono limitati. Già dal liceo ci insegnano che la nostra attrezzatura biologica (occhi, orecchie, naso, bocca, pelle) può percepire solo un dato range di stimoli (ad esempio l’orecchio umano è equipaggiato per percepire le frequenze che vanno dai 20 Hz ai 20 kHz, a differenza di alcuni animali). I nostri occhi, orecchie, naso, bocca, e pelle (i canali dei nostri cinque sensi) si lasciano sfuggire invece tutti gli stimoli che sono al di fuori di questo range (come ad esempio gli ultrasuoni), ma che tuttavia esistono, e possono comunque avere un effetto su di noi.

    Gli esseri umani percepiscono tramite i sensi dunque soltanto alcuni aspetti dell’esistente: le allucinazioni sensoriali di uno psicotico o gli effetti di una droga possono far intuire come invece la realtà potenzialmente offra molto di più. E, quando parli con uno psicotico, è facile renderti conto che percezioni diverse dalla norma non per questo vengono percepite come meno vere.

    In secondo luogo, le informazioni che i nostri sensi sono in grado di percepire non vengono gettate tutte indistintamente nell’impastatrice dei significati: sono prima sottoposte a trasformazioni. Sono trasformazioni che la nostra mente fa in maniera quasi automatica, e delle quali dunque siamo tendenzialmente inconsapevoli. Oltre alla selezione naturale dovuta ai nostri filtri biologici infatti, la nostra mente opera sui dati rimanenti tre tipi di operazioni.

    Il primo tipo di operazione è una semplificazione: questo avviene perché altrimenti la mole di informazioni che la nostra mente cosciente dovrebbe gestire sarebbe talmente grande, che rischieremmo di impazzire. Per questo esiste il processo di astrazione: per evitare di avere un cervello grosso come il nostro torace. Astrarre significa raggruppare tutte le informazioni che ci sembrano simili in grandi categorie, il che ci rende la vita notevolmente più semplice.

    Il problema è tuttavia che nel farlo perdiamo per strada un sacco di informazioni. Il concetto astratto che io mi creo di un cane raggruppa tutti i cani che io ho incontrato fino ad oggi, facendo sì che quando incontro per la strada un animale peloso con quattro zampe io possa riconoscerlo subito.

    Ma astraendo in categorie la nostra mente ci fa anche accomunare il pitbull che a 4 anni ha cercato di azzannarci con il bassotto dei vicini che invece non ha mai morso nessuno. Essere in grado di recuperare la distinzione tra i due invece a volte mi è utile, magari se devo attraversare il giardino dei vicini.

    I dati che perdiamo per strada generalizzando i dati concreti della nostra vita in categorie vengono cancellati dalla nostra mente conscia, restando informazioni latenti al di sotto della soglia della nostra consapevolezza: potrei perciò avere una brutta sensazione mentre attraverso il giardino dei vicini, e avere paura del loro inoffensivo bassotto, ma non capirne razionalmente il perché (abbiamo una sensazione di pancia, lo sentiamo a pelle, etc.). Dunque parte della nostra esperienza viene cancellata, rimossa dalla nostra mente cosciente.

    Infine, alcune informazioni vengono deformate (modificate rispetto a quelle originarie) dalla nostra mente, affinché collimino con i dati già archiviati nel nostro cervello. ogni nuovo stimolo è misurato sulla base di ciò che abbiamo già visto, e comparato ad esso per somiglianza o differenza. Laddove le informazioni non rientrino nelle categorie che abbiamo già creato, possono venire distorte per rientrarci. In questo modo, nell’Europa medioevale in cui nessuno aveva mai visto un elefante, questo era divenuto un maiale con le orecchie grandi.

    Questi processi (generalizzazioni, cancellazioni e deformazioni) vengono messi in atto dalla nostra mente seguendo dei criteri. Questi criteri sono determinati dai filtri che ciascuno di noi ha, che possono essere di tipo culturale, sociale e personale.

    I filtri culturali sono dettati dalla percezione della realtà che è condivisa dagli abitanti di una determinata area culturale del mondo (come ad esempio la percezione della morte come evento triste che richiede il lutto, come avviene in occidente, o viceversa la sua percezione come avvenimento positivo che richiede dei festeggiamenti, come avviene in alcune culture tribali). I filtri sociali sono invece de finiti dalla percezione della realtà che è condivisa da un dato gruppo sociale interno a questa cultura (come ad esempio il fatto di non prestare più di tanta attenzione a due uomini che passeggiano tenendosi per mano se siamo abitanti di una grande città del Nord Italia – o cittadini dell’antica Grecia, e di percepirlo invece come motivo di sdegno se siamo abitanti di alcuni dei piccoli villaggi del Sud dello stesso paese). I filtri culturali e sociali sono dei costrutti collettivi che, in base alla nostra provenienza culturale e sociale, ci dicono come generalizzare, cancellare e deformare quello che avviene all’esterno in base a ciò che secondo essi è degno di nota.

    I filtri individuali invece ce li costruiamo individualmente nel corso della nostra vita. Dato che diamo senso al presente sulla base di ciò che abbiamo già visto, ciò che percepiamo non è mai neutro, ma sempre contestualizzato rispetto alla nostra storia personale. Per chi ha rischiato di annegare, il mare ha un significato del tutto diverso che per chi si è sempre piacevolmente goduto il sole d’estate.

    Attenzione: con questo non intendo dire che il nostro passato determina il nostro futuro. Intendo dire che i filtri del nostro passato determinano ciò su cui oggi noi siamo abituati a porre la nostra attenzione.

    Un bambino nella cui famiglia l’essere vincenti e l’arrivare primi era caldeggiato, sarà sensibile ad un lato competitivo della vita di cui magari un suo coetaneo potrebbe addirittura ignorare l’esistenza. Quel bambino potrebbe sentirsi umiliato e mettersi a piangere per aver perso quella che per lui era una gara nel gioco, mentre il suo compagno potrebbe buttarsi a capofitto nel gioco successivo senza che l’idea di sentirsi inadeguato nemmeno lo sfiori.

    Se per essere utilizzabili da noi gli stimoli del mondo esterno devono attraversare tutti questi cambiamenti, e se noi li modifichiamo attivamente aggiungendoci del nostro, possiamo dire che la realtà (lo stimolo grezzo da solo), è come un testo privo di punteggiatura: dato che non ci sono parole più importanti o meno importanti, da solo, non ha senso. La punteggiatura, i punti di attenzione che danno senso a quello che c’è scritto, ce li mettiamo noi, in base ai nostri filtri, creandoci una rappresentazione di quello che è il mondo esterno. E, dato che i filtri che ciascuno di noi ha incamerato sono unici (perché è unica la nostra storia individuale), quella rappresentazione del mondo sarà valida soltanto per noi.

    Se i significati non esistono da soli (non sono entità del mondo esterno che si possono incontrare per la strada, come non posso incontrare per la strada la brutta sensazione che provo quando attraverso il giardino dei miei vicini proprietari del bassotto), ma piuttosto sono il prodotto della nostra mente in base a ciò che essa ha filtrato e collegato in base ai suoi criteri, allora la stessa storia personale di un individuo non è che una costruzione artificiale della memoria, che cerca di collegare attraverso un filo logico (dove la logica è ovviamente la nostra e dunque puramente soggettiva) gli eventi che abbiamo registrato come degni di nota nel corso della nostra esistenza. È come se ci creassimo il nostro filo rosso e poi lo usassimo per misurare ed interpretare tutto ciò che ci capita.

    Pensa alla tua mente come ad una telecamera all’avanguardia, che riesce ad arricchire immagini e suoni con odori, gusti, e sensazioni tattili, per proiettare un film dagli spettacolari effetti speciali sullo schermo del mondo.

    Fig. 2

    Se siamo noi a definire il significato di ciò che accade fuori da noi, possiamo dire che la regia del film della nostra esperienza non è all’esterno di noi, ma siamo noi stessi.

    Questo permette di capire come mai per una persona equipaggiata di certi filtri e di un certo vissuto personale un colloquio di lavoro il cui esito non è l’assunzione è vissuto come un grande fallimento, mentre per un’altra persona lo stesso identico evento è interpretato come un’esperienza di crescita o un fatto poco rilevante. L’esperienza è la stessa; ciò che cambia è il modo in cui diamo attenzione a quell’esperienza, e la classifichiamo in base al nostro vissuto precedente.

    Probabilmente starai pensando che esistono dei problemi oggettivi, che sono reali e che non dipendono dal modo in cui noi percepiamo le cose. Anch’io la pensavo come te, e credo ancora che ci siano delle condizioni (eventi che implicano il dolore fisico, per esempio), che data la nostra attrezzatura biologica generano in noi uno stato non ok (provare dolore mentre mi taglio un dito ad esempio non è piacevole). Ma detto questo, la grande maggioranza dei nostri problemi non è legato al fatto che abbiamo un coltello conficcato in un dito, o una tigre che ci sta sbranando un polpaccio, ma a ciò che noi pensiamo degli eventi, e a come ci rapportiamo con il ricordo di essi dopo che sono passati.

    Anche per uno degli eventi più dolorosi che possa essere citato per la cultura occidentale – la morte di una persona cara – come abbiamo accennato prima esistono altri significati, che rendono il vissuto di una tribù indigena diverso rispetto a quello di una famiglia di Venezia. La tribù indigena interpreta la morte come il passaggio del loro compagno ad uno stato di maggiore benessere rispetto al loro, perciò viene celebrato con giorni di festeggiamento, danze e canti.

    Noi ci culliamo nella convinzione che esista una realtà oggettiva, certa, e immodificabile, mentre siamo tratti in inganno dal fatto che i nostri significati si contagiano, ovvero vengono tramandati e condivisi all’interno di un gruppo sociale e di una cultura, ed arriviamo a pensare che ciò che molti riconoscono come vero lo sia effettivamente.

    Ma al di fuori di questo gruppo di persone, per quanto numeroso esso sia, quel significato non può più essere considerato realtà, perché non esaurisce la totalità dei punti di vista che possono esistere sulle cose.

    La realtà in sostanza è una convenzione tra esseri umani, è quell’area di condivisione dove possiamo trovare qualcosa che è riconosciuto come vero da quasi tutti. E i casi in cui questo accade sono davvero molto pochi.

    Ma a che cosa ci serve risalire a chi detiene la regia della nostra esperienza, e al fatto che i significati non nascono fuori ma dentro di noi?

    Pensa alla maggior parte dei tentavi che hai fatto fino ad oggi per cambiare ciò che non ti piaceva della tua vita. I tuoi sforzi erano rivolti verso ciò che stava fuori o verso ciò che accadeva dentro? Se ciò che vedo e non mi piace è una mia creatura, che cosa mi fa pensare che la principale leva di cambiamento sia da ricercare all’esterno?

    Quando la mia nipotina di 9 anni è stufa di guardare il DVD di Shreck, si alza e va a cambiare il DVD. Non se la prende

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