Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Lonnie tales: Brevissimi racconti da Londra
Lonnie tales: Brevissimi racconti da Londra
Lonnie tales: Brevissimi racconti da Londra
E-book174 pagine2 ore

Lonnie tales: Brevissimi racconti da Londra

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Una collezione di trentatré racconti, scritta per i lettori da metropolitana e bus, poiché non si ha mai il tempo per fermarsi veramente e leggere delle storie intere, dall'inizio alla fine, se non nei momenti in cui gli spostamenti, verso l'inferno di una casa o quello di un lavoro, chiudono i singoli londoners nel carro bestiame di turno.
Aneddoti reali, che Malcangi esaspera fino al surreale, culminando in finali a volte morbidi e dolci, a volte crudeli, a volte semplicemente crudi.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2015
ISBN9788867932054
Lonnie tales: Brevissimi racconti da Londra

Correlato a Lonnie tales

Ebook correlati

Racconti per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Lonnie tales

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Lonnie tales - Giulio Maria Malcangi

    http://creoebook.blogspot.com

    Giulio Maria Malcangi

    LONNIE TALES

    Brevissimi racconti da Londra

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    Stime approssimative ci raccontano di oltre 600.000 cittadini italiani residenti in Gran Bretagna, circa 400.000 solo a Londra, che diventa inesorabilmente la settima città italiana più popolosa, davanti a Bologna.

    I flussi migratori degli ultimi cinque anni hanno ridisegnato i confini politici e culturali del nostro paese, una miriade di Italiani si è spostata nel Regno Unito, per necessità, per lavorare, per imparare una lingua, per fare un’esperienza, per ricevere una formazione universitaria adeguata al concetto di progresso.

    Ad oggi, anche gli inglesi si salutano dicendosi ciao. Le esigenze di Londra cambiano anche in relazione ai suoi flussi migratori e l’idea di rendere questa grande Babilonia del futuro un cantiere di percorsi promiscui, di persone che vengono da ogni angolo del mondo e confrontandosi mostrano ai loro paesi una visione di feedback, che documenta un modo di vivere e pensare alternativo, non è più un’utopia strampalata. Un cambiar da fuori ciò che non va là dentro. È necessario, però, che dall’Italia là dentro si inizi a investire sull’Italia là fuori, per migliorare il Paese e la sua reputazione, che inesorabilmente sono di tutti.

    Primo progetto dell’autore che, in trentatré (più quello introduttivo) racconti, condivide le sue esperienze attuali e virtuali. Reali e surreali allo stesso momento.

    Ogni aneddoto reale può, nella vita di tutti i giorni, aprire a infiniti e fantastici possibili altrimenti. Trentatré racconti consumati a Londra, ma anche in Australia e in Italia, dove il protagonista non è mai il personaggio principale della storia, ma il suo ambiente: London come contesto, oppure contesto come condizione, quella di essere italiano, al di fuori dei confini nazionali.

    Protagonista che prende sempre vita e anima inesorabilmente ogni storia: Londra, la città più mastodontica, controversa, crudele e meritocratica d’Europa, la più disagiata, drogata, ma anche divertita, magica e stimolante, prende vita nei panni di Lonnie (primo racconto), una ragazzina bionda, viziata, dolce, ma impertinente, che strapazza i suoi uomini tra ricatti, bugie, finte promesse e mega-pompini, accomodandoli sul divano, mostrando loro l’arte e la cultura di tutto il mondo, che cerca visibilità nel suo salotto, ma che spesso affonda, nella polvere delle anime troppo deboli e nell’opaco vetro delle pipette da crack, abbandonate per la strada, davanti alle gallerie d’arte, alle caffetterie indipendenti, agli uffici delle agenzie di rating, alle banche, ai teatri, ai capannoni di Hackney Wick.

    Una collezione di trentatré racconti scritta per i lettori da metropolitana e bus, poiché non si ha mai il tempo per fermarsi veramente e leggere delle storie intere, dall’inizio alla fine, se non nei momenti in cui gli spostamenti, verso l’inferno di una casa o quello di un lavoro, chiudono i singoli londoners nel carro bestiame di turno.

    Aneddoti reali, che Malcangi esaspera fino al surreale, culminando in finali a volte morbidi e dolci, a volte crudeli, a volte semplicemente crudi, ma sempre sanciti dal taglio netto che Lonnie pone, con il suo consueto sorriso sbarazzino e cinico, sulle teste dei suoi dieci milioni di individui, alcuni in fermento, altri in movimento, altri semplicemente e umanamente in disumana decomposizione.

    Io non parlo di Lonnie, è lei che mi scrive attraverso.

    Buona Lettura (spero).

    A Mamma e Papà.

    Quelli VERI!

    Ho sciupato il tempo, ora il tempo sciupa me.

    William Shakespeare

    Zero-Intro

    LA RAGAZZA MORA

    È bellissima, mora, il suo incantevole viso suggerisce che sia italiana, non certo spagnola, poiché in linea di massima le ragazze iberiche si differenziano per i lineamenti di naso e guance da quelle della nostra penisola. Sono quasi sicuro sia italiana.

    I capelli lunghi le cadono in avanti, sulla giacca di colore verde militare.

    Tiene le gambe incrociate, strette dentro a dei pantaloni attillati beige, di marca.

    Legge un libro dalla copertina bianca, con un immagine di un affresco, di stampo religioso, disegnatovi sopra. Non lo riconosco e quindi non azzardo nemmeno l’attribuirgli un ipotetico artista.

    Dal mio posto a sedere, su questo vagone della District Line, non riesco a decifrare il titolo del suo libro, nonostante la mia miopia non mi impedisca di intravedere un articolo determinativo, scritto in una delle lingue romanze conosciute; un la prima di altre parole, che appaiono troppo sfocate ai miei occhi senza occhiali.

    Le ipotesi sulla sua provenienza si restringono quindi a Spagna, Francia, Portogallo e Italia, poiché nelle altre lingue nessun la è presente nei dizionari – non che io sappia (forse in romeno?) – anche se continuo a pensare che sia senza dubbio italiana.

    È rapita da quelle pagine, mi incuriosisce, legge con intelligenza, è assente ed è fuggita dalla frenesia che ora la circonda, anche se dalla borsa, che appoggia accanto ai suoi piedi, tenta di evadere l’inconfondibile laccio di stoffa di una parannanza nera, segno che pure lei come la maggior parte degli immigrati provenienti dal bacino del Mediterraneo lavora in qualche bar o ristorante britannico, forse per accompagnare gli studi, forse per imparare la lingua, forse per seguire un sogno o, forse, soltanto perché a casa non c’era niente di meglio da fare.

    Muove la punta della Dr Martens nera all’insù e all’ingiù, mentre rimane ferma con la gamba d’appoggio.

    Segue le parole di quella storia modificando quasi impercettibilmente l’espressione del volto, ora sembra sorridere, ora sembra non aver compreso qualcosa, ora è seria, ora è triste… No! Aveva compreso benissimo. Chissà cosa sta succedendo dentro a quel mondo che tiene tra le mani.

    Un’altra ragazza, mulatta, probabilmente francese, mi guarda, come se le piacessi. Giro la testa, ma gnorri la osservo, sfruttando il riflesso del solido vetro avvitato ai sostegni metallici, che montano in adiacenza della porta di ogni carrozza. Non sembra scoccare nessuna scintilla, in quanto la mia concentrazione è totalmente rapita, in questo momento di distrazione, dalla ragazza mora, dal colore strano di questo vagone della District Line, che invece di essere decorato di verde, verde erba o, come in altri casi capita, verde ufficio, sembra colpirti gli occhi con dei pugni color chartreuse.

    Continuo a fissare la bella ragazza mora, presa dal suo libro, il treno si ferma, la voce metallica dei trasporti di Londra annuncia l’imminente fermata ad Aldgate East, alcuni si alzano per raggiungere le porte in prossimità della stazione, mentre lei rimane meravigliosamente bella, seduta, leggendo il suo libro, forse italiana, con un affresco come immagine di copertina e il titolo, sicuramente in lingua romanza, che comincia per la.

    Il treno si ferma, le porte si aprono, la fiumana di gente comincia a scendere.

    Improvvisamente innaturale, la ragazza schiaccia le due parti del libro richiudendolo, senza porvi segnalibro, senza piegare l’angolo della pagina, richiamata dal pensiero violento di dover scendere dal treno, seppur appaia lampante che la storia avesse ancora bisogno di essere letta, se non altro fino al prossimo punto e a capo.

    Si alza di scatto, per non rimanere intrappolata in questo treno, carro-bestiame presto in partenza, verso la prossima stalla. Con la sua delicatezza urta una donna con il velo integrale, che blatera qualcosa in maniera sgraziata e cacofonica.

    Mi alzo di scatto, afferro la sua borsa e spinto dall’immagine della sua bellezza di lettura di un istante fa, le urlo nella mia lingua di non dimenticarsi la borsa.

    Non dimenticarti la borsa!.

    Si ferma, rimane di spalle mezzo secondo, si gira, è sorpresa, mi sorride, mi ringrazia.

    Grazie mille, in quella che ora scopro essere la nostra lingua, allunga la mano, di cui sfioro le dita, morbide e affusolate, senza anelli, afferra la borsa, si accorge del contatto, mi sorride, ora timida, mi augura una buona giornata.

    Buona giornata, esce continuando a guardarmi, alza una mano e attraverso le porte che si chiudono, accompagnate da quel fastidioso bip intermittente, mima un silenzioso ciao con le labbra.

    Ciao, rispondo leggero.

    Il treno parte e rimango avvolto nell’ovatta di una sensazione d’amor puro, destinato a nascere dolcemente, ma brevemente destinato ad assopirsi, durante la tratta successiva, fino alla prossima stazione, che è la mia, dove scenderò a Whitechapel,

    ignorando i faticosi scalini per raggiungere l’uscita,

    ignorando la finissima e fastidiosa pioggia che mi cade addosso, senza bagnarmi,

    ignorando le parole di quell’uomo nero che parla di Gesù, al megafono, con la sua voce rauca,

    ignorando l’acuto e intermittente strillo del semaforo per non vedenti, che sta lì di fronte,

    ignorando il Bangla che urla, nella sua lingua, le offerte di un negozio di scarpe spaiate,

    ignorando il rumore metallico del maniscalco algerino, nella sua bancarella arrugginita,

    ignorando le urla di un pesciaiolo turco che spaccia per fresco qualcosa dagli occhi opachi e mollicci, appoggiato su lastroni di ghiaccio, nel quale le mosche dell’est londinese depongono le loro uova.

    Ignoro tutto ciò che di esteticamente negativo mi circonda, consapevole che poco più lontano ora cammina una creatura meravigliosa, dimostrazione dell’esistenza di una divinità a cui dio può solo allacciar le scarpe. Poiché se ce ne fosse davvero uno di dio, non avrebbe di certo creato i suoi fedeli così brutti. E queste case così brutte. E queste strade così brutte. E questo cielo così brutto.

    Avrei tanto voluto che quella ragazza avesse potuto finire di leggere la sua storia, prima di poter scendere dal treno, senza interrompere il suo fantasticare, il suo immaginare, il suo evadere dalla realtà che anche io conosco bene. Una realtà che a volte è libertà, a volte difficoltà, ma altre volte assume i connotati di prigione e il laccio di quella parannanza sono spesso le nostre manette. Il legaccio delle nostre gabbie, in cui, come conigli spaventati, non facciamo altro che ruminare e rimuginare.

    Il suo viso era quello di una laureata, di qualcuno che sta combattendo per un obiettivo, non di qualcuno che vende droga ai party notturni.

    Non di qualcuno che perde tempo.

    Il suo volto era stanco, quindi probabilmente tornava dal lavoro, ma poi arrivata a casa, tra ipotetici amici, fidanzati, chiamate Skype ai familiari, andare a far la spesa e tutte le mansioni che ruotano intorno al tempo libero post-lavorativo, il suo libro, la sua storia, il suo fantasticare, rimarranno appoggiati sul comodino, fino a domani, fino al prossimo treno, fino alla prossima fermata, che ne interromperà nuovamente, bruscamente e ingiustamente il piacere della lettura.

    Per questo ogni bella ragazza ha il diritto di leggere una storia completa, senza interruzioni.

    E ogni tratta di treno ha diritto a una propria storia.

    Soprattutto a Londra.

    Il tempo libero non è mai libero in una città come questa.

    È il tempo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1