Novelle Lombarde
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Anteprima del libro
Novelle Lombarde - Avancino Avancini
SIMBOLI & MITI
AVANCINO AVANCINI
NOVELLE LOMBARDE
LOGO EDIZIONI AURORA BOREALEEdizioni Aurora Boreale
Titolo: Novelle Lombarde
Autore: Avancino Avancini
Collana: Simboli & Miti
Con introduzione di Nicola Bizzi
Editing e illustrazioni a cura di Nicola Bizzi
ISBN versione e-book: 979-12-5504-266-2
In copertina: Louisa Starr Canziani, The Eternal Door (Cairate, Lombardy), 1876
(Birmingham, Birmingham Museums Trust)
LOGO EDIZIONI AURORA BOREALEEdizioni Aurora Boreale
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INTRODUZIONE DELL’EDITORE
Le Edizioni Aurora Boreale da tempo hanno avviato un’opera di riscoperta e valorizzazione di tutta una serie di scrittori, narratori e prosatori italiani che, dagli inizi del XIX° secolo - attraversando l’epopea napoleonica, la Restaurazione, il Risorgimento, l’Unità nazionale, con tutti i suoi drammi e le sue contraddizioni, e la tragedia della Grande Guerra - hanno sapientemente restituito con le loro opere, spesso ingiustamente oggi obliate da logiche commerciali quando non addirittura da una tacita damnatio memorie culturale e ideologica, preziosi spaccati della nostra storia, delle nostre tradizioni, delle nostre più autentiche radici culturali. Autori che hanno saputo valorizzare e mettere in risalto le innumerevoli tradizioni locali e diversità della nostra penisola, gli echi dei suoi miti più ancestrali, le leggende popolari, ma anche la semplicità della vita quotidiana, il mondo rurale, le tragedie e le difficoltà sociali di epoche spesso convulse, epoche di speranza, ma talvolta anche di profonda delusione, che ci sembrano oggi appartenere a un remoto passato, ma che in fin dei conti riguardano le generazioni che ci hanno immediatamente preceduti. Quelle dei nostri nonni e bisnonni.
Nell’ambito di questo nostro progetto editoriale, che sta progressivamente arricchendo il nostro catalogo con vere e proprie perle della letteratura italiana, non potevamo esimerci di ridare alle stampe le Novelle Lombarde di un autore come Avancino Avancini.
Nato a Pavia il 15 Febbraio 1866 da una famiglia trentina dal forte spirito patriottico, è stato uno scrittore e un giornalista piuttosto apprezzato al suo tempo. Politicamente fu un forte sostenitore della causa dell’irredentismo trentino, alla quale dedicò vari scritti, tra cui Va pensiero. Romanzo storico degl’irredenti (1847-1849), edito da Ceschina a Milano nel 1938. Pur avendo trascorso buona parte della sua vita a Milano, dove lavorò come giornalista pubblicista, insegnante ed educatore, mantenne costantemente un forte legame con il Trentino, considerandolo la terra del suo sangue, delle sue radici. Letterariamente parlando, aderì al realismo, sulla scia di molti suoi contemporanei, proponendo una scrittura semplice, schietta, diretta, ma per questo non esente da sentimenti e pathos, acquisendo buona fama di poeta, di novelliere e soprattutto di romanziere. È stato autore e curatore di una Storia letteraria d’Italia dal 1800 ai nostri giorni (ed. Vallardi, Milano 1933), ma la sua opera più celebre resta la raccolta delle Novelle Lombarde, pubblicata a Milano nel 1889, quando Avancini aveva appena ventitre anni. Un’opera schietta e genuina che, attraverso undici diverse storie, alcune delle quali tra loro connesse, ci presenta tutta la complessa realtà sociale lombarda della seconda metà dell’Ottocento: la vita agreste, con i suoi riti e le sue cerimonie, la povertà, la semplicità dei suoi protagonisti, le tradizioni popolari, fino ad arrivare ai drammi e all’insoddisfazione di un’unità nazionale mai compiutamente realizzata.
Emblematiche, a tale riguardo, sono le parole di uno dei protagonisti della novella Papà Gedeone ha ceduto:
«L’Italia? La libertà? Dove è questa Italia? Bella roba che ci han dato. La miseria, e tutti i vizî, e le birbanterie, e le stupidaggini. Non si può più bere un bicchiere di vino; falsificato anche il vino. I croati erano rozzi ma ci davano da bere. E il tabacco? Altro che i virginia, i sella, i che so io. L’ho a morte con questi italiani del diavolo. Dico dunque che la va male. Non si lavora più. C’è tanti che si fanno concorrenza. La roba è cara e noi non ci pàgano mica. Guardate: sui registri ho per duecento e più lire di credito. Denari buttàti via. Ho paura che morirò senza rivederli. Basta, finiamola. È meglio farci una croce su la lingua. Qualche giorno la succederà grossa».
Frasi su cui riflettere. Su cui riflettere molto…
Avancino Avancini morì a Rogoredo il 23 Settembre 1939. Ci auguriamo che la ripubblicazione di questa importante sua opera possa dare un contributo alla conoscenza della nostra letteratura, soprattutto tra le nuove generazioni.
Buona lettura!
Nicola Bizzi
Firenze, 18 Marzo 2023.
Rara immagine giovanile di Avancino Avancini
PREFAZIONE
Non deve parer soverchia presunzione in me il titolo che pongo al mio libro.
Ho vissuto lungamente, da fanciullo, su le Alpi e, più tardi, nella campagna milanese. Il continuo contatto e la paziente benché spesso incosciente osservazione mi agevolarono il mezzo per istudiare a fondo le costumanze di questi luoghi, onde le mie novelle sono ispirate alla verità più che tessute dalla fantasia. Certamente chi ad esse voglia chiedere emozioni violente si troverà ingannato. Benché lo Zola in Francia ed un poco il Verga in Italia abbiano dipinto la classe dei contadini a foschi e tetri colori, io invece, umilissimo, non ho saputo ritrovarvi che le passioni più semplici e naturali, non ispoglie talora di una graziosa attrattativa e destinate ad accaparrarsi, anziché ad alienarsi, la simpatia delle persone le quali passano per côlte ed intelligenti. Non presumo, con questo, lanciare una vana frecciata alla scuola dell’uno o dell’altro dei celebri autori ch’io prima nominai. No, no. Mi basta conchiudere che, fortunatamente, i nostri contadini lombardi non sono ancora corrotti come i francesi, o i siciliani, o i napoletani, secondo le notizie che ne danno quegli scrittori; e, finché no’l sono, giudico ridicolaggine immaginarli diversi.
Se l’interesse di un’opera d’arte è in relazione col grado di verosimiglianza che l’artista ha saputo donarle, non debbono mancar d’interesse le mie modeste novelle, specchio fedele della realtà. Ed io anzi mi sono meravigliato spesso che altri, prima e più valente di me, non pensasse a descrivere i miei paesi ove pur durano tante consuetudini ignorate alla maggior parte degli italiani, le quali hanno un profumo di verginità caro all’anima, ispiratore di sentimenti affettuosi.
Due avvertimenti mi restano a fare. Uno riguarda in particolar modo la novella che intitolo: Una vittima. Quando essa comparve la prima volta, stampata sopra un giornale, furono persone che mi rimproverarono per avervi trattato un argomento così delicato ed intimo. Quelle persone dimostrarono di non aver inteso niente; cosa facile d’altronde, alla nostra epoca, per chi legge! Non pensai io di pubblicare una solleticante pornografia, ma bensì di commuovere le oneste anime al racconto di quella tragedia campagnuola in cui, fatte le debite restrizioni, fu vittima una donna infelice da me conosciuta. La novella è quasi storica: più storica che, per esempio, la morte di Lucrezia di cui si fa pure esatta spiegazione, secondo i nuovi regolamenti, ai fanciulli delle classi elementari. A chi abbia, in mezzo a tanto sfacelo degli affetti domestici, conservato sentimenti umani, troppo sacra dev’essere questa sublime prova della maternità, perché egli possa farne cinico stromento alla sua fama letteraria.
La seconda delle osservazioni concerne il mio stile. Ne ho adottato uno (se pur si voglia riconoscermelo!) semplice come il tessuto delle stesse novelle, corrispondente dunque alla indole loro. Nel dialogo riprodussi, talvolta, alcune forme espressive e caratteristiche dei nostri dialetti settentrionali o, meglio, lombardi, specialmente in ciò che riguarda la costruzione del periodo: ma fu solo per dare colorito efficace alla narrazione e non, proprio, per ismania di novità. Le novità, in questo, come in ogni altro genere, di buon grado io le abbandono a coloro che sperano di rendersi notevoli con una originalità conseguita ad ogni prezzo; gloria facile a chi abbia talento, ma breve assai più che la sua vita.
Avancino Avancini
I
IL RATTO DI SABINA
Ai Frani si conosceva già da tutti che Giovan Bello era venuto da Zeno dei Martinetti a domandargli la figlia in isposa. Però non avevano visto niente, perché Giovan Bello capitò di sera: in montagna gli affari si combinano sempre dopo calato il sole, per risparmio di tempo. Fu Zeno stesso che, alla mattina, entrato da Bortolo, raccontò come era andata la faccenda. Giovan Bello, buon giovane per il resto, si trovava tuttavia in condizioni cattivissime; era stato carbonaio cinque