Lo squadernario
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Info su questo ebook
Diverse le fonti di ispirazione, che spaziano dall’evento storico o dal capolavoro letterario, da esperienze di vita vissuta sapientemente elaborate, al giallo al noir, fino alla favola, non necessariamente riservata ai bambini, ma con una morale anche per gli adulti.
Anna Patrizia Mongiardo calabrese di nascita e bolognese d’adozione.
Ha partecipato con Bottega Finzioni, scuola di scrittura fondata da Carlo Lucarelli, a un progetto collettivo sul Giallo curato da Maurizio Matrone. Il racconto è stato inserito e pubblicato tra I Classici del Giallo Mondadori.
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Anteprima del libro
Lo squadernario - Anna Patrizia Mongiardo
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Anna Patrizia Mongiardo
LO SQUADERNARIO
Prima Edizione Ebook 2023 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868105327
Immagine di copertina su licenza:
https://stock.adobe.com/
Damster Edizioni è un marchio editoriale
Edizioni del Loggione S.r.l.
Via Piave 60 - 41121 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
catalogo su
www.librisumisura.com
Anna Patrizia Mongiardo
LO SQUADERNARIO
Racconti
Indice
Prefazione
Deviazione
Il notaio
La cena
Tacchi
Racconti storici
La nave a vapore Ercole
Variazione sul tema
Da un racconto di Friedrich Dürrenmatt. La salsiccia
La sorella di Serëža
Kladdkaka al gusto di mirtilli
Yes and Beautiful
Allo Striket Club
Il calzino divorziato
L’importanza del bottone
Favola per adulti
I bambini mangiano le patate
Note
L’AUTRICE
CATALOGO
Questo libro lo dedico a chi si è fidato di me.
A chi mi ha sostenuta nel viaggio della scrittura.
A chi mi ha dato affetto senza chiedere nulla in cambio.
A chi mi ha insegnato a essere umile
e a scrivere senza avere pretese.
A chi mi ha incoraggiata ad andare avanti
pur nelle difficoltà.
Grazie di cuore a chi vorrà sfogliare e leggere questo libro.
Prefazione
Lo Squadernario è un’antologia di racconti piacevolissimi ed eterogenei, dai quali emerge la versatilità dell’autrice e la sua abilità nel muoversi con disinvoltura tra generi diversi e, in alcuni, travalicare il genere unico per avventurarsi in contaminazioni ben riuscite e di sicuro impatto per il lettore.
Diverse le fonti di ispirazione, che spaziano dall’evento storico o dal capolavoro letterario, da esperienze di vita vissuta sapientemente elaborate, al giallo al noir, fino alla favola, non necessariamente riservata ai bambini, ma con una morale anche per gli adulti.
Se, poi, è vero che i racconti, nel momento in cui decidono di uscire dal cassetto per avventurarsi nel mare aperto dell’opera destinata ai lettori devono incontrare il loro favore, insieme a meraviglia e soddisfazione, sono convinta che ognuno di noi troverà il suo racconto preferito, quello in cui si identifica di più, quello che più lo ha fatto sorridere o sognare, che più lo ha stupito o lo ha lasciato a bocca aperta.
In alcuni racconti, poi, è difficile non scorgere l’indole di giallista
di Anna Mongiardo, già apprezzata scrittrice di romanzi gialli e noir. Il mistero, l’intrigo, a volte un pizzico di cinismo e, in alcune storie, la mancanza di un lieto fine, la collocano tra le scrittrici che seguono il proprio istinto, senza per forza soddisfare le aspettative del pubblico, quanto, piuttosto, sorprenderlo.
Nei racconti storici emerge la fine ricerca del contesto, ma senza che la narrazione diventi mai didascalica. Le vicende storiche sono, piuttosto, il palcoscenico in cui si muovono con disinvoltura personaggi dalla personalità ben delineata e quasi autonomi
persino dalla penna di chi li ha creati.
La profondità dei personaggi è una costante anche nei racconti di altro genere, persino quando i protagonisti sono calzini e bottoni. Non manca nemmeno un pizzico di magia e una goccia di fantascienza, ingredienti grazie ai quali i confini della realtà si assottigliano per farci dare una sbirciatina nel mondo della fantasia.
Buona lettura!
Manuela Fiorini*
Deviazione
Venerdì 10 luglio, alle quattro del pomeriggio, la Mercedes su cui mi trovo imbocca l’Autostrada del Sole a Sasso Marconi. Insieme alle mie amiche Laika e a Tina siamo partite da Bologna, così da essere a Roma per le otto di sera. Ci lasciamo il sole alle spalle, immerso in un’aura caliginosa che arrotonda i contorni del paesaggio.
Non andavo a Roma da tanto, usando la mia auto. In questi anni, ho sempre preso volentieri il treno: si fa così presto con l’Alta Velocità che non ci si accorge nemmeno di percorrere tanti chilometri in poche ore.
Questa volta, però, io e le mie due amiche abbiamo deciso di viaggiare su una comoda berlina. Motivo della gita: una serata in un locale notturno dove ci pagano molto bene perché, modestia a parte, ognuna di noi sa ballare come poche e può sfoggiare un fisico che le ragazze italiane neanche se lo possono sognare.
Scusate, non mi sono presentata: sono Dafne nata in Romania, ma vivo in Italia con la mia famiglia da quando avevo cinque anni. Io mi sento italianissima anche se, per via dei miei genitori, frequento la comunità romena che vive a Bologna.
Adesso sono in viaggio. Laika si è offerta come autista, perché a lei piace guidare, cosa che ha sollevato me e Tina da un impegno sicuramente fastidioso, che se non ci fosse lei con il suo carattere deciso, con quella pignoleria pedante, a organizzare tutto, noi non ce la caveremmo così bene. Anche con i suoi capelli biondi è tutta precisina: quando non li ha raccolti le stanno lisci e dritti, così tagliati geometricamente pari che, a volte, mi fa una rabbia al confronto con i miei che si arricciano appena scende un po’ di pioggia.
L’auto scivola docile sull’autostrada, che sembra una landa arroventata dal sole che ha picchiato ferocemente sull’asfalto fin dalle prime luci dell’alba.
Appena arrivate a destinazione, ci organizzeremo con il proprietario del locale, poi decideremo se incontrare altri connazionali con cui Laika è in contatto da sempre. Oh, scusate, non ve l’ho detto, ma anche Laika e Tina sono rumene. Solitamente ci esibiamo a Bologna come cubiste, da mezzanotte alle cinque del mattino ma, a volte, riusciamo ad avere qualche contratto anche fuori regione, come adesso, per esempio.
È per questo che partiamo di pomeriggio, abbiamo dormito fino a un paio d’ore fa.
A dirla tutta, avrei dormito ancora, fino a farmi venire gli occhi gonfi, ma Laika è metodica e ha messo la sveglia del suo cellulare, quella che fa nglin nglon nglin nglon, una suoneria cinese fastidiosissima. Giuro, avrei volentieri scaraventato per terra il suo telefono.
«Ale sette saremo a Roma» dice Laika.
«Forsi sei tropo otimista, magari ariviamo un pochino dopo», corregge Tina, scorrendo sullo schermo dell’iPad, perché in auto abbiamo il Navigatore, l’iPad, l’iPhone… insomma viaggiamo informati grazie alla tecnologia che Tina, la nostra piccolina, usa con destrezza. Peccato abbia perso l’udito da un orecchio, quando un ragazzo innamorato, che lei aveva respinto, le ha dato un ceffone che le ha fatto saltare il timpano dell’orecchio destro. Suo padre, Dritan, voleva andare ad ammazzarlo quel cretino, che pensava di avere diritto di proprietà su di lei solo perché la amava. Gli è corso dietro per tutta la Romania e, se lo beccava, l’avrebbe ammazzato di sicuro.
Comunque, nel tragitto da casello a casello incontriamo poche auto. Solo in un paio di punti il traffico si fa intenso, mentre i camion e gli autotreni scorrono sulla corsia di destra come fossero su un nastro srotolato. Ogni tanto, li vediamo azzardare in sorpassi che mi fanno gelare il sangue.
«Dopo Firenze andrà sicuramenti megliu», dice Tina, che parla l’italiano con uno spiccato accento rumeno. Lei sta spaparanzata sul sedile davanti, bella tranquilla con i suoi pantaloncini corti, perché fuori è caldo e il caldo lo sentirà lo stesso, anche quando attraverseremo la Futa e Rioveggio. Tina ha ventitré anni, è la più giovane fra noi; io ne ho ventisei, Laika trentuno. Da dietro, vedo la testa di Tina, che ha i capelli neri raccolti in alto con una specie di pinza che si chiude in un fiore sbocciato. Da quando siamo salite in macchina, ha detto solo lo stretto indispensabile e non ha fatto un sorriso che sia uno; e ce l’avrebbe pure un bel sorriso, lei che ha denti bianchi e ben allineati, anche se non ha messo un apparecchio ortodontico. Se ne sta lì con le cuffie piazzate sulle orecchie, la testa china che dondola con tutta l’indolenza possibile, l’iPad poggiato sulle