Amore e sangue
Di Franco Forte
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Storico - romanzo breve (97 pagine) - Una storia d’amore e di vendetta, che vede il soldato di ventura Fulvio Alciati combattere per la propria vita e per quella della moglie, Miriana, messa in pericolo dalle folli ambizioni di un uomo che non si fa scrupolo di uccidere, pur di raggiungere i propri scopi. - Il racconto da cui è stato sviluppato il romanzo “I bastioni del coraggio”
Ducato di Milano, 1573. Il soldato di ventura Fulvio Alciati è in forza alla guarnigione di Marignano, a pochi chilometri da Milano. Il suo sogno, condiviso dalla moglie Miriana, è entrare a far parte della milizia della capitale del Ducato, dove finalmente potranno crescere in pace il figlio che sta per nascere, dopo tanti anni di peregrinazioni. Ma quando tutto sembra procedere per il meglio, un uomo perfido e crudele, Ludovico de Valois, che ambisce alle più alte cariche nel Ducato, si staglia sopra di loro come un’ombra cupa e opprimente. Un’ombra di morte e sangue, che minaccerà l’amore che lega Fulvio a Miriana e che scatenerà la più possente delle emozioni: il desiderio di vendetta.
Franco Forte è giornalista, scrittore e sceneggiatore. Direttore delle collane da Edicola Mondadori (I Gialli Mondadori, Segretissimo, Urania), ha pubblicato dodici romanzi, tra cui l’ultimo è "Ira Domini – Sangue sui Navigli" (Mondadori), diversi saggi e un manuale di scrittura per gli autori esordienti. E’ stato fra gli autori delle serie televisive "Distretto di Polizia" e "RIS: Delitti imperfetti" e ha scritto la sceneggiatura del film TV "Giulio Cesare", trasmesso da Canale 5. Direttore responsabile della rivista "Writers Magazine Italia” e del Delos Network, il network di siti di Delos Books, ha svolto anche una intensa attività come traduttore, occupandosi di autori come Donald Westlake, Walter Jon Williams, Frederick Pohl, Harry Harrison e altri.
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Anteprima del libro
Amore e sangue - Franco Forte
9788825409031
PARTE PRIMA
(A.D. 1573 – Ducato di Milano)
Fulvio Alciati si strinse nel mantello mentre attraversava lo spiazzo battuto dal vento gelido. La garitta di osservazione si trovava in cima a una torretta accanto all’arco del ponte levatoio, sorretta da mura spesse cinque braccia. Fulvio era soddisfatto del nuovo incarico. Marignano non era la capitale del Ducato, ma un armigero che fosse riuscito a mettersi in evidenza nella guarnigione cittadina aveva ottime possibilità di trovare incarico nella milizia milanese.
Rabbrividì per l’eccitazione, al pensiero, ma subito lo scacciò quando il suo accompagnatore aprì la porta di una piccola guardiola accanto al ponte levatoio e gli fece cenno di entrare.
L’interno era angusto ma ben riscaldato. Il fuoco crepitava in un angolo, circondato da panche addossate alle pareti su cui sedevano alcuni soldati della guarnigione.
L’accompagnatore di Fulvio si tolse il mantello, andò a riscaldarsi le mani davanti al fuoco e lo presentò ai nuovi compagni. – Ecco il rincalzo – disse. – Prende servizio oggi.
Si voltarono tutti a guardarlo. Fulvio li salutò con brevi cenni del capo.
– Dovremo inserirlo nel prossimo turno – continuò l’accompagnatore. – Ci sono volontari?
I presenti fecero delle smorfie, alcuni tornarono a voltarsi verso il fuoco e altri ripresero a chiacchierare come se Fulvio non fosse mai entrato.
L’uomo che l’aveva accompagnato si strinse nelle spalle. – Te l’avevo detto. Vorrà dire che ci penserà il comandante ad assegnarti un compagno di ronda.
– Io non lo voglio tra i piedi – affermò un soldato staccandosi dalla parete e avvicinandosi a Fulvio. – Come posso sapere se c’è da fidarsi?
– Stai tranquillo, Bernardo – disse l’accompagnatore di Fulvio. – Si tratta solo di dare una mano al nostro nuovo collega.
– Sono io a scegliermi i compagni di ronda.
Bernardo era un omaccione enorme e sgraziato, che per passare attraverso la porta della guardiola doveva mettersi di traverso. I capelli neri e ricci erano aggrovigliati in modo inestricabile, e intere generazioni di pidocchi dovevano avervi prosperato indisturbati.
– Quali sono i criteri con cui ti scegli i compagni di ronda? – gli chiese Fulvio.
Bernardo lo scrutò da cima a fondo. – Prima di tutto gli guardo la spada – rispose. – Dev’essere solida e ben affilata.
– Un errore che potrebbe costarti caro.
– Perché?
– Non è importante se il ferro della tua spada luccica. Se lo sai maneggiare con abilità, anche uno spiedo per il fuoco può infilzare due uomini con un sol colpo.
– E tu saresti capace di farlo? – gli chiese Bernardo con aria di scherno.
– Forse – rispose Fulvio sostenendo senza timore il suo sguardo.
– Attento, Bernardo! – esclamò l’armigero che lo aveva condotto nella guardiola. – Dicono che sia un ottimo spadaccino.
Bernardo lo scrutò attentamente, poi storse la bocca.
– Per quanto mi riguarda, una bella donna vale più del miglior ferro di spada – affermò, scostando Fulvio con una manata e avvicinandosi al tavolo al centro della guardiola. Afferrò la caraffa del vino e si versò una coppa abbondante. – Qualcuno ha da ridire anche su questo?
Nella guardiola scoppiarono tutti a ridere, e Fulvio poté finalmente rilassarsi. Si era augurato che il suo primo giorno di servizio non fosse troppo movimentato, e forse era proprio così.
– Bevi – gli disse Bernardo porgendogli una coppa.
Fulvio accettò con gratitudine e bevve il vino forte e scuro di quelle terre.
– Allora sentiamo, ragazzo – disse Bernardo. – Da dove vieni?
– Il mio nome è Fulvio. E non sono un ragazzo.
Bernardo aggrottò le sopracciglia, e alcuni armigeri scoppiarono a ridere.
– Non te la prendere – disse uno dei soldati. – Bernardo chiama tutti così. A parte sua madre e l’oste che gli dà da bere.
Vi fu un altro coro di risate, e Fulvio si unì al buonumore generale.
– Scusa – disse a Bernardo, – ma nessuno mi chiama più ragazzo da un bel po’ di tempo.
– Quanti anni hai?
– Ventinove.
– Per la miseria, potresti essere mio nonno!
Le risate riempirono la piccola guardiola e avvolsero Fulvio con il caratteristico tepore del cameratismo fra soldati. Ormai era riuscito a guadagnarsi il loro rispetto e la loro simpatia, e adesso poteva smettere di tenere i sensi all’erta.
– Non ci hai ancora detto da dove vieni – gli chiese un soldato molto giovane con i capelli rossi e il viso scarno devastato dal vaiolo.
– Da un sacco di posti – rispose Fulvio appoggiandosi al tavolo.
– Sei uno di poche parole, vero? – constatò Bernardo.
Fulvio si strinse nuovamente nelle spalle, senza rispondere.
In quel momento la porta si spalancò e una folata d’aria gelida scivolò dentro, turbinando e portando con sé sottilissimi aghi di neve ghiacciata. Alcuni armigeri aprirono la bocca per lamentarsi e mandare al diavolo il nuovo arrivato, ma quando riconobbero l’uomo avvolto nel lungo mantello nero la richiusero di scatto.
Fulvio si scostò dal tavolo, depose la coppa di vino e osservò Ludovico de Valois, il comandante della piccola guarnigione di Marignano.
Il giovane, che non doveva avere più di ventidue o ventitré anni, si spolverò la neve dal mantello, batté i piedi per terra e si diresse verso la caraffa di vino. Si riempì una coppa, la svuotò d’un fiato, poi si pulì la bocca con il dorso della mano.
– Garasso, De Aichelburg – disse con voce decisa, – andate a dare il cambio a quelli della garitta ovest.
Due uomini si alzarono di scatto, afferrarono le spade e i mantelli e uscirono senza dire una parola. Nella guardiola regnava uno strano silenzio intimorito, e guardandosi attorno Fulvio si accorse che persino Bernardo teneva gli occhi bassi, come se temesse di incontrare quelli grigi di Ludovico de Valois.
– Tu sei quello nuovo? – chiese il comandante rivolgendosi direttamente a lui.
– Sì. Ho preso servizio oggi.
– Bene. – Ludovico de Valois si versò un’altra coppa di vino, ma questa volta non la trangugiò. La centellinò mentre si accostava al fuoco e si girava di spalle per scaldarsi.
– Ehi, capo – disse il ragazzo con i capelli rossi e il viso segnato dal vaiolo, – lo sai che cosa sostiene Bernardo?
– Che cosa? – fece Ludovico, apparentemente senza interesse.
– Che una donna vale più di una spada.
Un leggero sorriso inarcò le labbra di Ludovico de Valois. Il giovane comandante era alto quanto Fulvio, longilineo ma con le spalle robuste, e tutto, nel suo aspetto, dava l’impressione di essere sempre pronto a scattare. Sotto il mantello indossava una preziosa casacca di lana sopra una camicia di mussola, calzebraghe di fustagno e stivaletti di cuoio imbottiti, che sembravano comodi e caldi. Dalla cintola gli pendeva una spada con un semplice elso a graffa privo di decorazioni, d’aspetto spartano ma efficiente, con l’impugnatura annerita dall’uso. Era infilata in un fodero di cuoio sul quale ne era stato applicato un secondo, con un lungo e sottile sfondagiaco da combattimento, del tipo che Fulvio aveva visto in uso presso la milizia spagnola.
Non si trattava di un armamento da parata, bensì della spada e dello stocco di un uomo abituato a combattere, a cui piaceva essere sempre pronto in caso di bisogno.
I capelli di Ludovico erano lunghi e folti, di un colore molto simile al fieno bagnato, e i lineamenti del viso cesellati delicatamente, come se appartenessero all’incarnato di una donna. I penetranti occhi grigi, dello stesso colore e della stessa consistenza del ghiaccio, rivelavano una mente pronta e astuta, che non si sarebbe tirata indietro di fronte a nulla.
Fulvio aveva già incontrato il comandante delle guardie quando si era presentato per il nuovo incarico, ma era normale che Ludovico non si ricordasse di lui. Un uomo nella sua posizione aveva mille cose a cui pensare, e cento persone ogni giorno da ascoltare. Ma la prima impressione che Fulvio si era fatto di quel giovane non era molto positiva. Nei suoi occhi c’era qualcosa di cattivo, di maligno, e i suoi modi bruschi e scostanti avevano presto rivelato di che pasta era fatto.
Quando le iridi color del ghiaccio si posarono su Bernardo, l’omaccione si agitò a disagio.
– Davvero? – gli chiese Ludovico. – È questo che pensi?
Bernardo si strinse nelle spalle. – Non è facile conquistare una bella donna, mentre tutti possono acquistare un’ottima spada.
– Certe spade costano più di cento donne messe insieme.
– Non mi riferivo alle baldracche. Intendevo altri tipi di donne.
– Tutte le donne hanno un prezzo – ribatté Ludovico. – Con la differenza che non ti sono fedeli come una buona spada.
Scoppiarono tutti a ridere, anche Bernardo, seppure in modo impacciato. Ma Ludovico de Valois non sembrava soddisfatto. Sfilò la spada dal fodero e la sbatté fragorosamente sul tavolo, scheggiandolo e facendo rovesciare la caraffa di vino. Nella guardiola ammutolirono tutti.
– Lo vedi questo? – chiese Ludovico mostrando il filo della spada. – È acciaio di Toledo, il migliore del mondo. Non ti abbandona mai, ti è fedele per la vita e può tagliare in due un uomo dalla clavicola all’ombelico con un sol colpo.
Bernardo osservò la lama lucente a meno di una spanna dal suo naso e deglutì a vuoto.
– Io… – cercò di dire.
– Forse Bernardo intendeva dire un’altra cosa – intervenne Fulvio.
Gli occhi di Ludovico si girarono su di lui, dapprima