Amievì nella valle dei Mukastori volanti
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Recensioni su Amievì nella valle dei Mukastori volanti
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Anteprima del libro
Amievì nella valle dei Mukastori volanti - Francesco Munari
XII
Presentazione
Presentare il proprio lavoro è prima di tutto un privilegio, e per secondo è una facilità a dir poco piacevole.
Parliamo di questo libro com’è stato immaginato, un cartone animato vecchio stile fatto a matita e carboncino, accompagnato da musiche leggere di flauti e violini.
Sembra che le pagine corrano come fotogrammi di un film e se per un attimo ci si distrae, ecco che si perde il filo della bellezza di una poesia, di un istante che racchiude l’istante. Siamo spettatori della fantasia di tutti, e protagonisti solo di quelle storie che facciamo nostre, che sentiamo nostre. Trovare la fantasia già espressa, già pensata, è una comodità fino al punto che un uomo non ne assorba il contenuto e plasmi la sua fantasia a somiglianza di ciò che ha letto o visto.
Bisogna avere due cervelli: uno per la conoscenza e uno per le idee.
Francesco Munari
Capitolo I
- Sua Altezza è sempre bellissima durante il Natale.
E, in effetti, dire il contrario era non solo impossibile, ma anche sconsigliato. Perché?
, vi chiederete. Semplice: la quantità di addobbi e festoni, luci e alberi decorati, facevano di Sua Altezza la città vincitrice da oltre cinque anni di fila del premio Miglior spirito Natalizio
, e c’era da vantarsene. Ora vi starete chiedendo perché questa città ha un nome così buffo. Lo so che siete pieni di domande ma proverò a spiegarvi tutto. A Sua Altezza vivono uomini mediamente alti tre metri, ma ce ne sono anche di quattro o cinque metri. Ecco il perché di Sua Altezza. Lì tutto è fatto a loro misura e le case sembrano castelli ai nostri occhi, e con la neve e le luci di Natale sono proprio belle. Niente da dire, se non fosse che dodici anni addietro, nacque una bimba, che a differenza degli altri bambini, non cresceva e rimaneva piccola piccola. Ora ha dodici anni ed è alta 1:60. Il suo nome è Amievì.
Bionda, occhi azzurri, un vestitino rosso acceso con finiture in nero, bottoni neri e cappellino invernale abbinato. Una vera e propria nana alla faccia dei suoi compaesani. Una bambola.
Era la sera della vigilia di Natale, e tutti erano felici: a Natale mancavano solo poche ore. Tutti i regali erano stati comprati, e ben riposti negli armadi, pronti a essere tirati fuori l’ indomani. In città c’era più movimento del solito: gli abitanti erano scesi in piazza a scambiarsi gli auguri.
Piazza di Sua Altezza
Dal basso di quei lunghissimi cappottoni, Amievì si inoltrava in una foresta di uomini, alti come alberi. Ad un certo punto si fermò dinanzi ad un cappottone e con forza lo tirò.
- Ehi, amore mio, dove sei stata? - disse una voce femminile dall’alto del cappotto. Era la mamma di Amievì, che si piegò, e la tirò sulle sue spalle. Ora sì che si vede!
pensò Amievì. Da quell’altezza, circa quattro metri, poteva vedere diritto in faccia tutte le persone. La ragazza amava guardare le persone in faccia. Si possono capire molte cose
, diceva.
- Sei andata a fare gli auguri alla nonna? - disse nuovamente la madre.
- No, mamma. Se mi fai scendere ci vado - rispose Amievì.
Amievì non amava andare dalla nonna. La sua casa stava fuori dalla città qualche centinaio di metri, ed era sempre tutta spenta, senza luci o addobbi di nessun genere anche a Natale. Per di più è vecchia
. Chi? Sia la casa che la nonna
, e scoppiava a ridere da sola.
La madre la poggiò a terra e la ragazza iniziò a correre in mezzo a cappottoni finché non trovò l’uscita. Imboccata la strada per la nonna, Amievì pensava e ripensava a come era brutto vivere in una città non alla sua altezza
.
- Scapperò! - disse. E iniziò a saltellare tutta felice.
La casa era sempre più vicina. Si fermò solo un attimo a mirare la scia di impronte che aveva lasciato sulla neve. Sorrise e suonò il campanello con un bastone che aveva trovato lì vicino. Un DIN DON risuonò per tutta la strada. Nessun chi è?
o risposta di altro tipo giunse però. La solita dormigliona
pensò la ragazza, che subito si infilò tra le sbarre del cancello e sgattaiolò fin sotto la porta d’ ingresso. Quest’ultima era misteriosamente aperta, e le bastò spingere forte per aprirla quanto bastava per passarci ed entrare. All’interno la casa non era tanto diversa dall’esterno in oscurità, se non dal fatto che c’ erano i mobili, completamente ricoperti da teli bianchi e polvere. - C’è qualcuno?! - gridò Amievì. - Nonna? - ma ancora nessuna risposta. Decise allora di salire le scale, cigolanti era dir poco, ed entrare nella camera della nonna: nessuno. C’era il letto, un armadio e un tappeto rigorosamente tutto impolverato. Sembrava che nessuno vi avesse messo piede da secoli. Alle pareti, vecchi quadri di volti altrettanto vecchi. Poi all’improvviso, il suo sguardo cadde su di un libro, antico, grosso, rilegato con una grossa copertina di pelle, appoggiato sopra