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CRONACHE DIVERSE di un osservatore di parte
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CRONACHE DIVERSE di un osservatore di parte
E-book399 pagine4 ore

CRONACHE DIVERSE di un osservatore di parte

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Info su questo ebook

Il libro raccoglie oltre cento articoli scritti dall'autore della raccolta e apparsi, nel corso di un trentennio, su varie testate giornalistiche: “Realtà Nuova” (quindicinale del Partito Comunista Italiano in Svizzera); “l’Unità” (Organo del Partito Comunista Italiano); “Nuova Voce di Lecco” (rivista mensile della Federazione del PCI di Lecco); “La Voce della Bassa Irpinia e dell’Agro Nolano” (quindicinale di informazione e cultura); “Il Meridiano” (mensile dell’Agro Nolano e della Bassa Irpinia, nella versione cartacea e nella versione quotidiana on line).

La raccolta di articoli è suddivisa in cinque sezioni: “Cronache, analisi e commenti di varia attualità”; “(Dis)amministrazioni; “Tra il serio e il faceto”; “Satira ed altro da oltralpe”; “Ambiente e territorio”. Molti articoli delle sezioni “Disamministrazioni” e “Ambiente e territorio” riguardano Tufino, un paese che ha pagato un prezzo pesante all’emergenza rifiuti della Campania.

Alcuni articoli sono introdotti da una breve presentazione per renderne più chiari i motivi che, a suo tempo, li hanno ispirati.

Il volume contiene nel titolo le parole “cronache diverse” perché gli articoli non si limitano alla fredda esposizione dei fatti e delle circostanze in cui essi si sono prodotti. I fatti e le circostanze narrati risentono di quello spirito critico e di parte, tipico di chi si nutre di determinate idee e di chi ha maturato una personale visione degli uomini e del mondo. Gli articoli risentono, talvolta, anche di quella marcata militanza ideale e politica che muove coloro che, contro ogni forma di rassegnazione e di indifferenza, sono convinti di potere e dover fare qualcosa a vantaggio della collettività.

È in virtù di quanto appena detto che, a conclusione del libro, si è scelto di proporre un passo di un articolo di Antonio Gramsci apparso, col titolo di “Indifferenti”, sul numero unico del giornale “La città futura” dell’11 febbraio 1917.
LinguaItaliano
Data di uscita19 dic 2015
ISBN9788892530744
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    CRONACHE DIVERSE di un osservatore di parte - Antonio Caccavale

    Caccavale

    CRONACHE, ANALISI E COMMENTI

    DI VARIA ATTUALITÀ

    In questa prima sezione sono raccolti articoli che propongono riflessioni e analisi su alcuni dei mali della società meridionale e italiana.

    L’articolo denunciava il fenomeno molto diffuso, nell’Italia meridionale, dei medici che diventavano sindaci. In tante parti del sud Italia un candidato medico, ma anche un candidato avvocato, professore, ecc., che sapesse abilmente utilizzare i meccanismi clientelari, finiva col diventare una sorta di medico curante totale di pazienti bisognosi di tutto. Questo fenomeno, ancora oggi, contribuisce ad inquinare e a falsare pesantemente i risultati elettorali.

    DIVAGAZIONI DI FINE MILLENNIO: IL MEDICOSINDACO

    (Il Meridiano, 30 gennaio 2000)

    Molto più che uno spettro è quello che, da decenni, si aggira e governa in molti Comuni dell’Italia meridionale.

    Uno spettro che non è, però, temuto dalla gente. Da molte persone, infatti, esso è considerato uno spettro buono: un succedaneo di quegli angioletti che accompagnano, con premurose attenzioni, ogni uomo e ogni donna nell’impervio cammino della vita terrena. E se non fosse esistito, sarebbe stato necessario inventarlo.

    Lo conoscono bene le popolazioni dell’area nolana, che ne sono sempre state attratte e, molte volte, letteralmente rapite, fino al punto di affidare ad esso il compito di curare il loro corpo e di amministrare, incondizionatamente, la loro vita civile. Uno spettro straordinario che, in molte realtà del nostro meridione, ha anticipato, svuotandola dei connotati di novità che altrove le venivano unanimemente riconosciuti, quella riforma elettorale del 1993[1] che decretò la centralità della figura del sindaco e la possibilità di dar vita a più solide maggioranze, al servizio di una migliore governabilità dei Comuni.

    Tra le principali qualità che al nostro spettro non possono e non devono mancare, indichiamo le seguenti:

    proveniente da o imparentato con famiglia notabile;

    laurea in medicina;

    medico di base o ospedaliero;

    forti velleità politiche.

    E’, in sostanza, una figura che ci piace definire col termine di "medicosindaco: uno spettro buono, capace, al tempo stesso, di assicurare ogni tipo di assistenza socio-sanitaria alle persone e di amministrare un Comune avvalendosi di maggioranze durature. E’ una figura particolarmente diffusa e popolare, e quindi provvidenziale, nelle società in cui i mille diritti dei cittadini, solennemente proclamati e sanciti, fanno fatica ad affermarsi. Ancora oggi ne è ben dotata la terra nolana, con i non pochi medicosindaci" a capo di alcune inossidabili Amministrazioni comunali.

    Qual è il motivo di tanta necessaria, cerusica presenza ?

    E’ presto detto: la condizione di vita e di salute ancora troppo cagionevole di molti cittadini, a dispetto di quanto ci si possa aspettare nella salubre, moderna e democratica terra italiana. Il medicosindaco è colui che soccorre i cagionevoli di salute in ogni momento: è lui che possiede la scienza per curare le malattie; è lui che ha il controllo delle medicine e degli ospedali per la cura dei casi ordinari e di quelli più difficili; è lui che ha parenti o amici tra i giureconsulti, nel caso qualcuno cagionevole di salute sia anche cagionevole in ambito giudiziario; è lui che ha conoscenze importanti per coloro che, cagionevoli di salute, si trovino anche ad essere cagionevoli per mancanza di un posto di lavoro per sé o per propri congiunti; è lui che sa dire sempre di si ai propri pazienti totali, con gli stessi modi e con la grazia di un pubblico esercente che sa stare bene attento ad accontentare la propria clientela.

    Insomma, è un vero e proprio secondo padre di famiglia di tutte le famiglie il cui capo è cagionevole di qualcosa. E non ha neanche bisogno di ingannare più di tanto i suoi pazienti-clienti. Sono loro stessi, i pazienti-clienti che gli affidano volentieri la gestione dell’imbarazzante carico di inespresse libertà e di superflui diritti.

    E così succede che a un medicosindaco tocca spesso dover soccorrere, con amorevoli e disinteressati consigli, i propri pazienti-clienti perfino, non sembrerebbe vero, in occasione delle consultazioni elettorali, quando a ciascuno basterebbe limitarsi ad esercitare l’elementare diritto democratico di scegliere per quali persone e per quali partiti votare. No! I pazienti-clienti preferiscono non esprimere fino in fondo, in quelle occasioni, il diritto individuale e personale di scegliere. Meglio esprimerlo attraverso il benefico condizionamento del proprio "medicosindaco. Magari a beneficio dello stesso medicosindaco", che saprà bene, poi, come utilizzare quel suffragio. C’è stato un tempo (è successo anche nel corso della seconda metà del novecento) in cui ai cagionevoli di un po’ di tutto, veniva risparmiata finanche l’inutile e dannosa fatica di recarsi ai seggi elettorali per votare. Ci pensavano i vari medicosindaco, avvocatosindaco, professoresindaco, datoredilavorosindaco: i mille, duemila, tremila aventi diritto al voto si trovavano, ogni volta, ad aver espresso, a stragrande maggioranza, le stesse preferenze.

    Tra i medicosindaci c’è stato addirittura qualcuno capace di fare miracoli: chi non ricorda il don Circostanza di Fontamara[2] che, in cambio di qualche lira, riusciva a far votare perfino i defunti dei suoi affezionati elettori ?

    È anche per questo che di Fontamara ci si può ricordare come del paese dei morti vivi.

    Contro ogni previsione possibile, alle elezioni comunali di Tufino del 1997 partecipò una lista di persone che scelsero di dar vita ad un terzo polo, contro i due schieramenti storici facenti capo a due famiglie. Subito dopo le elezioni un nutrito gruppo di candidati si allontanò dal percorso tracciato assieme agli altri per avvicinarsi alle due compagini storicamente contrapposte contro le quali si erano candidati.

    UNA RIFLESSIONE SU "ALTERNATIVA PER TUFINO[3]"

    (Il Meridiano, marzo 2001)

    La lista Alternativa per Tufino, che partecipò alle elezioni comunali del 1997, fu il naturale punto di arrivo di un percorso politico lineare o fu il frutto di una sorta di incidente di percorso ?

    Fu, al tempo stesso, l’una e l’altra cosa !

    È proprio il caso di dire che la presenza della lista di Alternativa per Tufino alle elezioni del ’97 fu propiziata da una serie di fattori che, sorprendentemente, ebbero la meglio su tutte le previsioni fondamentalmente pessimistiche e su tutti i tentativi che furono messi in atto per impedire che il disegno di un gruppo di idealisti andasse in porto.

    Ma è altrettanto vero che quella lista fu il naturale punto di arrivo di un percorso politico lineare, perché rappresentò lo sbocco inevitabile di un itinerario che, partito dalla costituzione del Comitato Prodi[4] e dalla successiva adesione alla coalizione dell’Ulivo, non poteva rimanere estraneo alle vicende amministrative locali.

    Alternativa per Tufino nacque sul finire del 1996 con l’intento esplicito di superare la storica e rigida contrapposizione in due blocchi elettorali dei tufinesi.

    Ma la nuova compagine ebbe vita breve e i motivi che ne decretarono la fine sono essenzialmente riconducibili a una sorta di incompatibilità fra progetti differenti: alla sincera adesione di chi credeva fermamente nell’idea, formalmente da tutti condivisa, di tracciare e seguire un percorso, inevitabilmente lungo e difficile, al di fuori delle due famiglie che da un cinquantennio si contendono lo scettro del potere locale, faceva da contrappunto la velleità, non confessata, di chi desiderava piegare a un proprio personale disegno la volontà di cambiamento dei compagni di viaggio. Mentre per alcuni idealisti il cambiamento implicava il superamento di ogni personalismo, per qualcun altro il cambiamento doveva coincidere con la propria affermazione personale. Mentre per alcuni idealisti ogni aggregazione possibile poteva e doveva scaturire da un programma serio e condiviso, per qualcun altro ogni aggregazione non poteva e non doveva prescindere dalla propria, non confessata, manìa di protagonismo.

    Insomma, tra coloro che diedero vita alla lista che doveva rappresentare solo l’inizio di un percorso lungo e difficile, alla fine del quale si sarebbero potuti raccogliere i frutti sperati, ci fu qualcuno che ritenne più conveniente optare per una scorciatoia.

    Succede questo a chi, a corto della necessaria lucidità politica e voglioso di perseguire un personale obiettivo, antepone il proprio modo spiccio di vedere le cose, tipico di certi uomini d’affari, a quello di chi, invece, è abituato a sforzarsi di leggere in maniera oggettiva la realtà e a cercare di coglierne quella pluralità di sfaccettature che la rendono complessa e non immediatamente addomesticabile alle nostre migliori intenzioni.

    Sta di fatto che l’improbabile scorciatoia seminò ben presto confusione e incomprensione tra i componenti di quel gruppo di idealisti, che dimenticarono troppo in fretta di essere stati capaci di rompere un pregiudizio storico: quello secondo cui una lista di candidati alle elezioni comunali fosse possibile solo all’interno delle famiglie nostrane dei Montecchi e dei Capuleti.

    Resta il rammarico di aver dovuto rinunciare anzitempo alla realizzazione di un progetto per la cui riuscita era indispensabile mostrare pazienza e perseveranza; un progetto che per concretizzarsi aveva necessità di crescere nell’opinione comune della gente, attraverso un lavoro di gruppo certosino e coerente con gli obiettivi che avevano ispirato la nascita di Alternativa per Tufino.

    Rimane, purtroppo, la grande amarezza di un fallimento riconducibile a una incomprensibile impazienza e ad una sostanziale perdita di fiducia nella collaborazione di gruppo.

    Si volle inseguire, invece, la maldestra presunzione di poter attrarre i necessari consensi candidando alla guida del gruppo una presunta figura carismatica. E non si volle capire che la figura carismatica era ancora tutta da costruire, ammesso che fosse potenzialmente presente tra i componenti di quel gruppo. Ma, soprattutto, non si volle capire che più di ogni figura carismatica o presunta tale, sarebbe stato necessario conservare la stessa unità di intenti che aveva reso possibile la costruzione di Alternativa per Tufino, per svolgere, con intelligenza ed efficacia, quel lavoro politico indispensabile e fondamentale per ogni possibile sviluppo positivo del progetto originario.

    Un progetto originario di tutto rispetto e ancora attuale.

    Enzo Ciaccio, giornalista de IL MATTINO, in un articolo non proprio rispondente alla realtà dei fatti, apparso sulla storica testata napoletana il 12 dicembre 2003, scrisse che l’area di Paenzano, quella in cui erano ubicate due discariche e un impianto di Cdr (combustibile derivato dai rifiuti), era stata trasformata in un luogo ameno in cui non si avvertiva più traccia dello scempio causato dai rifiuti. Tutto questo mentre la popolazione di Schiava (frazione di Tufino e di Casamarciano) continuava a fare i conti con i disagi di sempre.

    Al Direttore de IL MATTINO inviai una lettera in cui, tra le altre cose, lamentavo l’atteggiamento offensivo di certa stampa nei confronti dei disagi che una piccola comunità era costretta a sopportare a causa delle scelte sbagliate della Politica.

    TESTO DELLA LETTERA INVIATA

    AL DIRETTORE DE IL MATTINO

    ALL’ATTENZIONE DEL DIRETTORE DEL MATTINO

    E DELL’INVIATO ENZO CIACCIO

    L’articolo di Enzo Ciaccio pubblicato in data odierna, per quanto cerchi di aggiustare il tiro rispetto alle tante stupidate scritte nell’articolo del 12 dicembre, non rende giustizia ad una comunità gravemente offesa dalla leggerezza di chi ha ritenuto che, probabilmente, la verità risieda negli uffici del Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti. Chi scrive è stato un compagno di partito del governatore Bassolino e del suo vicario al Commissariato per la questione dei rifiuti, Massimo Paolucci. Non ho un gran pedigree da poter vantare in campo politico (sono stato un militante che non si è mai tirato indietro rispetto a tutto quanto un buon compagno di base sapeva di dover fare), ma sono un onesto cittadino che, dopo aver speso non poche energie nel partito, ha dovuto prendere atto che le corrette e legittime posizioni che, assieme a tante altre persone delle più disparate fedi politiche, gli è toccato di dover assumere per tutelare i diritti di una comunità su cui i vari commissari di governo si sono divertiti a sparare come se il territorio di Tufino fosse il loro bersaglio privilegiato, erano considerati dei veri e propri atti di ostilità e, comunque, meritevoli solo del loro disprezzo.

    Quando ritenni di averne fin sopra i capelli dei comportamenti ambigui dei miei compagni di partito, decisi di non prendere più la tessera.

    A Enzo Ciaccio vorrei raccomandare di evitare di prendere per oro colato ciò che qualcuno ha interesse a far credere ai lettori del Mattino. Le mille emergenze in cui è costretta a vivere la comunità di cui faccio parte non hanno mai goduto (se si fa eccezione per alcuni articoli redatti da cronisti che conoscono bene questo territorio e le sue problematiche) di una stampa favorevole, né ai tempi dei Commissari-prefetti, né negli anni (che, purtroppo, durano a morire) dei Commissari-governatori. C’è, chissà perché, sempre qualcuno che dalle comode poltrone di via Chiatamone trova, di tanto in tanto, il modo di scrivere con una saccenteria, francamente fuori luogo, cose che non stanno né in cielo né in terra (lo fece, nel 2001, anche il vostro Eugenio Mazzarella all’indomani della più grande manifestazione mai organizzata a Tufino in tema di rifiuti, irridendo in maniera offensiva al fatto che i bambini di Tufino e di Casamarciano si erano rivolti al papa e al presidente della repubblica). Non si fa così, non è giusto !

    Questo breve scritto è solo un piccolo sfogo e non ha nessuna pretesa. Nell’auspicio che il vostro giornale sappia essere più sensibile ai problemi delle piccole comunità che troppo spesso, in nome di interessi superiori, rimangono orfani di padrini politici, Vi saluto augurando a tutti buon Natale e un felice e fruttuoso 2004.

    Accludo a questo scritto un mio articoletto che, nei prossimi giorni, comparirà su un periodico locale.

    L’articolo

    PAENZANO? QUASI UN PARADISO TERRESTRE:

    DELLE MIRABILI COSE CHE L’INSUPERATO ENZO CIACCIO

    HA RACCONTATO DI AVER VISTO

    IN LOCALITA’ PAENZANO DI TUFINO

    (Il Meridiano 28 dicembre 2003)

    Enzo Ciaccio il giornalista che Il Mattino pensava di aver inviato a Tufino intorno alla prima decade del mese di dicembre, a Tufino non è mai arrivato. Pensava, Il Mattino, di aver inviato il suo giornalista a Paenzano (la località del Comune di Tufino in cui i potenti Commissari di governo alla monnezza hanno fatto seppellire oltre quattro milioni di metri cubi di spazzatura indifferenziata e hanno fatto edificare un impianto di CDR), ma per cause ancora da accertare Enzo Ciaccio è finito in una sorta di paradiso terrestre che, a parer suo, nella prossima primavera profumerà di mille essenze.

    Risalirebbe a una presunta visita di qualche tempo fa l’abbaglio dello stesso fantasioso giornalista che, all’ingresso del paese, sarebbe stato attratto da un cartello recante la scritta Siamo il paese degli scemi. Quel cartello beffardo a Tufino non c’è mai stato ed è da presumere che Enzo Ciaccio lo abbia letto da qualche altra parte, magari nella sua fervida immaginazione.

    Pensava, Il Mattino, di aver già inviato, qualche tempo fa, quel suo giornalista a Tufino. In realtà anche in quell’occasione Enzo Ciaccio, degno epigono di don Chisciotte, deve essere rimasto vittima di misteriosi incantamenti, come lo fu l’ingegnoso Hidalgo della Mancia nella grotta di Montesinos.

    "Cuando menos lo pensaba, sin saber cómo ni cómo no, desperté dél y me hallé en la mitad del más bello, ameno y deleitoso prado que puede criar la naturaleza ni imaginar la más discreta imaginación humana. (…) Ofrecióseme luego a la vista un real y suntuoso palacio o alcázar, cuyos muros y paredes parecían de transparente y claro cristal fabricados (…)"(Quando meno me lo aspettavo, senza sapere come né perché, mi svegliai e mi trovai in mezzo al più bello, al più ameno e dilettoso prato che possa creare la natura o immaginare la più fervida fantasia umana. (…) Mi si offrì alla vista un sontuoso palazzo o castello reale, le cui mura e pareti sembravano fabbricate di trasparente e luminoso cristallo (…). E’ quanto raccontò don Chisciotte dopo essere risalito dalla grotta di Montesinos in cui era stato calato.

    "Oh, santo Dio! disse Sancho E’ mai possibile che accada questo nel mondo, e che incantatori e incantesimi vi abbiano tanto potere da aver cambiato l’assennato giudizio del mio padrone in una così enorme pazzia?"

    Quando meno se lo aspettava Enzo Ciaccio ebbe una visione straordinaria: su una delle due discariche di Paenzano gli oleandri e i tamarischi attendevano la primavera per poter fiorire. Una piacevole fragranza raggiunse le sue narici mentre, stupefatto, ammirava un’oasi concreta (proprio così: concreta, non astratta), frutto del mirabolante lavoro di due incomparabili società di cui non è il caso di ricordare il nome. E non trovò parole, Enzo Ciaccio, per descrivere la sua insaziabile voglia di respirare a pieni polmoni l’aria non più corrotta da quei ben noti effluvi maleodoranti, ormai definitivamente soffocati.

    Fu alla vista dell’impianto di Cdr che il nostro giornalista avvertì, al tempo stesso, un improvviso tormento e un’insperata estasi. Sensazioni di patimento e di supplizio lo angustiavano, proprio mentre uno stato di esaltazione e di gioia intensa lo mandavano in visibilio. Una sofferenza violenta e prolungata e, contemporaneamente, una sensazione di vivo piacere si contendevano il suo corpo e il suo spirito.

    "Oh santo Dio! commentarono alcuni cittadini di Tufino E’ mai possibile che accada questo nel mondo, e che incantatori e incantesimi vi abbiano tanto potere da indurre un giornalista a vedere e a sentire cose mai viste, né sentite da persone comuni?".

    La presenza della cava calcarea a ridosso di Schiava di Tufino e di Casamarciano, è causa della produzione di polveri sottili che possono provocare seri danni alla salute.

    UN PAESE IMPOLVERATO

    (Il Meridiano, 29 febbraio 2004)

    Basta transitare per la frazione Schiava[5] per vedere nuvole di polvere biancastra levarsi al passaggio di ogni autoveicolo.

    È la polvere che proviene tutti i giorni e a tutte le ore dalla calcarella[6] (così la chiamano quelli che la conoscono e quelli che ci vivono vicino) e finisce sul manto stradale. È un'indecenza sempre più insopportabile ed è una vergogna sempre più intollerabile quell'attività che stride con le più elementari regole igienico - sanitarie, visto che solo poche decine di metri separano le case degli schiavesi dalla cava che tiene buona compagnia a Paenzano 2.

    Quando arrivano i venti, non ne parliamo. Quella polvere viene letteralmente sradicata dalla roccia e spiaccicata su ogni superficie, anche a qualche chilometro di distanza. A chi la guardi da vicino, la calcarella appare come un'insenatura. Ma in quell'insenatura non ci sono barche, né approdi e neanche l'acqua del mare. Ci sono dei grossi manufatti all'interno dei quali la roccia, una volta fatta rotolare giù, viene ridotta in mille frammenti e poi trasformata in terriccio bianco. Da quei manufatti si sprigionano dense nuvolaglie di polvere che diventano parte integrante del paesaggio, ma diventano anche frazione costitutiva di bronchi e polmoni di tanti cittadini che finiscono col soffrire di seri problemi di respirazione. Ecco che cosa sono stati capaci di produrre certi scienziati che, da decenni, siedono, indisturbati e indifferenti, in comode poltrone della regione Campania. Non hanno cognizione, quegli scienziati, di che cosa significhi avere una cava calcarea in attività a quaranta metri dalla propria casa; non sanno che cosa significhi inspirare, ogni giorno, quella polvere bianca che, all’ora di pranzo, finisce sulle tavole e nei piatti come fosse il tocco finale del più bravo e originale chef della cucina nostrana.

    Un raccapricciante fatto di cronaca fece balzare l’impianto di Cdr di Tufino sulle pagine di alcuni giornali a tiratura nazionale.

    NON CI HO VISTO PIÙ E L’HO COLPITO !

    E LA TESTA DEL MALCAPITATO

    E’ STATA RITROVATA A TUFINO

    (Il Meridiano, 27 maggio 2005)

    Carmine Caiazzo, il macellaio di Castellammare di Stabia che, nel pomeriggio di giovedì 5 maggio, ha troncato di netto la testa dell’assicuratore Giuliano Vanacore, doveva aver accumulato non poco rancore e, sicuramente, doveva aver già perduto la sua, di testa, per commettere un delitto tanto efferato. Ha fatto impressione la sicumera con la quale i mezzi di informazione hanno, in prima battuta, avanzato l’ipotesi che, al brutale assassinio, il macellaio fosse stato indotto dalla ferma determinazione di sbarazzarsi di un infame usuraio. Ha fatto impressione la nonchalance con la quale gli stessi mezzi di informazione, ventiquattrore dopo, hanno parlato e scritto di un assicuratore onesto e generoso, disposto ad agevolare il più possibile il suo debitore, e di un macellaio che, pur essendosi ampiamente avvalso di quella generosità, ha poi deciso di ammazzare il suo creditore. Certo, non è facile immaginare che una persona da tutti considerata normale possa, all’improvviso, arrivare a compiere un delitto raccapricciante. Non doveva aver minimamente sospettato, il povero Vanacore, che Carmine Caiazzo potesse pensare di fargli del male. E mai, il povero Vanacore, doveva essersi immaginato morto, con la testa staccata dal corpo e avviata ad un impianto di trattamento e di smaltimento dei rifiuti.

    Non per questo macabro genere di rifiuti fu progettato e realizzato l’impianto di cdr di Tufino[7]. Così come le discariche di Paenzano di Tufino non furono progettate e realizzate per ingoiare ogni sorta di rifiuto, compresi quelli tossici che, pure, qualcuno pensò bene di scaricarvi negli anni più acuti dell’emergenza[8].

    La pratica delittuosa dei tagliatori di teste, appartenuta a tutte le epoche e agli uomini di tutte le latitudini, si incontra, ai giorni nostri, con la pratica delittuosa dell’illecito smaltimento delle scorie venefiche. E l’incontro avviene, manco a dirlo, negli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Così succede che un paese come Tufino, dove non esistono fabbriche chimiche, né officine per la lavorazione di prodotti pericolosi, può balzare al disonore della cronaca per il raggiro di menti criminali del nord Italia che, con la complicità di delinquenti del nostro meridione, riescono a far giungere le loro sostanze tossiche nelle discariche di Paenzano. E può succedere che, al disonore della cronaca, Tufino ci arrivi perché un individuo come il carnefice di Giuliano Vanacore, non riuscendo a frenare i

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