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MPS Cronaca di un disastro annunciato
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E-book322 pagine4 ore

MPS Cronaca di un disastro annunciato

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Info su questo ebook

Ancora MPS. Ancora Siena. Una sorta di "operazione verità", un libro bianco che attraverso articoli di giornali, estratti dei verbali delle assemblee dei soci del MPS ed altri atti pubblici ricostruisce i fatti che si sono succeduti nel decennio 2008-2018, mostrando posizioni assunte e correlate responsabilità, chi ha, con coraggio, alzato la voce a difesa degli interessi comunitari e chi ha ossequiato i potenti di turno in una Siena che, per questa vicenda, è stata definita il più grande romanzo politico italiano. Un racconto che colma un vuoto nella cronaca cittadina e supporta la corretta ricostruzione storica di quel periodo. Un racconto da cui sorge spontanea una domanda: "si poteva evitare?" Infine le ultime novità giudiziarie sulla vicenda MPS che potrebbero rappresentare la base per il rilancio della Banca e per l'indennizzo morale della Città.
LinguaItaliano
Data di uscita14 ago 2023
ISBN9788831605588
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    MPS Cronaca di un disastro annunciato - A cura di ASSOCIAZIONE PIETRASERENA

    A cura di ASSOCIAZIONE PIETRASERENA

    MPS: cronaca di un disastro annunciato

    Il silenzio di molti, le voci di pochi,

    gli errori di qualcuno

    Contributo per la memoria storica della Città

    Youcanprint

    Indice

    Copertina

    MPS Cronaca di un disastro annunciato

    Prefazione di Aldo Cazzullo

    Perché scrivere l’ennesimo libro su MPS?

    Note 1-9

    Aeroporto di Ampugnano: l’inizio del disastro

    Le liste civiche: un’esperienza politica fuori dai partiti.

    L’acquisto di Antonveneta: la madre di tutte le sciagure.

    Le battaglie dell’Ass. Pietraserena in Assemblea MPS.

    Resoconto di assemblea MPS (6 marzo 2008) nei giornali dell’epoca

    Le elezioni comunali del 2011.

    Dopo le elezioni del 2011, le prime crepe al Sistema.

    La nascita dell’Osservatorio Civico.

    Dall’Osservatorio Civico alla Ass. Buongoverno MPS

    Il Modello Siena scricchiola.

    Mussari: Lascio, non è il mio mestiere (2012)

    L’Ass. Buongoverno MPS.

    Il commissariamento del Comune di Siena.

    Il Sistema Siena sotto inchiesta giornalistica.

    Le verità incominciano a venire a galla.

    L’invito a costituire un Partito dei Senesi

    Il rischio concreto di perdere la Banca.

    Carissimo Camillo…: Mussari si dimette dall’ABI (2013).

    Tutti bravi ora a parlare… ma prima?

    La marcia Orgoglio e Dignità: riprendiamoci Siena!

    Il caso David Rossi.

    La Fondazione, un patrimonio della Città ridotto all’osso.

    Si avvicinano le elezioni del maggio 2013.

    Siena: dopo le elezioni del 2013.

    L’evidenza dei fatti.

    Fondazione MPS: Mansi lascia, subentra Clarich

    MPS: finisce l’era Profumo.

    La commissione di Inchiesta su MPS in Regione Toscana.

    I nostri giorni: la battaglia dell’Avvocato Falaschi.

    Si volta pagina?

    Epilogo

    NOTE

    Contributo

    a cura del Circolo Città Domani – Sinistra per Siena

    Una premessa in cifre

    Le conseguenze per il Monte dei Paschi

    Riflessioni a proposito dei crediti deteriorati

    Il comportamento degli organi di vigilanza (alcuni esempi)

    L’azione del Circolo Città Domani-Sinistra per Siena per costituire e sostenere l’osservatorio civico sul Monte dei Paschi e l’associazione piccoli azionisti Buongoverno

    NOTE

    Contributo

    a cura del gruppo Siena 5 Stelle

    Dodici anni vissuti pericolosamente

    Postfazione e ringraziamenti

    Cronologia di riferimento

    Bibliografia utile

    Risorse Internet

    MPS Cronaca di un disastro annunciato

    A cura di ASSOCIAZIONE PIETRASERENA

    ISBN | 978-88-31602-61-7

    Immagine in copertina di Alvalenti

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il

    preventivo assenso dell’Autore.

    Youcanprint

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Prefazione di Aldo Cazzullo

    Sette anni fa, nel gennaio 2012, passai una settimana a Siena, per scrivere un’inchiesta sulla città. Il progetto era raccontare l’Italia della grande crisi, e mi pareva significativo partire dalla città del Monte dei Paschi, la più antica banca del mondo, che stava crollando. Parlai con decine di persone, mi resi conto di quanto l’identità municipale fosse intrecciata con la storia della banca; che questo libro, che vi invito a leggere, ha il pregio di restituire alla dimensione dei secoli, luci e ombre comprese.

    Siena in quei mesi era una città di cattivo umore. Non ridevano più neppure i matti. I leggendari matti di Siena, trastullo dei ragazzi ma in fondo amati, integrati: il più allegro lo chiamavano Trombetta, perché a chi lo apostrofava - «Trombettaaa!» - rispondeva ridendo «peee!». E poi Sello, che seguiva tutti i matrimoni e tutti i funerali. Benito il Diabolico, l’unico senese ad aver vinto ogni Palio: in piazza del Campo andava con i fazzoletti di ogni contrada comprese le acerrime rivali, l’Oca e la Torre, l’Istrice e la Lupa, il Montone e il Nicchio; poi si univa al corteo dei vincitori. E il Bersagliere, cui una volta annunciarono per scherzo che era stato condannato a morte, e a sorpresa non si spaventò, anzi offrì il petto: «Sono pronto! Viva l’Italia!». Siena gioiello rosso, Siena in testa alle classifiche di ricchezza e qualità della vita, Siena paesone eppure capitale di una banca tra le più grandi d' Europa. E invece, d’un colpo, Siena angosciata, impoverita, spaventata, da quando ha perso il controllo del Monte dei Paschi, Babbo Monte, che come un papà generoso aveva soldi per tutti: sino al 2010, oltre cento milioni di euro l’anno per il Comune e la Provincia, l’Arci comunista e la democristiana Libertas, le contrade e le parrocchie. Soprattutto, il Monte come garanzia di potenza e di serenità, il Monte di cui si raccontava in città che comprasse le partite del Siena per salvarlo dalla retrocessione – e per averlo scritto ricevevo una severa lettera di smentita dalla banca -, il Monte onnipotente che ti assume con la qualifica di commesso, ti fa eleggere sindaco e poi ti promuove direttore generale, il Monte che governa il sistema e si costruisce pure l’opposizione interna.

    Il vero simbolo di Siena e della sua eroica megalomania sono gli archi giganteschi e l’immensa facciata - appunto il Facciatone - di una Cattedrale incompiuta. Pur di superare i fiorentini, i senesi sognarono di erigere la più grande chiesa della cristianità, di cui il vecchio Duomo sarebbe diventato il transetto. Arrivò prima la peste (maggio 1348), che dimezzò gli abitanti, riducendoli a meno di 20 mila. Della nuova Cattedrale non si parlò più. Anche in età moderna, Siena non ha perso una nota di megalomania. Una città di 55 mila abitanti si è concessa una squadra di calcio in serie A e in semifinale di Coppa Italia, una squadra di basket che vinse cinque scudetti di fila e in Coppa Campioni ha battuto il Real Madrid a casa sua, 500 avvocati, due quotidiani, Salvatore Accardo che insegna e suona all’Accademia Chigiana, un centro di ricerche biotecnologiche con cento scienziati che tra loro parlano inglese, e una Fondazione che per anni ha controllato il 50% del Monte, e ora non più. La banca si salverà. Ma non sarà più la banca di Siena. Per colpa di qualcuno che ha fatto nella migliore delle ipotesi scelte sbagliate – l’Antonveneta pagata nove miliardi un minuto prima che crollasse la finanza internazionale -, e nella peggiore ha rubato. La magistratura dovrà fare chiarezza.

    Eppure il modello Siena resiste: qualità ambientale, arte, territorio. E il Palio. Molte cose sono cambiate, ad esempio la sinistra ha perso il Comune. L’università sarà in rosso ma ha superato i 20 mila iscritti e secondo il Censis ha la migliore facoltà di Lettere d’Italia. La linea di pullman Sita ogni giorno porta da Firenze un buon numero di pendolari, tra cui clochard che vengono a mendicare in una città più ricca, come i senesi amano raccontare con lo stesso orgoglio con cui rievocano la vittoria di Montaperti («e lo stendardo dei fiorentini fu trascinato per le strade legato alla coda di un asino...»). Il Medioevo si respira ancora, nella surreale discussione della contrada dell’Oca sul voto alle donne ma anche nello spirito di comunità, che resiste da quando le classi sociali vivevano e morivano spalla a spalla, all’ospedale di Santa Maria della Scala si affrescavano sulle volte le anime che salgono in cielo e si gettavano nel Carnaio i morti di peste, e le ossa ancora spuntano dalla terra. Il sacro e l’esoterico convivono da sempre, nel Duomo è intarsiato Ermete Trismegisto accanto alla Vergine, e nella cella di Santa Caterina l’allarme è ora disattivato perché di notte suonava sempre, forse per un fantasma. La campagna incantevole che si vede dal Facciatone è la stessa affrescata da Lorenzetti come esempio di buon governo, le colline levigate, le vigne e gli ulivi, un paesaggio della mente. Nudi come nel Medioevo si presentano i tetti, si è già oltre la civiltà dell’antenna, l’intera città è cablata.

    E si comprende bene, quassù, come Siena sia figura dell’Italia intera, Paese corporativo e viziato, spaventato dai privilegi che sfumano e dalla ricchezza che evapora, ma straordinario non solo per cultura e bellezza ma per la tenuta sociale, per la solidarietà di fronte agli eventi estremi, alla morte, alla malattia, alla fragilità umana. I senesi amano raccontare anche di puerpere trascinate di peso nottetempo da una parte all’altra del Campo perché il nascituro non fosse dell’Oca o della Torre; ma quando muore il priore o il capitano dell’Oca, in chiesa al posto d’onore c’è la bandiera della Torre, e viceversa.

    Lo stesso accade tra Istrice e Lupa, tra Montone e Nicchio.

    Fino a qualche tempo fa, ai funerali c'era anche il Sello. Ora non lo si vede da tempo, e neppure Trombetta e il Diabolico. Ora, nel tragitto tra il Monte e il Campo, c' è un mendicante con la barba che a tutti spiega di non essere forestiero - «guarda che io so' di Siena» -, e ogni euro che scuce corre a giocarselo al gratta e vinci

    Perché scrivere l’ennesimo libro su MPS?

    Non è facile per dei comuni cittadini impegnarsi in un'operazione di questo tipo e spiegarne il significato.

    Per questi motivi, prima di tutto, ci auguriamo la giusta comprensione per eventuali errori o imprecisioni, che potrebbero derivare proprio dal fatto che il libro verità sul MPS viene redatto appunto da comuni cittadini e non da professionisti del settore.

    Ciò detto, in virtù della nostra passione civica e dell'amore per la nostra Città e le sue gloriose Istituzioni, non intendiamo tollerare che la scellerata vicenda della Banca MPS possa essere minimizzata, o nascosta, o peggio ancora dimenticata o insabbiata, in considerazione della sua gravità e delle ripercussioni che ha – e avrà – sul nostro territorio.

    Intendiamo quindi procedere ad un'operazione verità, una specie di libro bianco che possa ricostruire i fatti, ed evidenziare le responsabilità tecniche e politiche, personali e di gruppo, basandoci soprattutto su documenti e atti pubblici, e tentando di dare loro un collegamento che possa facilitare a tutti, anche ai meno esperti, una facile comprensione di quanto accaduto.

    Oggi tanti fanno finta di voler fare chiarezza sul passato, ma la maggior parte di questi, a partire dai vertici di Banca e Fondazione MPS, e dagli esponenti dei vari partiti, sembrano più interessati a mettere una pietra sopra a tutto, perseverando con i soliti muri di gomma, ben consapevoli delle innegabili responsabilità, sia tecniche che politiche.

    Questo è un altro aspetto dirimente del nostro lavoro: nessun condono o insabbiamento, ma l’accertamento dei fatti, anche con nomi e cognomi dei vari protagonisti, soprattutto in considerazione che taluni hanno ancora oggi incredibilmente ruoli primari nella gestione della nostra Città, o si agitano per riaverli, cercando al contempo di sottrarsi alle loro responsabilità con patetiche mistificazioni o tardivi pentimenti.

    Quello che è accaduto negli ultimi 15-20 anni appare purtroppo una catastrofe le cui dimensioni ancora non sembrano essere state del tutto comprese; l’appellativo – rude - di peste rossa usato da qualcuno¹ per definire quel periodo può darne un’idea realistica. La peste del 1348, quella che tutti a Siena conoscono per aver ridotto drasticamente il numero degli abitanti e interrotto l’ampliamento del Duomo, deve essere accostata agli avvenimenti di quegli anni solo per significare che la nostra Comunità ha subìto un accadimento che cambierà in modo irreversibile gran parte del suo futuro, sia in ambito sociale che economico. Una Comunità ricca e solida, in possesso di un immenso patrimonio, accumulato nei secoli da cittadini senesi onesti e capaci, è stata messa in ginocchio dal cosiddetto fallito e trasversale Sistema Siena, o groviglio armonioso, costituito da una partitocrazia distorta, da lobbies e camarille di varia natura e da personaggi spregiudicati, sia esterni al territorio che locali, intenti a perseguire interessi particolari e misero consenso, ignorando quindi di fatto l’interesse della Comunità cittadina e le sue reali esigenze, ma riuscendo a rendere sempre meno conveniente adattare il comportamento dei singoli all’interesse della collettività; una banda di delinquenti², come è stata definita da qualcuno, che in pochi anni è riuscita a polverizzare oltre 500 anni di storia e fiaccare l’identità cittadina, riducendola l’ombra di se stessa: indifferente, individualista, rassegnata.

    La goccia che ha fatto traboccare il vaso, l'ultima e definitiva coltellata al cuore di Siena è stata indubbiamente la scellerata operazione Antonveneta, portata avanti in modo dilettantistico (o commissionata in modo estremamente cinico e utilitaristico?) da soggetti senza specifiche competenze e senza scrupoli nei confronti della nostra Comunità. Quello che noi vogliamo definire il piano diabolico, parte però molto prima: bisogna ritornare alla vicenda della privatizzazione di MPS. Questo passaggio, che vede coinvolti politici nazionali come Amato e Ciampi³, segna la definitiva e catastrofica apertura al partitismo romano, alle lobbies più compromesse e alla loro avida ingerenza. A nulla valse la fortissima campagna contro la privatizzazione del MPS (1995) messa in atto da un manipolo di cittadini Senesi⁴ a fronte della posizione del governo e dell'allora partito dei DS, che probabilmente già pregustava il fatto di mettere le mani sulla Banca di Siena. Un'operazione che non era riuscita a nessuno (nemmeno a Mussolini, che c’aveva provato). Questa trasformazione iniziò a scardinare un sistema vincente e consolidato e ad alimentare gli appetiti dei vari partiti e dei loro capetti (quasi nessuno escluso) da destra a sinistra, con in testa anzitutto il PD, che governava la Città.

    Non a caso dopo questo fatto, evitando di citare altre sballate operazioni minori, arriviamo allo scandalo della Banca 121, primo terremoto finanziario e di immagine per Banca MPS. Questa, infatti, procedette nell'acquisizione di una banchina di scarso pregio, pagandola dieci volte il suo valore in una finta competizione con il San Paolo di Torino, istituto nel quale MPS aveva anche una discreta partecipazione azionaria. Un esborso molto rilevante, ca. 2.500 miliardi di lire, che poi quasi raddoppieranno per originali acquisizioni di filiali e per le sanzioni pagate a causa dei rimborsi dei pessimi prodotti di Banca 121, - My Way e For You - commercializzati da Banca MPS e poi ritenuti ingannevoli da varie sentenze della Magistratura. Quindi un grave danno economico e di immagine, che vide per la prima volta la Banca MPS sotto la lente di ingrandimento della Magistratura e dei giornali economici. Solo per cronaca riportiamo indiscrezioni del tempo, mai appurate ma neppure smentite, riguardo al fatto che quasi contestualmente il quotidiano "L'Unità" riuscì a salvarsi da un probabile fallimento con un debito di circa 800 milioni di lire.

    La principale causa dei disastri di Banca MPS, Fondazione MPS e dell'intero territorio senese rimane certamente la scellerata acquisizione della Banca Antonveneta. Infatti il libro si concentra proprio su questo tema, soprattutto sulla pubblicazione di quelli che riteniamo i più significativi atti pubblici: interventi in assemblea dei soci MPS, interventi in Consiglio Comunale, comunicati di varia natura, articoli di giornali e altro, selezionati a fatica tra un'enorme quantità di materiale a nostra disposizione. Abbiamo scelto questa tipologia di documentazione, oggettiva e incontestabile, per la ferrea volontà di informare correttamente tutti i cittadini interessati, lasciando a loro la facoltà di prendere coscienza, in assoluta autonomia, di quanto accaduto.

    Partiamo dunque con una premessa molto importante, venuta alla luce solo nel corso del 2014, che accende subito il faro sulle ombre che hanno viziato l’intero iter dell'operazione Antonveneta. Nel marzo 2007, ovvero otto mesi prima della sua acquisizione, la sede di Padova della Banca d'Italia compì un'ispezione presso la Direzione Generale di Antonveneta, stilando una relazione, che di fatto asseriva uno stato quasi di pre-dissesto della banca patavina, reduce da vari passaggi poco chiari e portatrice di gravi difficoltà economico-finanziarie (nota n. 1). Come ha potuto quindi la Direzione Centrale della Banca d'Italia – a conoscenza di questa relazione – a distanza di nemmeno un anno, dare parere favorevole per l'acquisizione di Antonveneta da parte di Banca MPS (nota n. 2)? Come ha potuto farlo alle assurde condizioni contrattuali previste? Su questo aspetto torneremo più avanti, anche perché tale passaggio costituisce ancora oggi un quesito di fondamentale importanza, forse anche a livello giudiziario.

    Il giorno 8 novembre 2007, purtroppo data ormai storica per Siena, viene siglato il contratto tra Banca MPS e Santander per l’acquisizione della banca Antonveneta da parte dell’istituto senese. Appare incredibile, ma sembra che l'acquisto di Antonveneta sia stato deciso mediante uno scambio di telefonate tra il Presidente pro-tempore Mussari e il patron di Santander, Emilio Botin⁵, riuscito nell'impresa di rifilare questo bidone alle sue condizioni – non trattabili – e con prezzo e modalità assurde. Quale cittadino con un minimo di attenzione alla Comunità avrebbe mai azzardato una simile trattativa? Tutto ciò la dice lunga su di un personaggio che il partito dei DS ha imposto a Siena come Presidente della Fondazione MPS, pur in assenza dei requisiti previsti dallo Statuto, senza poi opporsi alla sua autonomina quale Presidente di Banca MPS, mossa definita poco elegante anche dall'allora ministro Visco. La passività e l'obbedienza della maggior parte dell’opinione pubblica sono state imbarazzanti e senz’altro da censurare, rendendola purtroppo, agli occhi di qualcuno, connivente e complice. E’ utile ricordare che, oltre a non opporsi in alcun modo, alcuni concittadini hanno addirittura contribuito ad eleggere Mussari senese (sigh) dell'anno 2001 in un bislacco concorso indetto, guarda caso, dal Corriere di Siena, che vide come giurati tanti dei cosiddetti Senesoni (nota n. 3). Anche riguardo all'affaire Antonveneta la reazione della città fu quasi totalmente di ossequio. Tutti i maggiori partiti, da destra a sinistra, e i loro vari esponenti, compreso il Sindaco Cenni e la sua giunta (il disastro di Siena si è compiuto in quel decennio), il Presidente della Provincia, i rappresentanti sindacali e quelli che possiamo chiamare adulatori professionisti si sperticarono con manifestazioni di giubilo ed elogio (nota n. 4). Solo in pochi, fin da subito, per esempio la nostra Associazione Pietraserena, le Liste Civiche Senesi (di cui alcuni di noi facevano parte), e alcuni esponenti della Lega di Siena, mostrarono forti diffidenze, essendo a conoscenza di informative interne alla banca MPS che sconsigliavano di muoversi per acquisizioni in un momento di congiuntura negativa già conclamato (la crisi americana dei subprime stava per scoppiare pubblicamente). La reazione dei mercati sembrò da subito dare ragione a queste tesi: il titolo iniziò una discesa senza fine, passando in un anno da 3,70 a 1,25 euro ad azione. La capitalizzazione, che aveva toccato ca. 12 miliardi di euro passò a ca. 8,35, malgrado l'immissione di 5,5 miliardi di nuovo capitale. Tutto ciò nonostante le dichiarazioni di Mussari, che aveva dichiarato ambiziosi progetti, annunciando le sue dimissioni se non avesse portato in pochi anni l'utile di Antonveneta a 700 milioni e di Banca MPS a 2,2 miliardi di euro, crollasse il mondo. Dimissioni mai avvenute, nonostante le nostre reiterate sollecitazioni in occasione delle assemblee MPS e nonostante i disastri perpetrati con il crollo, non del mondo, ma della Banca MPS e della prosperità dell’intero territorio senese. Dopo qualche mese - 6 marzo 2008 -, si passò quindi dall'assemblea straordinaria per l'acquisizione di Antonveneta.

    Era questa la prima vera occasione per bloccare lo scempio messo in atto da un Presidente privo di qualunque competenza bancaria e da un CDA (nota n. 5) completamente passivo ed espressione del cosiddetto Sistema Siena, nominato, nella maggior parte dei membri, dalla Giunta Comunale del Sindaco Cenni (nota n. 6), più per i suoi tratti di fedeltà che per quelli meritocratici.

    Alcuni di noi dell’Associazione Pietraserena, presenti a quell’assemblea, si augurarono che la Fondazione MPS – che allora controllava la Banca MPS con una quota del 58,75% –, intervenisse in maniera chiara per stoppare la pericolosa acquisizione. Infatti la stessa Fondazione, nonostante il suo ruolo di socio di riferimento e gli obblighi statutari di salvaguardia della consistenza del suo patrimonio, non era stata informata preventivamente di questa importante e onerosa operazione. Ma non successe. Sembrò solo che la Fondazione MPS, probabilmente dubbiosa ed impaurita, avesse proceduto ad un goffo tentativo di ricontrattare il prezzo con il Santander.

    Questa speranza andò quindi delusa e la Fondazione MPS, con l'unanimità dei suoi inadeguati Organi Amministrativi (nota n. 7), scelse, come al solito, di, seguendo una regola che il Presidente Mancini rivelerà successivamente in fase di dibattimento giudiziario (nota n. 8).

    Nel libro sono riportati alcuni stralci degli interventi di quella assemblea, che ben evidenziano le diverse posizioni tra i cittadini-azionisti, liberi, responsabili e schierati a tutela del MPS, e gli adulatori professionisti, attenti solamente a difendere il potere di turno e chissà quali interessi particolari o di gruppo. Questi primi passaggi (ne seguiranno tanti altri) sono di fondamentale importanza per comprendere ciò che è successo. Essi sono serviti in passato, servono oggi e serviranno anche in futuro, a sconfessare tutti coloro che, nel patetico tentativo di scaricarsi dalle responsabilità, provano a affermare che nessuno si era opposto all'acquisizione di Antonveneta e che nessuno si poteva rendere conto della pericolosità di tale operazione. Questa tesi è una falsità che non accetteremo mai, ed è uno dei motivi principali della redazione di questo libro. Abbiamo sempre sostenuto che senza chiarezza sul passato non potrà mai esserci la possibilità di un futuro trasparente.

    Le condizioni dell'acquisto di Antonveneta sono uno dei più grossi misteri ancora oggi non risolti, anche perché il relativo contratto non è mai stato pubblicizzato, né dal precedente, né dall'attuale CDA di Banca MPS, nonostante esplicite e reiterate richieste avanzate nelle varie sedi deputate. Un comportamento che la dice lunga sulla effettiva volontà di voler fare chiarezza sul passato, considerato che dall'analisi delle relazioni obbligatorie che accompagnarono l'operazione sono emersi incredibili passaggi.

    Per esempio è diventato chiaro dopo alcuni anni, e probabilmente solo grazie ad anonimi informatori, che il prezzo totale pagato per Antonveneta di oltre 17 miliardi di euro è stato addirittura versato tramite una serie di bonifici bancari (nota n.9). Inoltre, mentre risultava già incredibile aver pagato Antonveneta ca. 10 miliardi di euro, dato il valore di 6,64 miliardi stabilito in una sorta di compromesso di acquisto con la banca Santander (a cui andava sottratto ca. 1 miliardo per lo scorporo di Interbanca, venduta separatamente a General Electric), il costo reale per l’acquisto della banca patavina fu addirittura quasi doppio. Per onor del vero va evidenziato che questa differenza di ca. 7 miliardi fu indicata in modo molto confuso, nel Documento Informativo messo a disposizione di Borsa Italiana Spa il 16 giugno 2008, ovvero oltre 3 mesi dopo l’Assemblea dei soci della

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