Lotta con il drago
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Info su questo ebook
Chiara Martinelli nasce a Fabriano nel 1992. Prima si diploma presso l’Istituto Agrario della città natale e poi intraprende la carriera artistica iscrivendosi al corso triennale di Fumetto e Illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, conseguendo la laurea con il massimo dei voti nel 2014 con una tesi, sia teorica che pratica, che andava ad analizzare e approfondire la figura del drago. Nel 2016 frequenta il secondo e ultimo anno del corso biennale di specializzazione in Illustrazione per l’Editoria presso la stessa Accademia.
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Anteprima del libro
Lotta con il drago - Chiara Martinelli
pelle.
1 - Le civiltà antiche: la nascita della figura del drago
Un aspetto interessante del drago è il fatto che sia una icona molto antica e pressoché globale. Si potrebbe pensare che abbia origini recenti e che appartenga prettamente alla cultura occidentale, nella sua forma alata, e alla cultura cinese, nella sua forma serpentina. In verità ha origini antichissime e straordinariamente lo si ritrova presso numerose culture. Col tempo ha poi cambiato i propri attributi, le proprie simbologie, sino a diventare il drago come lo conosciamo oggi, che rimane comunque profondamente debitore all’immaginario antico.
Ci si potrebbe domandare come abbiano fatto queste civiltà, separate sia territorialmente che cronologicamente, a sviluppare immagini tanto simili tra loro del drago, spesso senza che potessero avere contatti diretti tra loro. È vero che in molti casi facevano riferimento a miti comuni, ma è impossibile pensare che il drago cinese sia stato influenzato dal draco greco e viceversa, o che le popolazioni americane si siano ispirate ai draghi europei prima ancora della scoperta delle Americhe.
Ogni civiltà ha sviluppato nel corso del tempo un personale modo di vedere il mondo che la circonda ed è per questo culla di una altrettanto personale concezione del drago (come di altre creature), influenzata dai modi di vivere della popolazione e dal territorio in cui si era insediata. Per fare un esempio, il Quetzalcoatl poteva nascere solamente in Messico, e in nessun altro luogo. Era considerato il dio del vento, della saggezza e della vita. Era un grosso serpente che, però, al posto delle squame, aveva delle splendide piume color smeraldo e turchese, e aveva la facoltà di volare nel cielo. Il nome e l’aspetto fanno chiaro riferimento al quetzal, un uccello reale tipico della zona; ha piume di un vivace colore verde, con la parte inferiore del corpo rossa; il maschio sfoggia quattro piume caudali di tonalità verde brillante, ognuna lunga più di 60 cm, che ondeggiano durante il volo, conferendo all’uccello lo strano aspetto di un serpente piumato volante. Solo la popolazione azteca e altre venute prima di essa avrebbero potuto dare origine al Quetzalcoatl, con quel suo peculiare aspetto fisico, proprio perché solo loro vivevano nello stesso territorio del quetzal. Le antiche rappresentazioni del Quetzalcoatl rendono evidente il forte debito che i popoli del Messico avevano nei confronti del loro territorio e della sua fauna, e ci fanno capire quanto i condizionamenti esterni siano importanti nella creazione di un duraturo immaginario collettivo, oltre che personale.
Similmente, in altre regioni il drago assumeva l’aspetto di un mostro composto dagli attributi fisici degli animali considerati pericolosi nella zona, come la criniera del leone, la coda del serpente o le fauci del coccodrillo. Un esempio è il Piasa americano, oppure la tarasque francese. È proprio questo loro essere al di là della norma a terrorizzare e impressionare l’umanità.
Come siano nati i draghi è ancora un mistero, certo è che sono serviti agli antichi per dare un senso a eventi per loro altrimenti inspiegabili: dall’eruzione di un vulcano alla creazione del mondo stesso.
Gli Ugariti credevano che la calma dei mari dopo le tempeste invernali fosse il risultato di una mitica lotta tra gli dei e mostri marini per conquistarsi il dominio sulla terra³.
È anche il caso del mito greco di Tifone (anche detto Tifeo) sicuramente non rapportabile al drago come lo conosciamo oggi, perché debitore alla concezione greca del draco. I mostri greci sono per lo più mostri composti, cioè presentano parti del corpo di animali diversi. Tifone era metà uomo e metà bestia, con testa d’asino, ali di pipistrello e serpenti sul dorso. Le gambe erano costituite da due draghi attorcigliati e aveva la capacità di sputare massi incandescenti. Combatté contro Zeus, ma venne sconfitto. Fuggì in Sicilia e là il dio del fulmine gli scaraventò contro una montagna, imprigionandolo. Il mito narra che Tifone rimase per sempre sepolto sotto la montagna, oggi conosciuta come il vulcano Etna. Ogni volta che il mostro tentava di liberarsi faceva tremare la terra che lo sovrastava, mentre dalla bocca vomitava fuoco e fiamme, e sputava cenere e lapilli.
Il tema che ricorre maggiormente nei miti antichi è la lotta contro il drago. A combattere è sempre un dio (per esempio Marduk) o un eroe (per esempio Eracle). Questi miti sono molto simili tra loro, anche se appartengono a popolazioni lontane geograficamente. Ciò è probabilmente dovuto alle frequenti incursioni o comunque ai rapporti di diverso genere che tali popoli avevano tra loro. In certi casi addirittura il pantheon degli dei e l’insieme dei miti della popolazione sottomessa venivano inglobati e uniti a quelli della popolazione conquistatrice e con essi si pensava arrivasse anche nuova forza vitale.
Presso i popoli della Mesopotamia la lotta contro il drago era alla base dei miti creazionistici (contenuti nel poema Enuma Elish le cui parole iniziali significano "Quando il Cielo"). Estremamente simili sono il mito sumero e babilonese. Questo perché Babilonia era la città più importante nel settentrione della Mesopotamia, e nella sua espansione inglobò anche i territori meridionali, dove erano insediati i Sumeri.
Tale somiglianza impregna anche le rappresentazioni figurate dei rispettivi miti che spesso mostrano una stessa impostazione iconografica: un dio nell’atto di sconfiggere un mostro simile a un grifone. I punti in comune sono in certi casi così tanti che risulta difficile il riconoscimento dei personaggi stessi. Vi si può leggere il combattimento tra il mostro Asag, signore degli inferi nonché demone delle malattie e delle pestilenze, e il dio sumero Ninurta. Oppure Marduck, dio babilonese, che lottò contro il drago Tiamat (normalmente rappresentato però come un enorme serpente affusolato). Oppure potrebbe esservi rappresentata un’altra leggenda babilonese, che vede Ninurta (inglobato ormai nel pantheon della popolazione egemone babilonese) vittorioso sul mostro Anzù.
In entrambi i miti comunque il drago era simbolo del male da sconfiggere per ristabilire l’ordine cosmico, aveva quindi valenza completamente negativa. In un certo senso però si può dire che il drago svolgeva anche una funzione positiva per la salvezza del mondo: era con la sua sconfitta da parte delle divinità che veniva riportato l’ordine cosmico in un nuovo mondo. Tiamat in particolare distrusse l’universo com’era allora conosciuto e, secondo alcune versioni, arrivò perfino a ingoiarlo. Fu proprio la vittoria sul mostro che permise a Marduck di creare un mondo nuovo. Divise il cranio e il cadavere di Tiamat in due metà: con la metà superiore creò il cielo, con quella inferiore la terra⁴. Un nuovo universo venne così creato a partire dal vecchio e dal caos sconfitto egli creò il cosmo ordinato.
Il fatto che il mito di Marduk inizi a circolare in Mesopotamia proprio quando la civiltà dei Sumeri era ormai al tramonto non è un caso. È infatti proprio in questo periodo che la giovane città di Babilonia raggiunse una posizione di supremazia, e Marduk ne era il Dio sovrano, secondo quanto detto nello stesso culto della creazione. È certo che, in questo particolare momento, molti dei miti che prima appartenevano alla civiltà sumera siano definitivamente passati al culto babilonese. Ecco quindi che l’ascesa di Marduk a dio dell’universo diviene anche simbolo dell’ascesa di Babilonia.
Questo parallelo tra mito e potere politico non era inusuale. Il drago era solitamente utilizzato per rappresentare il nemico che minacciava lo Stato e il suo ordine. Ad esempio, nel mito persiano, era effettivamente simbolo dell’usurpatore politico e la sua sconfitta corrispondeva alla vittoria sul nemico (ad esempio i Turchi)⁵.
Anche il primo imperatore cristiano, Costantino, come apprendiamo dal suo biografo Eusebio, fece esporre nel vestibolo del suo palazzo a Costantinopoli, in memoria della sua vittoria su Massenzio presso il ponte Milvio, un dipinto che lo raffigurava come vincitore del drago. Egli vi è ritratto mentre trafigge con l’estremità inferiore del suo stendardo, contraddistinto dal monogramma di Cristo, il nemico cui sono state date le sembianze di drago: è il vincitore cristiano sul paganesimo⁶. Tale simbologia è seguita a grandi linee anche da Piero della Francesca nel suo affresco Vittoria di Costantino su