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Il profumo delle rose inglesi
Il profumo delle rose inglesi
Il profumo delle rose inglesi
E-book141 pagine1 ora

Il profumo delle rose inglesi

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Info su questo ebook

“Chi è questa nuova investigatrice, a quale genere di viaggiatori all’interno del torbido inferno delle passioni umane appartiene la psicanalista Elise? È una donna affascinante e indipendente eppure così magnificamente femminile ed esposta agli smarrimenti d’ogni essere umano anche laddove ardisca a dipanare il ginepraio di bugie, oblii, verità traballanti dentro al quale suo malgrado s’è imbattuta. Ha tutte le caratteristiche, Elise, insomma, perché i lettori se ne innamorino, ne fantastichino le fattezze, se la figurino all’azione in quello strenuo sforzo di dominare il personale timor panico e di lacerare la cortina di mistero che ha improvvisamente avvolto le sue giornate. In questo noir scritto con piglio sicuro e controllato, Anna Scarsella ci sorprende per la ricchezza e la varietà della folla, cospirante e insieme disperatamente bisognosa di aiuto, la quale nugola attorno all’irresistibile protagonista. Tratteggiati con sapiente sottrazione, e proprio per questo assai vividi, agiscono inoltre i due uomini più importanti di Elise, uno molto vicino alla Nostra e l’altro, il dispensatore del profumo balsamico del titolo del romanzo, posto in una lontananza catartica. È facile già presagire la psicanalista e i suoi due angeli custodi alle prese con un nuovo sapido intrigo da sgarbugliare nella città immaginaria di Malecuti.” [Livio Romano] Anna Scarsella, vive e lavora come insegnante di storia e filosofia in un liceo di Lecce, città nella quale è nata. È appassionata di storia contemporanea e psicologia. Ha tradotto e pubblicato per la casa editrice Milella di Lecce un saggio del filosofo scozzese Lord Kames dal titolo “Discorso Preliminare sull'Origine degli Uomini e delle Lingue”. “Il profumo delle rose inglesi” è il suo primo romanzo.
LinguaItaliano
Data di uscita27 apr 2015
ISBN9788899315115
Il profumo delle rose inglesi

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    Il profumo delle rose inglesi - Anna Scarsella

    Table of Contents

    Anna Scarsella - Il profumo delle rose inglesi

    ANNA SCARSELLA IL PROFUMO DELLE ROSE INGLESI

    IL PROFUMO DELLE ROSE INGLESI

    1.

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    Note

    Anna Scarsella - Il profumo delle rose inglesi

    Immagine di copertina: Sparkling Rose, 2013 - Michail Travlos, www.rgbstock.com

    © Musicaos Editore, 2015 - Tutti i diritti riservati

    Musicaos Editore

    info@musicaos.it - www.musicaos.it

    Maggio 2015

    ISBN 978-88-99315-115

    Ogni riferimento a fatti, cose, luoghi, persone, è da ritenersi puramente casuale.

    ANNA SCARSELLA

    IL PROFUMO DELLE ROSE INGLESI

    Anna Scarsella, vive e lavora come insegnante di storia e filosofia in un liceo di Lecce, città nella quale è nata. È appassionata di storia contemporanea e psicologia.

    Ha tradotto e pubblicato per la casa editrice Milella di Lecce un saggio del filosofo scozzese Lord Kames dal titolo Discorso Preliminare sull’Origine degli Uomini e delle Lingue.

    Il profumo delle rose inglesi è il suo primo romanzo.

    IL PROFUMO DELLE ROSE INGLESI

    A Tonio

    §

    Gli aculei del riccio di mare

    penetrano facilmente in profondità

    determinando lesioni che possono generare

    inganno e confusione.

    Così, quelle che possono sembrare

    banali verruche, nascondono affezioni

    ben più gravi... anche mortali.

    1.

    Erano le dieci di sera e Barbara si sentiva proprio meglio. Quella mattina di martedì 18 dicembre, la seduta, anche se era stata particolarmente burrascosa, le aveva lasciato un senso di pace, come se si fosse tolto un peso dall’anima che la opprimeva ormai da troppo tempo. Era riuscita a dire cose che non pensava di sentire, ma che evidentemente erano dentro di lei e non volevano venire fuori. Non aveva detto tutto però. C’era ancora quel piccolo segreto che voleva tenere tutto per sé e di cui non voleva liberarsi, anche se sospettava che Elise avesse intuito qualcosa. E poi, era stata proprio Elise a ridurle la dose di medicinali. Si sentiva più vigile, più sicura di quello che voleva fare. Dopo tanti mesi, finalmente, le sembrava di respirare aria nuova, pulita. Quella sera sarebbe stata tutta per lei. Le due sigarette e l’accendino, che la sua amica Tiziana le aveva messo nella tasca della giacca di lana, la fecero sentire quasi un’adolescente che, per fumare, deve nascondersi dai genitori o dai professori a scuola. Dopo le dieci, sarebbe sgattaiolata fuori dalla casa e, dalla porticina sul retro del giardino, che rimaneva sempre aperta e da cui gli infermieri di turno uscivano a fumare senza essere visti, sarebbe uscita anche lei a fare una passeggiata e a fumare la sua dose di nicotina.

    L’aria fuori era gelida, ma a Barbara non importava. Aveva voglia di respirare e nulla le avrebbe fatto cambiare idea, neanche il freddo di quella serata di dicembre. Tra una settimana sarebbe stato Natale.

    Da quando aveva capito di non farcela da sola e aveva deciso di curarsi, non aveva mai lasciato la comunità. «E poi, per andare dove?» si ripeteva ogni volta. Non aveva nessuno fuori da quella casa. Non più. Usciva soltanto per andare in studio da Elise. Si vedevano due volte alla settimana, una in comunità e una nello studio di via Morvillo.

    Era quasi arrivata l’ora. Barbara si mise il cappotto imbottito, un cappellino di lana nera per ripararsi la fronte dal freddo e un paio di stivali, anch’essi neri. Da quando era successa la disgrazia, come tutti la chiamavano, soffriva di fortissime emicranie. Cefalea tensiva da stress: fitte lancinanti le martellavano le tempie per tutto il giorno. Per fortuna gli antiepilettici, che aveva iniziato a prendere ormai da due settimane, stavano pian piano facendo effetto, allontanando il dolore per diverse ore durante la giornata. Tuttavia la testa era rimasta molto sensibile e il minimo sbalzo di temperatura poteva provocarle quel dolore lancinante. Non amava i cappelli, ma era costretta a metterli, soprattutto l’inverno. Mise le sigarette e l’accendino in tasca e si avviò verso l’uscita posteriore del giardino. Non sarebbe rimasta fuori per molto, giusto il tempo di fumare le sigarette e pensare un po’ a se stessa e, perché no, al suo futuro. In giro non c’era anima viva. L’aria fredda le entrò nei polmoni. Respirò lentamente. Sì, andava proprio meglio e sentiva che sarebbe andata sempre meglio. Ne era sicura.

    Si avviò per la strada che dalla comunità portava al centro della città di Malecuti.

    Non si vedeva nessuno, neanche una macchina di passaggio. Di solito, quella non era una strada molto trafficata, soprattutto la sera. L’estate, a pochi metri dalla casa di cura, c’era una discoteca frequentata dai giovani fino alle prime ore del mattino. Ma ora era chiusa. Erano le dieci e mezzo di una fredda notte di dicembre.

    «Fra una settimana sarà Natale», pensò ancora, accendendosi la prima sigaretta. Voleva uscire a comprare dei regali. «Ma da fare a chi?» si domandò un po’ triste. Poi pensò a Tiziana, una paziente della comunità quasi completamente calva. Tiziana era affetta da tricotillomania, una forma di coazione a ripetere che la portava, in maniera compulsiva, a strapparsi i capelli, le ciglia e le sopracciglia. Era riuscita ad entrare in amicizia con lei soltanto da qualche settimana, per colpa del suo stato d’animo continuamente triste e chiuso verso gli altri. Per fortuna Tiziana era aperta e vivace, nonostante la sua malattia. Si era avvicinata un poco alla volta, senza invadenza, con pazienza. Erano diventate amiche e la sera, spesso, dopo la cena in mensa, avevano iniziato a vedersi nelle loro camere, per chiacchierare del più e del meno. Le faceva bene parlare con lei. Era gentile e sapeva stare ad ascoltare. Sì, le avrebbe comprato qualcosa. E poi c’era Elise. Voleva fare un regalo anche a lei.

    Aveva fame. Anche quella era una sensazione che non provava da tempo. Negli ultimi mesi era dimagrita moltissimo. Il suo corpo, già esile, aveva perso il tono muscolare, ed ogni suo gesto, ogni movimento le costava fatica e dolore. Ma adesso andava meglio. Le era tornato l’appetito.

    Da più di un anno - troppo tempo, le aveva fatto notare la sua psicoterapeuta durante la prima seduta - soffriva di una forma acuta di depressione da lutto. Aveva conosciuto Mauro quattro anni prima. Con lui aveva fatto dei progetti e, dopo la sua missione in Afghanistan, si sarebbero sistemati insieme nel piccolo appartamento che i genitori le avevano lasciato. Mauro era partito come bersagliere con la missione di supporto al governo dell’Afghanistan decisa dall’ONU. ISAF, International Security Assistance Force, si chiamava la missione, che aveva impegnato un esercito di più di 58mila soldati di quaranta nazioni diverse. Missione che l’America, dopo l’11 settembre, aveva giustificato come lotta al terrorismo. All’esercito italiano era stata affidata la zona a sud del territorio, nelle vicinanze di Herat. Dal 2004 avevano perso la vita più di 50 giovani soldati italiani. Mauro era tornato in licenza per un paio di settimane. Ma non sembrava contento. Era teso, preoccupato. Era dimagrito notevolmente e parlava poco.

    «C’è qualcosa che non va, Mauro?» le aveva chiesto una volta Barbara in macchina.

    Era riuscita a convincerlo ad andare a mangiare una pizza in un locale appena fuori città, ma per tutto il tragitto l’unica voce che aveva ascoltato era stata quella dell’autoradio.

    «No, niente» aveva risposto lui piatto.

    «Mauro, forse è meglio parlarne, non credi?»

    Quella mattina avevano avuto una lunga discussione e lei lo aveva ferito, lo sapeva. Ma voleva farlo parlare.

    «Ultimamente sei sempre così taciturno» aveva insistito.

    «Ti ho detto che non ho niente! Smettila anche tu!». Aveva gridato come mai prima di allora.

    Qualche giorno dopo, una mattina di aprile, si era chiuso nel bagno della casa dei suoi genitori e si era impiccato.

    Barbara guardò verso il gabbiotto del benzinaio che era sulla strada. Era ancora aperto. L’uomo stava riponendo i vari attrezzi nella piccola cabina. Sarebbe andato via presto. Tornò ai suoi pensieri e continuò a camminare.

    La morte di Mauro aveva sconvolto la vita di diverse persone e aveva lasciato Barbara in uno stato di tristezza e depressione dal quale non si era più ripresa.

    Era iniziato tutto con sintomi di insonnia e scarso appetito. Aveva continuato a perdere peso e interesse per tutto ciò che prima le piaceva: il cinema, il lavoro, la lettura. Si era chiusa in se stessa e diventava ogni giorno più triste. Ancora diversi mesi dopo la perdita del compagno, provava forti sensi di colpa, come se non avesse fatto il possibile per evitare la sua morte, rimpiangendo di non essere morta con lui. Si sentiva inutile.

    «È come se il mondo avesse rallentato il suo ritmo» aveva detto in una seduta ad Elise. «Come se tutto procedesse al rallentatore. Io stessa mi muovo lentamente, faccio tutto lentamente».

    A peggiorare le cose erano intervenute le allucinazioni.

    «A volte mi sembra di vederlo con la coda dell’occhio. Ma quando mi volto per guardarlo non c’è più. La notte mi sveglio sentendo la sua voce. Mi chiama. Forse dovrei andare da lui».

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