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Il ricatto
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E-book261 pagine3 ore

Il ricatto

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Info su questo ebook

Laura, sulla soglia dei cinquant’anni, si trova a doversi trasformare da brillante segretaria ad investigatrice per sopperire all’inefficienza ed alla pigrizia di incapaci poliziotti a cui la donna, disperata, ha denunciato l’inspiegabile sparizione del marito Giulio.
L’intuito e la perseveranza di Laura consentono agli agenti di rintracciare l’uomo, ma proprio quando la protagonista crede di poter tornare alla sua serenità, si trova a dover affrontare una prova ancora più impegnativa: Giulio non la riconosce, in preda ad amnesia ha rimosso ogni ricordo del passato.
Più determinata che mai sa di poter contare sull’appoggio della famiglia e degli amici per spronare l’uomo, di cui si sorprende ancora innamorata, a recuperare la memoria,
Decisa come non mai a combattere la sua guerra contro un nemico subdolo ed invisibile, scoprirà di poter attingere dal suo amore la forza per lottare, senza arrendersi di fronte all’angoscia del marito, anche a costo di ricominciare da zero.
LinguaItaliano
Data di uscita24 mag 2016
ISBN9786050445169
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    Anteprima del libro

    Il ricatto - Daniela Bonanni

    Il lavoro prima di tutto

    Qualcuno sa dirmi perché la sveglia suona sempre quando stai sognando qualcosa di piacevole?

    Probabilmente per ricordarti che, se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, questa sarà una giornata di ...

    Tant’è alzarsi, cercare senza troppe speranze le pantofole che il cane ha amorevolmente nascosto in chissà quale angolo della casa e dirigersi sbadigliando verso il bagno dove un impietoso specchio ci accoglie rinfacciandoci tutti gli anni della nostra vita, tutte le rughe che con costanza abbiamo collezionato sul nostro viso ed ogni nuovo capello bianco che fastidioso ed impertinente spunta senza alcun pudore tra la nostra chioma scompigliata.

    Sì, lo confesso, sarà per la pressione bassa, ma al risveglio il mio umore non è dei migliori, ci vorrebbe una buona colazione ed una certa dose di autostima per recuperare tutte le forze e presentarsi al mondo sfoggiando un aspetto accettabile.

    Sorseggio in fretta una tazza di caffè guardando, senza osare assaggiarli, i biscotti che mia suocera ha portato ieri sera, sottolineando più volte che erano stati fatti proprio con le sue mani, nessuno ne avrebbe dubitato, tanto erano brutti e disgustosi già dall’aspetto.

    Non ho più tempo, infilo la giacca mentre esco di corsa, gridando un ciao a qualcuno che probabilmente non sentirà quel saluto.

    L’auto non è dove ricordavo di averla parcheggiata, eppure … eccola è sul lato opposto della strada, dovevo proprio essere stanca ieri sera e comunque questa mattina non mi sembra di sentirmi molto più in forma. Dovrei concedermi una vacanza, un po’ di riposo, sono troppo sotto pressione, devo rendermi conto che non ho più vent’anni, non posso reggere a questo ritmo, a questo stress.

    Fosse solo per il lavoro potrei farcela, ma poi c’è la casa da tenere in ordine, un marito a cui piace la buona cucina e che per fortuna è un ottimo cuoco, un cane e una suocera che troppo spesso si trova a passare per caso da queste parti …

    Mio figlio ormai è sposato e vive fuori casa, ma la domenica sa che mi fa tanto piacere avere ospiti ed occuparmi di loro anziché restare comodamente seduta in poltrona ad annoiarmi leggendo uno di quegli stupidi romanzi dove tutti sono felici.

    Le mie amiche non fanno che ripetermi che dovrei trovare un po’ di tempo per me: un’ora in piscina o dall’estetista, una passeggiata, ma evidentemente al mio orologio manca proprio quell’ora, le altre sono già tutte occupate. C’è di buono che vivendo così in fretta non ho avuto il tempo di ingrassare e quindi non mi ritrovo chili di troppo da smaltire e non ho bisogno di sottopormi a deprimenti diete dimagranti, occupazione principale della maggior parte delle mie buone consigliere.

    Le nove sono passate da un minuto nell’istante in cui appoggio la mia enorme borsa sulla scrivania

    e già alle mie spalle una voce, che ormai non sopporto più, ripete la stessa frase di ogni mattina.

    Ah, sei qui? Ti avevo cercato qualche minuto fa, ma non c’eri.

    Sono entrata adesso, alle nove, come ogni giorno. Rispondo restando girata di spalle per non mostrare la smorfia di rabbia che abilmente tramuto nel più rassicurante dei sorrisi mentre con eleganza mi rigiro su me stessa per salutare il mio capo che già si è seduto sulla vecchia poltrona in fondo alla stanza.

    Lui sa quanto io detesti l’odore di fumo, ma incurante delle mie proteste, già sta accendendosi la sigaretta. Non capisco perché nascondi sempre il posacenere.

    Forse nella vana speranza che tu non fumi nel mio ufficio? Perché non andiamo nel tuo?

    No! È molto più comoda questa vecchia poltrona, la adoro, lo sai.

    Te la regalo, domani te la faccio portare nel tuo ufficio così puoi fumare comodamente da te.

    Non c’è gusto a farlo se non c’è qualcuno a rimproverarmi.

    Rinuncio, sono anni che tento di evitare il fumo delle sue sigarette, ma non ho speranze, ci vorrebbe una legge che proibisse di fumare negli uffici, nelle case, nei ristoranti, chissà, magari un giorno … sarebbe forse il primo passo verso un mondo più civile.

    Di cosa volevi parlarmi?

    Io?

    Non hai detto che mi avevi cercato?

    Ah , sì! Mi devi organizzare la visita dei Ferlini, arrivano questa sera da Roma per la firma del contratto: accoglienza alla stazione, cena, pernottamento, domani visita all’azienda, pranzo, pomeriggio visita al Duomo, Galleria e qualcos’altro che ti viene in mente; sono in due ma vengono con le mogli quindi due stanze matrimoniali e naturalmente a cena e a pranzo devi esserci anche tu e indosserai un vestito elegante per cena e uno molto più sobrio domani.

    Naturalmente…

    Parla talmente in fretta che a mala pena riesco a prendere appunti, sul mio blocco da stenografa, ma è un incarico che conosco a memoria, già troppe volte mi è stato affidato, anche se è la prima volta che i clienti visitano il laboratorio accompagnati dalle mogli, questo un po’ mi mette a disagio, i convenevoli non sono il mio forte, sono abituata da sempre a trattare con uomini, con professionalità, sfruttando quel po’ di femminilità che a volte mio marito mi ricorda ancora essere il mio punto di forza, ma con le donne? Si, le amiche mi trovano simpatica, ma ci conosciamo da una vita, ma due estranee come mi giudicheranno? Dovrò stare attenta a come mi rivolgo ai loro mariti per non dare l’idea di civettare con loro, cosa che il mio capo generalmente apprezza moltissimo. Niente più di un sorriso o di un apprezzamento sul taglio del vestito o sul colore della cravatta, s’intende, ma gli uomini si sciolgono ai complimenti di una donna, si sa sono sempre dei bambini, dovrò inventare una nuova strategia, forse dovrei rivolgere i miei apprezzamenti alle signore per inorgoglire i relativi consorti, farò un veloce sondaggio per capire se questa può essere la strategia giusta.

    Quindi saremo in sei? gli strillo mentre mi annebbia la vista con l’ennesima sbuffata di fumo.

    No in otto, io porto anche mia moglie e tu quel bell’imbusto di tuo marito, è una vita che non lo vedo!

    Ma non so se è libero questa sera!

    Questa sera e anche domani a pranzo, e per il pomeriggio, per la visita alla città. Il libro che sta scrivendo può attendere per una volta, no?

    Non so, devo sentirlo, adesso lo chiamo poi ti faccio sapere.

    Se prova a trovare scuse passamelo che lo persuado io, vedrai! Ho sempre delle argomentazioni molto convincenti!

    Se ne va, finalmente, dentro una nuvola di fumo ridendo malizioso, chissà quali argomentazioni crede di poter usare nei confronti di mio marito. Lo chiamo e ci togliamo subito il pensiero.

    Sì, a quest’ora sarà già davanti alla sua macchina da scrivere assorto nell’ispirazione per il suo nuovo romanzo, anche se lo interrompo non si arrabbierà, la mia voce è la sua musa ispiratrice, mi diceva una volta, è un po’ che non me lo dice più però, … speriamo bene.

    Giulio, senti, ti devo chiedere una cosa,

    Dimmi, ma fai presto perché sto seguendo un pensiero e non vorrei mi sfuggisse.

    Ecco appunto, da musa ispiratrice a seccatrice inopportuna, non importa, devo esporre la mia richiesta:

    Puoi tenerti libero per questa sera? Cena di lavoro con Marocchi e consorte, due clienti con relative mogli, ti dico già che non accetterà un no.

    Mi sembra di non avere molta scelta …

    Grazie, mi hai salvato! E già che ci sei tieniti libero anche per domani a pranzo e per il pomeriggio.

    Adesso mi sembra un po’ troppo, io devo andare avanti con il mio …

    No ti prego non abbandonarmi con tutta questa gente da sola, tu sei così bravo a intrattenere gli ospiti, ti prego, ti prego, ti prego!

    Va bene, ma adesso lasciami lavorare, ci vediamo questa sera, per le sette?

    Si, più tardi ti faccio sapere il programma completo per la serata.

    Siii! Ce l’ho fatta! e non era poi così scontato, è sempre un’impresa convincere Giulio ad uscire di casa, lui passerebbe tutto il giorno alla macchina da scrivere, chiuso nel suo studio dove solo un raggio di sole ha il permesso di entrare senza rischiare un sonoro: Non adesso, per favore!

    Sono ormai le undici quando finalmente ho la conferma della disponibilità delle stanze d’albergo, non è stato facile trovare una buona sistemazione ma il Leon D’oro è certamente all’altezza, senza rischiare che al momento di analizzare i costi dell’operazione Marocchi mi sommerga di improperi per aver speso una follia.

    Fin troppo precisa, l’addetta alla reception mi conferma con un fax la prenotazione:

    ARRIVO dopo le ore 17 - giovedì 6 giungo 1992

    PARTENZA prima delle ore 15 - venerdì 7 giugno 1992.

    Perfetto!

    Ho ancora troppe cose da fare, per organizzare tutto per tempo, non credo che riuscirò ad andare a pranzo, sfilo dalla borsa una di quelle merendine troppo grasse e troppo dolci che porto sempre con me per emergenza.

    Hai prenotato l’albergo? Spero non sia quello alla stazione, non facciamoci prendere per taccagni, per favore!

    Il tempismo di Marocchi è impressionante, me lo ritrovo davanti proprio mentre addento il primo boccone di quel surrogato del mio pasto.

    Ma cosa fai? Mangi? Con tutto quello che avrebbe da fare, lei mangia! Da non credere, ricordati che se non è tutto organizzato alla perfezione sei licenziata!

    Non mi preoccupano le sue minacce, mi ha licenziato, e riassunto dieci minuti dopo, almeno cento volte negli ultimi dieci anni, credo non possa vivere senza di me, sono la sua ombra, il suo braccio destro, la spalla su cui piangere e il capro espiatorio per ogni suo scatto d’ira, sopporto come un muro di gomma tutte le sue angherie, in fondo è un brav’uomo, quando ho avuto io bisogno d’aiuto lui non si è tirato indietro: è il capo, ma anche un amico, di quelli veri.

    Alle dodici e trenta in sala mensa tutto il personale sta terminando di consumare il pranzo e lì posso parlare a tutti senza interferire con i rigorosi tempi di produzione.

    Ragazze, ragazzi! Un attimo di attenzione per favore, domani avremo in visita due clienti molto importanti, vengono per acquistare i nostri abiti e visiteranno il laboratorio. Non è necessario che vi dica che dovrete avere camici puliti, i capelli raccolti, unghie ben curate e per le ragazze un trucco leggero, so che già fate tutto questo anche senza che io ve lo chieda … ma quello che mi preme raccomandare è che non ci sia una sigaretta accesa in tutto il capannone, per l’intera giornata, ogni abito che esce da qui deve avere il profumo del cotone e della lana, non una disgustosa puzza di fumo! Se i visitatori passeranno vicino al vostro posto di lavoro e vi rivolgeranno la parola risponderete garbatamente e con un sorriso, senza battute spiritose, con rispetto e soprattutto continuando a lavorare per non interrompere il ritmo. Sono stata chiara? Ci sono domande?

    Centocinquanta persone che erano rimaste in religioso silenzio per un minuto esplodono in un sormontarsi di domande e probabili insulti, che fortunatamente non riesco a distinguere in quell’accavallarsi di voci e risate, mentre, dando loro le spalle, mi allontano.

    E questa è fatta. Torno alla mia scrivania per riordinare le idee e gli appunti: ancora qualche telefonata, il ristorante, l’autista. Per una visita al Duomo mi servirebbe un guida, o magari per una visita alla Scala. Sì, al museo del teatro alla Scala.

    Marocchi! Ho un’idea per domani pomeriggio, che ne di ci se li portiamo a vedere la Scala oltre al Duomo?

    La Scala? Ma ti sei bevuta il cervello? Gli spettacoli sono dopo le nove e loro ripartono con il treno delle cinque!

    No, non uno spettacolo alla Scala, ma il museo della Scala, il dietro le quinte, la sartoria, credo possa essere interessante.Senti il mio programma: pranzo, visita con guida al Duomo, caffè in galleria, visita alla Scala e poi li accompagniamo alla stazione.

    Va bene, va bene, togli l’autista, basterà un taxi. E togli anche la guida, abbiamo tuo marito che sa tutto del Duomo no? Deve pur guadagnarsi la cena e il pranzo che gli offro!

    Non ho voglia di discutere e accetto le sue condizioni per non perdere tempo prezioso, non me ne rimane molto.

    Bene. gli rispondo senza troppo entusiasmo. Faccio le ultime telefonate e poi corro a casa a prepararmi. Alle sei e quaranta sarò alla stazione con Giulio, ti aspettiamo alle otto da Olga, lo conosci, vero, il ristorante dietro il Duomo?

    Da Olga?, sì, si mangia bene, ma si spende una follia, ho già capito che mi manderai in rovina in questi due giorni …

    Non aspetto che continui con i suoi piagnistei, torno alla mia scrivania per sbrigare ancora qualche faccenda e poi, di corsa a casa. Mi fanno male le dita mentre compongo il numero per l’ultima chiamata:

    Giulio! Sto per uscire dall’ufficio fra mezz’ora sono lì, preparati: dobbiamo essere alla stazione per le sei e quaranta, ho giusto il tempo per una doccia quindi non mi far perdere tempo, metti il vestito blu, con la cravatta a righe blu e grigio e una camicia bianca …

    Ciao Laura, tutto bene? Mi interrompe Giulio per farmi riprendere fiato.

    Sì scusa hai ragione, ma è stata una giornata così di corsa, ci vediamo fra poco!

    Ti aspetto!

    Giulio sa che quando devo organizzare questi incontri sono un po’ nervosa e cerca sempre di sdrammatizzare per calmarmi, anche se a volte preferirei un po’ di collaborazione attiva al suo umorismo, ma lui non è portato per tutto ciò che richiede precisione organizzativa, gli sono molto più congeniali attività di tipo creativo, dove trovano spazio la sua fantasia e la sua dialettica, doti che gli sono certamente servite molti anni fa per catturare la mia attenzione e non solo quella.

    Sono quasi le cinque mentre infilo la chiave nella serratura, Giulio mi precede ed apre la porta e le sue braccia per accogliermi con un gesto affettuoso, ma sguscio via come un’anguilla per non sprecare secondi preziosi, in bagno c’è già l’acqua che scorre calda nella doccia, che carino, e io che non ho neanche accettato il suo abbraccio… sono proprio imperdonabile.

    Come in un esercizio di prestidigitazione riesco in mezz’ora a trasformare la segretaria tutto fare in una interessante signora all’altezza di una serata elegante. Mentre controllo ogni dettaglio nello specchio dell’ingresso di casa alle mie spalle compare Giulio, impeccabile nel suo completo blu, solo un’aggiustatina alla cravatta, per non perdere l’abitudine di assestare il mio tocco finale.

    Argo scodinzola agitandosi nella speranza di poter uscire con noi, ma Giulio con una carezza e qualche parola di consolazione lo convince a tornare ad accovacciarsi sulla sua cuccia, un biscotto basterà, forse, per non farlo sentire troppo triste.

    Però, siamo ancora una bella coppia, non trovi? Commento lanciando l’ultima occhiata allo specchio.

    Tutto merito del mio fascino! Risponde ridendo Giulio.

    Arriviamo con un leggero anticipo alla stazione, ma naturalmente non è possibile parcheggiare l’auto, così lascio a Giulio il compito di continuare a girare nei paraggi per poi tornare di lì a poco

    a riprendermi.

    La stazione è una bolgia, non ho mai conosciuto i Ferlini, come faccio a trovarli, che stupida non ho pensato ad un cartello, avevo avuto la sensazione di aver dimenticato qualcosa. Marocchi mi ucciderà. Fortunatamente il treno non è ancora arrivato, aspetterò alla fine del binario, dovranno per forza passare di lì per uscire dalla stazione, sono in quattro due donne e due uomini e poi sono romani, saranno certamente piuttosto robusti, tutti i romani sono robusti … sto delirando. Sono nel panico mentre una voce dall’altoparlante annuncia l’arrivo del direttissimo da Roma, almeno sono sul binario giusto, calma!

    Sfodero il mio sorriso migliore mentre i primi viaggiatori scendono dal treno, tutti con grandi valigie, certamente i Ferlini non avranno un gran bagaglio.

    Un uomo dal fare arrogante fraintende il mio sorriso e mi si avvicina con l’aria di chi vuol cominciare una conversazione che tronco sul nascere fingendo di riconoscere qualcuno più in là, lungo il binario.

    Una giovane donna scendendo dal secondo vagone mi fa un cenno di saluto, sventolando una mia foto.

    Deve proprio essere la signora Laura! Esclama avvicinandosi a me seguita da altre tre persone, Anche se la foto non le rende giustizia.

    La signora Ferlini? Sono lieta di conoscerla! Mi avvicino tendendole la mano.

    Sì, Teresa Ferlini. Lasci che le presenti mio marito Antonio e suo fratello Gianni e questa è mia cognata Anna.

    Non sono grassi, sono giovani, belli, eleganti e … io sono proprio stupida.

    Marocchi si era preoccupato di far recapitare loro una mia foto perché potessero riconoscermi, per una volta ne aveva fatta una di buona, devo ricordarmi di ringraziarlo.

    Con un tempismo straordinario Giulio ci raggiunge proprio mentre stiamo uscendo dalla stazione, c’è bisogno anche di un taxi, siamo in troppi per una sola auto, basta uno sguardo e il primo della fila ci si avvicina, non c’è tempo per presentare a Giulio i nostri ospiti, i taxi a Milano vanno sempre di fretta, salgo con le due donne sulla Fiat 124 gialla da cui l’autista già ci sta chiedendo Dove andiamo? mentre i signori Ferlini sono già nell’auto di Giulio che ci precede verso il Leon D’oro.

    La grande hall dell’albergo ci accoglie sfavillante di luci, i miei ospiti sorpresi per l’eleganza dell’ambiente mi sorridono: un chiaro cenno di approvazione.

    Noi vi attendiamo qui, ma voi fate pure con calma, per la cena c’è tempo, il ristorante non è lontano da qui e il signor Marocchi non ci aspetta prima delle otto.

    Cerco di rilassarmi un po’ lasciandomi andare sul comodo divano di pelle nera, che m’accoglie nel salottino dell’hotel.

    Brava! esclama Giulio fin qui tutto perfetto, sarà soddisfatto il tuo capo, immagino.

    "Marocchi? Soddisfatto? È una parola di cui non conosce il significato, potrebbe vedermi fare miracoli ed esprimere il suo apprezzamento con un -può andare-. Il massimo della sua approvazione è un -non male per una donna-"

    Giulio sorride divertito quando imito i grotteschi atteggiamenti del mio capo, apprezza il senso dell’umorismo che mi aiuta ad affrontare serenamente un lavoro decisamente impegnativo.

    È molto bella Teresa, hai visto? Punzecchio Giulio curiosa della sua reazione.

    Sì, anche se non è il tipo di bellezza che preferisco, troppo appariscente, troppe curve, troppo romana.

    Ma dai! Sembra Francesca Dellera, da giovane. Insisto,

    Appunto! Una bellezza più discreta, più raffinata mi colpisce certamente di più.

    Potrebbe essere credibile la sua spiegazione ma, poco dopo, il suo sguardo smentisce clamorosamente quanto appena affermato, mentre osserva Teresa scendere le scale in un corto abito nero con una scollatura tanto maliziosa da lasciare letteralmente a bocca aperta anche un fattorino che inciampa sulla moquette facendo cadere un paio di valigie che gli sfuggono dalle mani con uno fragore imbarazzante.

    Discreta! Sussurro sorridendo a Giulio che già si è alzato per accogliere la giovane ospite. Dietro di lei, più sobria, la cognata indossa un tailleur color panna che le sta a pennello.

    Che eleganza! Esclamo

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