Timeless
Di Eddax
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Anteprima del libro
Timeless - Eddax
Capitolo 1-4
--Buonasera a tutti – non mi sento in colpa per il leggero ritardo.
—ciao -- rispondono quasi in coro Carlo e Laura. Nel ristorante da Maximo
, i miei due collaboratori sono pronti nelle loro postazioni, uno al bar dietro il lungo bancone di legno e l’altra in sala ad apparecchiare i tavoli. Diretto allo spogliatoio, mi svesto velocemente, buttando nell’armadietto la t-shirt bianca e i jeans chiari senza piegarli, inutile sottolineare il fatto che non tengo particolarmente ai vestiti. Indosso la divisa rigorosamente nera comprese le scarpe. Guardo l’orologio al polso, mi sono fatto trasportare di nuovo dalle fantasie sulla via per il ristorante. Il lavoro da capo cameriere mi piace. Ho fatto diversi lavoretti ma questo in particolare mi mette di buon umore, a volte, e gli orari sono comodi. Offre buona copertura per l’altro lavoretto, e non mi dispiace circondarmi di clienti, cercare di capirli, studiarli e trovare i modi per farli sentire a proprio agio. Ho la fissa di studiare le persone, interpretare i loro gesti, gli sguardi, i piccoli movimenti dicono molto più delle parola. Ma assolutamente non mi piace frequentarle. È una fortuna che sia riuscito a trovare questo lavoro a soli venti minuti da casa, molto comodo, è abbastanza vicino da permettermi di stare in allenamento, anche se una passeggiata non è proprio come la boxe o il mio amato basket. Oltre alla corsetta da 30 minuti appena sveglio non posso far altro, anche se ho bisogno di mantenermi in forma. Per il momento devo adeguarmi. Vorrei iscrivermi in palestra, ma, mi sono imposto di tenere un profilo basso e non per la mancanza di liquidi, quelli ne ho in abbondanza ma a causa del mio secondo lavoro nel campo delle consegne
, quindi la corsetta andrà bene. Per ora. Entro in sala e comincio a svolgere al meglio il mio lavoro, cerco di essere ordinato e meticoloso, non mi piace sbagliare o dare l’opportunità al capo di sbattermi fuori. È utile questo lavoro. E ho la possibilità di studiare gratis le persone. Conto e riordino i menù, poggiandoli sui tavoli che Laura ha finito di apparecchiare. Mentre organizzo l’occorrente nella mia postazione in cassa, il volume di una canzone rnb si fa più alta e Carlo mi sorride, un occhiolino per gratitudine, sa bene che mi rilassa ascoltare la musica e poi, immagino sia eccitato per stasera. Ho promesso di accompagnarlo al CLUB, il locale per cui è fissato. Sinceramente, non ne ho per niente voglia, ma l’ho promesso. Maledetto me!!! Sembrava una buona idea quando me l’ha proposto ma adesso non ne sono convinto. So già che sarà una serata estenuante. Scaccio via il pensiero della tortura del dopo lavoro e mi accorgo di essere osservato, infatti Laura mi fissa imbambolata.
– Dimmi— le chiedo abbastanza gentilmente, anche se mi irrita parecchio la gente che mi fissa. E lei mi fissa in continuazione da quando lavoro qui. Il rossore le si diffonde sulle guance e sul collo, poverina, ha la sfortuna di avere la pelle troppo chiara e sensibile alle emozioni perciò si vede subito quando è imbarazzata o arrabbiata. È praticamente un libro aperto.
– Niente— dice girandosi veloce verso il mobile, dove sta riempiendo le oliere
— C’è una prenotazione per 14 persone devo unire i tavoli, mi daresti una mano? — è un po’ imbarazzata.
—Bene , ti aiuto io – Sistemo la disposizione dei tavoli in modo che, quando il cliente entra, la sala non sembri disordinata. Non so molto di lei, a parte quello che mi dicono i suoi gesti e con tutta onestà non ho intenzione di scoprirlo. Penso solo a me. Non voglio problemi! Non sono interessato a diventare amico di nessuno. Mi piace la tranquillità e adoro la riservatezza. Quando fai amicizia, gli amici
vogliono sapere tutto di te, e a me non piace raccontare della mia vita o di sapere della loro, cosa hanno fatto durante il week-end, cosa hanno mangiato per colazione o con chi sono usciti per l’aperitivo o la cena. Cazzate. Avere a che fare con i clienti del lavoro e rapportarsi con loro è differente, non chiedono mai cose personali, i discorsi riguardano il mondo che ci circonda, non me stesso, o la mia fottuta vita, e questo mi basta. Insomma, incontri varie persone ma non le conosci veramente, e loro non cercano di conoscere te. Personalmente non desidero nessun amico, tengo le persone lontane da me, sto molto meglio da solo con i miei guai. I parenti, gli amici, prima o poi ti deludono. È questo che ho imparato durante la mia misera vita, corrosa dalle ombre del passato. Meno si è coinvolti affettivamente più al sicuro sarà la vita.
Carlo è diverso, quelle poche volte che usciamo insieme non fa domande e non parliamo di cose personali … almeno … IO non lo faccio, lui è abbastanza aperto non ha problemi con le persone. Mentre mi perdo tra i pensieri la clientela comincia ad affluire, mi immergo nel lavoro per fortuna quando sono qui il tempo vola. A mezzanotte e mezza abbiamo quasi finito di riordinare la sala per domani, sabato, ci sarà il pienone molti tavoli sono prenotati. Alzo le ultime sedie e Carlo, compare dietro di me e finge di tirami un pugno. Stringo gli addominali per attutire, più per abitudine che per il colpo in sé. Anche se smetti di andare in bicicletta non dimentichi come si pedala, chi l’avrebbe detto che mi sarebbe mancato il pugilato.
– Carico per la nottata?—chiede con tanto di sorriso mettendo in mostra la dentatura perfetta. È alto quanto me, forse meno, ma non supera il metro e novanta. Capelli e occhi castani con quel ciuffo che va tanto di moda adesso. Tutto sommato credo sia un bel ragazzo le sopracciglia folte e labbra leggermente carnose, con un fisico formato da anni di pugilato. L’ho conosciuto mentre andavo in perlustrazione del quartiere la prima settimana a Firenze, nella palestra che frequenta. È stato lui a presentarmi il tipo delle consegne illegali
, che ormai faccio regolarmente da tre mesi, ogni martedì. Guadagno molto ma è altrettanto pericoloso
– Carico come può essere uno che ha appena finito di lavorare – rispondo mollemente.
– Tranquillo sarà una bella serata, di sicuro non ti annoierai – ridacchia. Non ci scommetterei penso incamminandoci verso lo spogliatoio piccolo, con pareti gialle e 7 armadietti grigi per i dipendenti, affiancato da un piccolo bagno con doccia. Quando entriamo Laura si è già cambiata, sta infilando sulle spalle un giacchetto blu leggero.
—Bella, ti va di venire con noi al CLUB?— le chiede Carlo mentre prende la borsetta. Gli lancio un occhiataccia carica di odio. Che stronzo
. Sapendo di piacerle non mi sembra il caso di uscire insieme, quando è così evito di farlo. Cazzo Carlo. Lui continua incurante della mia faccia assassina
– Andiamo a sentire un po’ di buona musica e bere qualche cocktail mentre guardiamo le ragazze ballare – sorride malizioso. Gli spaccherei volentieri una sedia in testa.
– mmmm non so – risponde timida. Carlo la tranquillizza, assicurandole che la accompagneremo a casa, e che non faremo troppo tardi.
—il tempo di rilassarci—dice mentre si avvia verso la doccia e prima di chiudere la porta
– ce lo meritiamo— che faccia da pugni!
--Ok allora— Laura si guarda intorno a disagio giocando con la cerniera della borsa, non mi sembra tanto convinta. Forse si aspetta che le dica qualcosa, ma non ci penso nemmeno a sprecare il fiato. Non so essere gentile.
—Vi aspetto fuori, vado a fumare una sigaretta— afferrata la borsa esce di corsa dalla stanza. Faccio una doccia veloce e in 10 minuti sono pronto, passo un mano sulla testa umida, ho i capelli neri corti, rasati a 5 mm, si asciugheranno nel giro di due minuti. Salutiamo Massimo, il capo e siamo fuori. Laura è seduta sulla panca accanto al ristorante, si alza e spegne la sigaretta, la seconda scommetto.
—Venite, ho la macchina dietro l’angolo— Carlo è contento di andare a rimorchiare. Io no. Controvoglia comincio a seguirli mentre avviano una conversazione riguardo alcuni clienti tedeschi passati dal ristorante, non li ascolto. Sono preso nella solitudine dei miei pensieri. Domani prenderò la mia piccola per venire al lavoro, non cadrò piu nel tranello di Carlo. Ci ho provato a non fare il guastafeste ma non fa per me, mi sento frustrato e fuori dal mio ambiente in questa situazione indesiderata e non voglio sentirmi cosi … a disagio. Dalla morte dei miei genitori sono sempre stato solo, ho allontanato tutti, a soli 10 anni ho amaramente capito che la migliore cosa da fare, era negare la possibilità a chiunque di piegarmi, come hanno fatto con mio padre. Non ti fidare mai di nessuno piccolo mio, sei solo …
le sue ultime parole per un bambino che si è ritrovato solo nel momento piu difficile della sua vita. Parole … sono rimaste solo parole su un pezzo di carta. Il vero dolore apre le porte alla chiarezza, è questo che ho compreso in quei giorni che seguirono la morte tragica della mia famiglia. Meglio soli, sempre.
Allontano questi ricordi e salgo in macchina al lato del passeggero. Accendo subito lo stereo, Lil Wayne canta Lollipop
e con la musica mi sento decisamente più leggero. Carlo sorride e parte. Ho voglia di fargli sanguinare il naso. Sarà una lunga serata deprimente. Mi distraggo osservando le luci di questa città magica, e la quiete dell’ora tarda. La serata è piacevole, la brezza di metà maggio è rinfrescante e ben accetta, mi godo la calma della notte. Sono passati solo sei mesi dal mio trasferimento a Firenze. Comincio lentamente ad ambientarmi al fascino rapitore della città, uno dei luoghi più suggestivi da sempre non solo per i numerosi monumenti che attirano le folle, i musei, i ricchi paesaggi naturali e incontaminati e la gastronomia, ma soprattutto le storie delle persone e dei luoghi che hanno vissuto e prosperato. Preferisco da sempre i luoghi storici, circondati da maestosi paesaggi naturali, Firenze ne è piena. Ricordi di vite vissute all’insegna dell’arte e forgiata sulle esperienze dei tanti personaggi delle epoche passate. Vedere, sentire e toccare questi luoghi, osservare la lenta discesa dell’Arno, fa pensare al tempo che scorre, inesorabile nel suo cammino, inarrestabile procede lentamente e senza pietà, ti attira nella trappola delle sue fatali braccia. È il bello di vivere in una città cosi magica. Ogni volta che esco dalla mia camera, dell’appartamento che divido con Davide, Firenze ha sempre lo stesso effetto su di me: curiosità, fascino e un alone di mistero.. per questo sono quasi sempre in ritardo al lavoro. Purtroppo non ci vuole molto a raggiungere il CLUB, infatti in meno di mezz’ ora stiamo parcheggiando a cento metri dal locale, in una zona semi commerciale, con intorno pochi stabilimenti quadrati e grigi, circondata dalla natura rigogliosa e oscura per via della notte senza luna. Mi sono estraniato completamente, e non mi preoccupa. Ormai avranno capito come sono fatto. Fermata la c3 Carlo controlla il suo aspetto nello specchietto retrovisore aggiustandosi quell’orribile ciuffetto.
—Arrivati gente, siete proonti … siete caaldi … avete indossato le scarpette da ballooo?— sprizza eccitazione da tutti i pori. Vorrei nascondermi da qualche parte mentre Laura sorride e toglie il giacchetto rimanendo in canotta nera. È una brava ragazza gentile e premurosa verso tutti. Un paio d’anni più piccola di me e sembra ancora una bambina. È bionda, capelli corti all’altezza delle spalle. Le guance tonde le si colorano ad ogni emozione, occhi azzurri, non molto alta e fisicamente normale direi, forse troppo magra. Classica bionda dagli occhi azzurri insomma.
Carlo ha prenotato un tavolo perche i divanetti erano tutti presi, ma assicura che staremo bene ugualmente anzi, ci divertiremo di più visto che staremo più vicino la pista da ballo. Per come la vedo io, non me ne può fregar di meno. LUI al contrario freme dall’impazienza. Vicino all’entrata la fila di ragazzi fuori non diminuisce. Uomini e donne aspettano di entrare e intanto chiacchierano e ridono, alcuni fumano, altri rullano canne e qualcuno si è appartato per pomiciare lontano da occhi indiscreti. La musica è attutita dalla porta che conduce all’interno del locale. Carlo fa un segno al buttafuori dicendogli qualcosa nell’orecchio. Un’occhiata alla lista che ha in mano ed emette un cenno positivo con la testa grossa proporzionata al fisico decisamente imponente. Si fa da parte togliendo la corda di velluto rosso cominciando a far passare Carlo, Laura seguita da me poi la rimette al posto. Attraversiamo la porta e ne troviamo subito un'altra, ecco perché la musica non si sente da fuori. Oltre la seconda porta una ventata acustica potentissima ci investe i timpani di musica black a tutto volume, un piccolo corridoio fiaccamente illuminato ci guida al cuore del locale. Un vortice di odori di alcol, frutta, e di corpi sudati si mischia alla nube opprimente della macchina da fumo, rendendo l’aria pesante. Il CLUB è un bellissimo locale, circolare, ampio, con la pista da ballo in parquet nero al centro. Tutt’intorno circondato da tavolini con sgabelli , dietro ancora, da divanetti di pelle rossa addossati al muro, sul quale sono dipinti quadrati giganti ognuno dei quali rispettivamente di colore nero rosso e a specchi. L‘effetto è bellissimo. Il bancone in marmo nero e specchi, con sgabelli alti ospitano i clienti che bevono e gesticolano. Parallelamente al bancone del bar, nella parte opposta del CLUB, un piccolo palchetto rettangolare alto un metro, brilla la postazione del DJ che, con alle orecchie cuffie giganti, si muove a ritmo dei bassi di un pezzo di Drake portando le mani impulsivamente dalle cuffie al mixer. Ci