L'uomo e la natura: sostenibilità sociale e ambientale
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Anteprima del libro
L'uomo e la natura - Giovanni Ferri
autori
Introduzione
di Giuseppe Chinnici
UMANESIMO ED ECONOMIA.
UN MODELLO DI SVILUPPO CENTRATO SUL RISPETTO DELL’AMBIENTE E L’OPERA DI SUOR DOROTHY STANG
Uomo o natura? Sviluppo economico o rispetto delle risorse della Terra, luogo in cui viviamo? Ricchezza ora o distruzione domani?
Questi sono solo alcuni dei quesiti, ma potremmo anche definirli dilemmi, su cui negli ultimi decenni si stanno confrontando spesso anche aspramente gli studiosi, gli economisti e i politici sul destino che il genere umano in quanto tale è chiamato a dare risposte, decidendo la strada da intraprendere e quale tipo di sviluppo economico intende seguire.
Lontani ormai i tempi di una economia di pura sussistenza, in cui dominava l’agricoltura che seguiva ritmi e tempi dettati dalla naturalità delle stagioni, l’industrializzazione, il capitalismo industriale e quello finanziario pongono oggi questioni importanti sull’uso delle risorse che la Terra ci mette a disposizione e, in base al tipo di sfruttamento che si decide di attuare, determinare di conseguenza anche il tipo di futuro, più o meno sostenibile
, che si troverà davanti il genere umano.
Come presidente della Fondazione Beato Federico Ozanam – San Vincenzo De Paoli – Ente Morale – Onlus ho il piacere di presentare questo volume che non pretende di essere da solo la risposta a scelte economiche e politiche che hanno origini lontane e che altrettanto lontano nel tempo vogliono avere il proprio orizzonte, ma intende rappresentare un momento importante di riflessione e di analisi su un aspetto da cui non si può prescindere, ovvero il rapporto UOMO-NATURA che è stato anche trattato nell’enciclica Laudato si’
di Papa Francesco e che diversi nostri autori hanno richiamato.
Il libro è un compendio di interventi di studiosi di grande pregio. A ognuno di loro vanno i miei più sentiti ringraziamenti per aver contribuito con le pagine che seguono in una materia che mi rendo conto può sembrare per soli addetti ai lavori. A questo proposito ho il piacere di menzionare e ricordare il nostro Giovanni Ferri, Professore ordinario di economia politica e nostro magnifico prorettore alla didattica alla LUMSA; Angela Mariani, Professore associato presso l’Università LUMSA di Roma nel Dipartimento di Scienze economiche, politiche e delle lingue moderne, di cui è Vice-Direttore; Giorgio Nebbia, Professore emerito di Merceologia nell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro; Flaviana Palmisano, Ricercatrice post-doc – FNR/Marie Curie fellow – presso la Université du Luxembourg e titolare del corso di Microeconomia presso l’Università LUMSA a Roma; Vito Peragine, Professore Associato in Scienza delle Finanze presso il Dipartimento di Scienze economiche e metodi matematici dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro; Roshan Borsato, Dottorando di ricerca in «Scienze dell’Economia civile. Istituzioni, storia, diritto nella società globale» presso l’Università LUMSA di Roma; James McGarry, Direttore del Sister Dorothy Stang Center for Social Justice and Community Engagement alla Notre Dame de Namur University at Belmont (California, USA), il collegio da cui suor Dorothy Stang si era laureata nel 1966, la missionaria uccisa in Brasile per il suo impegno a sostegno delle lotte dei contadini e, infine, il pregevole contributo che siamo particolarmente onorati di ospitare di S.E. Mons. Filippo Santoro Arcivescovo metropolita di Taranto dal 21 novembre 2011 su nomina di Papa Benedetto XVI.
Le tematiche affrontate sono tante e diverse, a partire dalle variazioni climatiche sempre più repentine e dagli effetti catastrofici – un esempio che sono certo in molti ricorderanno e che riprendo da uno degli autori è quello degli uragani Katrina del 2005 che devastò New Orleans e quello del 2012 Sandy che si abbatté su New York. Come non ricordare poi il land grabbing, ovvero l’accaparramento indiscriminato di terra con la successiva deforestazione e lo sfruttamento intensivo per il pascolo, le monocolture e i minerali del sottosuolo, soprattutto in Paesi in via di sviluppo. Un capitolo del libro è poi dedicato al pregevole lavoro missionario svolto da Suor Dorothy Stang, la suora che con grande coraggio e abnegazione legò la sua vita e la sua opera alle lotte dei contadini brasiliani per l’ottenimento delle terre, sostenitrice della sostenibilità dello sviluppo economico. Un impegno forte e totalizzante in Amazzonia durato ben 39 anni che pagò purtroppo con la vita: la mattina del 12 febbraio 2005 suor Dorothy Stang fu barbaramente uccisa con diversi colpi di pistola proprio per quello che stava riuscendo a far ottenere a quelle popolazioni. Dal ricordo dedicato a questa grande sorella, emerge anche la missione di istruzione, con l’istituzione di ben 39 scuole in quelle terre.
Dalla lettura dei capitoli, emerge come il libro cerchi di essere un punto di vista critico che mette in guardia dai rischi possibili e da quelli già concreti che le popolazioni mondiali stanno vivendo. Il tutto con ripercussioni non solo sulla qualità del benessere del pianeta in termini di qualità e salubrità ma anche ovviamente sulle condizioni di vita stesse di interi popoli vittime di povertà estrema, violenza e sopraffazione.
Lo scenario che ci consegnano gli autori non è confortante, taluni forse potrebbero additarlo come catastrofista. Ovviamente i benefici apportati dal progresso scientifico e da quello tecnologico non si possono di certo negare. Non lo fanno ovviamente gli studiosi che hanno contribuito alla stesura del volume. Sono innegabili infatti i miglioramenti nella qualità di produzione e di vita che ne sono derivati. Tuttavia occorre un cambio di passo nell’economia dei nostri Paesi che ponga una seria attenzione all’armonia e alle bellezze del Creato, all’imprescindibile rapporto duale tra natura e uomo, da troppo tempo alterato. Una risposta sul cosa e come fare la si può ritrovare nella già citata Enciclica di Papa Francesco e che Sua eccellenza Mons. Santoro ricorda nel suo scritto per il nostro volume: «La questione si è fatta ormai grave e decisioni importanti volte a contrastare questo degrado non possono più essere rimandate. Non possiamo ingenuamente continuare a pensare che l’uomo con la sua intelligenza sia in grado di trovare soluzioni utili a riparare ogni guasto arrecato alla natura anche perché ormai la nostra sorella Terra
protesta per il male che le provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei» (LS n. 2). Sua Eccellenza Mons. Santoro riprende i consigli di Papa Francesco: «Nutro la speranza che, grazie all’enciclica Laudato si’ e all’impegno delle nostre comunità e di tanti studiosi che nel mondo provano a divulgare un modo diverso di vivere sulla Terra promuovendo prassi che possiamo definire di sviluppo sostenibile e di ecologia integrale, si riesca a vivere un tempo nuovo. Occorre un cambio di paradigma e un diverso modello di sviluppo in cui il bene comune si sostituisca al puro profitto. Occorre una chiara inversione di tendenza che produca buoni frutti grazie ai quali si comprenda l’importanza di lasciare alle generazioni che verranno un pianeta vivibile ed ancora meravigliosamente accogliente».
È arrivato il tempo di assumersi delle grandi responsabilità come quella di tutelare l’equilibrio naturale del nostro Pianeta. Tutti quanti in diversa misura dobbiamo necessariamente contribuire ad armonizzare lo sviluppo economico con quello sostenibile. Le decisioni di tutela ambientale vanno gestite con grande attenzione e realizzate in tempi possibilmente non molto lunghi. Tutti noi quindi dobbiamo impegnarci a rispettare l’equilibrio naturale e dobbiamo favorire anche lo sviluppo culturale delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Il rispetto di Madre Natura e di tutte le bellezze del Creato deve essere per noi un impegno quotidiano e concreto.
È anche questa una maniera di dare senso e speranza alla nostra vita e a quella delle generazioni future.
Prof. GIUSEPPE CHINNICI
Presidente Fondazione Beato Federico Ozanam
San Vincenzo De Paoli – Ente Morale – Onlus
Professore alla Lumsa
Prefazione Sostenibile
di Giorgio Nebbia
«Quando uso una parola – Humpty Dumpty disse in tono piuttosto sdegnato –, essa significa esattamente quello che voglio – né di più né di meno»
«La domanda è – rispose Alice – se si può fare in modo che le parole abbiano tanti significati diversi»
«La domanda è – replicò Humpty Dumpty – chi è che comanda – tutto qui».
La confusione che traspare da questo colloquio si applica ad alcune parole diventate improvvisamente di moda e che ogni persona intende come vuole. È il caso di ecologia
, negli anni Settanta, con gli innumerevoli aggettivi, di bioeconomia
negli anni Ottanta, di sostenibilità
negli anni Novanta del secolo scorso.
L’aggettivo sostenibile
e il sostantivo sostenibilità
non erano praticamente usati in italiano; si usava l’aggettivo insostenibile per indicare una cosa difficile da sopportare, un dolore insostenibile. La moda è esplosa con la traduzione un po’ maccheronica dell’aggettivo inglese sustainable così come usato nel libro: Il futuro di noi tutti del 1987. Da una quindicina di anni prima, per l’Europa e per i paesi anglosassoni si stava aggirando uno spettro chiamato ecologia
. I danni dovuti alla ricaduta di sostanze radioattive a vita lunga in seguito alle mille esplosioni di bombe nucleari nell’atmosfera, i danni biologici arrecati dalla diffusione dei pesticidi clorurati persistenti, le perdite di petrolio nel mare, gli incidenti industriali, stavano diffondendo nel mondo una preoccupante protesta.
Per questi nuovi contestatori i volti negativi del progresso
erano associati alla crescita dei consumi, alla miopia o arroganza delle produzioni industriali, alla economia
intesa come obbligo di vendere più merci solo al fine di aumentare i profitti delle imprese. Non era certo – affermavano in molti – il Prodotto Interno Lordo ad indicare il benessere e lo sviluppo delle persone, dal momento che questo indicatore aumenta anche se aumentano le vendite delle casse da morto per seppellire le vittime degli incidenti stradali o sul lavoro. Più merci – sostenevano i militanti della contestazione che marciavano sotto la nuova bandiera ecologia
– significa impoverire le riserve di minerali, foreste, fonti di energia e, nello stesso tempo, produrre scorie solide, liquide e gassose che vanno ad impoverire le acque, rese meno potabili, l’aria, resa meno respirabile, il suolo, reso meno fertile. Purtroppo questa catena natura-merci-natura impoverita è imposta dalle leggi ineluttabili della biologia, ma soprattutto della chimica. Come se non bastasse, in quegli anni un paio di miliardi, circa due terzi, dei terrestri stava uscendo dalle condizioni di dipendenza coloniale dai grandi imperi e chiedeva una più giusta ripartizione dei beni della terra.
In questa temperie un gruppo di benpensanti, il Club di Roma, si mise, nel 1972, a spargere l’idea dell’opportunità di porre dei limiti alla crescita dei consumi per rallentare la distruzione dell’ambiente e le violenze ecologiche
.
Per arginare i pericoli di questa critica alla crescita economica, un gruppo di altri benpensanti si riunì in un altro circolo
, la Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, presieduta dalla norvegese Gro Harlem Brundtland, per spiegare che la salvezza ecologica sarebbe venuta non da limiti alla crescita economica, ma da