L'informazione geografica: linguaggi e rappresentazioni nell’epoca del knowledge graph
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domanda di informazione geografica della contemporaneità, per cui si diffondono sempre più nel cyberspazio delle vere e proprie narrazioni geolocalizzate, che producono molteplici comunicazioni e visioni diverse delle dinamiche territoriali, proiettando in positivo o in negativo un ‘certo’ sguardo verso il futuro.
L’informazione geografica e le nuove tecnologie, in particolare i Sistemi Informativi Geografici (GIS), in grado di comunicare in modo intuitivo la complessità di un territorio, rappresentano metodologie intelligenti, entrate oramai a far parte della quotidianità di una vera e propria geografia informazionale, ancora tutta da esplorare.
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Anteprima del libro
L'informazione geografica - Luisa Carbone
Acronimi
Presentazione
L’interessante lavoro di ricerca condotto da Luisa Carbone nel presente volume entra a pieno titolo nel dibattito, ormai vasto e pur fortemente accidentato, sul significato epistemologico di letture, di diversa matrice, nei termini di una geografia del virtuale
. Ci si chiede se e per quali vie quel che appare del territorio in cui viviamo sia reso tale per l’azione di certe
rappresentazioni virtuali che progressivamente stanno performando il territorio medesimo, e come, rispetto alle capacità interpretative dimostrate da quelle, vadano a situarsi, secondo questi impervi ragionamenti, alcuni tratti dei percorsi della storia del pensiero geografico che ci sono stati resi noti dalla letteratura.
Dunque, come può la rappresentazione cogliere l’immateriale? O, piuttosto, che cosa coglie, mediante l’uso di mirate, pertinenti, tecnologie, l’occhio
virtuale nell’ambito dell’analisi geografica dell’astratto, del non visibile, dell’immaginario?
Riteniamo, a questo punto, che una possibile via da seguire proceda, anzitutto, lungo la ricerca di una definizione condivisa di certe dimensioni dell’immateriale
.
Per più strade constatiamo come il mondo della complessità sia comprensibile solo non ripetendo e comunicando contenuti standard, non situandosi al servizio di una cultura e di una produzione già rivolta a grandi numeri, ma lavorando per entrare nell’uso e nella acquisizione di metodologie innovative in termini concettuali e, al pari, tecnologici per acquisire un ruolo costitutivo della complessità stessa in cui ci si vuole situare e, a tal fine, generando qualcosa di unico e non facilmente trasferibile. Metodologie intelligenti e pertinenti che, a loro volta, entrano e risiedono sempre più, necessariamente, nella vita di ogni giorno, nei consumi, nei servizi, nella pubblica amministrazione, in accordo con quanto è stato definito, già negli ultimi due decenni, in particolare, fra gli altri, da Enzo Rullani, un capitalismo della conoscenza
. E qui ci piace ricordare, come ripreso dall’Autrice, quanto Marvin Minsky ha detto sul comportamento della mente umana troppo complessa per poter essere contenuta in una narrazione che comincia… e finisce…[perché dipendente]… dalle connessioni di una rete aggrovigliata che non funzionerebbe affatto se venisse sbrogliata e disposta in bell’ordine
.
Seguendo un percorso che ci pare pertinente, fra i numerosi che potrebbero venir presi in considerazione, tentiamo di interpretare la multidimensionalità in cui ci troviamo a confrontarci, facendo riferimento a letture geografiche di soggetti convenzionali dell’analisi spaziale, i centri
e le periferie
, guardando alla società, al territorio e, in via privilegiata, al processo di produzione.
Vediamo allora come un passaggio forte
sia avvenuto nei processi territoriali nel momento in cui i fattori di produzione sono stati ridefiniti, insieme al crescere della domanda di capitale umano, dunque quando hanno cominciato a contare le persone, a fronte dei grandi processi di accumulazione finanziaria necessari alla produzione dei grandi numeri. E vediamo come, in coerenza con quel passaggio, si sia iniziato a gestire percorsi di complessità quando si è imparato a riconoscere il capitale dell’intelligenza umana.
Dunque, in queste economie intelligenti è la complessità che crea valore, materiale e immateriale. Valori che non sono più separati ma, anzi, esistono solo se integrati, perché appare chiaro come l’immateriale trovi significato e forza solo se appartenente a ciò che conosciamo secondo intelligenza
e sappiamo interpretare in quel che contiene di materiale
.
Dunque la stessa pratica della tecnologia si rivelerà utile e pertinente per quel che realmente è, cioè fattore vivo e coerente con la complessità di cui è parte. A condizione che di tale complessità sia parte costitutiva, ovvero se non ne costituisca solo banalizzazione tecnica, sotto forma di percorsi speculativi di astrazione.
Ci chiediamo, dunque, con l’Autrice: certe icone
tecnologiche, spesso di largo uso, quali l’ipertestualità, la multimedialità, i Geographical Information System possono generare significati paradigmatici a beneficio dei linguaggi dell’analisi geografica? E la città, o quel che con questo termine siamo abituati a intendere, può essere un campo esemplare di applicazione di quanto ricerchiamo?
Restando al processo di produzione, dobbiamo chiederci se la comunicazione del prodotto e della relativa idea aziendale non debba essere superata dalla condivisione di un’idea interattiva fra prosumers
. In cui l’eccellenza sia in quello che viene fuori da un’offerta eccellente perché costruita dall’accordo fra soggetti produttivi multilivello
, in risposta a una domanda solo individuale, avanzata dal vissuto reale, in cui il wifi si renda indispensabile essenzialmente nella misura in cui consenta di creare quell’accordo.
In funzione di questi ragionamenti, riguardo alla individuazione del compito della rappresentazione virtuale della cosa
geografica, conviene tornare all’assetto dei contenuti del volume, rilevando come l’Autrice affronti il discorso, che a più riprese è stato indizio emblematico delle crisi epistemologiche della geografia degli anni recenti, relativo al senso geografico della rappresentazione cartografica. Ci pare utile qui citare la considerazione di Umberto Eco su una esperienza assolutamente singolare, sulla soglia tra percezione e significazione
, che l’Autrice, significativamente, connette alla infinita problematica generata, in geografia, dalla acquisizione del senso della rappresentazione, dell’immagine, e in via primaria della carta
, fra pensiero moderno e postmoderno.
Su questi punti gli interrogativi restano, ad aprire percorsi speculativi progressivamente sempre più attrattivi. E lungo il confronto con l’ excursus che l’Autrice conduce nei riguardi della storia del pensiero geografico si approda opportunamente alla problematica dell’urbano
come a un campo in cui giocare la partita finale e più pertinente dell’intero ragionamento.
Ma la città appare, secondo accezioni condivise da più autori, e da chi scrive, soggetto infinito
, e non soltanto perché non più facilmente fruibile come organismo spaziale in cui vivere condizioni di aggregazione concluse e rassicuranti, né perché risulti ormai indecifrabile a qualunque canone di ordine urbanistico, né perché sistema ambientale in qualche forma durevole o necessariamente sostenibile; ma perché configurazione immateriale priva di confini, in cui individuiamo percorsi multipli di filiere complesse che, a loro volta trovano senso solo se autonomamente capaci di inserirsi, per la propria parte, in catene globali del valore.
Questa fisionomia dell’urbano partecipa fortemente della stessa dimensione geografica del locale
, a sua volta, divenuto soggetto emblematico di non finitezza e originale complessità, soggetto territoriale in grado di sopravvivere, solo se capace di sostenersi per originali vie di resilienza come tipica filiera tra quelle che ancora consentono di dare contorni ai fenomeni urbani. Dimensione, dunque, che pur implicitamente pare venir evocata in più casi nel volume, perché dotata di evidenti prerogative virtuali
, vitale solo per eccellenza
dei contenuti che è capace di offrire nei rari, pregiati contesti del nostro Paese in cui si genera arte
come manifattura irripetibile, non trasferibile, e diviene sostanza di questa arte l’uso appropriato e geniale del wifi, l’interpretazione di macrodati, la messa a punto di sistemi complessi di conoscenza, organizzazione, gestione.
Dunque queste modalità di approccio potranno interagire per la sopravvivenza, anzi per la nuova strutturazione, di contestualità minori
, escluse dai processi più competitivi a scala mondiale? Diventeranno parte vitale di filiere che, appropriandosi di ruoli competitivi, finiranno con il disegnare immaginari concreti in termini di produttività, su cui possano articolarsi altre complessità da definire come urbano-metropolitane?
Se, come afferma Saskia Sassen, la dimensione globale odierna appare dominata e sostanziata da superiori logiche forti
che generano l’espulsione di realtà concettualmente sotterranee
, spazi potenziali da portare alla luce, che finora sono sfuggiti alle misure convenzionali, allora le prospettive di sviluppo territoriale credibili saranno nella capacità di questi esclusi
di rendersi concettualmente visibili, di differenziarsi per poter competere in forme strategiche , come spazi capaci, se organizzati in forme programmatiche, di ricreare nuove storie e spazi di appartenenza.
Dunque alcune, pertinenti, tecnologie, come attori intelligenti, si dimostreranno funzionali a favorire e facilitare l’emergere di questi originali soggetti della complessità reale? Oppure strumenti e logiche eccellenti
preposte alla guida delle medesime tecnologie potranno essere usate, in modalità imperscrutabili ai più, come mezzi sofisticati, destinati ad approfondire il divario fra aree di potere? Fra soggetti territoriali dominanti e altri pericolosamente espulsi?
Il volume, confermandosi come studio di carattere specificamente geografico, lascia efficacemente trasparire come la pertinenza competente dell’approccio e la capacità di applicazione di metodologie tecnologiche opportunamente contestualizzate nel rispetto della complessità reale dei processi, costituiscano la essenziale condizione di ogni credibile percorso di rappresentazione dei territori.
Marina Faccioli
Introduzione
E finalmente abbiamo avuto l’idea grandiosa! Abbiamo realizzato una mappa del paese alla scala di un chilometro per un chilometro! L’avete utilizzata? Non è stata ancora dispiegata [...] I contadini hanno fatto obiezione. Hanno detto che avrebbe coperto tutta la campagna e offuscato la luce del sole. Così adesso usiamo la campagna vera e propria come pianta di se stessa e vi assicuro che funziona ottimamente
.
Il brano è tratto dall’ultimo romanzo di Lewis Carroll, pubblicato in due parti e in tempi differenti: Sylvie and Bruno nel 1889 e Sylvie and Bruno Concluded nel 1893. La narrazione dello scrittore inglese non risente dei quattro anni di stacco e si dimostra estremamente vivace