L'alba dei nostri solstizi
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“L'alba dei nostri solstizi” è una raccolta di 58 poesie che invita il lettore a rifugiarsi fuori dal tempo. In prosa e più raramente in versi, queste poesie vi immergeranno in un'evasione ora fisica ora astratta, spirituale, talvolta persino misteriosa e affascinante. Ogni poesia è stata scritta con un sottofondo di musica ambientale, fonte inesauribile d'ispirazione poetica.
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Recensioni su L'alba dei nostri solstizi
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Anteprima del libro
L'alba dei nostri solstizi - Aurélien Di Sanzo
L’ALBA DEI NOSTRI SOLSTIZI
Aurélien Di Sanzo
Premessa
Questa raccolta di poesie non avrebbe potuto vedere la luce senza la musica del gruppo Hammock, gruppo che ho ascoltato incessantemente durante la sua stesura. Comunque, non ve ne vorrei assolutamente se vi deliziaste con la loro musica durante la lettura. Credo anzi di invitarvi a farlo. La poesia «Apologia dell’amaca» è dedicata a loro.
Ma vorrei innanzitutto dedicare questa raccolta di poesie a due persone che avrebbero già dovuto essere menzionate nella mia raccolta precedente: i miei genitori. Prima di tutto, mia madre, che ha riletto pazientemente queste poesie e mi ha incoraggiato nel mio percorso. Si dica quel che si vuole, sapendo che la poesia è un’arte che non necessita del parere di nessuno per nascere e sbocciare, ma niente è più lusinghiero che leggere l’approvazione nello sguardo benevolo di una madre. E dedico questa raccolta di poesie anche, e soprattutto, a mio padre. Ho cercato a lungo da dove mi fosse venuta questa improvvisa attrazione per la scrittura poetica, senza realmente sapere né comprendere la sua origine.
Ho dovuto scoprire, o dovrei dire riscoprire, quel sito internet su cui mio padre ha pubblicato parecchie sue poesie a metà degli anni ‘90.
Quando le leggo, vi ritrovo una sensibilità che non può essere altro se non una forma di eredità che lui mi ha lasciato. Ma ancor più le tematiche, a cominciare da una predilezione particolare per la natura, hanno nutrito, inconsciamente, la mia prosa. La poesia non è soltanto innata, si nutre di quello che siamo. E se non è mai troppo tardi per rendere omaggio, penso non ci sia nulla di più bello di una manciata di parole sulla carta, poiché danno la garanzia di sopravvivere; e questo, anche dopo la nostra esistenza.
Prefazione
Riprendendo un’idea enunciata da Enrique Vila-Matas, Jean-Claude Pinson, nella sua opera A Piatigorsk Sur la Poésie (2008), evoca, riguardo alla letteratura contemporanea, gli scrittori che «fanno il negativo» e che rinunciano a scrivere dato il poco impatto, ai loro occhi, della letteratura sulla realtà, e quelli che «fanno il positivo», rappresentativi di quello che Julien Gracq chiamava «il sentimento del sì» - in opposizione così a quello che Yves Bonnefoy definisce, opponendovisi anch’egli, come «il grande rifiuto gnostico» (L’Arrière-Pays).
Aurélien Di Sanzo, nella sua raccolta intitolata L’alba dei nostri solstizi, appartiene piuttosto a coloro che «fanno il positivo». Questo comporta un certo platonismo. Per esempio, non evita sempre la tentazione del «rifugio» e vi ritorna a più riprese non senza una connotazione gnostica, per esempio nell’ultima strofa di La ragazza del Quadro (XXVII):
«Lei capì allora che l’arte non era, - nella sua forma più pura -, che una semplice interpretazione dello spirito. Un rifugio nel quale poteva intrufolarsi per sfuggire per un po’ all’esistenza umana».
Questa tentazione di fuggire la condizione umana si ritrova nella poesia Eclissi totale (XVI) in maniera assolutamente esplicita:
«L’eclissi rivela nell’oscurità, e per mezzo dell’oscurità, la vera natura del mondo».
Nel seguito della stessa poesia, Aurélien di Sanzo scrive:
«Affinché i nostri corpi spariscano e le nostre anime si sveglino e si elevino, affinché l’immateriale trascenda il materiale e l’euritmia assoluta abbozzi la tela delle nostre nuove vite».
Nella stessa prospettiva, il poeta critica l’urbanesimo contemporaneo che, ai suoi occhi, costituisce un ostacolo alla luce: «E io scivolo, scivolo attraverso tutti i muri di cemento armato, pronto ad aprirmi un varco per ritrovare il chiarore che fugge in lontananza (Ode all’Urbanesimo, VII).
Esiste tuttavia una riconciliazione con il reale e il futuro. Questa riconciliazione è menzionata nella Parte 5 della raccolta che celebra «il Culto amoroso». In particolare la poesia Malinconia californiana (XLII) include questo aforisma:
«Un ricordo, che sia ordinario o straordinario, non può vivere solo. Affinché brilli, faccia delle scintille, deve essere impresso nello spirito di un’altra persona».
Su un altro piano, l’idealismo platonico è magnificamente accompagnato da un idealismo nel senso corrente del termine in Eclissi totale, XVI:
«Che la verità non appaia soltanto, che non sia trivialmente esposta ma che, maliziosamente luminosa, esploda infine agli occhi di tutti».
Tutto sommato, per definire la poetica di Aurélien di Sanzo, si può evocare la distinzione stabilita tempo addietro da Mikel Dufrenne tra «l’essenza/poeticità» e «l’esistenza/le poesie».
* * *
Abbiamo citato il «platonismo», lo «gnosticismo» di Aurélien di Sanzo. Possiamo anche parlare del suo «catarismo»