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Amore Proibito
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E-book181 pagine3 ore

Amore Proibito

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Info su questo ebook

ATTENZIONE: 18+

Questo è un romanzo con contenuti erotici, adatto a un pubblico adulto.

E’ il primo libro della saga Divisi dal Destino, a cui seguono: Forsaken, Forever e Forgiven.

Forbidden, di Sierra Rose, è la storia di un amore proibito, la versione biker di Romeo e Giulietta. Selene è una Black Heart e Lucky è uno Stone Wolf. Provengono da due bande rivali di motociclisti che si odiano sin dalla notte dei tempi. Entrambi vengono sottoposti a dure prove di affiliazione, per entrare a pieno diritto a far parte dei rispettivi Motor Club. Le due bande hanno regole molto diverse, ma su una si trovano pienamente d’accordo: mai fraternizzare col nemico, pena la morte. Nonostante ciò Selene e Lucky non possono più reprimere la loro sconvolgente, reciproca attrazione e finiscono per innamorarsi, contro tutto e tutti.

Conoscono le conseguenze.

Conoscono i rischi.

Ma a loro non importa.

Nulla potrà ostacolare i due innamorati, nemmeno il destino…

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita1 feb 2019
ISBN9781507153307
Amore Proibito

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    Anteprima del libro

    Amore Proibito - Sierra Rose

    Capitolo 1

    Selene

    ––––––––

    Stai fermo e fattela sistemare. Sei ridicolo con questa cravatta. È tre taglie più piccola. Chi ti ha detto che andava bene? Soffiai via dal viso una lunga ciocca di capelli corvini e diedi un’occhiata a Mateo, mio cugino.

    Elec ha detto che era bella. E che a riguardo dovrei tenere chiusa la mia cazzo di bocca. Mateo scrollò le spalle, tendendo all’infuori la spessa pelle del collo e facendo saltare di nuovo la cravatta.

    Lascia perdere. Comunque questa dannata cosa ti sta bloccando la circolazione. I ragazzi grossi non hanno bisogno delle cravatte. Stanno bene con una giacca e un bel paio di pantaloni. Comunque...Elec ha ragione. Dovresti chiudere quella...

    Mateo alzò un sopracciglio. Non riuscii a dire il resto della battuta e scoppiai in una risatina. Lui era l’unico dei miei cugini ad essere semi-decente. Il resto della combriccola passava le giornate a fare del male alla brava gente di Pleasant Valley, Pennsylvania, e delle contee limitrofe.

    Ma quello solo quando non sono immersi fino al collo nei cazzi di mio padre.

    King-Pin Delgado, il Boss, come la maggior parte della gente si riferiva a lui, era un uomo difficile da accontentare. Io ci avevo provato per tutta la vita e ancora non ero riuscita a decifrarlo.

    Diedi dei colpetti sul petto a mio cugino e feci un cenno verso il settore eccessivamente elegante della piccola palestra, dove mio padre e i suoi scagnozzi erano seduti e mi guardavano attentamente. Elec, il fratello di Mateo, attirò la mia attenzione con un’espressione acida sul viso e la ottenne...

    È arrivato il momento di andare a mettermi davanti. Assicurati che mio padre non faccia sparare a nessuno prima che finisca la consegna dei diplomi, ok? Mi voltai di nuovo verso mio cugino tarchiato e sorrisi.

    Già. Però queste cose durano dannatamente all’infinito. Dì a quella gente di darsi una mossa. Più rimaniamo seduti in questo cazzo di posto afoso, meno probabile è che qualcuno riesca a trattenere tuo padre dal mettersi di cattivo umore. Scrollò le spalle e tornò sui suoi passi, ripercorrendo al contrario il pavimento della palestra, mentre i tutor cominciavano a chiamare gli ultimi nomi.

    Mi voltai e afferrai con le mani la sedia di plastica blu di fronte a me. La sottile toga nera frusciò in avanti sino a coprirmi le dita. Faceva un caldo infernale, anche se non avrebbe dovuto. Il clima aveva svolto un ruolo importante sul motivo per cui Pleasant Valley era stata chiamata in quel modo*. (*Pleasant significa gradevole, piacevole, N.d.T.)

    Tuttavia, per qualche scellerata ragione, faceva più caldo che in una bella giornata all’inferno, quel giorno.

    Perché siamo costretti a uniformarci dentro a queste cazzo di toghe pesanti, brontolai, prima di girarmi verso il bel ragazzo che si era messo affianco a me.

    Dane Miller.

    Avevamo fatto conoscenza quando ero al secondo anno, ma niente di più. Non c’era alcun motivo di stringere i rapporti con le persone, perché la cosa avrebbe solamente portato a una perdita. Chiunque avesse avuto una relazione con me era partito o morto, oppure aveva deciso che fare amicizia non valeva il trauma, perché mio padre avrebbe potuto azzannare in qualsiasi momento.

    Ti direi che sei carina, ma rifiuteresti il complimento. Sorrise e mi diede una leggera gomitata. I suoi biondi capelli color sabbia erano un disastro, come se sua nonna quella mattina glieli avesse arruffati una decina di volte. Aveva gli occhi blu colmi di eccitazione, anche se dalla sua espressione ne traspariva poca.

    Mi conosci molto bene. Spostai lo sguardo appena dietro di lui, verso le porte della palestra, dove Lucas Morrison stava entrando a testa alta. Ecco il tuo ragazzo. Faresti meglio a sbrigarti. A nessuno piace il burro d’arachidi senza la marmellata.

    Dane mi fece il verso e si voltò a guardare oltre le sue spalle. Chi di noi due...?

    Andai via prima che potesse girarsi di nuovo. Mentre prendevo posto in fila, evitai di posare lo sguardo sull’affascinante biker che si era messo accanto al benvoluto figlio di papà che era Dan Miller. Dan sperava di diventare un poliziotto e aveva cominciato la sua campagna con me, il giorno che ci eravamo conosciuti.

    Tutti vogliono che io sia qualcosa che non sono. Scrollai le spalle e tirai fuori il cellulare dalla tasca. Un messaggio di Mateo diceva di guardare verso la mia famiglia.

    Quando lo feci, la mia bocca si allargò in un sorriso. Accanto a Mateo c’era mia nonna, che agitava la mano se accanto a me ci fosse Elvis, tornato dal regno dei morti. Dopo aver fatto un cenno di saluto alla persona che preferivo al mondo, tornai a girarmi, ma non prima di aver colto lo sguardo di Lucas.

    Era sull’1 e 90 e aveva grosse spalle larghe che avevano indotto il Coach Callahan a chiedergli di far parte della squadra di football, anno dopo anno. Non erano solo le spalle, comunque. Era un gran paraculo, in tutto e per tutto. Il tipo di ragazzo che se ne andava in giro con un’espressione à la ‘non me ne frega un cazzo’ sulla faccia, pensandolo sul serio.

    Di tutti i ragazzi della McMartin High, era l’unico ad aver rubato le mie fantasie più nascoste. Davvero un peccato che presto avrebbe prestato giuramento agli Stone Wolves. Il Motor Club rivale di quello di mio padre era costituito da un branco di gentaglia che si credeva lo squadrone degli eroi della città. Niente di più lontano dalla verità. Lucas stava per seguire le orme di suo padre. Immagino volesse renderlo orgoglioso.

    Non avevo rispetto per tante persone, ma mio padre faceva parte di quei pochi. Appena prima di cominciare le scuole superiori, mi fece mettere a sedere e stabilì una regola.

    Niente appuntamenti con gli Stone Wolves. Afferrato, farfallina? Sono l’opposto di noi e noi non ci mischiamo con la spazzatura. Ci siamo intesi? La sua occhiataccia mi fece bruciare lo stomaco come l’inferno. Per tutti i quattro anni successivi, ogni volta che avevo guardato Lucas Lucky Morrison, avevo risentito la voce di mio padre, forte e chiara.

    Ma... ciò non significava che non lo potessi stuzzicare senza pietà. Gli feci l’occhietto e mi passai la lingua sul labbro superiore, quindi tornai ad ascoltare le istruzioni che il direttore stava sputando dal palco.

    Non provocarmi, Lena, sussurrò Lucky contro la mia nuca, allontanandosi alle mie spalle prima che potessi girarmi a rispondergli.

    Dane era poco più dietro di me, con un sorriso impertinente sulla faccia. Ha il tuo numero.

    Tirai fuori il cellulare e scossi la testa in modo insolente. No. Non. Ce. L’ha. Non mi interessa la spazzatura.

    Lui sghignazzò, incrociando le braccia al petto. Non sei mai stata brava a mentire. Una caratteristica della famiglia che non hai ereditato, ragazza.

    Selene. Da questa parte, signorina. Una voce femminile mi chiamò, interrompendo la sua stupida conversazione con gli idioti che presto avrebbero lasciato la città per cominciare una nuova vita.

    Molti dei ragazzi che si diplomavano insieme a me sarebbero presto andati via, ma non io. Io avevo in programma di crescere nelle grazie di mio padre per prendere il controllo della sua banda. Erano i più grossi e cattivi figli di puttana dell’intero Stato, lo sapevano tutti.

    Volevo imparare cos’è che esattamente fosse a far mantenere mio padre al comando. Era come una droga – il bisogno di attenzioni, l’adorazione, il controllo, l’idolatria.

    La fila di robot in toga di fronte a me svoltò verso il palco e strisciò di nuovo giù, costringendo il corpo studentesco a torcersi e girarsi, creando un largo e triste trenino conga. Lucky si avvicinò mentre continuavo a trascinare i piedi in avanti.

    Non provai alcun imbarazzo per il fatto che i miei occhi per un istante furono soltanto per lui. La curva morbida della sua bocca, nel sorriso impertinente che mi rivolse, mi fece accelerare un poco i battiti del cuore. Ero stata con un po’ di ragazzi durante la mia carriera alle superiori, ma l’unico con cui volessi attorcigliarmi tra le lenzuola non era accessibile, per via dell’ammonimento di mio padre. Se fossi stata beccata insieme a Lucas, la mia vita sarebbe finita. Ed ero certa che lui sarebbe stato ucciso. Non avevo un solo dubbio in testa. La cosa migliore era stargli alla larga. E così facevo.

    Sporcacciona, sporcacciona di una Lena...Cosa farò senza di te nella mia vita? disse piano mentre ci superavamo l’uno con l’altra.

    Feci un respiro profondo e per tutta risposta misi su una sottile maschera di indifferenza. Non c’era tempo per replicare, visto che la fila continuava a muoversi. Avrei potuto superarlo di nuovo, ma volevo essere pronta con qualcosa di buono.

    Stuzzicarlo era la cosa più vicina ad averlo che potessi ottenere. Era anche quasi abbastanza piacevole.

    Quasi.

    Piegai gli avampiedi e mi sollevai sulle punte, per vederlo camminare di nuovo verso di me con un sorriso. Anch’io gli feci uno dei miei, quindi parlai a voce un po’ più alta di come aveva fatto lui. Volevo assicurarmi di averla vinta io per quel giro.

    Non hai la minima idea di quanto sporca so essere, ragazzone. Peccato che non lo scoprirai mai. Feci spallucce e non potei fare a meno di sorridere alle risatine che risuonarono intorno.

    Non avevo molti amici a scuola, semplicemente perché tutti avevano paura della mia famiglia. A me stava bene così, o perlomeno così liquidavo quel fronte. Non c’era ragione di desiderare qualcosa che non mi sarebbe mai appartenuto. Le belle giornate a oziare in piscina con le amiche, i pigiama party o gli appuntamenti dal parrucchiere con stupide sessioni di chiacchiere non erano nel mio destino.

    Eravamo solo io e la mia famiglia. Niente di più. Qualcosa mi diceva che mio padre avesse a che fare con la cosa ben più di quanto avrebbe mai ammesso. Non valeva nemmeno la pena discuterne. Mi trovavo bene con la maggior parte dei miei cugini, ed ero un ‘maschiaccio con la moto’, ben più di tutte le altre ragazze della mia scuola.

    Quei pensieri mi fecero perdere l’occasione di colpire Lucky con un’altra frecciatina. Quando mi raggiunse la sua voce profonda, ingoiai il bisogno di ringhiargli contro perché mi stava suscitando quei sentimenti.

    Festa da Martin Jeffery, stasera. Vieni...voglio vederti. Allungò una mano e mi sfiorò le dita con le sue.

    Rabbrividii e incrociai velocemente le braccia al petto. Non sarei andata a quella festa per niente al mondo. Io e Lucky flirtavamo da quattro anni. Con un po’ di coraggio liquido le cose sarebbero precipitate e me lo sarei ritrovato nudo, sopra di me, nel cortile sul retro di casa dei Jeffery. Una volta sola non mi sarebbe mai bastata. Di quello ero sicura.

    Un po’ di ragazzi davanti a me salirono sul palco non appena i loro nomi vennero chiamati. L’intera palestra fece il tifo per loro. Era raro che sudassi, ma adesso il sottile velo di sudore che ricopriva il mio labbro superiore e l’attaccatura dei capelli mi preoccupava.

    Odiavo essere chiamata davanti a tutti in una stanza o stare di fronte a grandi folle. Potevo anche non conoscere fino in fondo in cosa fosse coinvolto mio padre per fare tutti i soldi che faceva, ma pareva proprio che molte altre persone avessero idee ben precise al riguardo.

    Nessuna di queste era buona.

    Kari Dement. La piccola ragazza asiatica davanti a me salì sul palco e la folla esultò per lei.

    Selene Delgado. Il vicepreside pronunciò il mio nome. Mio padre e i miei cugini fecero il tifo per me, ma furono gli unici.

    L’imbarazzo mi travolse, ma lo mandai giù. Non mi serviva l’approvazione della gente. Mi andava bene il semplice fatto di appartenere alla mia famiglia.

    Quando presi il diploma, il preside mi fece un sorriso forzato e disse qualcosa a cui non prestai attenzione. Nella mia testa continuava a scorrere il costante mantra di prendere quel fottuto certificato e scendere subito dal palco.

    Mi girai e scesi giù, sforzandomi di non manifestare alcuna emozione. Avevo addosso gli occhi di tutti, com’era naturale. L’intera città era orgogliosa di tutti i ragazzi che si stavano diplomando...tutti tranne me. La parte peggiore era che io non avevo fatto nulla per meritare quel disprezzo, a parte portare orgogliosamente il mio cognome.

    I miei occhi si posarono su quelli di Lucky e la dolcezza che vi vidi mi fece sciogliere.

    Lui sorrise e si leccò le labbra, poi mi fece l’occhietto. Vieni, stasera.

    Lo sai che non possiamo, sussurrai. È proibito. E vorrei davvero che vivessi per rivedere il domani.

    Vieni con me, disse lui. Non te ne pentirai.

    Mai, mimai con le labbra, quindi mi incamminai verso la mia sedia, sapendo invece benissimo che ci sarei andata. Mio padre non avrebbe mai accettato Lucky, ma sarebbe

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