Baita a due piazze: Harmony Destiny
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Maureen Child
Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.
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Anteprima del libro
Baita a due piazze - Maureen Child
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Prince Charming In Dress Blues
Silhouette Desire
© 2001 Maureen Child
Traduzione di Olimpia Medici
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-389-0
1
«E va bene» ammise ad alta voce Annie Foster, «forse non è stata una grande idea.»
Il vento le strappò le parole di bocca e le scagliò nei fitti boschi che circondavano la baita. Le raffiche di vento portavano già i primi fiocchi di neve, che le sferzavano il volto con dita gelide. Annie sbatté le palpebre e chinò la testa all’indietro per guardare il cielo. Non c’erano stelle. Solo un fondale nerissimo da cui cadeva sempre più neve.
Provò una fitta di angoscia allo stomaco e il bimbo che portava in grembo iniziò a scalciare, come se avesse capito che c’era qualcosa che strideva.
«Ehi» mormorò piano, accarezzandosi la pancia. «Guarda che io sono dalla tua parte, te ne sei già dimenticato?»
Un’altra folata di vento gelido la spinse verso la baita. Annie barcollò, cercando di restare in piedi. Nelle sue condizioni, cadere in mezzo alla neve sarebbe stata una tragedia. Sarebbe rimasta a terra come una tartaruga girata sul dorso e incapace di rimettersi in piedi. In primavera qualche ignaro escursionista avrebbe trovato il suo corpo congelato e la storia sarebbe finita sui giornali, con titoli cubitali: Donna all’ottavo mese di gravidanza cade e non riesce più ad alzarsi.
Ridacchiò al pensiero, continuando a camminare verso la baita. Riusciva soltanto a pensare al calore che l’attendeva all’interno. Finalmente sarebbe stata al riparo dai venti gelidi e dai turbini di neve, che nell’ultima ora si erano fatti sempre più intensi. Chi avrebbe mai detto che potesse nevicare così tanto nella California meridionale? D’accordo, si trovava sulle montagne della California meridionale, ma le sembrava comunque troppo. Nessuno si sarebbe preoccupato mai delle tormente di neve in uno stato in cui durante l’inverno si esce tranquillamente in felpa e jeans.
Quando raggiunse gli scalini dell’ingresso si fermò ad ascoltare. Le sembrò di udire un battito ritmico e continuo sotto il sibilo del vento. Sembrava provenire da tutte le parti e da nessuna in particolare, come il pulsare del cuore di un qualche gigantesco mostro delle nevi. Sentendosi circondata, Annie si girò lentamente e scrutò con attenzione il margine della foresta. Ma non c’era niente. Solo turbini di neve e la massa cupa dei boschi.
Rabbrividendo, si imbacuccò nella giacca e afferrò la ringhiera con una mano e la valigia con l’altra. Mentre saliva lentamente le scale provò una fitta di dolore al ventre, ma proseguì come se niente fosse. In fondo era incinta da ben otto mesi ed era abituata a quegli spasmi, che la colpivano di tanto in tanto.
«La gravidanza è un’esperienza da duri» mormorò. Negli ultimi giorni il bambino le sembrava sempre più grande e pesante e aveva la sensazione che la sua pancia vivesse di vita propria. Si fermò a metà strada per respirare e inarcare la schiena, stiracchiando i muscoli contratti. Poi, prima di provare la tentazione di fermarsi sugli scalini e di non fare più un passo, proseguì al ritmo di quello strano battito che ancora risuonava tra i boschi.
Attraversò il porticato, aprì la porta e fu accolta da un piacevole calore, che la fece quasi piangere dalla gioia.
«Grazie, Lisa» mormorò, grata all’amica che le aveva prestato la baita per il weekend. Evidentemente doveva avere chiesto a qualcuno di accendere il fuoco, per farle trovare la casa calda. «Una vera amica» si disse, trascinando la valigia verso la camera da letto.
Avrebbe potuto benissimo lasciarla in salotto, ma Annie era fermamente convinta che ci fosse un posto per ogni cosa e che ogni cosa dovesse trovarsi al suo posto. Prima o poi avrebbe dovuto spostarla, quindi tanto valeva togliersi subito il pensiero.
Prima di raggiungere la camera fu di nuovo assalita dalla fitta allo stomaco, questa volta ancora più forte. Si sforzò di resistere e aprì la porta. Subito si sentì attirata dal grande letto matrimoniale, coperto da un morbido piumino. Le sembrava che la chiamasse e la invitasse a schiacciare un pisolino. C’erano dozzine di soffici cuscini, buttati contro la testata e Annie si rese conto che desiderava soltanto sprofondare là dentro e dormire.
Aveva soprattutto bisogno di passare un weekend rilassante. Due giorni tutti per lei. Per riflettere. Per lavorare. Per prepararsi mentalmente alla nascita del bambino.
Tutti i muscoli del suo corpo erano contratti dalla fatica. Aveva passato gli ultimi sei mesi in preda a un’agitazione continua. Non era facile prepararsi a diventare una ragazza madre. Aveva dovuto lasciarsi alle spalle il ricordo del padre del bambino e imparare a considerarlo come un semplice donatore di seme.
In fondo Mike Sinclair non era stato altro, si disse. Un uomo pronto a fare un milione di promesse e a infrangerle con un milione di scuse. Ma purtroppo lei l’aveva capito troppo tardi. Si era lasciata illudere e non aveva voluto vedere la realtà. Era convinta che Mike fosse l’uomo della sua vita, quello che avrebbe sposato e con cui avrebbe formato una famiglia. Così gli aveva donato la sua verginità e, dopo qualche settimana, si era accorta di essere incinta. Quando gli aveva dato la notizia aveva scoperto l’incredibile velocità che può raggiungere un uomo in fuga.
«Lui è stato solo un errore» spiegò al suo bambino, sforzandosi di cancellare il ricordo di quell’affascinante seduttore. «Ma mi ha regalato te» aggiunse, «e di questo gli sarò sempre grata.»
Emise un profondo sospiro. «Certo che fai stancare tanto la mamma...» Dopo aver posato la valigia accanto al vecchio armadio di mogano, andò verso il letto. Si sedette sul bordo del materasso e si chinò goffamente in avanti, cercando di togliersi le scarpe. Riuscì a sfilarsi la destra, ma di fronte alla sinistra si diede per vinta. Si distese all’indietro e sollevò il piede sul letto, giurando a se stessa che prima di partire avrebbe lavato il piumone di Lisa.
Quando si tolse anche l’altra scarpa, si distese tra i cuscini, chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno, malgrado un fastidioso dolore alla schiena. Aveva solo ventisette anni, ma le sembrava di averne almeno novanta.
Il sergente di artiglieria John Paretti sollevò l’ascia e la lasciò ricadere con un tonfo sordo sul ciocco, posato su un vecchio tronco. La lama sprofondò nel legno e John divise il ciocco in due con le mani coperte da spessi guanti di lana. Poi tagliò le due metà in minuscoli pezzetti, adatti ad accendere il fuoco e li buttò sul cumulo che aveva già preparato.
A giudicare dalla bufera che si avvicinava, avrebbe avuto bisogno della maggior quantità di legna possibile. Sollevò la testa per guardare la coltre biancastra che ricopriva il cielo e gli alberi della foresta. La tormenta si era scatenata in un attimo. Era arrivata dall’altra parte delle montagne, portandosi dietro una corrente di aria gelida che gli condensava il respiro in nuvole ghiacciate.
Avrebbe dovuto pensarci su due volte prima di andare in montagna, si disse, mettendo un altro ciocco sul tronco. Perché non aveva scelto il mare per meditare in pace? In quel preciso momento il sole di febbraio splendeva su qualche spiaggia della California e i turisti passeggiavano in riva al mare in sandali e pantaloni corti. Invece lui era imbacuccato come un eschimese ed era costretto a spaccare legna per sopravvivere a una bufera di neve.
«Solo in California succedono queste cose» mormorò, abbattendo di nuovo la scure.
Forse aveva esagerato. Era da un’ora che stava lavorando e probabilmente non c’era bisogno di tutta quella legna. Il sergente Pete Jackson gli aveva assicurato che nella baita c’era una catasta di legna da ardere. E in effetti aveva ragione. Ma John aveva deciso di spaccarne dell’altra, un po’ per il timore della bufera, un po’ perché si sentiva frustrato e aveva voglia di fare qualcosa.
Era stata la telefonata di suo padre a spingerlo fin lassù, in cerca di tranquillità. Mentre frantumava la legna con colpi secchi e sicuri, si ripeté per l’ennesima volta la conversazione.
«I tuoi fratelli sono sposati» aveva iniziato con decisione Dominick Paretti. «Ormai sono sistemati tutti e due. Non lasceranno mai l’esercito, quindi spetta a te.»
Scuotendo la testa, John aveva stretto con forza il ricevitore. Era un discorso che si erano già fatti una dozzina di volte, da quando suo padre aveva lasciato l’esercito per aprire una piccola attività, che era poi diventata la Paretti Computer Corporation. Da allora Dominick cercava di convincere i figli a entrare nella società. Ma, al contrario di lui, loro erano dei veri Marine e non avrebbero mai rinunciato alla carriera militare per morire di noia dietro a una scrivania.
«Papà» aveva incominciato John, ma il padre lo aveva subito interrotto.
«Senti, John, io non divento più giovane col passare del tempo, chiaro?» La voce del vecchio si era fatta rauca di emozione. «Voglio che sia la mia famiglia a mandare avanti l’azienda. Si chiama Paretti Computer e, quando morirò, voglio che sia diretta da un Paretti.»
«Ma, papà, tu sei in ottima salute e...»
«Pensaci su» lo aveva di nuovo interrotto Dominick, prevenendo ogni rifiuto. «Non ti chiedo altro.»
Ma, pensò John trasportando la legna sotto il porticato, in verità suo padre non si limitava a chiedergli di riflettere sulla proposta. Voleva che almeno uno dei suoi tre figli lasciasse i Marine per dirigere l’azienda di famiglia. E si serviva del senso di colpa per raggiungere il suo scopo. Non avrebbe mai smesso di insistere. Non era questione di età o di salute malferma, il problema si riduceva a un’unica cosa.
La famiglia prima di tutto.
Era il motto dei Paretti. Dominick e i suoi fratelli erano stati allevati nell’idea che nulla fosse più importante della famiglia. E adesso pretendeva che almeno uno dei suoi figli seguisse i suoi principi.
Era per quello che John si era fatto prestare la baita da Pete per il weekend. Aveva bisogno di un posto dove riflettere e di un po’ di solitudine per decidere che direzione far prendere alla propria vita. Doveva seguire